Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 9868 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 9868 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/04/2025
SENTENZA
sul ricorso n. 11629/2023 R.G. proposto da:
COGNOME c.f. CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME ricorrente
contro
ARCHIVIO NOTARILE DI NOMERAGIONE_SOCIALE COGNOME, c.f. NUMERO_DOCUMENTO, in persona del Ministro della Giustizia pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’ Avvocatura Generale dello Stato di Roma controricorrente
CONSIGLIO NOTARILE DI COGNOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE COGNOME, PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI TORINO
intimati avverso l ‘ordinanza R.G. 363/2022 rep. n. 1226/2022 della Corte d’Appello di Torino, depositata il 16-11-2022,
OGGETTO:
disciplinare notarile
RG. 11629/2023
camera di consiglio
partecipata 3-4-2025
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio partecipata del 3-4-2025 dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME il quale ha concluso per il rigetto del primo motivo e l’accoglimento del secondo , udito l’avv. NOME COGNOME per il ricorrente
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’appello di Torino con ordinanza depositata il 16 -112023 ha rigettato il reclamo proposto dal notaio NOME COGNOME avverso la decisione depositata il 18-1-2022 della Commissione Amministrativa Regionale di Disciplina di Piemonte e Valle d’Aosta c he, dichiarata la responsabilità del notaio ex art. 28 co.1 n.1 legge notarile per avere ricevuto un atto espressamente vietato dalla legge, gli aveva applicato la sanzione pecuniaria minima di Euro 516,00, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche; ciò in relazione a quanto accertato con verbale del 28-92021 dell’Archivio Distrettuale Notarile di Alessandria, perché in data 11-9-2019 con atto rep. 14315, racc. 9779 il notaio COGNOME aveva ricevuto un contratto di vitalizio assistenziale con trasferimento di nuda proprietà su un immobile, nel quale era stata omessa la dichiarazione -richiesta a pena di nullità dall’art. 29 co. 1-bis legge 52/1985- di conformità dei dati catastali e della relativa planimetria allo stato di fatto dell’imm obile oggetto di trasferimento.
L’ordinanza, per quanto ancora interessa in relazione ai motivi di ricorso proposti, ha rigettato la tesi del notaio secondo la quale la responsabilità del notaio era esclusa perché lo stesso aveva eseguito atto di conferma del 6-9-2021 rep. 15986 racc. 10950, consentito dall’art. 29 co. 1 -ter n. 52/1985; ha condannato il notaio alla rifusione delle spese di lite e, in ragione dell’integrale rigetto del gravame, dichiaratane la natura impugnatoria, ha dato atto dell’esistenza dei
presupposti di cui all’art. 13 co.1 -quater d.P.R. 115/2002 in ordine al raddoppio del contributo unificato.
2. Avverso l’ordinanza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
L’Archivio Notarile di NOME, Acqui Terme e Tortona ha resistito con controricorso, mentre le altre parti destinatarie della notifica del ricorso sono rimaste intimate.
