Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27336 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 27336 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/10/2024
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 15316/2022, proposto da
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato presso l’AVV_NOTAIO dal quale è rappres. e difeso, per procura speciale in atti;
-ricorrente –
-contro-
FALLIMENTO DELLA RAGIONE_SOCIALE, in persona del curatore p.t., elettivamente domiciliato presso l’AVV_NOTAIO , dal quale è rappres. e difeso, per procura speciale in atti;
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 1225/ 2022 della Corte d’appello di Napoli , depositata il 24.03.2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 2.10.2024 dal Cons. rel., dottAVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
Con atto di citazione notificato il 21 dicembre 2015 la RAGIONE_SOCIALE del fallimento della RAGIONE_SOCIALE (dichiarato con sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere del 14/23 dicembre 2011) conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Napoli – Sezione specializzata in materia di impresa- COGNOME NOME e COGNOME NOME rispettivamente nella qualità di amministratore e socio di maggioranza al 51% e di socio di minoranza al 49% della società fallita, onde ottenere il risarcimento dei danni, causati alla società ed ai creditori sociali per effetto di illegittimi prelievi dai conti sociali di complessivi € 606.559,34, anche eventualmente a titolo di rimborsi di finanziamenti soci ex artt. 146 l. fall. e 2467, c.c.
I convenuti, COGNOME NOME e NOME, si costituivano e contestavano i fatti posti a base della domanda; nello specifico, non negavano la sussistenza dei detti prelievi ma affermavano che essi erano serviti, a fronte dei cospicui finanziamenti effettuati alla società in epoca precedente, al pagamento dei debiti sociali, in particolare dei fornitori, attraverso emissione di assegni, girate di assegni e cambiali, come risultava dai conti correnti della società.
Con sentenza del 4.6.19, il Tribunale così provvedeva: «a) accoglie la domanda e, per l’effetto, condanna NOME a pagare in favore dell’attore la somma di € 364.861,93, già rivalutata all’attualità (di cui € 55.516,66 per interessi e rivalutazione)oltre interessi legali codicistici a partire dalla data odierna e sino al soddisfo; b) condanna, altresì, NOME a pagare in favore dell’attore la somma di € 350.533,59 (di cui € 53.339,52 per interessi e rivalutazione), oltre interessi legali codicistici a partire dalla data odierna e sino al soddisfo.
Avverso tale sentenza, non notificata, COGNOME COGNOME, con citazione, notificata alle altre parti in data 4-9 gennaio 2020, proponeva appello. Con comparsa del 15.04.2020 si costituiva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE che preliminarmente: a) prestava acquiescenza al capo della sentenza impugnata ove si affermava la sussistenza dei finanziamenti illeciti a restituzione dei quali erano avvenuti i rimborsi impugnati ; b) dava atto del passaggio in giudicato della sentenza impugnata nei confronti di NOME NOME, e dunque, dell’affermata e definitiva responsabilità dell’amministratore della società fallita per violazione della par condicio creditor um, in ragione del l’illecita sottrazione di risorse al patrimonio sociale, a titolo di restituzione illegittima di finanziamenti.
Nel merito, la convenuta eccepiva l’inammissibilità e, in subordine, l’infondatezza dell’appello e ne chiedeva il rigetto, con conferma dell’impugnata sentenza (sia nella parte in cui, escludendo la rilevanza del recesso del socio dalla società, individuava la responsabilità dell’appellante nell’art. 2476, co. 7, ora 8, c.c., sia nella parte in cui, in ogni caso, individuava come fonte della responsabilità del medesimo il concorso ex art. 2043 c.c. nell’illecito commesso dall’amministratore della società fallita).
