Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6608 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6608 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15250/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del procuratore speciale, NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 3130/2020 depositata il 30/11/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato in fatto che:
l’AVV_NOTAIO, al quale le eredi di NOME COGNOME avevano conferito l’incarico di procedere alla liquidazione dell’asse ereditario della de cuius , individuava tra i beni relitti una polizza assicurativa unit linked sottoscritta dalla defunta in data 26/2/1988 con RAGIONE_SOCIALE, tramite NOME COGNOME, dipendente della banca RAGIONE_SOCIALE, quale private banker referente e gestore della polizza; appreso che beneficiaria della polizza era la stessa NOME COGNOME e ritenuto sussistente un conflitto di interessi provvedeva a denunciare la circostanza, tra l’altro, alla Consob e alla Banca d’Italia; in conseguenza di ciò, NOME COGNOME, in data 4/12/2013, rifiutava espressamente al beneficio a suo favore e la banca in data 13/3/2014 liquidava in favore delle eredi di NOME COGNOME la polizza; l’impresa assicurativa RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE venivano convenute, dinanzi al Tribunale di Milano, per essere condannate al risarcimento del danno ed alle restituzioni, rispettivamente, per aver stipulato una polizza nulla per difetto della forma scritta e per il ritardo nella liquidazione della polizza, conseguente al comportamento illecito di NOME COGNOME;
con la sentenza n. 5113/2017, il Tribunale di Milano rigettava la domanda, ritenendo, quanto ad RAGIONE_SOCIALE, soddisfatto l’onere della forma scritta e, quanto a RAGIONE_SOCIALE, l’insussistenza sia di un fatto illecito a lei imputabile sia di un danno da parte delle eredi di NOME COGNOME;
la Corte d’appello di Milano, con la sentenza n. 3130/2020, resa pubblica in data 30/11/2020, ha rigettato l’appello proposto dalle eredi di NOME COGNOME e da NOME COGNOME, che aveva agito anche in proprio, oltre che come rappresentante legale delle prime; ai fini che ancora interessano, la Corte d’appello ha ritenuto applicabile alla polizza per cui è causa esclusivamente il d.lgs. n. 174/1995 per il quale l’intermediario era tenuto solo all’obbligo di informare il contraente in modo esaustivo, chiaro e completo sul contenuto del contratto e a quello di sottoporre al cliente un prodotto adatto alle sue reali esigenze, al fine di permettergli l’adozione di una scelta consapevole; ha accertato che la contraente aveva sottoscritto una dichiarazione con cui dava atto di avere ricevuto, letto e compreso la nota informativa e che non erano state prodotte in giudizio dagli appellanti, su cui ricadeva il relativo onere probatorio, prove dirette a dimostrare che NOME COGNOME non fosse stata a conoscenza del contenuto reale della polizza; ha precisato che la nota informativa, finalizzata alla conclusione del contratto, esplicava tutte le caratteristiche necessarie affinché la potenziale cliente decidesse se stipulare oppure no la polizza, perciò non rilevava che la polizza contenesse pattuizioni di contenuto vessatorio, posto che il contratto poi stipulato era stato approvato e sottoscritto da NOME COGNOME ed era stato soddisfatto anche l’onere di specifica approvazione per iscritto delle clausole vessatorie; ha disatteso il motivo di appello con cui veniva lamentato il ritardo nella liquidazione della polizza attribuito ad RAGIONE_SOCIALE che si era rifiutata di indicare alle eredi il nome della beneficiaria della polizza, perché il rifiuto opposto era stato legittimo e perché si era attivata per trasmettere a RAGIONE_SOCIALE tutte le indicazioni necessarie per una pronta liquidazione;
quanto all’illecito asseritamente imputabile a RAGIONE_SOCIALE, il giudice a quo , affermato (p. 9) che ‘l’appellante non ha fornito alcuna prova dell’illiceità della nomina a beneficiaria della polizza in commento
della promotrice NOME COGNOME non costituendo, di per sé, detta nomina, fatto illecito integrante gli estremi del reato’, ha confermato la decisione del Tribunale che aveva ‘ritenuto l’assoluta estraneità della Banca al fatto del promotore’, il quale era stato reso possibile dalla iniziativa dell’investitrice; iniziativa che era valsa ad interrompere il nesso di occasionalità necessaria tra l’illecito del promotore e le mansioni affidategli dall’intermediario; ha aggiunto che, avendo la promotrice rinunciato espressamente alla liquidazione della polizza a suo favore, le eredi di NOME COGNOME non avevano subito alcun danno né le stesse avevano dimostrato, neppure in via presuntiva, quale utilità patrimoniale avessero perduto, avendo solo dedotto di aver venduto a condizioni deprezzate l’unico immobile caduto in successione al fine di pagare le imposte di successione, ma dalla dichiarazione di successione si evinceva che non avevano ereditato alcun immobile, tantomeno NOME COGNOME aveva provato di aver subito un danno alla sua sfera morale nell’esercizio del mandato; ha anche escluso che la liquidazione in ritardo della polizza da parte di RAGIONE_SOCIALE potesse esserle imputata, perché la liquidazione della polizza competeva alla società RAGIONE_SOCIALE, né corrispondeva al vero che RAGIONE_SOCIALE avesse taciuto l’esistenza della polizza, atteso che nella dichiarazione di successione del 6/03/2013 risultavano indicati nell’asse ereditario la polizza ed il valore lordo di riscatto (euro 119.100,34);
ricorre per la cassazione di detta pronuncia NOME COGNOME, formulando due motivi;
resite con controricorso RAGIONE_SOCIALE;
la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.;
la ricorrente ha depositato memoria.
Considerato che:
1) con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1228 e 2049 cod.civ., con riferimento agli artt. 21, 23 e 31 TUF e al d.lgs. n. 415/1996 nonché ali artt. 1 e 21 della l. n. 52/1996 e agli artt. 106 e ss. d.lgs.. n. 385/1985, in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.;
la Corte territoriale avrebbe erroneamente evocato una responsabilità penale che non era mai stata ascritta a RAGIONE_SOCIALE e non avrebbe tenuto conto che nella specie, indipendentemente dall’applicazione del TUF, la banca era responsabile ai sensi degli artt. 1228 e 2049 cod.civ., che per la ricorrenza di detta responsabilità era sufficiente dedurre un rapporto di occasionalità necessaria tra la condotta antigiuridica posta in essere dall’agente (NOME COGNOME) e le incombenze affidategli (promotrice finanziaria, con funzione di referente e gestore del deposito titoli della de cuius ), che la polizza stipulata aveva prevalente natura finanziaria ed era, non solo in astratto, ma anche in concreto sottoposta al TUB ed in specie all’art. 25 bis – sebbene esso fosse entrato in vigore tre giorni dopo la sottoscrizione della polizza – in virtù di una interpretazione evolutiva del sistema, nonché alle regole di comportamento previste dal TUB, che il comportamento della promotrice finanziaria aveva anche violato il d.lgs.. n. 145/1996 che detta le regole di trasparenza e di professionalità dei promotori finanziari;
2) con il secondo motivo la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 41 cod.pen. e dell’art. 2697 cod.civ. con riferimento all’art. 115 cod.proc.civ., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.;
le censure formulate sono plurime:
sub lett. A) la ricorrente ritiene che la Corte d’appello, escludendo che RAGIONE_SOCIALE avesse liquidato tardivamente la polizza, perché essa aveva provveduto a liquidare le somme sul conto corrente acceso presso il proprio istituto, abbia in qualche modo travisato il
contenuto della censura: ad RAGIONE_SOCIALE non si imputava di avere liquidato tardivamente il conto corrente, ma di avere liquidato tardivamente (un anno e 5 mesi dopo il decesso dell’assicurata e solo perché la promotrice finanziaria aveva rinunciato ai benefici della polizza) la polizza, per causa dell’illecito della promotrice finanziaria di cui era chiamata a rispondere; conclude, pertanto, che la Corte territoriale avrebbe dovuto ritenere sussistente il danno da ritardo per la componente patrimoniale -interessi, devalutazione, perdita di occasioni di guadagno, oneri e spese sopportate per ottenere la tardiva liquidazione -e per quella non patrimoniale, per violazione dei doveri di solidarietà sociale sanciti dall’art. 2 Cost.;
sub lett. B) la ricorrente torna sul nesso di occasionalità necessaria allo scopo di denunciare: i) l’erronea applicazione della disciplina del concorso di colpa di cui all’art. 41 cod.pen., nella parte in cui il giudice a quo ha ritenuto che il comportamento dell’assicurata avesse agevolato il compimento dell’illecito e quindi avesse interrotto il rapporto di occasionalità necessaria, senza considerare che un contratto resta illecito anche quando esso sia stato stipulato per un motivo illecito comune ad entrambe le parti;
ii) l’inconferenza della giurisprudenza richiamata dalla Corte territoriale che si riferiva alla violazione delle regole sulle modalità formali delle operazioni di investimento e di riscossione e non già al conflitto di interessi che costituisce nel diritto pubblico come nel diritto privato una categoria valoriale;
entrambi i motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, sono inammissibili;
la quaestio iuris su cui è incentrato il ricorso è una sola ed è rappresentata dal presunto danno da ritardo nella liquidazione della polizza assicurativa stipulata da NOME COGNOME da parte di RAGIONE_SOCIALE; ritardo asseritamente dovuto al fatto che per liquidare la polizza era stato necessario che NOME COGNOME rinunciasse al
