Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 28087 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 28087 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27968/2021 R.G. proposto da:
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
BANCA D’ITALIA, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 3508/2021, pubblicata l’11/05/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’8/10/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME proponeva opposizione ai sensi dell’art. 145 d.lgs. n. 385/1993 avverso il provvedimento sanzionatorio della RAGIONE_SOCIALE d’Italia prot. n. 1513040/17 del 22 dicembre 2017, con il quale il Direttorio della RAGIONE_SOCIALE d’Italia aveva irrogato nei suoi confronti, in qualità di ex Condirettore generale di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (di seguito: VB o la RAGIONE_SOCIALE), la sanzione amministrativa pecuniaria di € 70.000,00, con riferimento alla violazione di cui all’art. 53, co. I, lett. D, del d.lgs. n.385/1993 e relative disposizioni di attuazione, per l’accertato ‘non corretto esercizio di poteri nell’ambito della gestione aziendale demandata all’esecutivo, in concorso con il Direttore generale’.
L’opponente chiedeva l’annullamento del provvedimento o, in subordine, la riduzione della sanzione.
L’atto di opposizione si fondava su sette ragioni di censura, le prime due e la quinta attinenti a contestazioni di carattere generale e procedurale e quelle ulteriori vertenti sul merito della violazione, in relazione alle singole specifiche contestazioni (findings) mossegli dalla RAGIONE_SOCIALE d’Italia, venendo infine contestati anche i criteri utilizzati per la quantificazione della sanzione.
La Co rte d’Appello di Roma rigettava l’opposizione con la sentenza richiamata in epigrafe.
In primo luogo riteneva non applicabile il principio del favor rei alle sanzioni amministrative e, in ogni caso, lo ius superveniens per espressa previsione di legge (art. 2, comma 3, d.lgs. n. 72/2015) era applicabile solo alle violazioni commesse dopo il 1° giugno 2016 (data di entrata in vigore delle disposizioni di carattere secondario
adottate dalla RAGIONE_SOCIALE d’Italia, ai sensi e per gli effetti dell’art. 145 quater TUB) e, quindi, non poteva trovare applicazione a quelle oggetto del giudizio, riguardante fatti commessi in epoca antecedente. Le sanzioni, peraltro, non avevano natura sostanz ialmente penale e, infine, era del tutto opinabile l’assunto che il trattamento sanzionatorio previsto dalla novella legislativa fosse effettivamente più mite rispetto a quello pregresso e nella specie applicato. La nuova disciplina che l’opponente voleva vedersi applicare prevedeva, infatti, l’irrogabilità di una sanzione pecuniaria di importo fino a 5 milioni di euro alle persone fisiche che avevano svolto incarichi nelle banche vigilate qualora la condotta avesse inciso ‘in modo rilevante sulla complessiva organizzazione o sui profili di rischio aziendali’ (art. 144-ter, comma 1, lett. a), TUB). T enuto conto delle conseguenze della gestione di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE da parte del gruppo di esponenti dei quali l’odierno opponente faceva parte non poteva affatto esclu dersi che l’opponente sarebbe stato sanzionato addirittura più pesantemente in caso di applicazione della disciplina novellata.
Era infondato anche il rilievo relativo alle violazioni procedurali e del diritto di difesa sulla base di quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità.
Del pari non fondato era il motivo relativo alla indeterminatezza dei fatti contestati sempre in relazione alla violazione del diritto di difesa. La descrizione delle specifiche violazioni era contenuta, prima ancora che nella proposta sanzionatoria, nella lettera di contestazione degli addebiti notificata all’opponente, così come anche risultavano indicate con chiarezza le norme di legge e regolamentari violate. Né la proposta
sanzionatoria appariva indeterminata, essendo state le contestazioni ispettive raggruppate sulla base delle norme violate ed in relazione alla tipologia di carenze imputate agli esponenti di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Nessuna genericità e/o indeterminatezza poteva ritenersi in concreto ravvisabile, stante l’esaustività delle lettere di contestazione e della proposta sanzionatoria -atti entrambi richiamati per relationem dalla delibera impugnata -nell’individuazione delle condotte addebitate, per loro natura rappresentate non da singoli specifici atti, ma da un complesso di omissioni ed inadeguatezze rilevanti rispetto alla normativa di settore.
Il COGNOME, del resto, aveva preso posizione sul punto in sede di controdeduzioni, mostrando di conoscere nel dettaglio le violazioni ascrittegli ed aveva, pertanto, esercitato in pieno il proprio diritto di difesa, donde la pretestuosità del motivo di opposizione. La giurisprudenza di legittimità aveva ritenuto legittima la motivazione per relationem del provvedimento sanzionatorio con riferimento a fattispecie anteriori all’entrata in vigore della l. n. 262/2005.