I n prossimità dell’ udienza camerale partecipata del 3-4-2025 il Pubblico Ministero ha depositato memoria con le sue conclusioni e ha depositato memoria illustrativa il ricorrente.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo, proposto ex art. 360 co. 1 n.3 cod. proc. civ. per violazione o falsa applicazione dell’art. 28 co.1 n.1 legge 89/1913, il ricorrente evidenzia che nella fattispecie il rogito mancante della prescritta dichiarazione è stato ricevuto dopo l’introduzione del comma 1ter dell’art. 29 legge 52/1985 , per cui il rogito era ab origine sanabile ed è stato sanato mediante atto di conferma prima della contestazione disciplinare . Sostiene che, sulla base dell’interpretazione dell’art. 28 co. 1 n.1 legge 89/1913 inaugurata dalle sentenze della Cassazione n. 11128/1997 e n. 1766/1998, tale caso non dia luogo a responsabilità disciplinare del notaio, in quanto la Suprema Corte ha rilevato come l’art. 28 co.1 n.1 sia di stretta interpretazione e la sua violazione debba essere esclusa in ogni ipotesi di atto affetto da vizio ‘rimediabile’; aggiunge che Cass. 3526/2008 ha r ibadito l’insussistenza dei presupposti per applicare l’art. 28 n. 1 nel caso, sovrapponibile a quello in questione, del ricevimento da parte del notaio di un atto di trasferimento immobiliare con allegato un certificato di destinazione urbanistica irregolare, affetto da nullità sanabile mediante atto di conferma ai sensi dell’art. 30 co.4 -bis d.P.R. 380/2001. Rileva che l’interpretazione dell’art. 28 n.1 legge notarile
adottata dalla Suprema Corte a decorrere dal 2019 si è formata in relazione a casi di atti ricevuti prima dell’introduzione del comma 1 -ter dell’art. 29 legge 52/1985 , e perciò ab origine insanabili; quindi in tutte le pronunce era decisivo e sufficiente, ai fini della declaratoria di responsabilità, l’esclusione dell’applicabilità del principio della lex mitior, mentre l’affermazione secondo la quale la violazione dell’art. 28 co.1 n.1 sussisterebbe anche in ipotesi di nullità sanabile è stata svolta con obiter dicta non condivisibili e comunque superati da Cass. 641/2023. Evidenzia come Cass. 641/2023 abbia prefigurato un mutamento di interpretazione, nel senso di escludere la violazione dell’art. 28 co. 1 n. 1 nel caso in cui l’atto sia affetto da nullità ab origine sanabile, in quanto ricevuto dopo l’introduzione del comma 1 -ter dell’art. 29 legge 52/1985.
In via subordinata, il ricorrente chiede che sia sollevata questione di legittimità costituzionale del comma 1ter dell’art . 29 legge 52/1985 in relazione all’art. 3 Cost. in quanto interpretato nel senso che, a differenza dell’art. 47 d.P.R. n. 380/2001 per la nullità urbanistica, non preveda la regola che soltanto il ricevimento o l’autenticazione di atti nulli e non convalidabili costituisce violazione dell’art. 28 della legge notarile.
1.1.Il motivo è infondato.
L’art. 28 co. 1 n. 1 legge 16 febbraio 1913 n. 89 vieta al notaio di ricevere «atti espressamente proibiti dalla legge o manifestamente contrari al buon costume o all’ordine pubblico ». La Cassazione ha statuito in più occasioni (Cass. Sez. 3 11-11-1197 n. 11128 Rv. 509864, Cass. Sez. 3 19-2-1998 n. 1766 Rv. 512803-01, Cass. Sez. 3 4-11-1998 n. 11071 Rv. 520362-01, Cass. Sez. 3 12-4-2000 n. 4657 Rv. 535609-01, Cass. Sez. 3 1-2-2001 n. 1394 Rv. 543555-01, Cass. Sez. 3 9-12-2010 n. 24867 Rv. 615146-01, per tutte) che il divieto attiene a ogni vizio che dia luogo a nullità assoluta dell’atto, con
esclusione dei vizi che diano luogo solo all’annullabilità o all’inefficacia dell’atto o alla nullità relativa. Come chiaramente evidenziato da Cass. Sez. 3 7-11-2005 n. 21493 (Rv. 585040-01) -senza che Cass. 11128/1997 e Cass. 1766/1998 valorizzate dal ricorrente pongano principi di segno diversoil divieto di cui all’art. 28 co.1 n. 1 della legge notarile si riferisce solo a quegli atti che la legge, in considerazione del loro contenuto, ritenga di non dover riconoscere per la tutela di un interesse supe riore, sottratto alla disponibilità della parte. Gli ‘atti proibiti dalla legge’ sono gli atti nulli e la locuzione, dato il suo carattere generale, individua tutte le ipotesi di nullità e quindi non solo quelle comprese nel primo comma dell’art. 1418 cod. civ. -atti contrari a norme imperative-, ma anche quelle indicate nei commi successivi, poiché anche gli atti affetti da tali nullità sono contrari a norme imperative; la contrarietà a norme imperative è ravvisabile se il divieto ha carattere assoluto, tale da non consentire possibilità di esenzione dalla sua osservanza per alcuno dei destinatari della norma. Come altresì evidenziato da Cass. 21493/2005, non rileva se detta nullità investa tutto l’atto -e quindi dia luogo a una nullità totale- o solo alcune clausole -e quindi dia luogo a una nullità parziale: al notaio è preclusa la possibilità di compiere un atto che contrasti con l’ordinamento, essendo irrilevante -se non ai fini della determinazione della sanzionese detto contrasto investa tutto l’atto o solo parte di esso. Inoltre, prosegue Cass. 21493/2005, l’eterointegrazione del contratto di cui all’art. 1419 co.2 cod. civ., che comporta la sostitu zione di diritto delle clausole nulle con disposizioni imperative, non esclude che sia stata posta in essere una nullità assoluta, ma lo presuppone; è l’esistenza di detta nullità, posta in essere dal notaio con la redazione della clausola nulla, che segna il momento consumativo dell’illecito, sul quale non possono spiegare efficacia sanante, o estintiva della punibilità, rimedi predisposti dal legislatore per conservare ai fini privatistici l’atto.
Quindi, seppure la sostituzione di diritto di una clausola nulla opera con riferimento al momento genetico del contratto, ciò vale ai soli fini privatistici, e non con riferimento al diverso profilo disciplinare del notaio rogante, per il quale l’illecito di cui all’art. 28 co. 1 n. 1 legge 89/2013, avendo carattere istantaneo, risulta definitivamente consumato (nello stesso senso, anche Cass. 24867/2010).
I principi enunciati da Cass. 21493/2005, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, sono rilevanti nella fattispecie; ciò perché non vi è ragione per ritenere che la responsabilità disciplinare debba essere valutata diversamente nel caso in cui il notaio riceva un atto contenente una clausola nulla sostituita di diritto da norma imperativa -atto la cui nullità viene immediatamente meno con il meccanismo dell’automatica eterointegrazione del contratto-, rispetto al caso in cui il notaio riceva atto suscettibile di sanatoria, e perciò un atto che è e rimane affetto da nullità fino a quando la sanatoria non viene eventualmenteposta in essere. E’ evidente che nel secondo caso il giudizio di disvalore sulla condotta del notaio, da eseguire al momento della stipula originaria, in quanto in quel momento le parti si sono affidate al ministero notarile, non può essere di minore gravità rispetto al primo caso.
In questo contesto si inserisce l’art. 21 legge 28 febbraio 1985 n. 47 che, già nella formulazione originaria, al primo comma ha previsto che « Il ricevimento e l’autenticazione da parte di notai di atti nulli previsti dagli articoli 17 e 18 e non convalidabili costituisce violazione dell’articolo 28 della legge 16 febbraio 1913 n. 89 e successive modificazioni, e comporta l’applicazione delle san zioni previste dalla legge medesima»; tale art. 21 è stato abrogato dal d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 ‘Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia’, il cui art. 47 co. 1 ha contenuto analogo al previgente art. 21, con il riferimento agli atti nulli previsti dagli artt. 46
e 30 d.P.R. 380/2001 e non convalidabili. L’art. 46 co. 1 d.P.R. 380/2001 prevede che «Gli atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto il trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici, o loro parti, la cui costruzione è iniziata dopo il 17 marzo 1985, sono nulli e non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria. Tali disposizioni non si applicano agli atti costitutivi, modificativi o estintivi di diritti reali di garanzia o di servitù» . L’art. 46 co. 4 d.P.R. 380/2001 prevede che «Se la mancata indicazione in atto degli estremi non sia dipesa dalla insussistenza del permesso di costruire al tempo in cui gli atti medesimi sono stati stipulati, essi possono essere confermati anche da una sola delle parti mediante atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente, che contenga la menzione omessa» . A sua volta, l’art. 30 co. 2 primo periodo d.P.R. 380/2001 prevede che «Gli atti tra vivi, sia in forma pubblica sia in forma privata, aventi ad oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali relativi a terreni sono nulli e non possono essere stipulati né trascritti nei pubblici registri immobiliari ove agli stessi non sia allegato il certificato di destinazione urbanistica contenente le prescrizioni urbanistiche riguardanti l’area interessata» ; l’art. 30 co. 3 prevede «Il certificato di destinazione urbanistica deve essere rilasciato dal dirigente o responsabile del competente ufficio comunale entro il termine di trenta giorni dalla presentazione della relativa domanda. Esso conserva validità per un anno dalla data di rilascio se, per dichiarazione dell’alienante o di uno dei condividenti, non siano intervenute modificazioni degli strumenti urbanistici» ; l’art. 30 co. 4 -bis, introdotto dalla legge 28 novembre 2005 n. 246, prevede «Gli atti di cui al comma 2, ai quali non siano stati allegati certificati di destinazione urbanistica, o che non
contengano la dichiarazione di cui al comma 3, possono essere confermati o integrati anche da una sola delle parti o dai suoi aventi causa, mediante atto pubblico o autenticato, al quale sia allegato un certificato contenente le prescrizioni urbanistiche riguardanti le aree interessate al giorno in cui è stato stipulato l’atto da confermare o contenente la dichiarazione omessa».
Quindi, a fronte della specifica disposizione che gli atti privi dell’indicazione del permesso a costruire e del certificato di destinazione urbanistica sono nulli e non possono essere stipulati, ma possono essere «confermati» o «integrati» nel ricorrere dei presupposti di cui agli artt. 46 co. 4 e 30 co. 4-bis, è stata necessaria la precisa previsione dell’art. 47 co.1 per escludere che il ricevimento di tali atti integrasse violazione dell’art. 28 co. 1 n.1 legge notarile. Poiché -come sopra espostol’illecito disciplinare di cui all’art. 28 co.1 n.1 è consumato nel momento in cui è rogato l’atto nullo, in mancanza della specifica previsione dell’art. 47 co. 1 la circostanza che l’atto fosse confermabile o integrabile sarebbe rimasto privo di effetti ai fini disciplinari, così come è privo di effetti ai fini disciplinari il dato che la clausola nulla rogata dal notaio sia sostituita di diritto dalla clausola legale e il dato che l’atto sia affetto da altra ipotesi di nullità in sé sanabile.
Posti questi dati, si deve escludere che la previsione dell’art. 47 co.1 d.P.R. 380/2001 possa essere estesa alla fattispecie dell’art. 29 co. 1-bis e co. 1-ter legge 27 febbraio 1985 n. 52 che interessa nella fattispecie . L’art. 29 co. 1 -bis, introdotto dal decreto legge 31 maggio 2010 n. 78 conv. con mod. dalla legge 30 luglio 2010 n. 122, dispone «Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di
nullità, oltre all’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta dichiarazione può essere sostituita da un’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari» . L’art. 29 co. 1 -ter, introdotto dal decreto legge 24 aprile 2017 n. 50 convertito con modificazioni dalla legge 21 giugno 2017 n. 96, prevede che «Se la mancanza del riferimento alle planimetrie depositate in catasto o della dichiarazione, resa dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, ovvero dell’attestazione di conformità rilasciata da un tecni co abilitato non siano dipese dall’inesistenza delle planimetrie o dalla loro difformità dallo stato di fatto, l’atto può essere confermato anche da una sola delle parti mediante atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente, che contenga gli elementi omessi. L’atto di conferma costituisce atto direttamente conseguente a quello cui si riferisce, ai sensi dell’articolo 10, comma 3, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23». Quindi, anche in questo caso le prevision i relative all’identificazi one catastale, al riferimento alle planimetrie depositate in catasto e alla dichiarazione della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie sono testualmente richieste a pena di nullità dell’atto ; l’atto può essere «confermato» alle condizioni poste dall’art. 29 co.1 -ter, ma nel contempo nessuna disposizione esclude che gli atti confermabili integrino violazione dell’art. 28 legge notarile. Ne consegue che non vi è ragione per non ritenere applicabile la regola generale già richiamata, secondo la quale l’illecito disciplinare del notaio è consumato nel
momento in cui è rogato l’atto affetto da nullità, senza che il rimedio previsto dal legislatore per conservare l’atto possa assumere efficacia sanante o estintiva della punibilità.
