Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2152 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 2152 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/01/2025
RISARCIMENTO DANNI
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26852/2022 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME
-controricorrente –
Avverso la sentenza n. 748/2022 del la CORTE D’APPELLO DI VENEZIA, depositata il giorno 1° aprile 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4 dicembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE, lessee di un capannone ubicato in Nove di proprietà del lessor RAGIONE_SOCIALE (in appresso, per brevità: HVL), concesse in godimento detto immobile, in uno all’affitto della propria azienda, alla RAGIONE_SOCIALE (società avente ad oggetto produzione, decorazione e commercio di piastrelle, oggetti in ceramica, maioliche e affini) a titolo di comodato gratuito per la durata di anni quindici, sino alla definizione della controversia tra lessor e lessee avente ad oggetto percolazioni d’acqua interessanti il cespite.
Dopo l’effettuazione di opere provvisionali (apposizione di teli di nylon sul tetto) ad opera dell’affittante, una precipitazione atmosferica di notevole intensità, avvenuta il giorno 8 giugno 2011, provocò la inondazione dei locali e il danneggiamento dei beni presenti, così rendendo impossibile la prosecuzione dell’attività produttiva.
A seguito di ciò, la RAGIONE_SOCIALE domandò giudizialmente la condanna della RAGIONE_SOCIALE al risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, patiti, causalmente ascritti a perdite per ordini non evasi, a lesione del proprio buon nome commerciale, a perdita di chance.
La domanda di ristoro è stata integralmente disattesa nei due gradi del giudizio di merito, celebrati in prime cure innanzi il Tribunale di Vicenza ed in appello dalla Corte d’appello di Venezia.
Avverso la decisione in epigrafe indicata, RAGIONE_SOCIALE ricorre per cassazione, affidandosi a tre motivi, cui resiste, con controricorso, RAGIONE_SOCIALE
Le parti hanno depositato memoria illustrativa.
Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni motivate con cui ha richiesto il rigetto del ricorso.
I l Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di cui al secondo comma dell’art. 380 -bis. 1 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, del tutto irrilevanti appaiono le vicende (sulle quali si diffonde la memoria illustrativa di parte ricorrente) relative all’azione intentata da NOME COGNOME, quale socio ed amministratore della RAGIONE_SOCIALE, nei confronti della RAGIONE_SOCIALE per il risarcimento dei danni derivanti da una (asserita) abusiva segnalazione alla Centrale Rischi della Banca d’Italia, così come del pari irrilevanti sono le sorti del lodo arbitrale tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto la risoluzione del contratto di leasing tra esse intercorso.
Si tratta infatti di circostanze interessanti un differente rapporto contrattuale, in alcun modo incidenti sulla situazione giuridica azionata dalla odierna ricorrente o sui presupposti integrativi della fattispecie di responsabilità aquiliana invocata a fondamento della domanda.
Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 primo comma, num. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e seguenti cod. civ. in materia di responsabilità extracontrattuale, per avere la Corte d’ appello di Venezia « erroneamente ritenuto di escludere l’onere risarcitorio gravante su Hypo Vorarlberg in qualità di proprietaria dell’immobile caduto in rovina sul presupposto che non vi era un rapporto giuridico tra la stessa e la parte danneggiata ».
Parte ricorrente assume l’illogicità del ragionamento, in quanto la responsabilità extracontrattuale ha « come presupposto proprio che l’agente non abbia un rapporto con la parte danneggiata ».
2.1. La doglianza è inammissibile.
A fondamento della negata responsabilità aquiliana della HVL la sentenza gravata, dopo aver accertato che la concessione in godimento dell’immobile dalla RAGIONE_SOCIALE (utilizzatore in forza di contratto di leasing con la RAGIONE_SOCIALE) alla RAGIONE_SOCIALE richiedeva la necessaria preventiva autorizzazione della concedente HVL, autorizzazione mai richiesta (e, a maiori, mai concessa), e che anzi la stipulazione del contratto di comodato non era stata neppure comunicata alla HVL, ha
attribuito valenza dirimente alla condotta della RAGIONE_SOCIALE, «entrata in relazione con il bene all’insaputa della proprietaria ed in violazione della disciplina contrattuale in un momento in cui RAGIONE_SOCIALE aveva già dichiarato di voler risolvere il contratto di leasing» .