Quanto, infine, alla chiarezza delle fattispecie sanzionabili, andava osservato come l’art. 53, co. 1, TUB contenesse un rinvio a disposizioni regolamentari impartite dalla RAGIONE_SOCIALE d’Italia, in conformità alle deliberazioni del CIRC, per la specificazione tanto degli obblighi imposti agli esponenti aziendali, quanto delle regole di comportamento da adottare. Si trattava di una modalità di normazione non soltanto pienamente legittima, ma addirittura
necessitata dall’elevato tecnicismo della materia bancaria come affermato anche da questa Corte di legittimità.
Le censure proposte con il terzo e quarto motivo attinenti al merito della controversia erano del pari infondate. Il COGNOME aveva contestato, rispettivamente, gli addebiti relativi agli impegni di riacquisto delle azioni con rendimento garantito e quelli concernenti i benefici finanziari concessi in via preferenziale ad alcuni clienti, negando, con riferimento ad entrambe le ipotesi, il proprio coinvolgimento nei fatti.
La Corte di appello evidenziava come la complessa doglianza nella parte in cui era volta a ridimensionare la carica rivestita ad un ruolo marginale e meramente onorario, svuotato di poteri effettivi, nonché a considerarsi vittima di una cospirazione orchestrata ai suoi danni – fosse obiettivamente in contrasto con le risultanze ispettive.
L’opponente aveva avuto la possibilità di visionare i documenti acquisiti unitamente alle controdeduzioni di altri destinatari delle contestazioni (come dettagliatamente indicato a pag. 28 della memoria della RAGIONE_SOCIALE d’Italia depositata in data 28/10/2019). L’opposta aveva in particolare chiarito, senza essere stata smentita, che la mancanza nel fascicolo istruttorio degli atti menzionati dall’opponente si spiegava con la circostanza che l’opponente aveva effettuato l’accesso agli atti allorché i documenti in questione non erano presenti nel fascicolo istruttorio, essendo stati prodotti in sede di controdeduzione da altri esponenti menzionati, sicché il COGNOME avrebbe potuto avere accesso a tali documenti avanzando apposita istanza. Dalle risultanze ispettive era, poi, emerso come l’ex Condirettore generale COGNOME era stato
sanzionato per avere dapprima organizzato, insieme all’ex DG COGNOME, e per aver successivamente reso operanti, attraverso insistenti pressioni sui Direttori territoriali, una serie di transazioni volte, in sostanza, a occultare le rilevanti difficoltà incontrate da RAGIONE_SOCIALE nel 2014, nella gestione delle sempre più numerose richieste di disinvestimento provenienti dai propri azionisti. Tale strategia risultava realizzata attraverso complesse operazioni, non compiutamente rappresentate in bilancio e nelle segnalazioni di vigilanza, volte a finanziare l’acquisto di quantità significative di azioni da parte di grandi clienti corporate della banca. All’odierno opponente era stato, altresì, contestato di aver (indirettamente) tenuto indenni, sempre di concerto con l’ex DG AVV_NOTAIO, soltanto alcuni azionisti dalle perdite legate al deprezzamento del titolo, attraverso l’erogazione in via p referenziale di benefici indebiti, il tutto a detrimento del patrimonio sociale e degli interessi dei creditori (inclusi tutti gli altri azionisti).
Del tutto infondata era la tesi secondo cui il COGNOME non aveva fatto parte dell’Alta direzione della RAGIONE_SOCIALE ed era sprovvisto di poteri decisionali. Lo stesso opponente aveva ammesso, tra l’altro, di avere svolto un ruolo di ‘coordinamento’ tra il diretto re generale COGNOME e le direzioni territoriali. Anzi la sanzione comminata riguardava proprio il modo in cui il COGNOME aveva esercitato tale ruolo di coordinamento, inducendo i direttori territoriali a firmare una serie di lettere di impegno con le quali VB si obbligava a riacquistare azioni proprie o a riaccreditare interessi e rimborsare commissioni a taluni azionisti, con l’effetto, comunque, di tenere indenni da perdite gli interessati, a ulteriore detrimento di tutti gli altri creditori della banca m edesima. D’altra parte, la posizione del
COGNOME nell’ambito della ‘direzione generale’ era stata espressamente formalizzata nella sezione del bilancio 2013 e del bilancio 2014 di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE relativa alla ‘cariche sociali’. Inoltre, a prescindere dalla qualifica formalmente rivestita, dalle risultanze ispettive emergevano il contenuto concreto e il ruolo tutt’altro che secondario delle funzioni di fatto rivestite dal condirettore generale COGNOME.
Il coinvolgimento del COGNOME nel riacquisto delle azioni proprie con rendimento garantito era documentalmente provato e corroborato dalle dichiarazioni dei direttori territoriali.
Risultavano, pertanto, confermate, anche sulla base delle dichiarazioni di altri esponenti della banca, tutte le contestazioni, incluse quelle formulate sulla base dei Finding n. 10 e n. 11 relativamente ai benefici finanziari versati dalla RAGIONE_SOCIALE a taluni azionisti, sotto forma di riaccredito di interessi e rimborso di commissioni, con l’effetto sostanziale di indennizzarli, in via preferenziale, per il deprezzamento delle azioni da costoro detenute.
Il nucleo essenziale delle contestazioni rivolte al COGNOME concerneva, infatti, l’ideazione, la promozione e la realizzazione, in concorso con il DG, di articolate operazioni, attuate anche mediante negozi collegati, volte innanzi tutto a dissimulare il finanziamento, da parte di COGNOME, dell’acquisto di azioni proprie, con conseguente perdita di effettivo valore del patrimonio sociale (cd. ‘finanziamenti baciati’, consistiti nella concessione di finanziamenti per la sottoscrizione di quote di capitale della RAGIONE_SOCIALE stessa) e mirate anche ad assicurare un indebito trattamento privilegiato (solo) a talune figure particolarmente ‘vicine’ all’Alta direzione.
La Corte rigettava anche il sesto motivo di opposizione relativo all’insussistenza dell’elemento soggettivo e del nesso di causalità, richiamando la consolidata giurisprudenza di legittimità sulla ripartizione dell’onere della prova dell’elemento soggettiv o nell’illecito omissivo pienamente soddisfatta dall’autorità di vigilanza.
Infine, riteneva congrua la sanzione sia in relazione al ruolo svolto dal COGNOME sia avuto riguardo alla gradazione del trattamento sanzionatorio rispetto ad altri membri del CDA o al direttore generale sia in relazione alla gravità delle condotte.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di otto motivi di ricorso.
La RAGIONE_SOCIALE d’Italia ha resistito con controricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria prossimità dell’udienza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato:
nullità della sentenza e/o del procedimento per vizio di omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c. rispetto al quarto motivo di opposizione ex art. 145 t.u.b. (in relazione al disposto dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.) .
Si deduce che con il quarto motivo di opposizione il ricorrente aveva censurato l’infondatezza degli addebiti mossi dall’Autorità sanzionante aventi ad oggetto i benefici finanziari concessi ad alcuni clienti rilevanti di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, di cui alla parte finale del rilievo n. 5 della Lettera di Contestazione.
La Corte d’Appello, nel trattare congiuntamente il terzo e quarto motivo di opposizione, avrebbe omesso di pronunciarsi sul rilievo relativo al n. 5 della suddetta lettera.
In sostanza, il giudice del merito si sarebbe esclusivamente soffermato su operazioni diverse da quelle oggetto di censura nel quarto motivo di opposizione e non avrebbe considerato le censure di cui al medesimo motivo di ricorso, senza potersi ritenere che fosse stata adottata una statuizione implicita di rigetto.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato:
motivazione assente ovvero perplessa e obiettivamente incomprensibile con riferimento al quarto motivo di opposizione ex art. 145 t.u.b. (in relazione al disposto dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.) .
La censura è ripetitiva della precedente sotto il profilo della asserita mancanza di motivazione.
2.1. I primi due motivi, che stante la loro evidente connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.
La Corte d’Appello ha motivato la propria sentenza ripartendo l’analisi dei singoli motivi di opposizione per specifici capitoli e ha esaminato congiuntamente il terzo e il quarto motivo stante l’utilizzazione di argomentazioni largamente sovrapponibili evidenziando che con tali motivi il COGNOME aveva contestato, rispettivamente, gli addebiti relativi agli impegni di riacquisto delle azioni con rendimento garantito e quelli concernenti i benefici finanziari concessi in via preferenziale ad alcuni clienti, negando con riferimento ad entrambe le ipotesi il proprio coinvolgimento nei fatti.
La motivazione sulle ragioni per le quali il COGNOME doveva ritenersi responsabile delle violazioni a lui ascritte è ampia e approfondita (da pag. 15 a pag. 23 della sentenza impugnata) e si
confronta con tutte le ragioni di doglianza proposte dall’odierno ricorrente.
