Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 22702 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 22702 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 06/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21795/20024 R.G., proposto da
COMUNE DI COGNOME , in persona del Commissario Straordinario NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME domiciliato ex lege come da indirizzo pec indicato, per procura su foglio separato allegato al ricorso,
–
ricorrente –
contro
REGIONE CALABRIA , in persona del legale rappresentante p.t. del Presidente della Giunta Regionale, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME domiciliata ex lege come da indirizzo pec indicato, per procura su foglio separato allegato al controricorso,
-controricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE REGGIO CALABRIA , in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME
Responsabilità civile della PA Danno da cose in custodia -Concorso causale
domiciliata ex lege come da indirizzo pec indicato, per procura su foglio separato allegato al controricorso,
–
contro
ricorrente –
contro
COGNOME NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME domiciliata ex lege come da indirizzo pec indicato, per procura su foglio separato allegato al controricorso,
-controricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE,
-intimata – per la cassazione della sentenza n. 139/2024 della CORTE d’APPELLO di Reggio Calabria pubblicata l’1.3.2024 ;
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 20.5.2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME conveniva dinanzi al Tribunale di Reggio Calabria il Comune di Scilla, la Regione Calabria, la Provincia di Reggio Calabria e RAGIONE_SOCIALE, al fine accertare la responsabilità solidale e concorrente dei convenuti tutti, ai sensi degli artt. 2043 e 2051 cod. civ., con riferimento all’evento franoso del 31.03.2005 che aveva interessato il centro abitato di Favazzina e, quindi, il complesso condominiale di proprietà dell’istante .
L’attrice esponeva di essere proprietaria di un complesso condominiale costituito da sei villette a due piani ubicate in INDIRIZZO località INDIRIZZO di Scilla, che aveva riportato danni nella data indicata a causa di una frana originata dal distacco di un costone roccioso, già danneggiato in analogo episodio del 2001, con trascinamento a valle di acqua, fango, roccia e detriti, che avevano invaso il complesso condominiale fino all’altezza di 1,50 metri.
L’attrice sulla base della relazione del Corpo Forestale dello Stato redatta a seguito dell’evento, lamentava l ‘ ‘ inadeguatezza della regimazione delle acque sulla strada Piano Aquile-INDIRIZZO Favazzina, dovuta, quest’ultima, alle manchevolezze strutturali del corridoio in calcestruzzo realizzato dalla Snam S.p.aRAGIONE_SOCIALE, nonché alla totale carenza di opere di consolidamento della scarpata a monte e di un idoneo convogliamento delle acque meteoriche nei piccoli agglomerati urbani, posti in cima al costone e facenti parte del Comune di Scilla ‘.
Precisava che, pur essendo intervenuto il Comune di Scilla per effettuare lo sgombero del fango e dei materiali nella parte esterna del complesso, n ell’antistante piazza e nel cortile dell’edificio, erano stati causati danni agli immobili, agli impianti ed agli interni per la riparazione dei quali era occorsa la spesa euro 162.074,10. A tali danni si sarebbero dovuti aggiungere euro 20.000,00 per mancato guadagno da inutilizzo degli immobili per il periodo marzo-luglio 2005; euro 75.000,00 quale esborso preventivato per l’esecuzione degli ulteriori interventi necessari per un consolidamento; il danno morale e psicofisico. Tutte le parti convenute si costituivano e contrastavano la domanda svolta.
Con sentenza n. 607/2015, pubblicata il 5.5.2015, il Tribunale di Reggio Calabria, rigettata la domanda nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, riconosceva la responsabilità concorrente della Regione Calabria, ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., nonché della Provincia di Reggio Calabria e del Comune di Scilla, ai sensi dell’art. 2051 cod. civ. , e li condannava al pagamento solidale in favore dell’attrice dell’importo di euro 133. 604,94, a titolo di risarcimento del danno patrimoniale.
La Corte d’Appello di Reggio Calabria con sentenza pubblicata il 1°.3.2024, dinanzi alla quale si costituiva la Città Metropolitana di Reggio Calabria in luogo della Provincia di Reggio Calabria, rigettava l’appello principale proposto dalla Regione Calabria e quello incidentale svolto dal Comune di Scilla , con l’aggravio delle spese del grado in favore della De
NOME e di RAGIONE_SOCIALE e compensava quelle tra Regione Calabria, Città Metropolitana di Reggio Calabria e Comune di Scilla.
