Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 33357 Anno 2024
Civile Sent. Sez. L Num. 33357 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/12/2024
SENTENZA
sul ricorso n. 36600/2019 proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME Salvatore, rappresentati e difesi dall’Avv. NOME COGNOME e domiciliati in Roma, presso la Cancelleria della Corte di cassazione;
-ricorrenti –
contro
COGNOME NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME e elettivamente domiciliata in Roma, presso la Cancelleria della Corte di cassazione;
-controricorrente-
nonché
Comune di Crotone, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME e domiciliato in Roma, presso la Cancelleria della Corte di cassazione;
-controricorrente-
nonché
COGNOME Domenico;
-intimato- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI CATANZARO n. 1099/2019, pubblicata il 30 settembre 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
udite le conclusioni del P.M. in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avv. NOME COGNOME per il Comune di Crotone, che ha domandato il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno adito il Tribunale di Crotone perché dichiarasse l’illegittimità della reiterazione della sottoscrizione dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa da loro conclusi con il Comune di Crotone (con scadenza 31 dicembre 2008) e per fare accertare che il rapporto di cococo relativo al programma PIC Urban 2, formalmente cessato il 31 dicembre 2008, si era protratto fino al 30 giugno 2009, con condanna della P.A. a risarcire il danno e a pagare la somma maturata fra il 31 dicembre 2008 e il 30 giugno 2009.
Si è costituito il Comune di Crotone.
Nel procedimento sono stati citati come terzi garanti i dirigenti del Comune di Crotone NOME COGNOME e NOME COGNOME
Il Tribunale di Crotone, con sentenza n. 35/2018, ha in parte accolto il ricorso, con riferimento alle retribuzioni non corrisposte per il periodo dal 31 dicembre 2008 al 30 giugno 2009.
In particolare, pur avendo accertato la legittimità dei contratti intercorsi fra le parti, ha rilevato che i lavoratori avevano continuato a prestare di fatto la loro opera professionale anche dopo la scadenza del contratto relativo al programma denominato ‘Pic Urban 2’, prevista per il 31 dicembre 2008, così dichiarando il diritto degli interessa ti alla corresponsione del compenso per l’ingiustificato arricchimento conseguito dalla P.A., il cui pagamento ha posto a carico del Comune di Crotone.
Inoltre, ha rigettato la domanda di garanzia rivolta dal Comune di Crotone nei confronti di NOME COGNOME in quanto essa era cessata dall’incarico nel 2003, e ha dichiarato nulla quella proposta contro NOME COGNOME che era subentrato, atteso che era rimasta carente l’indicazione degli ‘elementi costituenti una qualsiasi tipologia di condotta illegittima in capo al dirigente’ .
Il Comune di Crotone ha proposto appello che la Corte d’appello di Catanzaro, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 1099/2019, ha accolto.
L a corte territoriale ha ritenuto non ammissibile l’azione di ingiustificato arricchimento verso l’ente locale in un caso, come quello in esame, in cui la prestazione lavorativa sia stata ‘di fatto’ resa in assenza di un titolo formale e della previa procedura di impegno contabile.
Ha rilevato, altresì, che, in una situazione come quella di lite, il rapporto obbligatorio era sorto direttamente nei confronti del funzionario che aveva consentito l’esecuzione della prestazione senza titolo.
La Corte d’appello di Catanzaro ha pure rigettato l’ulteriore domanda che gli originari ricorrenti avevano formulato in subordine, rivendicando il pagamento di quanto di giustizia dalla P.A. o dal terzo chiamato, per tale dovendosi intendere il dirigente COGNOME
Essa ha precisato, in ordine al COGNOME, che la domanda era inammissibile in quanto nuova, mentre, per ciò che interessa la posizione del Comune di Crotone,
ha evidenziato che la richiesta era sprovvista di una causa petendi diversa da quella posta a fondamento dell’azione accolta in primo grado.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di un motivo.
Il Comune di Crotone e NOME COGNOME si sono difesi con distinti controricorsi.
NOME COGNOME non ha svolto difese.
I ricorrenti hanno depositato memoria.
La causa, dapprima avviata alla decisione camerale, con ordinanza interlocutoria n. 20511 del 124 luglio 2024, è stata rinviata a nuovo ruolo per la trattazione in udienza pubblica in ragione della rilevanza della questione giuridica che costituisce l’oggetto principale della controversia relativa a stabilire se l’incarico di prestazione professionale che sia stato svolto, in favore di un ente locale, in mancanza di una formale delibera di assunzione di impegno contabile ex art. 191 del d.lgs. n. 267 del 2000, anche con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, comporti l’instaurazione del rapporto obbligatorio direttamente ed esclusivamente con l’amministratore o il funzionario che abbia consentito la prestazione oppure se resti esperibile nei confronti dell’ente quantomeno l’azione di ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c.
Il ricorso assume interesse anche perché concerne dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa.
In particolare, su tale questione con la suddetta ordinanza è stato sollecitato il contraddittorio, ex art. 384, comma 3, c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con un unico motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 5 bis, dell’art. 17, comma 1 lett. d), e dell’art. 36, commi 5 e 5 quater del d.lgs. n. 165 del 2001 e dell’art. 36, comma 1, Cost.
Gli interessati rappresentano che la corte territoriale avrebbe errato nell’affermare che, con riferimento ai contratti di lavoro indebitamente conclusi
da un dirigente della P.A. con terzi, non fosse configurabile una responsabilità di tale P.A.
Inoltre, l’art. 7, commi 5 bis e 6, del d.lgs. n. 165 del 2001, richiamato, indirettamente, dalla Corte d’appello di Catanzaro, non avrebbe regolato la fattispecie, riferendosi ai contratti di collaborazione che si concretizzano in prestazioni di lavoro esclusivamente personale e agli incarichi individuali con contratti di lavoro autonomo, con la conseguenza che non sarebbe stata configurabile una responsabilità dei funzionari.
Il giudice di appello avrebbe, poi, erroneamente applicato anche l’art. 36, commi 5 e 5 quater, del d.lgs. n. 165 del 2001.
In ogni caso , avrebbe dovuto rilevare anche l’esistenza di un contatto sociale.
La doglianza è infondata.
Infatti, la S.C. ha chiarito che l’ incarico di prestazione professionale che sia stato svolto, in favore di un ente locale, in mancanza di una formale delibera di assunzione di impegno contabile ex art. 191 del d.lgs. n. 267 del 2000 comporta l’instaurazione del rapporto obbligatorio direttamente con l’amministratore o il funzionario che abbia consentito la prestazione, non risultando esperibile nei confronti dell’ente l’azione di ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c., per difetto del requisito della sussidiarietà, salvo che esso non riconosca a posteriori il debito fuori bilancio, ai sensi dell’art. 194 del d.lgs. predetto ( Cass., Sez. 6-3, n. 17940 del 9 luglio 2018; Cass., Sez. 6-3, n. 11036 del 9 maggio 2018; Cass., Sez. 3, n. 12608 del 19 maggio 2017).
In particolare, ha affermato che il funzionario che abbia attivato un impegno di spesa per l’ente locale senza l’ osservanza dei relativi controlli contabili (ossia al di fuori dello schema procedimentale previsto dalle norme cd. di evidenza pubblica), risponde ai sensi dell’art. 23, comma 4, del d.l. n. 66 del 1989, conv., con modif., dalla legge n. 144 del 1989 – degli effetti di tale attività di spesa verso il terzo contraente il quale è, pertanto, tenuto ad agire direttamente e personalmente nei suoi confronti e non già in danno dell’ente, essendo preclusa anche l’azione di ingiustificato arricchimento per carenz a del necessario requisito della sussidiarietà, che non ricorre quando sia esperibile altra azione non solo
contro
l’arricchito, ma anche verso persona diversa; né può ipotizzarsi una responsabilità dell’ente ex art. 28 Cost., presupponendo tale norma che l’attività del funzionario sia riferibile all’ente medesimo, mentre la violazione delle regole contabili determina una frattura del rapporto di immedesimazione organica con la P.A. (Cass., Sez. 1 , n. 15145 dell’ 11 giugno 2018).
