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Responsabilità intermediario: il promotore di fatto

La Corte di Cassazione chiarisce i limiti della responsabilità dell’intermediario finanziario per le azioni di un cosiddetto “promotore di fatto”. In un caso di sottrazione di fondi da un conto corrente, la Corte ha escluso la responsabilità della banca, poiché non è stato provato alcun rapporto di preposizione, né formale né di fatto, tra l’autore dell’illecito e l’istituto di credito. La decisione sottolinea che la semplice presenza di una persona nei locali della banca non è sufficiente a stabilire un legame che giustifichi il risarcimento a carico dell’intermediario.

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Responsabilità Intermediario: la Banca Risponde per un “Promotore di Fatto”?

La questione della responsabilità intermediario finanziario per gli atti illeciti compiuti da soggetti che operano in suo nome è un tema di cruciale importanza per la tutela dei risparmiatori. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto un chiarimento fondamentale sui limiti di tale responsabilità, in particolare quando l’autore dell’illecito è un cosiddetto “promotore di fatto”, ovvero una persona che agisce come tale senza un formale incarico. La Corte ha stabilito che, in assenza di prove concrete di un legame effettivo con la banca, quest’ultima non è tenuta a risarcire i danni.

I Fatti di Causa: Sottrazione di Fondi e la Figura del Promotore non Ufficiale

Il caso trae origine dalla richiesta di risarcimento avanzata dagli eredi di un correntista deceduto. Essi avevano citato in giudizio un noto istituto bancario, accusandolo di essere responsabile per la sottrazione di una cospicua somma (circa 160.000 euro) dal conto del defunto. Secondo gli attori, l’operazione fraudolenta era stata compiuta da un soggetto che, pur non avendo un contratto formale, si comportava a tutti gli effetti come un promotore finanziario della banca.

La banca si era difesa negando ogni addebito e, a sua volta, aveva chiamato in causa sia un altro promotore finanziario sia gli eredi della persona indicata come autore materiale della sottrazione. I tribunali di primo e secondo grado avevano respinto le domande degli eredi, non riconoscendo la responsabilità della banca. La questione è così giunta all’esame della Corte di Cassazione.

L’assenza di un Legame con la Banca esclude la Responsabilità Intermediario

Il fulcro della decisione della Suprema Corte risiede nella verifica del cosiddetto “rapporto di preposizione”. Per poter addebitare alla banca la responsabilità per l’illecito di un terzo, è indispensabile dimostrare che quest’ultimo agiva come suo incaricato o collaboratore. Questo legame, noto come nesso di occasionalità necessaria, non deve essere per forza formalizzato in un contratto, ma può anche essere “di fatto”.

Nel caso specifico, i giudici di merito avevano accertato che l’autore della sottrazione era un soggetto “del tutto estraneo alla compagine bancaria”. Le prove raccolte, incluse le testimonianze, non erano state ritenute sufficienti a dimostrare che egli svolgesse mansioni o incombenze per conto o nell’interesse dell’istituto di credito. La sua semplice presenza, anche se assidua, presso una filiale per “presentare potenziali clienti” o “dispensare consigli” non bastava a configurare un rapporto di preposizione di fatto.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i motivi del ricorso, confermando la linea dei giudici di merito. La Corte ha ribadito che la valutazione delle prove e l’accertamento di una situazione di fatto (come l’esistenza di un rapporto di agenzia non formalizzato) sono compiti esclusivi dei giudici di primo e secondo grado e non possono essere riesaminati in sede di legittimità. Poiché i giudici precedenti avevano escluso, con motivazione logica e coerente, qualsiasi tipo di collegamento funzionale tra il truffatore e la banca, veniva a mancare il presupposto fondamentale per applicare la normativa sulla responsabilità intermediario. In altre parole, se la persona che commette l’illecito è un “esterno”, la banca non ha alcun onere di vigilanza su di lui e non può essere chiamata a rispondere delle sue azioni fraudolente.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale: la responsabilità oggettiva della banca per i fatti dei suoi promotori non è illimitata. Essa presuppone l’esistenza di un vincolo di dipendenza o collaborazione, che deve essere provato da chi chiede il risarcimento. Per i risparmiatori, la lezione è chiara: è essenziale verificare sempre le credenziali ufficiali di chiunque proponga investimenti o gestisca operazioni finanziarie. L’apparenza non è sufficiente a garantire la copertura e la tutela offerte dall’intermediario finanziario. La decisione rafforza la necessità di diligenza da parte dei clienti e circoscrive la responsabilità delle banche ai soli soggetti che fanno effettivamente parte della loro rete organizzativa, formale o di fatto che sia.

Una banca è sempre responsabile per le truffe compiute da chi si presenta come un suo promotore?
No. Secondo la Corte, la responsabilità della banca (responsabilità intermediario) sorge solo se esiste un rapporto di “preposizione”, cioè un legame, anche di fatto, tra la persona che compie l’illecito e la banca stessa. Se la persona è un soggetto completamente estraneo alla struttura della banca, quest’ultima non è responsabile.

Cosa si intende per “promotore di fatto” e basta a far scattare la responsabilità della banca?
Un “promotore di fatto” è una persona che agisce come un promotore finanziario per conto di un intermediario senza avere un incarico formale. Tuttavia, per far scattare la responsabilità della banca, non basta affermare che una persona agiva “di fatto”, ma è necessario fornire prove concrete che dimostrino lo svolgimento di mansioni per conto o nell’interesse della banca. In questo caso, tali prove sono state ritenute insufficienti.

Su chi ricade l’onere di provare il rapporto tra il truffatore e la banca?
L’onere della prova ricade su chi agisce in giudizio per il risarcimento del danno (in questo caso, gli eredi del correntista). Sono loro a dover dimostrare che esisteva un rapporto di preposizione, anche di fatto, tra l’autore dell’illecito e l’intermediario finanziario. Se questa prova manca, la domanda di risarcimento contro la banca viene respinta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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