Nella trama argomentativa svolta dalla Corte lagunare, dunque, è l’acclarato carattere illegittimo della occupazione del bene ad opera della RAGIONE_SOCIALE (e non già -come opinato nel motivo -la mera inesistenza di un vincolo negoziale tra la stessa e la HVL) e la sua volontaria assunzione del rischio (dacché l’insediamento nel cespite era avvenuto nella piena consapevolezza delle condizioni di pericolosità di esso, compiutamente descritte nel contratto di comodato) a giustificare l’insussistenza de lla responsabilità per neminem laedere della HVL e la conseguente reiezione della domanda risarcitoria.
Risulta allora evidente come alla testé riassunta motivazione la doglianza in esame non rivolga notazioni critiche puntuali e pertinenti, muovendo quella da altri presupposti fattuali, non considerati dal giudice territoriale, in quanto irrilevanti ai fini della decisione: sicché il motivo non assolve l’onere di specificità prescritto dall’art. 366, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., il quale impone al ricorrente, a pena di inammissibilità, di esprimere le ragioni del dissenso rispetto alla decisione impugnata in termini di specificità, completezza e riferibilità alla ratio decidendi , stante la natura di rimedio a critica vincolata propria del ricorso per cassazione (sul tema, Cass., Sez. U, 28/10/2020, n. 23745; Cass. 24/02/2020, n. 4905).
Il secondo motivo lamenta, ancora in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., violazione o « omessa » applicazione dell’art. 2053 cod. civ., per non avere la Corte territoriale « ricondotto la fattispecie in discussione all’ipotesi disciplinata dalla norma espressamente prevista dal legislatore in caso di rovina di edificio »: così negando « il diritto della ricorrente al risarcimento nonostante la
responsabilità ex art. 2053 cod. civ. prescinda completamente da un rapporto tra il proprietario dell’edificio e la parte danneggiata ed altresì dall’eventuale concorso di colpa del danneggiato ».
3.1. Il motivo è inammissibile, per novità della questione posta.
Costituisce dato pacifico che nei due gradi del giudizio di merito ragione causale della formulata istanza risarcitoria è stata individuata (e sulla stessa si è quindi pronunciato) nell’inosservanza del generale precetto del neminem laedere di cui all’art. 2043 cod. civ..
Ora, l’invocazione dell’applicabilità dell’art. 2053 cod. civ. e della ricorrenza della fattispecie speciale di responsabilità del proprietario dell’edificio per i danni cagionati dalla sua rovina non integra una mera quaestio iuris , né importa soltanto una diversa qualificazione della vicenda litigiosa, ma identifica un differente fatto costitutivo del diritto fatto valere e postula differenti accertamenti di natura fattuale (per la ricostruzione delle condizioni per la riqualificazione della causa petendi si veda, da ultimo, Cass. 10/11/2023, n. 31330)., ex se incompatibili con la struttura e la funzione del processo per cassazione.
Essa, quindi, in ultima analisi attenendo all’elemento conformativo della domanda giudiziale proposta, doveva essere introdotta nel thema decidendum del giudizio di merito con i modi e nei termini per detto giudizio previsti e non è invece suscettibile di allegazione per la prima volta con il ricorso di adizione della Corte di legittimità.
Il terzo motivo rileva nullità della sentenza, ex art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., per aver la Corte d’appello rigettato le istanze istruttorie della RAGIONE_SOCIALE con motivazione meramente apparente; deduce altresì, ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ., omesso esame di un fatto oggetto di discussione tra le parti, « ovvero che RAGIONE_SOCIALE aveva a tutti gli effetti fatturato e ricevuto ordini per i suoi prodotti, come da documentazione in atti ».
4.1. Anche questo motivo è inammissibile.
Definitivamente esclusa, nell’ an , la responsabilità della RAGIONE_SOCIALE per effetto del mancato accoglimento dei primi due motivi di ricorso, diviene irrilevante lo scrutinio di quello in esame, posto che la doglianza – sia circa le istanze istruttorie, sia in relazione ai fatti asseritamente omessi – concerne il quantum del ristoro risarcitorio.
Il ricorso è dichiarato inammissibile.
Il regolamento delle spese del giudizio di legittimità segue il principio di soccombenza, con liquidazione secondo tariffa.
A tteso l’esito del ricorso, va poi dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito da parte del ricorrente -ex art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla refusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 68.000 (sessantottomila) per compensi professionali, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione