Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 15664 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 15664 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 01010/2021 R.G. proposto da:
Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. , in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dal l’avv. NOME COGNOME giusta procura in atti;
-ricorrente –
Contro
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME PietroCOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME Matteo Guglielmo COGNOME
Oggetto:
intermediazione finanziaria
AC –
10/06/2025
rappresentati e difesi dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte di appello di Milano n. 2661/2020, pubblicata il 21 ottobre 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 giugno 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. (in prosieguo, breviter: ‘la banca’) ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, avverso la sentenza in epigrafe con cui la Corte di appello di Milano ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di Varese condannando anche la banca ricorrente, in solido con il suo promotore finanziario NOME COGNOME a risarcire a NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME le somme per ciascuno di questi ultimi quantificate, a titolo di risarcimento del danno derivante dalla sottrazione di ingenti somme di denaro perpetrata a danno degli investitori dal promotore finanziario.
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso.
Il ricorso per cassazione non è stato proposto nei confronti di NOME COGNOME già contumace in appello.
La Corte territoriale, per quanto in questa sede ancora rileva, ha osservato: a) che la sentenza di primo grado andava riformata laddove aveva escluso la responsabilità della banca non rinvenendo
nella specie il nesso di occasionalità necessaria tra la condotta del suo promotore e gli obblighi rinvenienti sull’ intermediario finanziario autorizzato; b) che, infatti, la corretta disamina e interpretazione delle prove acquisite al processo per ciascuno dei clienti danneggiati conduceva a ritenere che l’ affidamento fatto da questi ultimi nell’ operato del promotore non potesse ritenersi colpevole e che, di contro, la banca fosse responsabile per la totale mancanza di vigilanza e di controllo sull’operato del proprio promotore, che utilizzava moduli intestati ad essa banca ed era regolarmente autorizzato a raccogliere il risparmio tra i clienti per conto dell’ istituto di credito, con palese violazione dell’art. 31 del Testo Unico della Finanza di cui al d. lgs. n. 58 del 1998 (in prosieguo, breviter : ‘TUF’) e con conseguente sussistenza del nesso di occasionalità necessaria tra comportamento omissivo dell’intermediario e danno arrecato dal promotore.
5. I controricorrenti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1. Il ricorso lamenta:
a) «I° Motivo: violazione e falsa applicazione dell’art. 31 TUF e dell’art. 2049 c.c., della relativa interpretazione fornita dalla Corte di Cassazione anche in tema di cd ‘ nesso di occasionalità necessaria ‘, in relazione all’art. 36 0 n. 3 c.p.c.», deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha ritenuto sussistere la responsabilità della ricorrente, laddove il danno arrecato era in effetti riconducibile alla sola e imprevedibile attività fraudolenta posta in essere dal promotore, in assenza di alcuna prova che tale attività fosse stata perpetrata mediante l’ utilizzo di modulistica riferibile alla banca, il cui nome non
risultava in alcun modo speso dal promotore per indurre i clienti a erogargli il denaro.
Il motivo è inammissibile. Detto che la sentenza impugnata è perfettamente conforme alla giurisprudenza di questa Corte in tema di c.d. ‘ nesso di occasionalità necessaria ‘ nell’ambito dell’ intermediazione finanziaria, avendo la Corte di appello ripercorso integralmente il procedimento interpretativo delle prove al fine di escludere l’anomalia del comportamento dei clienti e il suo possibile effetto interruttivo del nesso di causalità (così come richiesto tra le più recenti da Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 31894 del 16/11/2023 e da Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 31453 del 25/10/2022), sicché essa è corretta in iure , la censura in esame è versata totalmente in fatto giacché, nella sua sostanza, pur partendo da una formale contestazione giuridica, finisce per contrapporre al materiale utilizzato dalla Corte territoriale altro materiale probatorio che, a suo dire, avrebbe portato a diverse conclusioni. Sennonché una tale prospettazione non è ammissibile in questa sede, giacché finirebbe per far compiere a questa Corte una non consentita riedizione del ragionamento valutativo delle prove, detto che il giudice del merito non è affatto obbligato a prendere in considerazione l’ intero bagaglio istruttorio, ma ben piò selezionare quanto ritenuto rilevante, con il solo obbligo di fornire all’uopo riconoscibile motivazione; ciò che nella specie è puntualmente accaduto.
b) « II° motivo: violazione e falsa applicazione dell’art. 1227 c.c. ed ancora dell’art. 31 TUF, dei principi generali di diligenza e dell’art. 1176 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. », deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha
ritenuto incolpevole l’affidamento posto in essere dai clienti nell’attività del promotore finanziario, laddove plurimi elementi probatori dovevano condurre a concludere in senso radicalmente contrario.
Il motivo è inammissibile perché è anch’esso versato totalmente in fatto contenendo, in assenza di qualsiasi allegazione circa la violazione dei criteri dell’ ermeneutica delle prove, una diversa ricostruzione del materiale probatorio che asseritamente avrebbe dovuto condurre a diverse conclusioni. Per tale aspetto, la censura è inammissibile per le medesime ragioni indicate a commento del primo motivo di ricorso.
c) «III° motivo: 3) Omesso esame circa un fatto (fatti) decisivo/i per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, da ritenersi anche pacifico ai sensi dell’art. 115 c.p.c. », deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove non ha ritenuto pacifiche, in quanto non contestate dai controricorrenti, le circostanze esimenti la propria responsabilità specificamente dedotte sin dall’atto di costituzione in giudizio in primo grado e per aver omesso di esaminare tutta una serie di documenti ritualmente prodotti, dai quali emergeva con evidenza la colpevolezza del comportamento dei clienti e, di contro, l’ assenza di qualsivoglia responsabilità di essa banca.
Il motivo è inammissibile, quanto al dedotto vizio motivazionale, poiché tale vizio è denunciabile in cassazione ai sensi del numero 5 del primo comma dell’art. 360 cod. p roc civ. solo per anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le
risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014). L’irrilevanza delle risultanze processuali ai fini dell’applicazione del sindacato sulla motivazione è stata ulteriormente precisata nel senso che il vizio denunciabile è limitato all’omesso esame di un fatto storico -da intendere quale specifico accadimento in senso storiconaturalistico (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 24035 del 03/10/2018; id. sez. 6-1, Ordinanza n. 22397 del 06/09/2019; id. Sez. 2, Ordinanza n. 20610 del 09/07/2021), principale o secondario, rilevante ai fini del decidere e oggetto di discussione tra le parti (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 26305 del 18/10/2018), nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente l’omessa valutazione di deduzioni difensive. Pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 27415 del 29/10/2018).
Q uanto alla pretesa violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., la censura si limita ad asserire che i fatti dedotti sarebbero stati ‘ pacifici ‘ per omessa specifica contestazione da parte degli originari attori sul punto, ma omette di circostanziare tale assunto con la trascrizione o l’ evidenziazione dell ‘avvenuta
allegazione agli atti del ricorso delle specifiche difese ritenute incompatibili con la contestazione del proprio assunto sugli specifici fatti dedotti. Condizione che deve ritenersi necessaria e preliminare, onde potere successivamente inferire da tale omissione di contestazione la relativa relevatio ab onere probandi .
Le spese di lite della presente fase di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come indicato in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto (Cass. S.U., n. 4315 del 20 febbraio 2020).
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. a rifondere a COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, NOME, COGNOME NOME e COGNOME Matteo Guglielmo le spese della presente fase di legittimità, che liquida in complessivi euro 12.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10 giugno