Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 12485 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 12485 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 00388/2021 R.G. proposto da:
COGNOME COGNOME rappresentato e difeso da ll’avv. NOME COGNOME giusta procura in calce al ricorso;
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del l.r.p.t., COGNOME NOME, COGNOME e NOME COGNOME rappresentati e difesi dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrenti –
Oggetto:
s.p.a. 2043 c.c. 2395 c.c.
AC – 7/05/2025
E contro
RAGIONE_SOCIALERappresentanza ge nerale per l’Italia, in persona del l.r.p.t., rappresentata e dife sa dall’avv. NOME COGNOME giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
E nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE
– intimata – avverso la sentenza della Corte di appello di Roma n. 2479/2020, pubblicata il 22 maggio 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sette motivi, avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza del locale Tribunale che aveva respinto la domanda da lui proposta nei confronti di RAGIONE_SOCIALE (in prosieguo, breviter: ‘Terra’) , NOME COGNOME – presidente del c.d.a. e legale rappresentante della predetta Terra –NOME COGNOME -componente del c.d.a. di Terra – e NOME COGNOME – avvocato di RAGIONE_SOCIALE e socia di Terra – avente a oggetto il risarcimento del danno da lui patito per averlo tutti i predetti dolosamente indotto ad accettare la carica di amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE (in prosieguo, breviter: ‘RAGIONE_SOCIALE‘), prospettandogli falsamente che NOME
avrebbe acquistato l’intero capitale sociale di RAGIONE_SOCIALE e immesso nelle casse sociali della stessa la somma di 1,5 milioni di euro, al fine di ripianare il debito che RAGIONE_SOCIALE aveva con la società RAGIONE_SOCIALEp.RAGIONE_SOCIALE; il mancato adempimento di Terra alle obbligazioni assunte, impegno peraltro cristallizzato nell’ accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 l.f. omologato dal Tribunale di Monza, aveva determinato la risoluzione del medesimo concordato e il successivo fallimento di RAGIONE_SOCIALE, in esito al quale COGNOME, per il tramite della sua socia e avvocato COGNOME, induceva il COGNOME a sottoscrivere verbali del tutto inveritieri e ometteva di consegnare la contabilità della società fallita al curatore, come invece falsamente affermato, cagionando dunque al COGNOME un ulteriore danno, patrimoniale e non patrimoniale, di cui complessivamente chiedeva il ristoro.
Terra, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con unico controricorso; RAGIONE_SOCIALE -Rappresentanza ge nerale per l’Italia -assicuratore per la responsabilità civile della parte originariamente convenuta – ha resistito con controricorso, mentre l’altro assicuratore evocato in lite, RAGIONE_SOCIALE è rimasto intimato.
La Corte di appello, per quanto in questa sede ancora rileva, ha osservato: a) che nessuna prova il COGNOME aveva fornito in ordine ai concreti atti che gli odierni controricorrenti avrebbero posto in essere per creare una situazione di inganno tale da concretizzare un dolo determinante nella volontà del predetto al fine di indurlo ad accettare la nomina ad amministratore unico di RAGIONE_SOCIALE; b) che, anche dal decreto di omologazione del concordato preventivo di RAGIONE_SOCIALE, del cui omesso esame l’ appellante si lamentava, emergeva la grave ed esclusiva responsabilità dello stesso COGNOME nella determinazione degli aventi della cui dannosità il predetto si lamentava, consistita
nell’aver e sostanzialmente egli svolto una funzione di amministrazione puramente formale, limitata alla sostanziale ratifica delle decisioni assunte dai soci della controllante Terra, non avendo avuto cura nemmeno di entrare in possesso della contabilità della società amministrata, sicché il danno lamentato in causa era imputabile proprio ed esclusivamente allo stesso COGNOME; c) che la mancata consegna della contabilità al curatore del fallimento RAGIONE_SOCIALE non era imputabile all’avv. COGNOME come preteso dal COGNOME, ma a lui medesimo, siccome mai ne era entrato colpevolmente in possesso durante lo svolgimento della carica di amministratore; d) che dell’ esborso da parte del COGNOME della somma di euro 118,92, a titolo di spese per la proposizione del reclamo avverso la sentenza dichiarativa del fallimento di RAGIONE_SOCIALE, non poteva rispondere il COGNOME, giacché l’interesse a proporre il reclamo è innanzitutto della fallita e, per essa, del suo amministratore unico, del tutto a prescindere dalle eventuali assicurazioni del COGNOME al COGNOME circa un eventuale obbligo di rimborso delle stesse da parte della controllante Terra; e) che la comparsa conclusionale di Zurich era del tutto ammissibile, siccome essa era parte del giudizio prima dell’interruzione del processo in appello e siccome, in ogni caso, la mancata revoca della contumacia determinatasi nella fase di riassunzione in appello non le avrebbe comunque precluso la facoltà di depositare ritualmente la comparsa conclusionale.
Il ricorrente, nonché i controricorrenti RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, COGNOME e COGNOME NOME hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
In via preliminare, va evidenziata l’irrilevanza in questa sede della riferita (nella memoria ex art. 380bis 1 cod. proc. civ.) sottoposizione della società RAGIONE_SOCIALE a liquidazione giudiziale,
stante l’impulso officioso del giudizio di cassazione e la conseguente inapplicabilità in esso della disciplina dell’interruzione.
2. Il ricorso lamenta:
«1° motivo. Nullità della sentenza per omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c.», deducendo l’ omessa pronuncia sulla richiesta di accertamento della responsabilità risarcitoria di COGNOME e dell’avv. COGNOME oggetto di censura con il primo motivo di appello.
Il motivo è inammissibile, perché non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata che, per come sopra riassunta , si individua nell’ esclusione di qualsiasi rilevanza delle condotte ascritte agli originari convenuti, per essere invece emersa un ‘e sclusiva responsabilità del COGNOME nella determinazione delle vicende (fallimento RAGIONE_SOCIALE e sue conseguenze giuridiche) dedotte come fonte del danno di cui si pretende il risarcimento.
Tale motivazione, escludendo in fatto, secondo peraltro l’ apprezzamento conforme del giudice di primo grado, la sussistenza e comunque la rilevanza causale delle condotte asseritamente poste in essere dagli originari convenuti nella determinazione del COGNOME ad assumere la carica di amministratore di RAGIONE_SOCIALE e nelle successive modalità con cui il predetto aveva svolto il compito gestorio, ha con ogni evidenza escluso la rilevanza causale delle condotte di tutti i convenuti; di talché, l’omessa pronuncia di cui la censura si lamenta con ogni evidenza non sussiste.
«2° motivo. Nullità della sentenza per vizio di motivazione: violazione dell’art. 132, n. 4, c.p.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c.», deducendo che la Corte di appello avrebbe omesso di pronunciarsi sulla censura inerente
all’ erronea valutazione, sotto il profilo eziologico, effettuata dal primo giudice, delle condotte del COGNOME e del COGNOME in relazione alla dolosa coartazione della propria volontà di accettare la carica gestoria.
Il motivo è inammissibile, sia perché resta estraneo alla ratio decidendi della sentenza impugnata che, come detto, è nel senso dell’a ccertamento dell ‘ ascrivibilità del nesso eziologico causativo del danno in via esclusiva allo stesso ricorrente, sia per essere la motivazione apparente irritualmente denunciata mediante il raffronto con le risultanze processuali, invece che mediante l’intima non percepibilità della ratio decidendi e, da ultimo, siccome versato totalmente in fatto e teso a far compiere a questa Corte di sola legittimità una rivisitazione del materiale probatorio versato in atti, al fine di pervenire a una conclusione diversa da quella concordemente assunta dai giudici del merito, non essendo in alcun modo lamentata né la violazione dei criteri di valutazione astratta delle prove , né l’ omesso esame di fatti decisivi per il giudizio.
c) «3° motivo. Violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 1227, 2° comma, c.c. 132, n. 4, c.p.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c.», deducendo che la Corte di appello avrebbe rilevato d’ufficio la sussistenza di una condotta asseritamente negligente del COGNOME, valutandola peraltro come idonea, ai sensi dell’art. 1227 cod. civ., a determinare ex se l’evento dannoso.
Il motivo è inammissibile. In primo luogo, va rilevato che, benché nella motivazione risulti menzionato il secondo comma dell’art. 1227 cod. civ., in realtà la motivazione della sentenza impugnata si basa sul l’applicazione del primo comma del predetto articolo che, in quanto eccezione in senso lato, è
rilevabile d’ufficio. Va aggiunto, sotto concorrente profilo, che la ratio decidendi della sentenza impugnata si individua, come più volte rilevato, sull’ accertata rilevanza esclusiva della condotta del COGNOME nella determinazione dei danni lamentatati (fallimento RAGIONE_SOCIALE e sue conseguenze per l’ amministratore); un accertamento che, con tutta evidenza, è stato compiuto dalla Corte territoriale per escludere la rilevanza causale delle condotte singolarmente ascritte agli originari convenuti, di talché in nessun caso tale attività può essere riguardata nell’alveo della violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, siccome un tale accertamento è stato evidentemente strumentale proprio al fine di escludere la fondatezza della domanda come introdotta e prospettata dallo stesso COGNOME.
4° motivo. Art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2043 e 2395 c.c. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1227, 2° co., e dell’art. 41 c.p. », deducendo che la Corte di appello avrebbe erroneamente attribuito efficienza causale autonoma alla condotta del COGNOME, omettendo di attribuire rilevanza ai fatti dedotti in giudizio a dimostrazione della rilevanza ed esclusività delle condotte dei convenuti appellati in relazione alla determinazione del COGNOME ad accettare la carica nella prospettiva della garanzia del finanziamento promesso da Terra.
Il motivo è inammissibile, sia per le considerazioni svolte a commento del terzo motivo di ricorso, sia perché la censura è totalmente versata in fatto, pretendendo da questa Corte di sola legittimità una rivisitazione del materiale probatorio versato in atti, al fine di pervenire a una conclusione diversa da quella
concordemente assunta dai giudici del merito e non essendo in alcun modo lamentata né la violazione dei criteri di valutazione astratta delle prove , né l’ omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, dovendo in ogni caso rilevarsi che la regola del ‘ più probabile che non ‘ è regola di valutazione dell’onere probatorio , che nella specie non viene in rilievo, avendo il giudice del merito positivamente accertato le circostanze di fatto come sopra riassunte.
e) «5° motivo. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2043 c.c. in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3 c.p.c. Violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, 1° comma, nn. 3 e 4, c.p.c.», deducendo che la Corte di appello non avrebbe apprezzato i fatti contestati all’avv. COGNOME, segnatamente inerenti alla mancata consegna della contabilità di RAGIONE_SOCIALE al curatore fallimentare e alla sottoscrizione di verbali assolutamente inveritieri, laddove nessuna responsabilità poteva essere ascritta al COGNOME, avendo Terra assunto l’obbligazione nei suoi confronti di tenere le scritture contabili della controllata RAGIONE_SOCIALE.
Il motivo è inammissibile, sia perché non si confronta con la più volte ricordata ratio decidendi della sentenza impugnata che, nell’attribuire rilevanza e sclusiva alla condotta del COGNOME nella causazione dei lamentati danni, ha escluso la sussistenza di alcun contributo causale di altri, tra cui l’avv. COGNOME sia perché pretende in questa sede una nuova e inammissibile rivalutazione dei fatti in relazione alla condotta ascritta al medesimo avv. COGNOME su cui il giudice di secondo grado si è comunque espressamente pronunciato, confutando il relativo motivo di appello.
«6° motivo. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3 c.p.c. », deducendo che la Corte di appello avrebbe violato il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, avendo introdotto in lite un nuovo elemento di fatto, ovvero l’interesse del COGNOME a promuovere in proprio il reclamo ex art. 18 l.f., mai prospettato dalle parti in causa.
Il motivo non merita accoglimento, sia perché infondato, nella parte in cui omette di considerare che la ragione di infondatezza individuata era comunque rilevabile d’ufficio , sia perché inammissibile, siccome assume che l’ interesse ad agire sia un ‘elemento di fatto’, come tale appartenente alla disponibilità delle parti laddove, con ogni evidenza, esso è un istituto processuale che il giudice, salvo il formarsi del giudicato interno (nella specie mai dedotto), è tenuto ad accertare anche d’ufficio. In ogni caso, la Corte di merito ha escluso che la prospettata ingerenza del COGNOME nella determinazione del COGNOME di proporre il reclamo sia stata provata, avendo attribuito al COGNOME stesso l’ esclusiva paternità, correlata all’evidente interesse connesso alla carica rivestita nella fallita, a proporre il rimedio processuale.
«7° motivo. Violazione e falsa applicazione dell’art. 303, ultimo comma, e 293 c.p.c. in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3 c.p.c. Nullità della sentenza per omessa pronuncia (sull’erronea liquidazione e condanna alle spese di lite) ex art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 4 c.p.c.», deducendo che la Corte di appello avrebbe omesso di rilevare l’ inammissibilità dell’attività defensionale svolta da Zurich nel giudizio di secondo grado, siccome dichiarata contumace in riassunzione; in ogni caso, la sentenza di appello sarebbe nulla
per avere omesso di pronunciarsi sull’ erronea liquidazione delle spese di lite effettuata dal giudice di prime cure.
Il motivo è infondato, sia perché la sentenza impugnata è corretta nella parte in cui afferma che l’omessa revoca della contumacia non preclude alla parte (nella specie Zurich) il compimento degli atti processuali successivi alla riassunzione (ed anzi, proprio per tale motivo, si sottrae alla nullità: cfr. Cass., Sez. 2, Sentenza n. 3895 del 29/06/1985, in motivazione), sia perché contesta la regolazione delle spese di lite effettuata in primo grado, che è chiaramente basata sul l’applicazione del principio di soccombenza, dovendosi ricordare in proposito che il giudice del merito è libero di regolarne la disciplina, con il solo limite (nella specie nemmeno dedotto) di non poter porre le stesse a carico della parte totalmente vittoriosa. Sotto concorrente profilo, milita nel senso dell’ inammissibilità del motivo anche la considerazione che, posto che le spese di lite spettano fino all’interruzione del processo (Cass. n. 26372/14), ai fini dell’interesse ad impugnare non risulta specificatamente indicato che l’importo delle spese sarebbe stato diverso in mancanza della comparsa conclusionale e, inoltre, non risulta indicato neanche lo specifico pregiudizio derivato dalla denunciata violazione processuale, evidente essendo che la regolazione delle spese di appello è stata disposta in ossequio al principio di causalità.
Le spese di lite della presente fase di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come indicato in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo
di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto (Cass. S.U., n. 4315 del 20 febbraio 2020).
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna COGNOME Aldo a rifondere ai controricorrenti le spese della presente fase di legittimità, che liquida, quanto a RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, in complessivi euro 6.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge e, quanto a RAGIONE_SOCIALE -Rappresentanza ge nerale per l’Italia , in complessivi euro 5.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7 maggio 2025.