Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 26290 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 26290 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 27/09/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 7108/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in PALERMO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende -ricorrente-
contro
CONSIGLIO NOTARILE DEI DISTRETTI RIUNITI DI CATANIA E COGNOME, elettivamente domiciliato in MILANO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonchè
PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI PALERMO, PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE -intimati- avverso la ORDINANZA di CORTE D’APPELLO PALERMO n. 300/2020 depositata il 12/01/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/05/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il notaio NOME COGNOME ha proposto ricorso articolato in tre motivi avverso l’ordinanza della Corte d’Appello di Palermo, che aveva rigettato il reclamo dello stesso notaio avverso la decisione della Commissione Regionale di Disciplina sui Notai per la Sicilia (COREDI) del 20 gennaio 2020, con la quale gli era stata irrogata la sanzione disciplinare dell’avvertimento e quella della sospensione per complessivi mesi sei, per le seguenti violazioni:
degli artt. 10, 12, 31 lett. f) del Codice deontologico e degli artt. 26 e 147 lett. b) della Legge Notarile, per aver mantenuto, nel periodo gennaio/luglio 2018, più di uno studio secondario in violazione del principio della unicità dello studio secondario e precisamente, in Catania alla INDIRIZZO; in Vizzini alla INDIRIZZO e in Licodia Eubea alla INDIRIZZO, ricevendo o autenticando, nel medesimo periodo, numerosi atti, non soltanto in luoghi diversi dal suo studio principale e dall’ufficio secondario, ma anche presso istituti bancari (sanzione dell’avvertimento);
b) degli artt. 10, 12, 31 lett. f) del Codice deontologico e degli artt. 26 e 147 lett. b) della Legge Notarile, per aver ricevuto, nel periodo compreso tra il mese di ottobre 2016 e il mese di agosto 2017, diversi atti di compravendita in cui non era stato indicato titolo di provenienza o era stata dichiarata, quale provenienza in favore del venditore, l’intervenuta usucapione non accertata giudizialmente, alcuni dei quali atti, tra l’altro, privi di riferimento alla garanzia per evizione (sanzione della sospensione pari a mesi quattro);
c) degli artt. 10, 12, 31 lett. f) del Codice deontologico e degli artt. 26 e 147 lett. b) della Legge Notarile per aver ricevuto due atti di compravendita (v.rep. n. 10876 e rep. n. 11235) aventi ad oggetto fabbricati rurali censiti nel Catasto Terreni non dichiarati nel Catasto Fabbricati (sospensione pari a mesi due).
Il notaio NOME COGNOME aveva lamentato l’insussistenza di presupposti ritenuti necessari affinché le prestazioni presso soggetti e studi professionali terzi potessero definirsi ‘ricorrenti’, ossia la stipula fuori dalla sede e dall’ufficio secondario di un considerevole numero di atti in un periodo di tempo non inferiore all’anno solare.
Il reclamante aveva evidenziato l’irrisorietà del numero di atti rogati relativi all’acquisto per usucapione non accertata giudizialmente e la liceità, anche sul piano deontologico, della condotta alla luce della circolare del Presidente del Consiglio Notarile di Palermo prot. n. 128 del 19 febbraio 2009, per aver sempre reso edotto l’acquirente del rischio insito in tali trasferimenti attraverso l’inserimento di apposita clausola ai sensi dell’art. 1353 c.c., peraltro trasfusa nel quadro D della nota di trascrizione.
Infine, in relazione al terzo motivo, il notaio aveva dedotto la validità e la legittimità dei due atti di trasferimento dei terreni su cui insistevano fabbricati rurali censiti al Catasto Terreni, ma non
dichiarati al Catasto Fabbricati, secondo le indicazioni di cui alla circolare del Consiglio Nazionale del Notariato del 6 dicembre 2010, tenuto conto delle perizie tecniche allegate, attestanti lo stato di collabenza dei fabbricati stessi, con conseguente esclusione degli atti rogati dall’ambito di applicazione dell’art. 29, c. 1 bis, L. n. 52/1985.
Per la cassazione dell’ordinanza della Corte d’Appello NOME COGNOME ha proposto ricorso sulla base di tre motivi.