Quindi, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, non rileva che nella fattispecie la condotta integrante l’illecito sia stata commessa allorché era già in vigore l’art. 29 co. 1 -ter e perciò l’atto nullo, allorché è stato rogato, fosse già suscettibile di conferma e, per di più, sia stato anche confermato; la sopravvenuta eliminazione della causa di nullità non incide sul momento consumativo dell’illecito disciplinare e potrà assumere rilevanza esclusivamente ai fini della valutazione della gravità della condotta, come effettivamente già avvenuto nella fattispecie, essendo stata la sanzione applicata nel minimo edittale. Si esclude che ricorrano i presupposti per applicare analogicamente alla fattispecie l’art. 47 co. 1 d.P.R. 380/2001, sia per la natura eccezionale della disposizione che emerge dalle considerazioni già svolte, sia per la diversità della ratio delle previsioni del d.P.R. 380/2001 rispetto a quelle della legge 52/1985. Come già evidenziato da Cass. Sez. 2 9-2-2022 n. 4216 (Rv. 663826-01), per tutte, cfr. pag. 12 della motivazione, la disciplina delle invalidità derivanti dalle violazioni della normativa edilizia risponde all’esigenza di limitare le transazioni aventi a oggetto gli immobili abusivi, mentre l’art. 29 persegue finalità di contrasto a ll’evasione fiscale; quindi, il regime sanzionatorio differenziato trova giustificazione nell ‘ eterogeneità degli scopi delle due normative. Per questo, si deve anche escludere il dubbio di incostituzionalità dell’art. 29 co. 1 -ter legge 52/1985 prospettato dal ricorrente per non avere la disposizione escluso la responsabilità disciplinare del notaio per il caso in cui l’atto nullo sia confermabile.
Per le ragioni esposte, intende la Corte dare continuità ai propri precedenti di cui Cass. Sez. 2 29-8-2019 n. 21828 (Rv. 654910-02),
Cass. Sez. 2 31-7-2020 n. 16519 (Rv. 658682-01), Cass. Sez. 2 1012-2021 n. 39403 (non massimata, da pag. 16), Cass. Sez. 2 9-2-2022 n. 4216 (Rv. 663826-01), Cass. Sez. 2 15-9-2022 n. 27181 (Rv. 665889-01), seppure pronunciati, come evidenzia il ricorrente, con riguardo a illeciti analoghi a quelli oggetto del presente giudizio, ma commessi in data precedente all’entrata in vigore dell’art. 29 co. 1 -ter legge 52/1985. Non può essere ritenuta espressione di un diverso indirizzo Cass. Sez. 2 14-2-2008 n. 3526 (Rv. 601886-01), in quanto tale sentenza ha pronunciato con riguardo ad atto rientrante nella previsione dell’art. 30 co.4 -bis d.P.R. 380/2001 e perciò non costituente violazione dell’art. 28 della legge notarile in forza dell’art. 47 co. 1 d.P.R. 380/2001. Non può essere ritenuta espressione di un diverso indirizzo neppure Cass. Sez. 2 20-11-2018 n. 29894, non massimata, in quanto l’affermazione (pag g. 6 in fondo e 7) che la sanatoria della nullità ex art. 29 co. 1-ter legge 52/1985 comporti il venire meno ex post della responsabilità disciplinare del notaio è espressamente attribuita alla dottrina e costituisce un obiter dictum. In ordine al precedente di Cass. Sez. 2 12-1-2023 n. 641, non massimata, specificamente valorizzato dal ricorrente, si impone la considerazione che anche questa sentenza ha inteso ribadire l’orientamento già espresso dalla Corte (cfr. da pag. 16), in ordine all’individuazione del momento di consumazione dell’illecito disciplinare al momento della redazione della clausola nulla inserita nell’atto rogato dal professionista e in ordine al fatto che il giudizio di disvalore disciplinare è calibrato esclusivamente sul momento della consumazione dell’illecito. E’ altresì vero che questa sentenza (da pag. 19 in fine) ha prospettato la possibilità di una rimeditazione del principio per il caso di atto posto in essere successivamente all’entrata in vigore della novella del 2017; però, ciò ha fatto continuando anche a dare atto (pag.24) delle finalità di contrasto all’evasione fiscale
dell’art. 29 d.P.R. 380/2001, del fatto che non appare irragionevole un regime sanzionatorio differenziato, data l’eterogeneità degli scopi cui sono dirette le due diverse normative, nonché del fatto che proprio la mancanza -per le violazioni di cui si discute- di una previsione analoga all’art. 47 d.P.R. 47 conferma l’irrilevanza della conferma dell’atto a fini disciplinari. Quindi, lo stesso precedente dimostra di avere recepito e di non avere elementi per superare i dati che escludono la possibilità di giungere a una soluzione diversa da quella accolta in questa sede.
2.Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. per violazione o falsa applicazione dell’art. 13 co.1 -quater d.P.R. 115/2002, il ricorrente lamenta che l’ordinanza impugnata abbia disposto il raddoppio del contributo unificato, in quanto il giudizio di reclamo avverso la decisione della RAGIONE_SOCIALE non è assimilabile al giudizio di appello.
2.1.Il motivo è fondato.
La Cassazione ha già in più occasioni affermato che i presupposti per l’applicazione ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 del versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del co.1-bis dello stesso art. 13 sussistono solo nel caso in cui si sia in presenza di un giudizio di tipo impugnatorio; perciò nella fattispecie si deve escludere la debenza di tale importo supplementare, per il fatto che il giudizio di reclamo innanzi alla Corte d’appello avverso il provvedimento disciplinare assunto nei confronti del notaio dalla Commissione Regionale di Disciplina non è giudizio di natura impugnatoria, ma giudizio in unico grado (Cass. Sez. 2 26-22021 n. 5426 Rv. 660699-01, Cass. Sez. 2 13-6-2024 n. 16508 Rv. 671371-01, Cass. Sez. 2 19-11-2024 n. 29707, non massimata, da pag. 23, per tutte).
Quindi il relativo capo del l’ordinanza impugnata deve essere cassato e, decidendo nel merito, deve essere dichiarato non dovuto, in relazione al rigetto del reclamo, l’ulteriore importo previsto dall’art. 13 co.1-quater d.P.R. 115/2002; sussistono i presupposti per tenere ferme le statuizioni dell’ordinanza impugnata in ordine alle spese del reclamo, in quanto tali statuizioni e la valutazione della soccombenza non sono attinte dall’esclusione del raddoppio del contributo unificato.
3.Invece, in ragione dell’accoglimento del secondo motivo di ricorso, sono compensate le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e rigetta il primo motivo; cassa l’ordinanza impugnata limitatamente al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara non dovuto, in relazione al rigetto del reclamo, l’ulteriore importo previsto dall’art. 13 co.1 -quater d.P.R. 115/2002;
compensa le spese del giudizio di legittimità, ferma la statuizione sulle spese dell’ordinanza impugnata .
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione