Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 21133 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 21133 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
RAGIONE_SOCIALE
RESPONSABILITA’ CIVILE DELL’INTERMEDIARIO FINANZIARIO PER L’ATTIVITA’ DEL PROMOTORE
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 885/2024 R.G. proposto da COGNOME NOME E COGNOME NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’Avv. NOME COGNOME
-ricorrenti –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. Campilongo
NOME
-controricorrente –
nonché contro
rappresentati e difesi
COGNOME E COGNOME, dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME
-controricorrenti –
nonché contro
-intimata –
Avverso la sentenza n. 3706/2023 della CORTE D’APPELLO DI ROMA, depositata il giorno 23 maggio 2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 marzo 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME ed NOME COGNOME nella qualità di coeredi del deceduto NOME COGNOME, domandarono la condanna della Fineco Bank S.p.A. al risarcimento del danno, ai sensi dell’art. 31, terzo comma, del d.lgs. 24/02/1998, n. 58 o dell’art. 2049 cod. civ., per la condotta illecita del promotore NOME COGNOME consistita nella sottrazione di somme dal conto corrente intestato al de cuius , quantificando il pregiudizio patito in euro 106.000,00, pari ai due terzi dell’importo di euro 159.600,00, cioè della somma asseritamente trafugata dal promotore.
Nel costituirsi, la RAGIONE_SOCIALE formulò istanza di chiamata in causa, a scopo di manleva e garanzia, del promotore finanziario NOME COGNOME nonché degli eredi di NOME COGNOME individuati in NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Integrato in tali termini il contraddittorio, spiegarono resistenza alla lite, con distinti atti difensivi, i terzi così chiamati.
Nella controversia proposero poi intervento volontario NOME e NOME COGNOME altre coeredi di NOME COGNOME, onde ottenere il risarcimento del danno quantificato in loro favore in euro 53.200,00, pari ad un terzo dell’importo complessivo in thesi sottratto dal conto del dante causa.
All’esito del giudizio di prime cure, l’adito Tribunale di Tivoli rigettò le domande delle parti attrici ed interventrici.
La decisione in epigrafe indicata ha disatteso l’appello interposto da NOME ed NOME COGNOME.
Ricorrono uno actu per cassazione NOME ed NOME COGNOME affidandosi a quattro motivi.
Resistono, con distinti controricorsi, NOME COGNOME da un lato, e NOME COGNOME e NOME COGNOME dall’altro.
Non svolge difese in grado di legittimità la RAGIONE_SOCIALE Parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
I l Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di cui al secondo comma dell’art. 380 -bis. 1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare, non occorre procedere a verificare la regolare notificazione del libello introduttivo a tutte le parti litisconsorti in grado di appello (segnatamente, nei confronti di NOME e NOME COGNOME) e non costituite nel presente giudizio di legittimità, stante l’esito di rigetto del ricorso per le ragioni in appresso esplicate.
Il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone infatti al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 cod. proc. civ.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano certamente quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo, in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato ad esplicare i suoi effetti. Ne consegue che, in caso di ricorso per cassazione prima facie infondato o inammissibile, appare superflua, pur potendone sussistere i presupposti, la fissazione del termine per la rinnovazione della notifica del ricorso ad una parte o per l’integrazione del contraddittorio nei riguardi di un litisconsorte pretermesso, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei tempi di definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti
processuali delle parti (cfr., sulla scia di Cass., Sez. U, 22/03/2010, n. 6826, tra le tante, Cass. 13/10/2011, n. 21141; Cass. 17/06/2013, n. 15106; Cass. 10/05/2018, n. 11287; Cass. 21/05/2018, n. 12515; Cass. 15/05/2020, n. 8980; Cass. 20/04/2023, n. 10718).
2. Il primo motivo, col quale si denuncia la violazione « dell’art. 31, terzo comma, del d.lgs. n. 58 del 1998 ovvero dell’art. 2049 cod. civ. », censura la impugnata sentenza per aver ritenuto « escluso in radice » il nesso di occasionalità necessaria sulla base del fatto che NOME COGNOME « non rivestisse la qualifica formale di promotore finanziario, ovvero che lo stesso non appartenesse alla compagine bancaria stante l’inesistenza di un rapporto professionale formalizzato ».
Assume, per contro, che la responsabilità oggettiva del preponente per il fatto del preposto sussiste anche quando le incombenze di fatto disimpegnate da quest’ultimo abbiano reso possibile o pure soltanto agevolato il compimento del fatto illecito del preponente.
2.1. La doglianza è inammissibile.
A fondamento della negata responsabilità dell’or iginaria convenuta, la Corte territoriale ha posto non soltanto l’insussistenza di un rapporto professionale contrattualmente regolato tra NOME COGNOME e la Fineco Bank S.p.A. ma anche, più al fondo e con rilievo dirimente, il mancato espletamento ad opera del primo di mansioni o incombenze, anche di mero fatto, per conto o nell’interesse della seconda.
In tal senso, univocamente, si legge nell’impugnata sentenza (pag. 7, secondo capoverso): « il nesso di occasionalità necessaria è escluso in radice, in quanto è pacifico che il predetto è un soggetto del tutto estraneo alla compagine bancaria e non riveste la qualifica di promotore finanziario per conto della Fineco Bank S.p.A. Non è ipotizzabile un onere di vigilanza a carico della Fineco Bank S.p.A. nei confronti di un soggetto con il quale l’istituto bancario non
ha mai intrattenuto alcun rapporto di preposizione né ha avuto collegamenti funzionali o di fatto ».
Il motivo non attinge criticamente la trascritta argomentazione, fondante la reiezione della domanda risarcitoria: esso, anzi, postula e in capo a NOME COGNOME la qualità di « promotore di fatto » dell’istituto bancario, circostanza di natura appunto fattuale la quale – come visto -è stata espressamente negata dal giudice territoriale, in forza di un accertamento di merito a lui tipicamente riservato.
Tanto giustifica l’inammissibilità del la doglianza.
Il secondo motivo lamenta violazione dell’art. 2697 cod. civ. in relazione all’art. 31, terzo comma, del d.lgs. n. 58 del 1998 nonché all’art. 10 del d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 11.
Parte ricorrente ravvisa trasgressione alle menzionate disposizioni per aver la Corte d’appello, al fine di accertare la responsabilità dell’intermediario, « addossato all’attore l’ulteriore onere di provare che la sua condotta non avesse in qualche misura agevolato l’illecito e, quindi, il danno subito » e « sollevato, al contempo, l’intermediario dall’onere di provare tanto il corretto funzionamento dei sistemi informatici e di sicurezza, come imposto dalla speciale normativa in tema di conti on-line quanto di aver esercitato il doveroso controllo sul promotore di fatto in ragione del suo pieno inserimento nell’organizzazione aziendale ».
3.1. Anche questo motivo è inammissibile.
Il ragionamento con esso sviluppato si basa, necessariamente presupponendolo, sul l’inserimento d el COGNOME nell’organizzazione aziendale della Fineco Bank S.p.A. nella veste di promotore di fatto: prospetta, cioè, un andamento della vicenda controversa divergente (ed anzi contrario) rispetto a quello scaturente dall’ accertamento ad opera del giudice di merito.
Orbene, è noto come sia inammissibile il motivo di ricorso per cassazione che si fondi su una situazione di fatto diversa da quella accertata nel giudizio di merito, essendo in ogni caso esclusa una nuova ricostruzione dei fatti da parte della Corte di legittimità.
4 . Il terzo motivo rileva, con riferimento all’art. 360, primo co mma, num. 4, cod. proc. civ., « nullità della sentenza per intrinseca e manifesta contraddittorietà della motivazione in quanto viziata dal contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili. Violazione artt. 132 num. 4, 156, secondo comma, cod. proc. civ. e 111 Cost .».
Parte ricorrente evidenzia come la sentenza impugnata abbia, per un verso, affermato l’esclusione del nesso di occasionalità necessaria per il fatto illecito compiuto da un soggetto estraneo alla compagine bancaria e, per altro verso, « in palese contrasto con il principio di non contraddizione » e con « insanabile contrasto logico » tra affermazioni, professata l’assoluta irrilevanza in astratto (e non già l ‘ insufficienza in concreto) delle prove volte a dimostrare « il presupposto logico della responsabilità solidale dell’intermediario -preponente ».
4.1. Il motivo è infondato.
Diversamente da quanto opinato dal ricorrente, la Corte territoriale ha ritenuto l’irrilevanza non già delle prove bensì delle « risultanze della prova testimoniale » : cioè a dire l’inidoneità delle emergenze istruttorie ad asseverare l’esistenza di un rapporto di preposizione, pur di mero fatto, tra la Fineco Bank S.p.A. e il COGNOME, segnatamente reputando non significante, al riguardo, la riferita presenza di quest’ultimo nella sede Fineco di Villanova di Guidonia, « dove presentava potenziali clienti ai promotori finanziari e dispensava consigli ».
Ha in tal guisa estrinsecato un apprezzamento sull’attendibilità e sulla concludenza del compendio probatorio acquisito a dimostrare la verità o meno dei fatti- che integra compito esclusivo e tipico del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità: e, in maniera
coerente, ha ravvisato in detto apprezzamento il logico prodromo della negazione della invocata responsabilità dell’istituto bancario.
Del tutto insussistente è, dunque, il lamentato vizio motivazionale.
Il quarto motivo prospetta, in relazione al l’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ. « violazione del divieto di presumere dal presunto ed illogicità nello sviluppo del ragionamento presuntivo posto a fondamento della sentenza. Violazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ. ».
Ad avviso dell’impugnante, con errore logico la sentenza gravata « fa derivare dall’indimostrata comunicazione dei codici, in via asseritamente riservata, la conseguenza secondo cui il possesso dei codici da parte di terzi (nel caso di specie il promotore di fatto) non potrebbe che derivare da una consegna spontanea degli stessi »; per contro, detta circostanza non sarebbe idonea ad escludere che il promotore di fatto abbia sottratto i codici « con l’inganno al titolare approfittando, proprio, del suo pieno in serimento nell’attività d’impresa e, dunque, in occasione delle mansioni in concreto demandategli dall’intermediario ».
5.1. Il motivo è inammissibile.
Esso, infatti, censura affermazioni prive di decisività nella trama argomentativa della sentenza gravata, la cui eventuale espunzione, pur in ipotesi di sussistenza del vizio denunciato, non minerebbe in alcun modo la compiutezza e la concludenza della motivazione.
Quest’ultima, infatti, riposa -come già innanzi evidenziato -sul disconoscimento di mansioni o attività svolte dal COGNOME per conto o nell’interesse della Fineco Bank S.p.A.: talché, coerentemente, la Corte territoriale ha negato la responsabilità della banca « sia laddove si ipotizzi una consegna spontanea dei codici da parte di NOME COGNOME, sia laddove si ritenga che si sia verificata una sottrazione fraudolenta,
poiché entrambe le situazioni si collocano al di fuori dell’ambito di controllo dell’istituto bancario ».
Il ricorso è, in definitiva, rigettato.
Va disattesa, per difetto del necessario elemento soggettivo, la istanza di condanna di parte ricorrente per responsabilità processuale aggravata articolata dal controricorrente NOME COGNOME.
Il regolamento delle spese del grado segue la soccombenza.
A tteso l’esito del ricorso, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito da parte del ricorrente – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti, NOME e NOME COGNOME alla refusione in favore dei controricorrenti, NOME COGNOME nonché NOME COGNOME e NOME COGNOME, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate, per ciascun controricorrente, in euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della parte ricorrente al competente ufficio di merito dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione Civile, il giorno 10 marzo 2025.
Il Presidente
NOME COGNOME