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Responsabilità gestore idrico: chi paga i danni?

Un privato subisce danni da infiltrazioni a causa del malfunzionamento della rete fognaria e cita in giudizio la società di gestione. Quest’ultima tenta di scaricare la colpa sul Comune, proprietario della rete. La Corte di Cassazione, respingendo il ricorso, ha confermato il principio secondo cui la responsabilità del gestore idrico deriva dalla sua funzione di ‘custode’ della rete, ai sensi dell’art. 2051 c.c., indipendentemente dalla proprietà formale dell’infrastruttura.

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Responsabilità del Gestore Idrico: Chi Paga i Danni da Allagamento?

La questione della responsabilità del gestore idrico per danni causati da infiltrazioni e allagamenti dovuti al malfunzionamento della rete fognaria è un tema di grande attualità. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: chi gestisce la rete ne è anche custode e, pertanto, risponde dei danni che essa provoca, indipendentemente da chi ne sia il proprietario formale. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Tutto ha inizio quando il proprietario di un immobile cita in giudizio una società di gestione del servizio idrico, chiedendo un risarcimento per i danni subiti a causa di infiltrazioni provenienti dalla rete fognaria. La società, a sua volta, chiama in causa il Comune, sostenendo che quest’ultimo, in qualità di proprietario dell’infrastruttura, dovrebbe essere ritenuto responsabile.

Sia il Giudice di Pace in primo grado che il Tribunale in appello condannano la società di gestione, ritenendola l’unica responsabile del danno. Il Tribunale, inoltre, accoglie l’appello incidentale del Comune per il pagamento delle spese legali. Insoddisfatta, la società decide di portare la questione dinanzi alla Corte di Cassazione.

I motivi del ricorso e la responsabilità del gestore idrico

La società ricorrente basa il suo ricorso su due motivi principali. In primo luogo, lamenta una presunta errata valutazione delle prove, sostenendo che il giudice non avrebbe considerato adeguatamente le testimonianze che, a suo dire, dimostravano come il problema fosse stato causato da un’immissione abusiva di acque meteoriche nella fogna. In secondo luogo, contesta l’applicazione delle norme sulla responsabilità, ritenendo che questa dovesse ricadere sul Comune proprietario della rete.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha esaminato congiuntamente i due motivi di ricorso, ritenendoli in parte inammissibili e in parte infondati, e ha colto l’occasione per chiarire due aspetti cruciali.

La Valutazione delle Prove da Parte del Giudice

La Corte ha innanzitutto precisato che il giudice di merito ha il potere di valutare liberamente le prove. Nel caso specifico, il Tribunale aveva basato la sua decisione sulle conclusioni di una consulenza tecnica d’ufficio (CTU), ritenendola più attendibile e completa rispetto alle testimonianze, giudicate insufficienti. Questa scelta rientra pienamente nella discrezionalità del giudice e non costituisce una violazione di legge. Non si può accusare un giudice di aver violato le regole processuali solo perché ha attribuito un peso diverso alle varie prove presentate.

La Responsabilità da Custodia (Art. 2051 c.c.)

Il punto centrale della decisione riguarda l’applicazione dell’articolo 2051 del codice civile. La Corte ha ribadito il suo consolidato orientamento: l’ente che si occupa della gestione, manutenzione e riparazione della rete idrica e fognaria assume la posizione di ‘custode’.

Questa posizione di custodia crea una ‘signoria di fatto’ sull’infrastruttura, che è il presupposto per la responsabilità del gestore idrico. Tale responsabilità è di natura oggettiva: non si basa su un comportamento colposo del gestore, ma sul semplice rapporto di custodia tra quest’ultimo e la cosa che ha causato il danno. Di conseguenza, chi gestisce la rete è tenuto a risarcire i terzi per i danni derivanti dal suo malfunzionamento, anche se la proprietà formale della rete appartiene a un altro ente, come il Comune.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, condannando la società di gestione a pagare le spese legali al Comune. Questa pronuncia conferma un principio di fondamentale importanza pratica: le società che gestiscono servizi pubblici essenziali, come la rete idrica e fognaria, non possono sottrarsi alle proprie responsabilità semplicemente indicando un diverso proprietario dell’infrastruttura. La gestione attiva comporta l’assunzione del ruolo di custode e, con esso, l’obbligo di garantire la sicurezza e il corretto funzionamento della rete per prevenire danni a terzi.

Chi è responsabile per i danni causati da un allagamento della rete fognaria?
La responsabilità ricade sul soggetto che ha la custodia e la gestione effettiva della rete (il “custode”), in questo caso la società di gestione del servizio idrico, a prescindere da chi ne sia il proprietario formale.

Il gestore della rete idrica può evitare la responsabilità se la proprietà dell’infrastruttura è del Comune?
No. Secondo la Corte, la responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.c. deriva dalla relazione di custodia, ovvero dalla gestione e manutenzione della rete, non dalla mera proprietà. Pertanto, l’ente gestore è tenuto a risarcire i danni.

Un giudice può dare più peso a una perizia tecnica (CTU) che alle testimonianze?
Sì. Il giudice ha il potere di valutare liberamente le prove secondo il suo prudente apprezzamento. Può ritenere le conclusioni di un accertamento tecnico più attendibili e decisive rispetto alle dichiarazioni dei testimoni, senza che ciò costituisca una violazione delle norme processuali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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