Per quanto ancora di rilievo ai fini del giudizio, la Corte d’appello , relativamente alla posizione della Regione, osservava che la frana proveniva dal costone e, quindi, l’omissione nel predisporre gli interventi atti a prevenirla doveva essere individuata come ‘antecedente necessario’ dell’evento dannoso, a questo legato da un rapporto di causazione normale e non straordinario in quanto connesso a fattori imprevedibili. Aggiungeva la Corte che la franosità del costone interessato dall’evento di causa era fenomeno ben noto alla Regione, in quanto già verificatosi e conosciuto, sicché doveva escludersi il carattere straordinario in ragione delle forti precipitazioni, aspetto non interessato dall’impugnazione svolta.
Quanto alla posizione di RAGIONE_SOCIALE, rispetto alla quale tanto la Regione, quanto il Comune, avevano lamentato il rigetto della domanda, la Corte d’appello notava che la responsabilità della società era rimasta non provata: la società aveva realizzato un diverso tratto di strada, di cui aveva la gestione, non interessato dal movimento franoso in quanto la fuoriuscita dalla strada delle acque e dei detriti era avvenuta prima di percorrere quella di competenza di Snam e quest’ultima non presentava elementi c ausa dell’evento .
Relativamente all’appello incidentale del Comune di Scilla, la Corte d’appello evidenziava che non era emersa una responsabilità esclusiva dell’uno o dell’altro ente convenuto, ma una corresponsabilità per aver ciascuno omesso di adempiere agli obblighi su di essi gravanti e non era comprovato che, quand’anche avessero agito diligentemente , l’evento sarebbe avvenuto con le stesse modalità. In particolare, il Comune di Scilla era corresponsabile in quanto inadempiente agli obblighi a cui era tenuto in qualità di custode, poiché la strada che attraversa l’abitato Nocellari, contrada della frazione di Melia, era risultata priva di appositi accorgimenti per la regimentazione delle acque, come indicato nella C.T.U. svolta in primo grado.
Sottolineava la Corte d’appello che la medesima zona era stata interessata dalla frana del 2001 ed era riconosciuta ad alto rischio idrogeologico. Il Comune, pertanto, si era reso inadempiente anche per non aver realizzato alcun intervento per ridurre il potenziale rischio ed evitare i prevedibili danni, mantenendo una struttura inidonea alla regimentazione delle acque. Quale proprietario, infatti, avrebbe dovuto mettere in atto interventi finalizzati a eliminare il fattore predisponente, quanto meno, realizzando una corretta regimentazione delle acque nel pianoro sovrastante, oppure predisponendo opere di protezione tali da evitare che eventuali frane potessero investire i sottostanti edifici .
Da ultimo , la Corte d’appello escludeva che fosse ipotizzabile l’esistenza di un fortuito interruttivo del nesso di causa per l’abbondanza delle precipitazioni, non ricorrendo i caratteri dell’imprevedibilità e d eccezionalità secondo indagine orientata da dati di tipo statistico di lungo periodo e riferiti allo specifico contesto : l’evento del 2005 era analogo ad altro precedente del 2001 e riferito a una zona a rischio idrogeologico; non era straordinario; la strada oggetto di custodia presentava dei vizi quanto alla regimentazione delle acque.
Per la cassazione della sentenza della Corte ricorre il Comune di Scilla, sulla base di un motivo. Resistono con controricorso Regione Calabria, Città Metropolitana di Reggio Calabria e NOME COGNOME. RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, ai sensi dell’art.380bis .1. cod. proc. civ..
Il Pubblico Ministero presso la Corte non ha presentato conclusioni scritte.
Il ricorrente e NOME COGNOME hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 2051 cod. civ.
Il Comune di Scilla lamenta che l’affermazione della sua responsabilità è stata fatta sulla base di una non corretta ricostruzione del nesso di causa e del mancato riconoscimento della ricorrenza del «caso fortuito». In particolare, il ricorrente si duole che la valutazione del nesso di causa sia stata fatta sulla base del solo principio condizionalistico, così eludendo il ricorso al criterio della adeguatezza, dovendosi apprezzare all’interno dell e serie causali soltanto quelle conseguenze che, nel momento in cui si produce l’evento causante, non appaiono del tutto inverosimili.
È mancato l’esame della proporzionalità , o meno, tra la condotta e l’evento, ‘ trascurando di chiedersi se la frana potesse essere realmente considerata conseguenza ‘fisiologica’, ‘normale’ e, dunque, ‘probabile’ del semplice fatto che una parte delle acque piovane provenienti da (lla) strada INDIRIZZO si siano riversate sulla INDIRIZZO ‘ . Viceversa, si sarebbe dovuto attribuire il debito rilievo a una serie elementi valutativi evidenziati nella relazione del C.T.U. (pagina 6 e pagina 11) ed al fatto che ‘ la INDIRIZZO non appartiene al patrimonio comunale e che, anzi, ‘nella comparsa di costituzione e risposta la Provincia di Reggio Calabria ha ammesso la titolarità della strada Melia/INDIRIZZO‘ .
Del pari era ravvisabile il fortuito interruttivo del nesso di causa, nel quale deve essere compreso il fatto del terzo Regione Calabria, la quale era ben edotta della pericolosa condizione del costone Scilla/Bagnara, tanto da aver partecipato alla conferenza dei servizi in epoca successiva all’evento del 2001 e aveva assunto l’impegno al compimento d egli interventi per scongiurare il ripetersi dell’evento, sì che ‘ se la scarpata a monte fosse stata debitamente munita dei necessari presidi ed accorgimenti di contenimento ad opera della Regione, si sarebbe con ogni probabilità evitata la catastrofe idrogeologica determinatasi il 31.03.2005 ‘.
Il ricorso è inammissibile.
2.1. In primo luogo, il motivo di impugnazione basato sulla pretesa erronea sussunzione della fattispecie concreta nell’ambito dell’art. 2051 cod. civ. per l’asserita non adeguata valutazione del nesso di causa secondo
i criteri giuridici recepiti dal diritto vivente e per il mancato riconoscimento della ricorrenza del fortuito interruttivo di esso, non aggredisce l’intera ratio decidendi espressa dalla Corte d’appello.
Il ricorrente ha impugnato la sentenza limitatamente alle seguenti porzioni della motivazione: pagina 25 da riga 1 a riga 9; da riga 16 a riga 22, da riga 28 a riga 31 (fino a ‘nella determinazione dell’evento’ ); pagina 26 da riga 26 a riga 29.
Per contro, il ricorrente ha omesso di censurare la motivazione espressa dalla Corte d’appello a pagina 25 da riga 30 e a pagina 26 fino a riga 28, dove, a proposito della responsabilità degli enti convenuti, è scritto: ‘ è emersa la singola responsabilità di ogni ente, ed è mancata la prova della circostanza secondo cui ove la condotta diligente fosse stata posta in essere l’evento si sarebbe verificato ovvero si sarebbe verificato con minore intensità lesiva, per colpa esclusiva dell’altrui condotta. Nell’ipotesi in esame, quindi, le condotte degli enti convenuti hanno inciso le une con le altre, costituendo tutte condizione necessaria e sufficiente per la produzione dell’evento, non avendo ciascun ente impedito alle acque ruscellanti di riversarsi sulla parte sottostante e di unirsi a quelle di precipitazione diretta, così avendo contribuito a determinare un maggior carico idrico complessivo o un mancato scolo regolare. Ogni singola condotta omissiva è stata, quindi, adeguata a determinare quell’evento, sulla base dell’ id quod plerumque accidit , o sulla base di un giudizio di probabilità e prevedibilità, non essendo stata individuata una causa autonoma sufficiente. In tal senso non può essere esclusa la responsabilità di uno degli enti in causa essendo emerso che lo scorrimento delle ac que non è stato regimentato nell’intero percorso, anche aumentando, secondo la dinamica e le concause indicate dal CTU e dal Tribunale in sentenza che si richiama. Si conferma, pertanto, la dichiarata responsabilità concorsuale ex art. 2055 c.c. applicabile quando le pluralità di azioni o omissioni, pur se autonome e temporalmente distinte, abbiano concorso in maniera casualmente efficiente a produrre l’evento, affiancandosi e succedendosi come ulteriore contributo utile alla produzione
del danno. Inconferenti appaiono anche le vaghe eccezioni effettuate dal Comune sulla titolarità della strada come provinciale, essendo rimasto ciò indimostrato, avendo il CTU espressamente verificato che la zona era contrada comunale, ‘attraversata dalla strada comunale omonima che nell’ultimo tratto assume la denominazione di strada vicinale INDIRIZZO‘, mentre la strada provinciale era quella in prosecuzione, posta più a valle. Priva di supporto probatorio è anche indimostrata l’asserita corrispondenza tra la strada provinciale Melia/Aquile e la c.d. INDIRIZZO, contestata dalla Provincia di Reggio Calabria, per essere la INDIRIZZO diversa dalla zona Melia/Aquile. Vengono, pertanto, rigettati sia il terzo motivo dell’appello principale che il primo motivo dell’appello incidentale’ .
Il ricorrente, pur censurando il profilo afferente alla ricorrenza del fortuito, non ha impugnato la motivazione resa dalla Corte d’appello da pagina 26 (riga 30) fino a pagina 28 (riga 11), dove si legge: ‘ La ricostruzione dei fatti offerta nel corso del giudizio, le risultanze peritali e tutti i documenti acquisiti e precedentemente riportati escludono tale imprevedibilità essendo emerso, come prima indicato, che la frana del 2005 era evento analogo a quello verificatosi nel 2001 (con vicinanza del tempo di ritorno) e prevedibile nella zona de qua , inserita tra quelle a rischio idrogeologico. Ci si riporta in merito a quanto precedentemente dedotto in merito. Il giudice di prime cure ha ampiamente motivato sul punto facendo proprie anche le risultanze peritali, con ragionamento scevro da vizi, essendo stato precisato che ‘ l’abitato di Favazzina, come d’altronde quelli della costa viola, è ubicato in un’area che la carta geologica della Calabria indica come area di deposito alluvionale formatasi dal trasporto di materiale solido dovuto al Torrente Favazzina e a quello che nel corso dei secoli è arrivato dal costone proprio lungo i valloni e le incisioni naturali ‘. ‘ L’estrema pericolosità del costone sotteso alla INDIRIZZO e quindi sovrastante la frazione Favazzina, è peraltro riportata anche nelle cartografie del rischio idrogeologico emesse dall’Autorità di Bacino della Regione Calabria già a partire dal 2 001 dove l’intera area viene perimetrata come bacino
idrografico ‘INDIRIZZO Favagreca ‘, e che il limite nord coincide proprio con l’incisione naturale interessata dal fenomeno in oggetto e sovrastante l’immobile COGNOME‘… gli eventi franosi occorsi nella stessa area sin dal 2001 ‘erano ben documentati e conosciuti a diversi livelli di gestione del territorio tanto che nei report si fa menzione della situazione di alto rischio idrogeologico in cui versava e versa … costone o ggetto della frana; situazione talmente grave da essere riportata sulle cartografie del rischio idrogeologico che l’Autorità di Bacino della Calabria ha emesso nel 2001 nell’ambito del piano per l’Assetto idrogeologico del Territorio (PAI) previsto
dal D.I. 180/98’>>
La statuizione sul punto è conforme ai principi di diritto espressi da costante giurisprudenza di legittimità e di merito, essendo stato da sempre affermato che le precipitazioni costituiscono caso fortuito solo quando viene fornita prova che le stesse abbiano assunto i caratteri dell’imprevedibilità oggettiva e dell’eccezionalità, con indagine orientata essenzialmente da dati scientifici di tipo statistico di lungo periodo e riferiti al contesto specifico di localizza zione della ‘res’, da intendersi da un punto di vista oggettivo e della regolarità causale (da ultimo, tra le altre, Cass. ordinanza del 23.11.2023, n. 32643, Cass. ord. 11.02.2022 n. 4588, Cass. Civ. N. 5422/2021, Cass. Civ. N. 15574/2021, Cass. 22 novembre 2019 n. 30521, Cass. civ. SS.UU. 616/2019, Cass. Civ. n. 2482/2018, e numerose analoghe precedenti), elementi che mancano nel caso di specie. Deve essere rigettato, quindi, anche l’assunto del Comune di Scilla secondo cui, vista la portata delle piogge, ‘ neppure un sistema perfettamente efficiente avrebbe potuto far fronte all’impeto dell’inondazione, in considerazione anche della particolare conformazione dei luoghi’, essendo rimasta indimostrata l’efficienza causale esclusiva ed essendo emerso, oltre alla prevedibilità dell’evento ed alla non straordinarietà dello stesso, che la strada comunale presentava vizi, per come precedentemente indicato, per cui detto ‘sistema efficiente’ non esisteva. Ciò ancor più se si considerano le caratteristiche progettuali dei luoghi e lo stato in cui gli stessi si presentavano al momento
dell’evento atmosferico. Sulla base dei precedenti, del principio di regolarità causale, delle caratteristiche del luogo, degli studi e dell’attenzione già in essere, alla stregua di un’indagine ex ante e di stampo oggettivo deve escludersi la indicata l’imprevedibilità, eccezionalità ed obiettiva inverosimiglianza dell’evento. L’evento in esame, quindi, era ampiamente prevedibile e, come tale, insuscettibile di assurgere a caso fortuito, con conferma della pronuncia di primo grado’.
Il ricorrente, pertanto, ha prospettato la censura in termini non aderenti alla sentenza impugnata, di qui l’inammissibilità del motivo dovendosi senz’altro dare seguito ai consolidati principi di diritto, in base ai quali ‘La proposizione, con il ricors o per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al «decisum» della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366, comma primo, n.4, cod. proc. civ., con conseguente inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio’ (v. Cass., sez. III, 7 novembre 2005, n. 21490; sez. 6 -I, 7 settembre 2017, n. 20910; in motivazione, Cass., sez. un., 20 marzo 2017, n. 7074, che ribadisce il principio di diritto similare affermato da Cass. n. 359 del 2005, nel senso che «Il motivo d’impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, in quanto per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione, l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo.»; sez. 6-III, 3 luglio 2020, n. 13735).
2.2. In secondo luogo, il motivo nella sua formulazione complessiva mira a una revisione del giudizio di fatto rimesso al giudice del merito, poiché dietro la denuncia dell’erronea sussunzione della fattispecie nello statuto normativo della causalità rilevante, ai fini del riconoscimento della responsabilità da cose in custodia, il ricorrente chiede una rivisitazione del merito della quaestio facti in punto causalità materiale. Valutazione, quest’ultima, riservata al giudice del merito.
Il Comune di Scilla, anche a voler prescindere da quanto riportato a pagina 8 (riga 20), dove riferisce d ell’ omesso esame del nesso causale, omettendo, però, di impugnare le riferite parti della motivazione in cui è contenuta la valutazione della Corte d’appello riguardo all’apporto concausale degli enti convenuti e alla non sussistenza di un fortuito interruttivo, e pur avendo esordito richiamando le regole strutturali della causalità materiale nel plesso civile, ha lamentato : ‘ Sia il giudice di primo grado, sia il giudice di appello, in altri termini, non hanno esaminato la proporzionalità o non proporzionalità tra la condotta e l’evento, trascurando di chiedersi se la frana potesse essere realmente considerata conseguenza ‘fisiologica’, ‘normale’ e, dunque, ‘probabile’ del semplice fatto che una parte delle acque piovane provenienti da INDIRIZZO si siano riversate sulla INDIRIZZO ‘ (pagina 10 del ricorso da riga 8 a riga 12).
Il ricorrente, inoltre, sempre sotto le spoglie della denuncia in iure , rivela in modo evidente la sua aspirazione, là dove riporta alcuni fatti, tratti dalla C.T.U. e dalla sentenza di primo grado, sulla base dei quali si sarebbe potuto apprezzare diversamente il nesso eziologico ‘tra la condotta e l’evento’ , per poi focalizzare l’attenzione sul rilievo interruttivo del fatto del terzo Regione Calabria, poiché, a suo dire, ‘la Corte di Appello avrebbe dovuto accertare che nella catena causale che ha condotto al prodursi dei danni per cui è causa un ruolo determinante lo ha avuto senz’altro la condotta omissiva della Regione, con il chiaro effetto che ove la Regione avesse debitamente e diligentemente operato, il danno non si sarebbe
prodotto, a prescindere dallo stato di manutenzione delle strade di Nocellari’ (pagina 12 del ricorso da riga 4 a riga 8).
Deve essere ricordato come costituisca principio di diritto ormai consolidato quello per cui l’apprezzamento del giudice di merito, nel porre a fondamento della propria decisione una argomentazione, tratta dalla analisi di fonti di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento. Sono infatti riservate al giudice del merito l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell’attendibilità e della concludenza delle prove, la scelta tra le risultanze probatorie di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonché la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento, per cui è insindacabile, in sede di legittimità, il “peso” dei singoli elementi probatori, in base al quale il giudice di secondo grado sia pervenuto a un giudizio logicamente motivato (v. Cass. civ., Sez. Un., 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass. 4 luglio 2017, n. 16467; Cass. 23 gennaio 2014, n. 1359; Cass. 23 maggio 2014, n. 11511; Cass. 13 giugno 2014, n. 13485; Cass. 15 luglio 2009, n. 16499).
Nel giudizio di cassazione, inoltre, è precluso l’accertamento dei fatti ovvero la loro valutazione a fini istruttori, tanto più a seguito della modifica dell’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., operata dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. in l. n. 134 del 2012, che consente il sindacato sulla motivazione limitatamente alla rilevazione dell’omesso esame di un “fatto” decisivo e discusso dalle parti. Pertanto, la ricostruzione del fatto operata dai giudici di merito non è sindacabile in sede di legittimità, se non quando la motivazione manchi del tutto, ovvero sia affetta da vizi giuridici consistenti nell’essere stata essa articolata su espressioni o argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, oppure perplessi od obiettivamente incomprensibili (v. Cass., Sez. 6 – 3, 9 giugno 2014, n. 12928; Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, nn. 8053/8054). Ipotesi del tutto non ricorrenti nel caso di specie.
La Regione Calabria nel controricorso, pur non formulando nell’atto ricorso incidentale nei confronti della sentenza resa dalla Corte d’appello , ha esposto taluni rilievi critici riguardo al riconoscimento della sua responsabilità, ma ha concluso per la cassazione della sentenza n. 139/2024 e per il rigetto della domanda svolta dalla COGNOME.
Analogamente la Città Metropolitana di Reggio Calabria nel suo controricorso non ha proposto ricorso incidentale, ma palesando delle doglianze rispetto alla decisione resa dalla Corte d’appello circa la sua responsabilità nell’evento oggetto di lite, ha concluso per l’accogliment o parziale del ricorso proposto dal Comune di Scilla.
Qualora si volesse apprezzare tali atti alla stregua di ricorsi incidentali, essi sarebbero inammissibili perché, pur prendendosi le riferite conclusioni, non è stata indicata la motivazione oggetto di critica e non è dato rinvenire al loro interno un motivo alla stregua di quanto enunciato della già menzionata Cass. 359/2005.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza quanto al rapporto tra il Comune di Scilla e NOME COGNOME. Quanto al rapporto tra il ricorrente, da un lato, Regione Calabria e Città Metropolitana di Reggio Calabria, dall’altro , le spese del giudizio di cassazione possono essere compensate alla luce di quanto appena sopra indicato.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (Cass., sez. un., 20 febbraio 2020, n. 4315).
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, in favore della controricorrente NOME COGNOME che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 7.000,00. per competenze professionali, oltre rimborso forfetario del 15%, Iva e cpa se dovuti per legge , da distrarsi in favore dell’avv. NOME COGNOME dichiaratosi antistatario ai sensi dell’art. 93 cod. proc. civ.;
compensa le spese del giudizio di legittimità tra il ricorrente, Regione Calabria e Città Metropolitana di Reggio Calabria.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, del l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza sezione civile della