Ciò perché l’art. 191 del d.lgs. n. 267 del 2000 prevede un rapporto obbligatorio diretto tra il fornitore e il funzionario che ha consentito, in violazione delle regole contabili, l’acquisizione di beni o servizi in favore dell’ente pubblico, così esclude ndo la possibilità di esperire nei confronti di quest’ultimo l’azione sussidiaria di ingiustificato arricchimento, anche se tale norma riguarda esclusivamente gli enti locali, elencati nell’art. 2 del citato d.lgs., non essendo suscettibile di applicazione analogica essendo di natura eccezionale, sicché, ove le prestazioni siano state eseguite in favore di enti pubblici diversi, il fornitore, non avendo a disposizione altre azioni, può agire ex art. 2041 c.c. nei confronti degli enti stessi (Cass., Sez. 1, n. 5130 del 26 febbraio 2020).
Infatti, in tema di assunzione di obbligazioni da parte degli enti locali, qualora le obbligazioni siano state assunte senza un previo contratto e senza l’osservanza dei controlli contabili relativi alla gestione dello stesso, al di fuori delle norme c.d. ad evidenza pubblica, insorge un rapporto obbligatorio direttamente tra chi abbia fornito la prestazione e l’amministratore o il funzionario inadempiente che l’abbia consentita. Ne consegue che, potendo il terzo interessato agire nei confronti del funzionario, per la mancanza dell’elemento della sussidiarietà, non è ammissibile l’azione di ingiustificato arricchimento nei confronti dell’ente locale, il quale può soltanto riconoscere a posteriori , ex art. 194 d.lgs. n. 267 del 2000 -nei limiti dell’utilità dell’arricchimento puntualmente dedotto e dimostrato – il debito fuori bilancio. Tale riconoscimento deve avvenire espressamente, con apposita deliberazione dell’organo competente, e non può essere desunto dal mero comportamento degli organi r appresentativi dell’ente, insufficiente ad esprimere un apprezzamento di carattere generale in ordine alla conciliabilità dei relativi oneri con gli indirizzi di fondo della gestione economico finanziaria dell’ente e con le scelte amministrative (Cass., Sez. 1, n. 30109 del 21 novembre 2018).
Privo di pregio è, poi, il riferimento dei ricorrenti all’art. 7, commi 5 bis e 6, del d.lgs. n. 165 del 2001.
Innanzitutto, tale riferimento è assente nella pagina (la sei) della sentenza di appello indicata nel ricorso.
Inoltre, la corte territoriale in detta pagina ha solo richiamato le disposizioni poste a fondamento, dai medesimi ricorrenti, ‘degli ulteriori titoli alternativi’ sui quali era basata la pretesa azionata, per poi giustificare l’inapplicabilità dell’art. 36 d.lgs. n. 165 del 2001 e dell’art. 2126 c.c. in quanto era stata ormai esclusa dal primo giudice, con statuizione passata in giudicato, l’illegittimità dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa oggetto del contendere ed era incontestata la natura parasubordinata del rapporto intercorso tra le parti (nessuno di questi accertamenti è stato qui censurato, con l’effetto che la legittimità dei contratti e la natura parasubordinata del rapporto sono ormai circostanze definitivamente verificate).
Le considerazioni di cui sopra escludono, quindi, che la Corte d’appello di Catanzaro abbia violato l’art. 36, commi 5 e 5 quater, del d.lgs. n. 165 del 2001 o i principi in tema di responsabilità da contatto sociale.
2) Il ricorso è rigettato.
Le spese di lite del giudizio di cassazione sono compensate fra le parti, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., attesa la complessità della vicenda processuale .
Si attesta che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater), se dovuto.
P.Q.M.
La Corte,
rigetta il ricorso;
compensa le spese di lite;
attesta che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello
previsto per il ricorso principale (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater), se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione Civile, il 3