beneficio; essendo la beneficiaria proprio la promotrice finanziaria di cui RAGIONE_SOCIALE si era avvalsa per sottoporre la polizza alla assicurata, la controversia verte sul se la banca sia tenuta a rispondere del danno da ritardo;
va osservato che la sentenza impugnata si è basata su più rationes decidendi e che ciò comportava per la ricorrente la necessità di confutarle tutte e di confutarle utilmente;
è dirimente l’osservazione che resistono alle censure della ricorrente le statuizioni con cui la Corte territoriale ha escluso non solo la responsabilità diretta della banca e (anche) di quella della promotrice (cfr. p. 9), ma anche quelle con cui ha negato pure la sussistenza di una responsabilità indiretta della banca ed ha escluso che le eredi COGNOME avessero subito un danno da ritardo;
per condannare il motivo di ricorso in tutte le sue articolazioni all’inammissibilità è sufficiente considerare che: 1) non è stata (neppure) lambita da censure la statuizione con cui la Corte d’appello ha ritenuto non provata la sussistenza di un danno ‘da inadempimento contrattuale’ , atteso che in primo grado le eredi COGNOME avevano solo riferito di un generico disagio per aver dovuto anticipare il pagamento delle imposte vendendo a condizioni deprezzate l’unico immobile caduto in successione (p. 10 del ricorso), non bastando a tal fine quanto dedotto alle pagg. 17 e 18 del ricorso con riferimento agli interessi commerciali dovuti di diritto, alla devalutazione del capitale, alla perdita di occasioni di guadagno e alle spese sopportate per ottenere la pur tardiva liquidazione e, in merito al danno non patrimoniale, il riferimento alla clausola generale di correttezza e buona fede produttiva di danno risarcibile, in quanto riconducibile alla violazione dei doveri di solidarietà sanciti dall’art. 2 Cost.
è sufficiente rilevare che si tratta di indicazioni meramente assertorie, formulate in palese violazione delle prescrizioni di cui all’art. 366, 1° comma, n. 6 cod.proc.civ., che il
nocumento patrimoniale siccome quello non patrimoniale non possono essere mai ritenuti in re ipsa ed il pregiudizio risarcibile è sempre danno -conseguenza; atteso che un evento pregiudizievole non può costituire ex se un danno risarcibile, dovendo sempre il soggetto che si asserisce danneggiato allegare (sull’adempimento dell’onere di allegazione cfr. Cass. 30/06/2015, n. 13228) e provare, se del caso anche per presunzioni, la conseguenza pregiudizievole lamentata;
anche considerando che l’obbligo indennitario è un debito di valore (Cass. 12/2/2008, n. 3268; Cass. 07/05/2009, n. 10488) e che la rivalutazione monetaria e gi interessi costituiscono una parte della prestazione risarcitoria, quindi possono essere riconosciuti d’ufficio dal giudice, sia in primo grado sia nel giudizio di appello, malgrado il ceditore non li abbia specificamente richiesti, atteso che devono ritenersi compresi nell’originario petitum (Cass. 17/09/2015, n. 181243; Cass. 6/12/1993, n. 12054) a meno che il creditore non li abbia espressamente esclusi (Cass- 20/03/2001, n. 3996), la debenza degli stessi è subordinata all’accertamento della ricorrenza dei presupposti dell’obbligazione risarcitoria che la Corte d’appello ha negato;
per tali ragioni il ricorso va dichiarato inammissibile;
le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
ad avviso del Collegio ricorrono i presupposti per condannare la ricorrente al pagamento, ai sensi dell’art. 96, 3° comma, cod.proc.civ., della somma di euro 1.500,00, atteso che il ricorso propone censure insostenibili e del tutto prive di fondamento.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese in favore della
contro
ricorrente, liquidandole in euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
La ricorrente va altresì condannata al pagamento di euro 1.500,00, ai sensi dell’art. 96, 3° comma, cod.proc.civ.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione civile