2.1. Il Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Catania e Caltagirone ha resistito con controricorso.
2.2. La Sostituta Procuratrice Generale in persona della Dott.ssa NOME COGNOME ha depositato requisitoria scritta ed ha concluso per il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo ed articolato motivo di ricorso si denunzia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.: a) la violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost., dell’art. 111 Cost., commi 1 e 6 e dell’art. 112 c.p.c., per mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato, poiché la Corte di Appello avrebbe omesso di pronunciarsi sulle censure sollevate con il reclamo ed avrebbe motivato la propria decisione su elementi fattuali che non erano oggetto di contestazione nel procedimento disciplinare; b) la violazione e falsa applicazione degli articoli 10, 12, 31 lett. f) del Codice deontologico e degli articoli 147, lett. a) e b), 47 e 138, comma 2, della Legge Notarile, poiché la Corte di Appello avrebbe interpretato le suddette norme in difformità al consolidato insegnamento della Suprema Corte, secondo cui, per la configurabilità dell’illecito, occorre indagare sul numero degli atti rogati in un adeguato arco di tempo (almeno 18 mesi) e per aver ritenuto non più vigente l’art. 10 del Codice deontologico nella parte in cui dispone che
‘ai fini del presente divieto non è considerato sede notarile il Comune monosede limitatamente al periodo di vacanza della sede stessa’.
1.1. Il motivo è infondato.
1.2. In primo luogo, non è ravvisabile il vizio di extrapetizione, che è integrato quando il giudice attribuisce alla parte un bene non richiesto perché non compreso neppure implicitamente o virtualmente nelle deduzioni o allegazioni, e non, come nel caso di specie, allorché pervenga alla decisione sulla base di una diversa valutazione degli atti del giudizio di primo grado legittimamente acquisiti al preventivo e potenziale contraddittorio’ (Cass. civ. N 12014/19, Cass. N.8048/19, Cass. N. 2251/25).
Nel caso di specie, il reclamante aveva contestato la decisione della COREDI con riferimento al numero degli atti rogati fuori sede e la Corte d’appello ha integrato la motivazione valorizzando la percentuale degli atti ricevuti fuori sede rispetto agli atti rogati nel periodo oggetto di contestazione, così valutando le connessioni tra la sede del notaio e quella in cui gli atti furono rogati.
Si trattava di elementi di fatto risultanti dal materiale probatorio legittimamente acquisito innanzi al COREDI, oggetto di valutazione da parte della Corte d’appello.
Quanto al tempo di indagine sulla ‘ricorrenza’ delle prestazioni presso terzi di cui all’art. 31 lett. f) del Codice Disciplinare, la Corte d’appello ha correttamente verificato il numero degli atti rogati fuori sede rispetto alla totalità degli atti rogati dallo stesso notaio, pervenendo alla conclusione che il numero di atti non costituiva una percentuale irrisoria o sostanzialmente trascurabile.
La Corte d’appello ha accertato che dei 1249 atti rogati nel 2018, 904 erano stati rogati presso la sede principale e l’ufficio secondario e ben 112 atti erano stati rogati fuori dalla sede principale e secondaria nel
corso del semestre gennaio – luglio 2018, per una percentuale pari al 18% della produttività annuale.
Secondo l’ apprezzamento di fatto, incensurabile in questa sede, la Corte di merito ha ritenuto che il numero di atti rogati fuori dalla sede istituzionale del notaio fosse consistente ( Cass. civ. N 31006/17).
Inoltre, il ricorrente aveva dichiarato una sede secondaria che non coincideva con nessuno dei due comuni in cui aveva stipulato gli atti in questione, con conseguente violazione sia dell’art. 26 nuova formulazione che dell’art. 10 del Codice Disciplinare, che si riferisce alla formale apertura di un ufficio secondario e non anche alla stipula occasionale di atti presso sedi vacanti di Comuni monosedi.
2. Con il secondo motivo di ricorso, si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost., dell’art. 111 Cost., commi 1 e 6, e dell’art. 112 c.p.c., per mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato, poiché la Corte di Appello avrebbe argomentato in ordine alla sussistenza di altre presunte violazioni di legge – la presunta violazione della clausola generale di buona fede oggettiva o correttezza ex art. 1175 c.c. – che non avrebbero costituito oggetto di contestazione nel procedimento disciplinare de quo, nonché la violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost., dell’art. 6 della CEDU e dell’art. 117 Cost., dell’art. 135 della legge notarile, nonché per violazione e falsa applicazione degli artt. 14, lett. b), 44 e 50 del Codice Deontologico e degli articoli 27, 28 147, lett. a) e b), 47 e 138, comma 2, della Legge Notarile. Il ricorrente contesta la decisione della Corte d’appello perché, nel ritenere sussistente la violazione disciplinare, non avrebbe tenuto conto che si trattava di atti validi sul piano civilistico, omettendo di considerare l’obbligo del Notaio di ricevere gli atti ex art. 27 della legge notarile. Peraltro, il notaio non sarebbe obbligato ad eseguire le
ispezioni ipotecarie in relazione ad immobili asseritamente usucapiti, avendo previsto, a tutela del cliente, l’avvertimento in caso di evizione.
Con lo stesso motivo. Il notaio NOME COGNOME si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 111, comma 6, Cost., 132, comma 2, n. 4 c.p.c. e degli artt. 147 lett. a) e b), 47 e 138, comma 2, della Legge Notarile poiché la Corte d’Appello di Palermo avrebbe motivato il quantum della sanzione, facendo riferimento all’art. 47 della L.N., che non sarebbe applicabile.
2.1. Il motivo è infondato.
2.2. La Corte d’appello, con articolata motivazione, ha esaminato tutti gli atti in cui il trasferimento della proprietà era avvenuto a titolo originario, sulla base dell’usucapione non accertata giudizialmente, rilevando come, al fine di garantire la certezza dei traffici giuridici, nonché la completezza ed affidabilità dei pubblici registri, il notaio sia tenuto ad avvalersi di tutti gli strumenti disponibili, ovvero le visure catastali ed ipotecarie, per pervenire alla ragionevole certezza dell’avvenuta usucapione dichiarata dal venditore.
Quanto all’avviso di evizione contenuto negli atti di compravendita, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, l’obbligo di informazione e consiglio (Cass., Sez. 3, 16/3/2021, n. 7283), non può ridursi a quella di un passivo registratore delle dichiarazioni altrui, ma deve estendersi ad un’attività preparatoria adeguata (Cass., Sez. 3, 29/08/1987, n. 7127, cit.), atta ad assicurare serietà e certezza degli effetti tipici e risultato pratico perseguito ed esplicitato dalle dette parti (Cass., Sez. 3, 4/3/2022, n. 7185).
La Corte d’appello, nel verificare sia l’elemento oggettivo che soggettivo delle condotte contestate al notaio, si è uniformata all’orientamento espresso nel caso analogo affrontato da Cass. civ. N.
39404/21, rilevando la violazione anche dell’art. 1175 cc perché gli accertamenti effettuati dal notaio erano lacunosi, imprecisi ed erronei, con motivazione articolata e complete che, pertanto, si sottrae al vizio di apparenza della motivazione (Cass. Sez. Un. N.8451/2014).
Gli addebiti contestati costituiscono violazioni degli artt. 14, lett. b), 44 e 50 del Codice Deontologico e degli artt. 147, lett. a) e b), 47 e 138, comma 2, della Legge Notarile, come correttamente affermato dalla Corte di merito.
Non è ravvisabile il vizio di motivazione in relazione al quantum della sanzione, né è rilevante che l’atto non presenti profili di nullità, alla luce del principio di autonomia della responsabilità disciplinare del notaio rispetto alla validità dell’atto, che si incentra proprio sul rispetto dei doveri di diligenza professionale e correttezza, ai quali sono chiaramente improntate le prescrizioni degli artt. 14 lett. b), 44 e 50 del Codice Disciplinare (Cass. N. 32147/18).
È rimessa al giudice di merito ed è insindacabile in questa sede l’entità della sanzione, che è stata correttamente determinata, considerando che la violazione dell’art. 47 l.n., comporta automaticamente la pena della sospensione, la quale, nel caso in esame, è stata irrogata nel minimo edittale di cui all’art. 138 comma 2 l.n.
La censura di violazione del principio di legalità CEDU è infondata, poiché presuppone la natura sostanzialmente penale della sanzione disciplinare, che è stata esclusa dalla giurisprudenza della Corte di cassazione alla luce dei principi giurisprudenziali della corte EDU e della Corte costituzionale, con conseguente inapplicabilità degli artt. 6 e 7 CEDU (Cfr Cass. civ. n° 15930/22, n° 10872/18, che cita Corte
Cost. 18/03 e 234/15 in materia di destituzione del notaio, n°2927/17).
3.Il terzo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 14 lett. b) del Codice deontologico, dell’art. 29, comma 1 bis della legge n. 52/1985 e degli artt. 28, 138 e 147, lett. a) e b) della Legge Notarile, per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto l’obbligo di iscrizione al catasto dei fabbricati degli immobili rurali in stato di collabenza e dei ruderi. Secondo il ricorrente, in relazione a due atti di trasferimento dei terreni su cui insistevano fabbricati rurali, censiti al Catasto Terreni ma non dichiarati al Catasto Fabbricati, non era obbligatorio il censimento al Catasto fabbricati dei fabbricati in stato di collabenza e dei ruderi. Tanto si ricaverebbe dalle indicazioni di cui alla circolare del Consiglio Nazionale del Notariato del 6 dicembre 2010, tenuto conto delle perizie tecniche allegate agli atti, attestanti lo stato di collabenza dei fabbricati stessi, con conseguente esclusione degli atti rogati dall’ambito di applicazione dell’art. 29, c. 1 bis, L. n. 52/1985. Inoltre, gli atti rogati sarebbero legittimi anche secondo l’interpretazione fornita dal Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati con circolare n. 15086 del 04.11.2016 e le istruzioni operative dell’Agenzia delle Entrate.
3.1. Il motivo è infondato.
3.2. L’art. 29 co. 1 -bis, introdotto dal decreto legge 31 maggio 2010 n. 78 conv. con mod. dalla legge 30 luglio 2010 n. 122, dispone:
“Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all’identificazione catastale, il
riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta dichiarazione può essere sostituita da un’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari”.
L’art. 29 co. 1-ter, introdotto dal decreto legge 24 aprile 2017 n. 50 convertito con modificazioni dalla legge 21 giugno 2017 n. 96, prevede che “Se la mancanza del riferimento alle planimetrie depositate in catasto o della dichiarazione, resa dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, ovvero dell’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato non siano dipese dall’inesistenza delle planimetrie o dalla loro difformità dallo stato di fatto, l’atto può essere confermato anche da una sola delle parti mediante atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente, che contenga gli elementi omessi. L’atto di conferma costituisce atto direttamente conseguente a quello cui si riferisce, ai sensi dell’articolo 10, comma 3, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23”.
Come affermato da Cass. N. 9868/2025, le previsioni relative all’identificazione catastale, al riferimento alle planimetrie depositate in catasto e alla dichiarazione della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie sono testualmente richieste a pena di nullità dell’atto.
L’atto può, infatti, essere “confermato” alle condizioni poste dall’art. 29 co.1-ter, ma nel contempo nessuna disposizione esclude che gli atti confermabili integrino violazione dell’art. 28 legge notarile. Ne
consegue che l’illecito disciplinare del notaio è consumato nel momento in cui è rogato l’atto affetto da nullità, senza che il rimedio previsto dal legislatore per conservare l’atto possa assumere efficacia sanante o estintiva della punibilità.
Quindi, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, non rileva che nella fattispecie la condotta integrante l’illecito sia stata commessa allorché era già in vigore l’art. 29 co. 1-ter e che l’atto nullo fosse suscettibile di conferma; la sopravvenuta eliminazione della causa di nullità non incide sul momento consumativo dell’illecito disciplinare ed assume rilevanza esclusivamente ai fini della valutazione della gravità della condotta, come effettivamente già avvenuto nella fattispecie, essendo stata la sanzione applicata nel minimo edittale.
La sanzione prevista è stata, pertanto, correttamente applicata.
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del DPR 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 2500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da
parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte di cassazione, in data 15 maggio 2025.
Il Consigliere estensore Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME