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Responsabilità enti di vigilanza: è extracontrattuale

Un gruppo di risparmiatori ha citato in giudizio alcuni enti di vigilanza per i danni subiti a seguito del dissesto di un istituto di credito, lamentando un’omessa vigilanza. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che la responsabilità degli enti di vigilanza ha natura extracontrattuale e non deriva da ‘contatto sociale’. Di conseguenza, si applica il termine di prescrizione breve di cinque anni, che decorre dal momento in cui il danno è divenuto oggettivamente conoscibile, come la data della dichiarazione di insolvenza, rendendo l’azione dei risparmiatori tardiva e quindi prescritta.

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Responsabilità enti di vigilanza: la Cassazione conferma la natura extracontrattuale

L’ordinanza n. 3350/2024 della Corte di Cassazione affronta un tema di grande rilevanza per i risparmiatori: la responsabilità enti di vigilanza in caso di dissesto di un intermediario finanziario. La pronuncia chiarisce in modo definitivo la natura di tale responsabilità, con importanti conseguenze sul piano della prescrizione e della tutela dei diritti degli investitori. Il caso in esame vedeva un gruppo di risparmiatori citare in giudizio le autorità di controllo per i danni derivanti dalla perdita dei loro depositi presso una cassa di mutualità dichiarata insolvente.

I fatti del caso

Un gruppo di cittadini, titolari di libretti e certificati di deposito, aveva perso i propri risparmi a seguito del fallimento di un istituto di credito cooperativo. Ritenendo che il dissesto fosse stato causato, o quantomeno favorito, da una carente attività di supervisione, i risparmiatori decidevano di agire in giudizio contro gli enti preposti alla vigilanza sul settore. La loro tesi era che un controllo più attento e tempestivo avrebbe potuto prevenire l’insolvenza e, di conseguenza, il loro danno patrimoniale. Tuttavia, sia in primo grado che in appello, le loro richieste venivano respinte perché l’azione legale era stata avviata oltre i termini di prescrizione.

I motivi del ricorso in Cassazione

I risparmiatori hanno portato il caso davanti alla Corte di Cassazione, basando il loro ricorso su tre argomentazioni principali:

1. Natura contrattuale della responsabilità: Sostenevano che tra loro e gli enti di vigilanza si fosse instaurato un ‘contatto sociale qualificato’, una relazione di affidamento che avrebbe generato obblighi di protezione specifici. Questo avrebbe inquadrato la responsabilità come contrattuale, con un termine di prescrizione più lungo (dieci anni).
2. Applicazione della prescrizione ‘lunga’ per reato: In subordine, chiedevano l’applicazione del termine di prescrizione più lungo previsto quando il fatto illecito costituisce anche reato (es. bancarotta, false comunicazioni sociali), sostenendo che le omissioni degli enti configurassero una forma di concorso in tali crimini.
3. Decorrenza della prescrizione: Contestavano il momento individuato dai giudici di merito come inizio del termine di prescrizione (la data dell’ispezione o della dichiarazione di insolvenza), affermando che avrebbero dovuto far riferimento al momento in cui avevano avuto piena e concreta consapevolezza non solo del danno, ma anche della responsabilità specifica degli organi di vigilanza nella sua causazione.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo chiarimenti cruciali sulla responsabilità enti di vigilanza.

In primo luogo, ha escluso categoricamente la tesi del ‘contatto sociale’. I giudici hanno ribadito un principio consolidato: le funzioni di vigilanza attribuite a enti come la Banca d’Italia o il Ministero dello Sviluppo Economico non sono finalizzate alla tutela del singolo risparmiatore, ma perseguono un interesse pubblico più ampio, ovvero la stabilità, l’efficienza e la sana e prudente gestione del sistema finanziario nel suo complesso. Manca quindi quel rapporto diretto e specifico con il singolo che è presupposto necessario per far sorgere una responsabilità da contatto sociale. Di conseguenza, la responsabilità per omessa vigilanza non può che essere inquadrata nell’ambito della responsabilità extracontrattuale ai sensi dell’art. 2043 del codice civile.

Questa qualificazione giuridica ha un impatto determinante sulla prescrizione, che è quella ‘breve’ di cinque anni.

La Corte ha poi dichiarato inammissibili gli altri due motivi di ricorso. Essi, infatti, non solo riproponevano argomenti già esaminati e respinti nei gradi precedenti senza una critica specifica alla sentenza d’appello, ma si ponevano anche in contrasto con la giurisprudenza costante della stessa Cassazione. In particolare, la Corte ha ricordato che:

* Il termine di prescrizione per un illecito extracontrattuale decorre dal momento in cui il danno si manifesta all’esterno e diventa oggettivamente percepibile e riconoscibile dal danneggiato. La Corte d’Appello aveva correttamente identificato tale momento nella dichiarazione di insolvenza dell’istituto, un fatto di per sé idoneo a rendere palese la sofferenza patrimoniale.
* L’applicazione del termine di prescrizione più lungo previsto per i danni derivanti da reato richiede un titolo di responsabilità indiretta dell’ente per un fatto-reato commesso da un suo dipendente o funzionario, e non si estende automaticamente a casi di mera responsabilità solidale di natura omissiva.

Conclusioni

L’ordinanza in commento rafforza un orientamento giurisprudenziale chiaro e netto: la responsabilità enti di vigilanza per i danni subiti dai risparmiatori in caso di crisi bancarie è di natura extracontrattuale. Questa decisione ha implicazioni pratiche fondamentali: i risparmiatori che intendono agire per far valere i propri diritti devono essere consapevoli che il termine per farlo è di soli cinque anni. Tale termine decorre non dal momento in cui si acquisisce una soggettiva certezza sulla colpa degli organi di controllo, ma dal momento in cui il danno patrimoniale diventa oggettivamente conoscibile, evento che tipicamente coincide con la dichiarazione dello stato di insolvenza dell’intermediario. La sentenza, pur essendo rigorosa, fornisce un’indispensabile certezza giuridica su una questione complessa e delicata.

Qual è la natura della responsabilità degli enti di vigilanza (come la Banca d’Italia) in caso di dissesto di un intermediario finanziario?
Secondo la Corte di Cassazione, la responsabilità degli enti di vigilanza per omessa o carente supervisione ha natura extracontrattuale, disciplinata dall’art. 2043 del codice civile, e non contrattuale.

La responsabilità degli enti di vigilanza può essere considerata contrattuale sulla base della teoria del ‘contatto sociale’?
No. La Corte ha escluso questa possibilità, poiché le funzioni di vigilanza mirano a tutelare l’interesse generale alla stabilità del sistema finanziario e non a creare uno specifico obbligo di protezione nei confronti del singolo risparmiatore.

Quando inizia a decorrere il termine di prescrizione per l’azione di risarcimento contro gli enti di vigilanza?
Il termine di prescrizione di cinque anni inizia a decorrere non dal momento in cui il singolo risparmiatore ha la certezza della colpa dell’ente, ma dal momento in cui il danno diventa oggettivamente percepibile e riconoscibile, come ad esempio la data della pubblicazione di un verbale ispettivo negativo o, al più tardi, la data della dichiarazione giudiziale di insolvenza dell’intermediario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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