Quest’ultimo riporta le contestazioni svolte con il quarto motivo di opposizione così sintetizzate, rispetto alla parte finale del rilievo n. 5 concernente le posizioni RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE: -l’attribuzione, nella Lettera di Contestazione, dell’operazione con il cliente COGNOME al direttore generale della RAGIONE_SOCIALE; l’assenza di autorizzazioni del sig. COGNOME quanto ad agevolazioni alle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE; l’insussistenza di documenti autorizzativi per ‘visto’ da par te del sig. COGNOME e, comunque, di ammissioni al riguardo del ricorrente .
La Corte d’Appello non è incorsa, sul punto, in alcuna omessa pronuncia avendo necessariamente sintetizzato l’insieme delle contestazioni mosse al COGNOME evidenziando che il nucleo essenziale delle stesse concerneva l’ideazione, la promozione e la realizzazione, in concorso con il direttore generale, di articolate operazioni, attuate anche mediante negozi collegati, volte innanzi tutto a dissimulare il finanziamento, da parte di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, dell’acquisto di azioni proprie, con conseguente perdita di effe ttivo valore del patrimonio sociale (cd. ‘finanziamenti baciati’, consistiti nella concessione di finanziamenti per la sottoscrizione di quote di capitale della RAGIONE_SOCIALE stessa) e mirate anche ad assicurare un indebito trattamento privilegiato (solo) a talune figure particolarmente ‘vicine’ all’Alta direzione. Si trattava di operazioni irregolari sul piano prudenziale e lesive della parità di trattamento degli investitori, nonché per loro natura destinate a rimanere occulte, come del resto dimostrato dalle peculiari modalità con cui venivano redatte le transazioni concluse su disposizione dei sig.ri
COGNOME e COGNOME (su modulistica non ufficiale, anziché su carta intestata della RAGIONE_SOCIALE) e non rappresentate in contabilità.
La Corte d’Appello ha, pertanto, ritenuto che risultavano provate tutte le contestazioni derivanti dalle risultanze ispettive dove era emerso come l’ex Condirettore generale COGNOME avesse dapprima organizzato, insieme all’ex DG COGNOME, e successivamente reso operanti, attraverso insistenti pressioni sui Direttori territoriali, una serie di transazioni volte, in sostanza, a occultare le rilevanti difficoltà incontrate da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nel 2014, nella gestione delle sempre più numerose richieste di disinvestimento provenienti dai propri azionisti. Tale strategia era stata realizzata attraverso complesse operazioni, non compiutamente rappresentate in bilancio e nelle segnalazioni di vigilanza, volte a finanziare l’acquisto di quantità significative di azioni da parte di grandi clienti corporate della banca. Inoltre, risultava anche provato che il ricorrente aveva concorso, di concerto con l’ex DG AVV_NOTAIO, a tenere indenni alcuni azionisti dalle perdite legate al deprezzamento del titolo, attraverso l’erogazione in via preferenziale di benefici indebiti, il tutto a detrimento del patrimonio sociale e degli interessi dei creditori (inclusi tutti gli altri azionisti).
Risultavano, pertanto, confermate anche sulla base di prove documentali tutte le contestazioni, incluse quelle formulate sulla base dei Finding n. 10 e n. 11 relativamente ai benefici finanziari versati dalla RAGIONE_SOCIALE a taluni azionisti, sotto forma di riaccredito di interessi e rimborso di commissioni, con l’effetto sostanziale di indennizzarli, in via preferenziale, per il deprezzamento delle azioni da costoro detenute. Peraltro, come reso evidente dal contenuto
dei due rapporti dell’Audit, al COGNOME veniva riconosciuto dagli addetti alla rete un ruolo centrale sia per la compravendita di azioni sia per i rimborsi delle stesse, come confermato dalla circostanza che egli era stato promotore dei relativi moduli ed aveva apposto la propria sigla sulle autorizzazioni. Ricostruzione quest’ultima ulteriormente riscontrata anche dalle numerose, convergenti, dichiarazioni rese da altri soggetti (il DG COGNOME ed i Direttori territoriali COGNOME, COGNOME, COGNOME e NOME).
Sulla base di quanto detto risultano destituite di fondamento le censure di omessa pronuncia e di motivazione perplessa e contraddittoria, quest’ultima, peraltro, formulata in relazione al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. che oggi consente il sindacato sulla moti vazione solo in relazione all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato:
nullità della sentenza e/o del procedimento per vizio di omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c. rispetto al quinto motivo di opposizione ex art. 145 t.u.b. (in relazione al disposto dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.) .
Si rappresenta che il giudice del merito, dopo aver accertato il richiamo nel Provvedimento Sanzionatorio dei rilievi nn. 10 e 11 della Lettera di Contestazione, avrebbe trascurato di esaminare le censure sul punto del COGNOME.
Si aggiunge che lo stesso ricorrente aveva, in effetti, eccepito la mancata riproposizione, nel provvedimento sanzionatorio, dei rilievi nn. 10 e 11 della Lettera di Contestazione: da qui l’indeterminatezza circa i fatti alla base della sanzione; con la seconda parte del quinto motivo di opposizione erano state
riproposte alcune difese già svolte nel procedimento sanzionatorio (ricorso ex art. 145 t.u.b., pp. 33 ss.) riguardo agli impegni assunti dalla banca con la famiglia COGNOME e con il gruppo RAGIONE_SOCIALE. Inoltre, anche con riferimento al rilievo n. 11, aveva eccepito l’assenza di ogni responsabilità e che i fatti erano successivi alla sua uscita dalla banca.
Il quarto motivo di ricorso è così rubricato:
motivazione assente ovvero perplessa e obiettivamente incomprensibile con riferimento al quinto motivo di opposizione ex art. 145 t.u.b. (in relazione al disposto dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.) .
La censura reitera quella svolta con il terzo motivo sotto il profilo della mancanza di motivazione.
4.1 Il terzo e quarto motivo di ricorso, che alla stregua della loro evidente connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono anch’essi infondati.
Premesso che la Corte d’Appello in risposta al motivo di opposizione relativo all’indeterminatezza e genericità degli addebiti – anche perché non sarebbe stato chiaro se le contestazioni contenute nei rilievi 10 ed 11 fossero state o meno richiamate e/o considerate nella motivazione del provvedimento sanzionatorio ha espressamente affermato che ‘i rilievi 10 ed 11 stati richiamati nella motivazione del provvedimento sanzionatorio’ (vedi pag. 14) e nella successiva parte della motivazione, sia pure riferita ai motivi terzo e quarto, ha evidenziato che risultavano confermate tutte le contestazioni, incluse quelle formulate sulla base dei Finding n. 10 e n. 11 relativamente ai benefici finanziari versati dalla RAGIONE_SOCIALE a taluni azionisti, sotto forma di riaccredito di
interessi e rimborso di commissioni, con l’effetto sostanziale di indennizzarli, in via preferenziale, per il deprezzamento delle azioni da costoro detenute.
Risulta evidente, anche in relazione alle censure in oggetto, che non vi è stata alcuna omessa pronuncia né, tantomeno, è stata adottata una motivazione perplessa o contraddittoria; motivazione, anche in questo caso, erroneamente censurata sotto il profilo della violazione dell’art. 360, n. 5, c.p.c.
5. Il quinto motivo di ricorso è così rubricato:
violazione degli artt. 24 e 111 Cost., 115, 116 e 214 ss. C.p.c., 2697 e 2702 c.c., 145 t.u.b. e 24 L. n. 262/2005 per essere la sanzione e la sua conferma giudiziale fondate su documenti attribuiti al sig. COGNOME non acquisiti agli atti (in relazione al disposto dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.).
Si evidenza che la documentazione citata in sentenza riferita al sig. COGNOME non sarebbe stata allegata al report n. 669/NUMERO_DOCUMENTO della funzione internal audit di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (doc. 13 fasc. RAGIONE_SOCIALE d’Italia), né acquisita altrimenti agli atti del procedimento sanzionatorio instaurato dalla RAGIONE_SOCIALE d’Italia e del successivo giudizio ex art. 145 t.u.b..
Il ricorrente riporta anche l’indice dei documenti prodotti in giudizio dall’Autorità (v. indice RAGIONE_SOCIALE d’Italia 28 ottobre 2019), tra i quali non vi sono quelli richiamati nel report dell ‘internal audit : ritiene, perciò, che la funzione di revisione interna della RAGIONE_SOCIALE abbia fondato i propri accertamenti su (presunti) documenti che non ha allegato al proprio report; – in sede di ispezioni di Vigilanza quei documenti non erano stati mai acquisiti; – in seguito, né la
RAGIONE_SOCIALE d’Italia né la Corte d’Appello avrebbero potuto aver utilizzato quei documenti ai fini dei provvedimenti assunti.
Risulta dalla stessa sentenza che i documenti sono stati acquisiti nel corso del procedimento sanzionatorio successivamente all’accesso agli atti del ricorrente, in particolare ci si riferisce alle dichiarazioni di taluni funzionari di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e allo stesso report n. 669/NUMERO_DOCUMENTO. L’aver fondato la decisione su documenti non acquisiti agli atti avrebbe determinato la violazione delle norme indicate in rubrica.
6. Il sesto motivo di ricorso è così rubricato:
violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché 145 t.u.b. per travisamento delle risultanze processuali su un punto decisivo della controversia (in relazione al disposto dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.).
Il travisamento delle risultanze processuali sarebbe relativo all’accertamento di un’ammissione del COGNOME circa l’esistenza di propri ‘visti’ su documenti autorizzativi delle operazioni illecite che ha condotto al rigetto del terzo e quarto motivo di ricorso ex art. 145 t.u.b.
Si censura, in particolare, il travisamento del passaggio a p. 33 del ricorso ex art. 145 t.u.b. circa presunte ammissioni sfavorevoli da parte del COGNOME che invece – sotto la inequivocabile titolazione ‘ Assenza di ammissioni del sig. COGNOME circa firme ovvero ‘visti’ autorizzativi ‘ – aveva eccepito di non aver mai riconosciuto alcun visto che, comunque, non avrebbe avuto valenza autorizzativa dell’operazione.
L’informazione probatoria riportata ed utilizzata dal giudice del merito per fondare la decisione sarebbe diversa ed inconciliabile rispetto a quella risultante dal medesimo atto.
Secondo il ricorrente il ragionamento della Corte d’Appello, su cui si basa la conferma della sanzione, sarebbe inficiato dall’insussistenza di una ammissione del sig. COGNOME circa l’apposizione di ‘visti’ sui documenti autorizzativi delle operazioni ille cite e, comunque, dall’erroneo riferimento agli ‘impegni di riacquisto delle proprie azioni con rendimento garantito’, stante anche l’inattendibilità delle dichiarazioni rese da altri esponenti e dipendenti della RAGIONE_SOCIALE.
7. Il settimo motivo di ricorso è così rubricato:
violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., 2697, 2702 e 2727-2729 c.c. e 145 t.u.b. quanto alla inidoneità delle prove (rectius: degli indizi) agli atti a confermare il coinvolgimento del sig. COGNOME negli illeciti (in relazione al disposto dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.).
Si sostiene che il quadro probatorio posto alla base della decisione sarebbe, invero, in realtà costituito dai soli accertamenti compiuti dalla funzione internal audit di RAGIONE_SOCIALE, che al più hanno valenza indiziaria e, come tali, sono inidonei ad attestare alcunché in assenza di ulteriori concordanti elementi di prova.
Gli ispettori della Vigilanza, sul punto, non avrebbero effettuato autonomi accertamenti riguardo al COGNOME, né si sarebbero preoccupati di cercare riscontri a quanto riferito dalla funzione internal audit .
Si sarebbe, perciò, potuto affermare che nessuna delle circostanze alla base della sanzione era stata accertata da un
pubblico ufficiale o era stata da lui conosciuta senza margini di apprezzamento.
7.1 I motivi quinto, sesto e settimo, che stante la loro reciproca connessione possono essere esaminati unitariamente, sono in parte inammissibili in parte infondati.
Le censure tendono tutte a mettere in discussione la valutazione delle prove sulle quali si è fondata l’affermazione circa la colpevolezza in ordine alla condotta illecita tenuta dal ricorrente. In particolare, si contesta la mancanza nell’ambito della pro cedura sanzionatoria dell’acquisizione della documentazione relativa agli internal audit e, in ogni caso, il difetto di riscontri a tale documentazione nel corso dell’ispezione e il travisamento dell’ammissione del COGNOME circa l’esistenza di propri ‘visti’ su documenti autorizzativi delle operazioni illecite.
In primo luogo, deve osservarsi come la decisione di rigetto dell’opposizione si sia fondata su un compendio probatorio complessivo a partire dalle risultanze emergenti dai verbali ispettivi oltre che dalla documentazione ivi indicata anche relativamente a quanto riportato dalla funzione internal audit della RAGIONE_SOCIALE.
Il ricorrente ha svolto ampiamente le proprie difese su tutti i punti delle contestazioni senza alcun vulnus al suo diritto di difesa, mentre la valutazione degli elementi emersi nell’istruttoria spetta al giudice del merito senza che nella specie possa riscontrarsi alcuna violazione dei criteri di acquisizione e valutazione della prova.
Peraltro, la Corte d’Appello ha correttamente evidenziato che la disponibilità degli atti del procedimento amministrativo, al fine di consentire al destinatario il controllo del provvedimento impugnato,
non deve essere intesa come materiale allegazione dei medesimi al provvedimento sanzionatorio, ma solo come possibilità di prenderne visione, di chiederne la produzione o di ottenerne copia (Cass. n. 5936/1999; n. 5743/04 richiamate a pag. 12 della motivazione della sentenza impugnata). Il ricorrente ha avuto la possibilità di visionare i documenti oggetto della doglianza, acquisiti unitamente alle controdeduzioni di altri destinatari delle contestazioni e, pertanto, non vi è stata violazione del diritto di difesa. Tali documenti -come evidenziato nella sentenza impugnata – sono stati esaminati e vagliati da parte della RAGIONE_SOCIALE d’Italia già in sede ispettiva e i report della funzion internal audit hanno solo confermato fatti che già risultavano dalle evidenze rilevate presso l’azienda direttamente dagli ispettori di RAGIONE_SOCIALE d’Italia.
La Corte d’Appello, infatti, ha affermato che la principale prova del provvedimento sanzionatorio era costituita dal rapporto ispettivo corroborato poi da altri convergenti elementi. Non risponde, quindi, al vero che il coinvolgimento del COGNOME si sia basato sulle sole dichiarazioni rilasciate da altri esponenti e dipendenti della RAGIONE_SOCIALE. Tale coinvolgimento risulta, al contrario, fondato prima ancora che sulle dichiarazioni dei direttori territoriali, su quanto affermato nei verbali ispettivi e dai documenti in tale sede esaminati provenienti dalla funzione di internal audit di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
In proposito deve ribadirsi quanto affermato dalla giurisprudenza di questa Corte circa il triplice livello di attendibilità’ riconosciuto ai verbali ispettivi delle RAGIONE_SOCIALE d’Italia, in quanto: a)… assistiti da fede privilegiata, ai sensi dell’art. 2700 c.c .,
relativamente ai fatti attestati dal pubblico ufficiale come da lui compiuti o avvenuti in sua presenza o che abbia potuto conoscere senza alcun margine di apprezzamento o di percezione sensoriale, nonché quanto alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni a lui rese ‘, ma anche idonei a ‘b) fa fede fino a prova contraria quanto alla veridicità sostanziale delle dichiarazioni rese dalle parti o da terzi e dunque anche del contenuto di documenti formati dalla parte e/o da terzi ‘, e, ciò che più conta, dotati di un ulteriore profilo di rilevanza, posto che i verbali stessi ‘c) per tutti gli altri aspetti anche relativi all’esame della documentazione costituiscono comunque elemento di prova, che il giudice deve in ogni caso valutare, in concorso con gli altri elementi, potendo essere disattesi solo in caso di motivata intrinseca inattendibilità o di contrasto con altri elementi acquisiti nel giudizio, attesa la certezza, fino a querela di falso, che quei documenti sono comunque stati esaminati dall’agente verificatore’ (v. Cass. 15.6.2020, n. 11481, in motivazione).
Orbene, ciò premesso in via generale, la Corte d’Appello ha ritenuto che quanto emergeva dai verbali ispettivi era sufficiente a provare la responsabilità del COGNOME in ordine ai fatti contestati. Il ricorrente, infatti, si era limitato ad affermare erroneamente la mancanza di elementi probatori sufficienti senza confrontarsi con la motivazione della sentenza che ha ampiamente motivato in ordine alle tante risultanze istruttorie nel senso sopra evidenziato.
Infine, deve evidenziarsi come sia inammissibile la censura di travisamento della prova circa l’ammissione del COGNOME.
In primo luogo, deve osservarsi come non vi sia stato alcun travisamento della prova inteso come svista concernente il fatto
probatorio in sé e non come verifica logica della riconducibilità ad esso dell’informazione probatoria (v. Cass. Sez. U, sent. n. 5792 del 2024).
Inoltre, la censura è inammissibile anche perché tale ammissione non è una circostanza decisiva in ordine all’affermazione della responsabilità del COGNOME che, invece, si è fondata su plurimi elementi convergenti a partire dalle dichiarazioni dei direttori territoriali e dalle risultanze dei verbali ispettivi e dall’esame dei documenti in quella sede esaminati e successivamente acquisiti, dove si dà atto delle sigle apposte dal sig. COGNOME sulla ‘documentazione’ inerente i ‘rimborsi contabili’ effettuati a favore del ‘RAGIONE_SOCIALE‘, oggetto delle contestazioni rivolte all’opponente sulla base del Finding n. 11.
D’altra parte, come evidenziato dalla parte controricorrente, non è ammissibile la ripetizione nel giudizio di legittimità della complessiva valutazione del materiale probatorio, definitivamente effettuata dai Giudici di merito. L’ammissione del COGNOME ci rca la possibilità di aver siglato taluni documenti autorizzativi costituisce solo un elemento dei tanti che formano il complesso e solido quadro probatorio idoneo a dimostrare il suo coinvolgimento nella predisposizione, implementazione e diretto monitoraggio delle attività illecite contestate. Si sottrae, pertanto, alle censure formulate per mancanza del carattere della ‘decisività’ il passaggio della sentenza impugnata in cui la Corte di Appello attribuisce rilievo anche all’ammissione del COGNOME di ave r apposto visti su vari documenti autorizzativi.
In proposito deve ribadirsi che: in tema di ricorso per cassazione, deve ritenersi inammissibile il motivo di impugnazione
con cui la parte ricorrente sostenga un’alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, pur ove risultino allegati al ricorso gli atti processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme (cfr., per tutte, Cass. Sez. 2, 23/04/2024, n. 10927).
L’ottavo motivo di ricorso è così rubricato:
omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, già oggetto di discussione, costituito dalla inesistenza di una delibera del RAGIONE_SOCIALE di nomina del COGNOME a componente della ‘Direzione Generale’ (in relazione al disposto dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.) .
Si deduce che sarebbe stata trascurata la dedotta assenza di una delibera del RAGIONE_SOCIALEdRAGIONE_SOCIALE. della RAGIONE_SOCIALE che nominasse il sig. COGNOME a componente della ‘Direzione Generale’, come previsto dallo statuto sociale e dalla normativa organizzativa interna. La considerazione di tale ‘fatto’ avrebbe comportato l’accertamento della differenza di funzioni rispetto al Direttore Generale e, comunque, dell’esclusione dall”Alta Direzione’ della RAGIONE_SOCIALE, con conseguente impossibilità per il sig. COGNOME, quale mero lavoratore subordinato di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, di attuare qualunque illecito.
8.1 Anche quest’ultimo motivo di ricorso è privo di fondamento.
In primo luogo, non risponde a quanto risulta dagli atti che la sentenza abbia omesso di considerare l’inesistenza di una delibera del RAGIONE_SOCIALE di nomina del COGNOME a componente della ‘Direzione Generale’. Infatti, si legge nella sentenza impugnata (pag. 18) che, con riferimento al ruolo rivestito dal
COGNOME in RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, la sua posizione nell’ambito della ‘direzione generale’ era stata espressamente formalizzata nella sezione del bilancio 2013 e del bilancio 2014 di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE relativa alla ‘cariche sociali’. La Corte d’Appello evidenzia le funzioni della Direzione Generale, di cui faceva parte il COGNOME, che ‘ in qualità di vertice della struttura interna, partecipa alla funzione di gestione svolta dal Consiglio di Amministrazione curando l’attuazione degli indirizzi strategici e delle politiche di governo dei rischi definiti dal Consiglio stesso e promuove l’adozione di tutti gli interventi necessari ad assicurare l’aderenza dell’organizzazione e del sistema dei controlli interni ai principi dettati dal medesimo Organo amministrativo ‘.
Sulla base di tali considerazioni la Corte di appello ha legittimamente escluso che vi fossero elementi per confortare la tesi propugnata dall’opponente in merito all’aver ricoperto una carica meramente onorifica ed anzi ha evidenziato che dai documenti citati emergeva pacificamente il contrario.
Peraltro, la censura del ricorrente non si confronta con l’altra parte della motivazione che è autonoma ratio decidendi in quanto idonea a sostenere autonomamente il decisum .
Si legge, infatti, nella sentenza impugnata che lo stesso COGNOME, nel suo atto di opposizione, aveva ammesso di aver svolto un ruolo di ‘coordinamento’ tra il Direttore generale COGNOME e le direzioni territoriali. La Corte d’Appello evidenzia come la san zione comminata riguardi proprio il modo in cui il COGNOME ha esercitato tale ruolo di coordinamento, inducendo i Direttori territoriali a firmare una serie di lettere di impegno con le quali RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE si obbligava a riacquistare azioni proprie o a riaccreditare interessi e
rimborsare commissioni a taluni azionisti, con l’effetto, comunque, di tenere indenni da perdite gli interessati, a ulteriore detrimento di tutti gli altri creditori della banca medesima.
In definitiva, alla stregua di tutte le argomentazioni complessivamente svolte, il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in complessivi euro 6.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15%, IVA e CPA come per legge;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione civile in data 8 ottobre 2025. IL PRESIDENTE
NOME COGNOME
Ric. 2021 n. 27968 sez. S2 – ud. 08/10/2025