Con sentenza del 24.3.22, la Corte d’appello dichiarava l’appello di NOME COGNOME inammissibile, osservando che: l’appellante era stato condannato non nella qualità di socio della RAGIONE_SOCIALE poi fallita, per illegittima violazione del principio di postergazione ex artt. 2467 e 2476, comma 7, c.c. ma sulla base della norma generale in tema di responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c. evocando, per i tutti i pagamenti preferenziali ri cevuti dall’appellante, successivi al recesso del socio del 20 gennaio 2011 (non ritualmente iscritto nel Registro delle Imprese), un concorso dell’appellante nel fatto illecito
dell’amministratore della società; inf atti, il giudice di prime cure, aveva condannato l’appellante per il solo importo di 297.214,07 €, pari alle somme da questi percepite dopo l’avvenuto recesso, senza considerare il prelievo di 5.000,00 €, avvenuto in data 11 gennaio 2011, che l’appellante chiede va in subordine imputarsi per il solo importo di 2.450,00 € (pari al 49% della propria quota di partecipazione nella RAGIONE_SOCIALE poi fallita); tale ricostruzione si evinceva chiaramente anche dalla parte della sentenza in cui il Tribunale considerava non rilevante, ai fini della decisione, la diversità di scenario derivante dal regolare recesso del socio, atteso che poi il giudice faceva leva su altri argomenti, come la ristrettissima compagine sociale ed il rapporto di parentela tra i soci, per affermare una responsabilità di COGNOME NOME di tipo generale ex art. 2043 c.c., per concorso del medesimo nel fatto illecito dei pagamenti preferenziali ricevuti dall’amministratore dopo il recesso; ne conseguiva che non av endo l’appellante specificamente impugnato – a tanto non bastando la generica critica che egli aveva fatto alla forzatura del ragionamento logico – giuridico compiuto in parte qua dal RAGIONE_SOCIALE – la parte della sentenza che costituisce la reale ragione della decisione, così passata in giudicato, l’appello principale era da dichiarare inammissibile; analogamente andava dichiarata l’inammissibilità ex art. 345 c.p.c. delle domande rel ative all’accertamento del recesso del socio dalla società e della minore responsabilità del medesimo per gli illeciti commessi dal socio-amministratore, perché proposte per la prima volta in grado di appello.
NOME COGNOME ricorre in cassazione avverso la suddetta sentenza, con due motivi. La RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
RITENUTO CHE
Il primo motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c. in relazione all’art. 360 primo comma, punto 3, per aver la Corte territoriale ritenuto l’ inammissibilità dei motivi di appello, sul presupposto che le censure sollevate ai capi della sentenza del primo grado, nella parte in cui si era statuita la condanna del ricorrente alla restituzione delle somme, non fossero state specificamente impugnate rispetto alla affermata responsabilità del medesimo ricorrente, in applicazione della norma generale in tema di responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 cod. civ., cui aveva fatto ricorso il Tribunale, restando perciò irrilevanti le censure per l’illegittima violazione del principio di postergazione di cui all’art. 2467 e dell’2476 comma 7 c.p.c.
Il ricorrente assume, al riguardo, che a pag. 11 dell’atto d’appello , aveva rilevato che ‘ Il RAGIONE_SOCIALE, senza alcuna prova, ritiene che il sig. COGNOME sia soggetto alle conseguenze dell’illecito anche dopo la perdita della qualifica di socio ex art. 2043′, né poteva ritenersi condivisibile la palese forzatura del ragionamento logico giuridico del RAGIONE_SOCIALE del primo grado, diretta ad addebitare al COGNOME fatti per nulla ascrivibili al medesimo, sia dal punto di vista soggettivo che oggett ivo, al di là dell’esistenza di qualsiasi prova e/o elemento di qualsiasi natura ad esso riferibile in concreto’.
Il ricorrente si duole che, nonostante l’espressa critica introdotta al capo di sentenza che richiamava l’applicazione del citato art. 2043 cc, la Corte di Appello di Napoli abbia ritenuto la censura sollevata ‘ una generica critica che l’appellante fa alla forzatura del ragionamento logico-giuridico compiuto dal RAGIONE_SOCIALE de quo ‘, sebbene il motivo di gravame fosse specifico, nel rispetto dell’art. 342 cpc, dal momento che il ricorrente, allora appellante, aveva dedotto la mancanza di prova
del fatto illecito immotivatamente addebitato ad esso ricorrente sulla base del richiamato art. 2043 cod. civ., apoditticamente individuando l’attività di mala gestio correlata alla restituzione dei finanziamenti, unicamente, nella ristretta compagine sociale e nel rapporto di parentela (circostanze, peraltro, introdotte per la prima volta in sentenza e giammai eccepite dalla controparte).
Il secondo motivo deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 primo comma, punto 5, per avere la Corte territoriale risolto semplicisticamente la vicenda processuale sull’erroneo presupposto dell’omessa specifica impugnazione della parte di sentenza in cui si attribuiva la responsabilità al ricorrente, ex art. 2043, così precludendo l’esame delle censure sollevate rispetto alla dedotta violazione del principio di postergazione ex art. 2467 e dell’art. 2476 comma 7 cod. civ, determinando anche l’omessa pronunzia sulla assoluta rilevanza della eccepita perdita della qualità di socio, questione risolta anch’essa semplicisticamente, con analoga declaratoria di inammissibilità fondata sull’erroneo presupposto della proposizione della domanda solo in appello.
Con atto depositato l’1.10.2024, le parti hanno chiesto, congiuntamente, il differimento dell’udienza già fissata per il 02.10.2024, pendendo serie trattative di bonario componimento della intera controversia .
Alla luce di tale istanza congiunta, il collegio reputa opportuno rimettere la causa sul ruolo.
P.Q.M.
La Corte rinvia la causa a nuovo ruolo.
Così deciso nella camera di consiglio della prima sezione civile, in data