Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16258 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16258 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso 6820/2021 proposto da:
NOME COGNOME e NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall’avvocato AVV_NOTAIO, e domiciliati presso il domicilio digitale del medesimo
Pec: EMAIL
-ricorrenti –
– intimati – nonché contro
BANCA MEDIOLANUM SPA, in persona del procuratore speciale, rappresentata e difesa dagli avvocati prof. NOME COGNOME, FRANCO
contro
COGNOME NOME, SPINOZZI NOME;
COGNOME, NOME COGNOME e domiciliata presso il domicilio digitale dei medesimi
Pec: EMAIL
EMAIL
EMAIL
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1768/2020 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 16/12/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/12/2023 dal AVV_NOTAIO
Rilevato che:
I coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. allegarono di aver sottoscritto nel mese di ottobre 2007 e successivamente nel febbraio 2008, per il tramite del promotore finanziario NOME COGNOME, un contratto di investimento titoli denominato Stock Option Mediolanum e di aver corrisposto al COGNOME, mediante assegni intestati a m.m., la somma complessiva di € 50.000,00; di aver poi chiesto la restituzione del capitale sottoscritto ma di aver ottenuto, dopo alcune cedole, solo la restituzione di un acconto attraverso assegni emessi dallo stesso COGNOME; a seguito di denunzia querela nei confronti del medesimo, quest’ultimo aveva patteggiato la pena; alla luce delle suddette allegazioni i coniugi convennero in giudizio davanti al Tribunale di Pescara NOME COGNOME e Banca Mediolanum SpA (di seguito Banca Mediolanum) , quest’ultima per culpa in vigilando ex art. 2049 c.c., per sentirli condannare in solido tra loro al ristoro dei danni patrimoniali, non patrimoniali subìti e al rimborso delle spese sostenute per la costituzione di parte civile nel giudizio penale celebratosi a carico del COGNOME;
si costituì in giudizio la sola banca chiedendo la chiamata in causa del NOME e della madre di questi, NOME COGNOME, che si era
costituita fideiussore del figlio; la banca negò nel merito la sussistenza del requisito dell’occasionalità necessaria ed invocò l’applicazione dell’art. 1227 c.c. al fine di escludere la fondatezza della pretesa risarcitoria avanzata nei propri confronti;
né il NOME né la madre dello stesso si costituirono in giudizio;
il Tribunale di Pescara, acquisita documentazione e sentito un teste, in accoglimento della domanda degli attori condannò i convenuti in solido al pagamento in favore dei coniugi COGNOME/COGNOME della somma di € 30.000, comprensiva del danno patrimoniale e del pregiudizio morale, ed accolse la domanda di garanzia condannando il COGNOME e la COGNOME a tenere indenne la banca di quanto dalla stessa dovuto; il Tribunale rilevò che la prova dell’avvenuto pagamento del denaro in favore del COGNOME si desumeva sia dalla documentazione prodotta agli atti sia dal procedimento penale a carico dello stesso e che vi era il requisito dell’occasionalità necessaria con la conseguente impossibilità di escludere la responsabilità della banca e che doveva escludersi un concorso di colpa dei danneggiati o comunque la violazione, da parte degli stessi, del dovere, di cui al secondo comma dell’art. 1227 c.c. , di evitare il danno;
a seguito dell ‘impugnazi one proposta da Banca Mediolanum, la Corte d’Appello d i L’Aquila ha, con sentenza n. 1768, pubblicata in data 16/12/2020, dichiarato la contumacia di COGNOME e COGNOME e, in accoglimento del gravame, rigettato la domanda proposta nei confronti della banca, confermando per il resto la sentenza di primo grado e condannando i coniugi COGNOME/COGNOME alle spese del doppio grado in favore della banca; per quanto ancora di interesse, la corte territoriale, pur riconoscendo la sussistenza dell’omessa vigilanza da parte dell’intermediario sull’operato del COGNOME e ritenendo configurabile il nesso di occasionalità necessaria tra l’attività del
promotore COGNOME e quella della banca, ha ritenuto che i coniugi COGNOME/COGNOME avendo, già a partire dall’anno 2000 , sottoscritto altre operazioni di investimento con Banca Mediolanum, fossero nella condizione di comprendere i termini dell’investimento e l’anomalia delle due operazioni proposte dal COGNOME, al quale, nonostante il modulo di prenotazione prevedesse che tutte le operazioni fossero regolate sul rapporto di conto corrente acceso presso la banca, versarono ingenti somme di denaro al NOME, con la prospettiva, anch’essa del tutto anomala, di rendimenti del tutto fuori mercato nel breve volgere di un mese;
doveva desumersi, pertanto, la consapevolezza in capo agli investitori della natura del tutto speculativa degli investimenti e della elusione della normativa antiriciclaggio ed antievasione fiscale; conclusivamente la corte territoriale ha ritenuto che il comportamento quantomeno acquiescente degli investitori fosse idoneo ad incidere sul nesso di causalità così da escludere la fondatezza della domanda risarcitoria formulata nei confronti della banca;
avverso la sentenza NOME COGNOME e NOME COGNOME propongono ricorso per cassazione sulla base di due motivi;
resiste soltanto Banca Mediolanum con controricorso;
il ricorso è assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi de ll’art. 380 -bis. 1 c.p.c.
entrambe le parti hanno depositato memoria.
Considerato che:
con il primo motivo -violazione e falsa applicazione degli artt. 1227 c.c., 2049 c.c. e 31 L. 58/1998 in relazione all’art. 360, co. 1 n. 3 c.p.c. -i ricorrenti censurano la sentenza impugnata nella parte in cui la stessa ha ritenuto che l ‘ imprudente condotta degli investitori, da ritenersi esperti della materia, avesse eliso il nesso di occasionalità
necessaria e dunque la responsabilità ex art. 2049 c.c. di Banca Mediolanum, laddove, invece, detta responsabilità, considerato il fatto che le operazioni di investimento erano avvenute nella sede della banca e su modulistica della stessa sì da ingenerare negli investitori l’affidamento sulla correttezza e professionalità del promotore, aveva natura oggettiva ed era da ritenersi implicita nella mancata sorveglianza sulla condotta del proprio promotore; secondo i ricorrenti l’argomento della corte d’appello secondo cui gli investitori erano esperti e tali da dover comprendere la natura speculativa delle operazioni di investimento loro proposte, si poneva in contrasto con il nesso di occasionalità necessaria e con l’affidamento che i coniugi avevano riposto nell’essere gli investimenti proposti dal COGNOME comunque ricollegabili alla banca;
il motivo è inammissibile e comunque infondato; ed invero non sussistono le pretese violazioni delle norme invocate e, in sostanza, la parte ricorrente contesta la ricostruzione dei fatti quale operata dal giudice del merito, così prospettando censure aventi natura fattuale, esulanti dal perimetro del giudizio di legittimità;
si evidenzia che il motivo va in particolare disatteso pure con riferimento alla prospettata violazione dell’art. 31 comma 3 del D.lgs. n. 58 del 1998 e dei principi di elisione del nesso di occasionalità necessaria in quanto la sentenza è conforme all’indirizzo di questa Corte secondo cui ‘i n tema di intermediazione finanziaria, la società preponente non risponde solidalmente del danno causato al risparmiatore dai suoi promotori finanziari qualora il nesso di occasionalità necessaria tra il danno e l’esecuzione delle incombenze affidate a questi ultimi sia interrotto dalla condotta del danneggiato, il quale, inosservante ai canoni di prudenza e agli oneri di cooperazione nel compimento dell’attività di investimento, serbi un contegno
anomalo, contrassegnato da collusione o consapevole acquiescenza alla violazione delle regole ordinarie sul rapporto professionale con il cliente e sulle modalità di affidamento dei capitali da investire ‘ (Cass., 1, n. 17947 del 27/8/2020; Cass., 1, n. 28634 del 15/12/2020; Cass., 63, n. 31453 del 25/10/2022); ‘i n tema di intermediazione finanziaria, se la presenza di elementi sintomatici di condotte anomale dell’investitore non esclude automaticamente la responsabilità solidale dell’intermediario, ai sensi dell’art. 31 del d.lgs. n. 58 del 1998, costituendo l’apprezzamento della loro idoneità a rivelare collusione o consapevole acquiescenza alla violazione delle regole gravanti sul promotore oggetto di un accertamento di fatto da compiersi caso per caso, riservato al giudice di merito ed incensurabile in sede di legittimità, quando tale condotta si traduca nella violazione di norme giuridiche, contenenti specifici obblighi (quali il divieto di consegnare al consulente finanziario denaro contante), il giudice è tenuto ad un apprezzamento specifico che dia conto delle ragioni per cui tale anomalia non sia idonea ad elidere il nesso di occasionalità necessaria tra il danno subito dall’investitore e le incombenze affidate al promotore ‘ (Cass., 3, n. 31894 del 16/11/2023) ;
con il secondo motivo -violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. 1227 c.c. in relazione all’art. 360, co. 1 n. 3 cpc i ricorrenti impugnano il capo di sentenza secondo cui ‘gli appellati nel corso del presente giudizio non hanno offerto alla valutazione del collegio elementi in grado di consentire un diverso inquadramento dei fatti essendosi limitati soprattutto per quanto concerne le circostanze poste a fondamento della sussistenza del loro comportamento acquiescente’ ;
secondo i ricorrenti con tale affermazione la corte territoriale avrebbe posto a carico degli investitori l’onere di provare elementi atti a contestare la ritenuta loro acquiescenza al comportamento del
promotore, quando, sulla base della giurisprudenza di questa Corte, l’unica prova a loro carico sarebbe stata quella relativa all’avvenuto affidamento del proprio denaro oggetto dell’illecita appropriazione per l’effettuazione di operazioni finanziarie solo apparentemente rientranti nel campo di attività dall’intermediario secondo un criterio di normale affidamento in buona fede; in sostanza affermano che, in base al principio di vicinanza della prova, solo la banca poteva e doveva essere gravata dell’o nere di provare la acquiescenza del comportamento degli investitori;
il motivo è infondato: la Corte di merito non ha violato le norme indicate nella rubrica del mezzo e segnatamente non ha operato alcuna erronea ripartizione dell’onere probatorio, atteso che ha accertato in fatto che la condotta degli investitori era tale da elidere il nesso di occasionalità necessaria e, facendo riferimento ad altre sue sentenze relative a situazioni analoghe, peraltro allegate alla memoria di replica di una delle parti (sentenze con le quali era stata rigettata la domanda di risarcimento danni proposta nei confronti della Banca Mediolanum), si è soltanto limitata a rilevare che i ricorrenti, nel presente giudizio, non avevano fornito alla valutazione del Collegio «elementi in grado di consentire un diverso inquadramento dei fatti …, soprattutto per quanto concerne le circostanze poste a fondamento della sussistenza del loro comportamento acquiescente», sicché il motivo neppure si correla pienamente alla ratio decidendi , con conseguente inammissibilità sotto tale profilo;
alle suesposte ragioni consegue il rigetto del ricorso e la condanna dei ricorrenti al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo;
si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti di un importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore della parte controricorrente, in euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00 e agli accessori di legge;
a i sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione