Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 28100 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 28100 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1748/2022 R.G. proposto da: BANCA D’ITALIA, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente e controricorrente in relazione al ricorso incidentale- contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– controricorrente e ricorrente incidentale – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO DI VENEZIA n. 2693/2021, pubblicata il 26/10/2021;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ 8/10/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. NOME COGNOME proponeva opposizione avverso il provvedimento emesso il 10 novembre 2020 (prot. n. 1486324/20), dalla Banca d’Italia con la quale veniva irrogata nei suoi confronti la sanzione di euro 16.000,00 per ‘ violazione della normativa in materia di governance, organizzazione e controlli interni degli intermediari che prestano servizi di investimento o di gestione collettiva del risparmio da parte dell’ex direttore centrale, tenuto conto che le condotte del soggetto destinatario, in violazione dei doveri propri, hanno inciso in modo rilevante sulla complessiva organizzazione e sui profili di rischio aziendali ‘ (art. 6, TUF; Parte 2, Tit. I e Parte 5, Titt. I e II Regolamento Banca d’Italia e RAGIONE_SOCIALE del 29.10.07; art. 10, d.lgs. 129/2017; art. 190-bis, TUF).
Secondo la Banca d’Italia, in un assetto organizzativo privo di adeguati controlli e con poteri accentrati nell’amministratore e nel direttore, COGNOME aveva inciso sul rischio aziendale, determinando l’adesione di RAGIONE_SOCIALE ad iniziative prive di un’adeguata ponderazione. In particolare, il predetto, eccedendo i propri poteri, aveva disposto l’8 settembre 2016 un ordine irrevocabile di bonifico, senza indicazione di data, dell’importo di euro 1,5 milioni dal conto della RAGIONE_SOCIALE al conto del fondo NOME (conti entrambi in essere presso Banco di Desio) a titolo di ‘ aumento quota di partecipazione in NOME ‘: bonifico richiesto dalla banca come condizione per concedere un finanziamento al fondo stesso.
La Banca d’Italia, rilevato che NOME COGNOME aveva ammesso che il bonifico non era stato autorizzato dal consiglio di
Ric. 2022 n. 1748 sez. S2 – ud. 08/10/2025
amministrazione della società ed eccedeva i suoi poteri, riteneva che ‘l’eventuale esecuzione dell’ordine di bonifico, a valere sul conto corrente di deposito della liquidità della SGR, avrebbe potuto mettere a rischio la capacità della SGR di rispettare nel continuo i requisiti patrimoniali minimi richiesti dalla normativa (sia con riguardo all’ammontare che alla natura dell’investimento in forma prontamente liquidabile), soprattutto tenuto conto che, nel successivo periodo 2017- 2018, la SGR aveva dovuto fronteggiare un significativo deterioramento della posizione economica, patrimoniale e finanziaria che avev a determinato l’assottigliamento dei margini e la necessità della loro ricostituzione’.
L’opposizione del COGNOME si fondava sui seguenti motivi: 1) la contestazione degli addebiti non era avvenuta entro 180 giorni dall’accertamento, atteso che Banca d’Italia aveva ricevuto la relazione RAGIONE_SOCIALE il 3 dicembre 2018 e aveva notificato l’atto di contestazione il 27 settembre 2019; 2) egli non aveva violato la normativa in materia di governance, organizzazione e controlli interni, poiché rispondeva direttamente all’amministratore delegato e al consiglio di amministrazione, di cui non faceva parte e al quale spettava decidere gli assetti di governo della RAGIONE_SOCIALE (e ciò malgrado i membri del Cda non erano stati sanzionati da Banca d’Italia), mentre in qualità di direttore centrale non avrebbe potuto contestare all’organo gestorio un eccessivo accentram ento di poteri in capo all’amministratore delegato; 3) i fatti erano stati travisati, giacché egli aveva disposto l’ordine di bonifico su diretta indicazione dell’amministratore delegato NOME COGNOME, avvallata dal consigliere anziano NOME COGNOME, e ‘la remota inimmaginabile attivazione dell’ordine di bonifico non avrebbe
avuto alcun impatto sul ‘patrimonio di vigilanza’ per la presenza (mai contestata) di altre significative giacenze finanziarie della società su altri conti correnti che potevano essere girocontati in tempo reale onde ripristinare senza soluzione di continuità le risorse sul conto corrente acceso presso il Banca di Desio’; 4) l’operazione suddetta non era stata ‘individuata né come incidente sulla complessiva organizzazione o sui profili di rischio aziendali , né tanto meno come arrecante un qualche (apprezzabile) pregiudizio per la tutela degli investitori o per la trasparenza, l’integrità o il corretto funzionamento del mercato’, sicché non ricorrevano i presupposti previsti dall’art. 190 bis t.u.f. per sanzionare il ricorrente; 5) l’entità della sanzio ne era comunque eccessiva, considerata l’unicità della condotta contestata, l’assenza di un pregiudizio per la società e la situazione reddituale del ricorrente.
La Banca d’Italia si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’opposizione.
La Corte d’Appello di Venezia accoglieva -con la sentenza richiamata in epigrafe il ricorso e, per l’effetto, annulla va il provvedimento sanzionatorio impugnato.
In particolare, la Corte territoriale – ricostruiti i fatti, peraltro pacifici tra le parti – riteneva che la condotta contestata al COGNOME non rientrasse nel perimetro ricompreso dalla fattispecie di cui all’art. 190 -bis TUF, che sanziona coloro che svolgono una funzione gestoria della società a condizione che la loro condotta abbia inciso ‘in modo rilevante sulla complessiva organizzazione’ oppure ‘sui profili di rischio aziendali’ oppure ancora abbia ‘provocato un grave
pregiudizio per la tutela degli investitori o per la trasparenza, l’integrità e il corretto funzionamento del mercato’.
Secondo l a Corte d’Appello la condotta sanzionata dall’art. 190bis TUF attraverso i rimandi ai regolamenti RAGIONE_SOCIALE, Banca d’Italia e Commissione UE, non poteva ritenersi una condotta libera, ossia riferibile a qualunque condotta, contraria a propri doveri, posta in essere dagli organi apicali della società di gestione, ma invece doveva restringersi ad una condotta consistente nell’omessa dotazione di un’organizzazione volta ad assicurare la sana e prudente gestione, il contenimento dei rischi e la stabilità patrimoniale.
Infatti, i dirigenti dovevano rispondere ‘ del l’inosservanza delle disposizioni richiamate dagli articoli 188, 189, 190, 190.1, 190. commi 1 e 2, 190.3, 190.4, e 190.5’ (nella specie, l’inosservanza dei suddetti regolamenti richiamati dall’art. 6 TUF , cui rimanda l’art. 190 TUF). La fattispecie sanzionatoria, per quanto costruita su una serie di rimandi che non la rendevano di facile comprensione, era comunque fornita di sufficiente tipicità e determinatezza, selezionando le violazioni sanzionabili, le quali dovevano comportare ‘l’inosservanza delle disposizione richiamate’. Dunque, non ogni violazione dei propri doveri, incidente sui ‘profili di rischio aziendali’, poteva rientrare nella fattispecie, ma solo quelle tipizzate dalle disposizioni richiamate. Un ‘ interpretazione estesa a qualunque violazione dei propri doveri da parte dell’alta dirigenza, oltre a contrastare con il dato testuale del l’ art. 190bis TUF, si sarebbe posta in violazione del principio di tassatività.
Il provvedimento sanzionatorio n. 1486324/20, recependo il rapporto del servizio di vigilanza, aveva contestato a COGNOME il
compimento della suddetta operazione non autorizzata mettendo in luce le carenze negli assetti di governo, nell’organizzazione e nel sistema dei controlli esterni. Tali carenze organizzative, nella prospettazione di Banca d’Italia, avevano permesso a COGNOME di violare i propri doveri di direttore centrale. Non si imputava, perciò, a COGNOME di essere la causa delle carenze organizzative. Non a lui era, dunque, ascrivibile ‘l’inosservanza delle disposizioni richiamate dagli articoli 188, 189, 190, 190.1, 190.2, commi 1 e 2, 190.3, 190.4, e 190.5’, ossia delle disposizioni del regolamento congiunto Banca d’Italia e RAGIONE_SOCIALE 29 ottobre 2007 e del regolamento Commissione UE n. 231/2013. In definitiva, poiché la condotta di NOME, per quanto realizzata in violazione dei doveri della propria mansione, non rientrava tra quelle previste dall’art. 190bis TUF, ovvero non si era concretizzata in un’inosservanza di una delle disposizioni richiamate da detto articolo, doveva concludersi per l’insussistenza degli elementi oggettivi integranti la fattispecie sanzionatoria contestata da Banca d’Itali a.
La Banca d ‘ Italia ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di due motivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso e ha proposto ricorso incidentale condizionato sulla scorta di tre motivi, illustrato anche da memoria depositata in prossimità dell’udienza .
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione degli artt. 6, 190 e 190-bis, d.lgs. n.58 del 1998; della parte 2, Tit. I e parte 5, Titt . I e II Regolamento Banca d’Italia e RAGIONE_SOCIALE del 29.10.07 (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) .
La ricorrente premette che, anche secondo la Corte d ‘A ppello di Venezia, l ‘ordine di bonifico disposto dal signor COGNOME, l’8 settembre 2016, in favore del Banco Desio ha costituito un grave atto ultra vires , dal quale egli avrebbe dovuto astenersi e di cui avrebbe dovuto informare il consiglio di amministrazione.
Tale ordine, ove eseguito, avrebbe comportato una commistione tra il patrimonio della RAGIONE_SOCIALE e quello del RAGIONE_SOCIALE da essa gestito, in violazione dell’art. 36, comma 4, TUF. In ogni caso, vi sarebbe effettivamente stato un sensibile aumento dei profili di rischio aziendali, in quanto poteva verificarsi la violazione dei requisiti minimi patrimoniali imposti dal titolo II, capitolo 5, sezione V del Regolamento della Banca d ‘Italia 19 gennaio 2015 sulla gestione collettiva del risparmio.
L a Banca d’Italia contesta l’interpretazione eccessivamente restrittiva, e in sostanza abrogativa, sia delle disposizioni prudenziali che disciplinano i doveri degli esponenti aziendali di una società di gestione del risparmio (per come dettate dal TUF e dal regolamento congiunto della Banca d’Italia e della RAGIONE_SOCIALE del 29 ottobre 2007), sia di quelle che informano la potestà sanzionatoria della Banca d’Italia avverso condotte realizzate in violazione di quei doveri (per come dettate agli artt. 190bis e 190 TUF ).
La ricorrente ricostruisce il disposto normativo a partire dall’art. 190 -bis TUF che rimanda all’art. 6 TUF in attuazione del quale è stato emanato il regolamento congiunto del 29 ottobre 2007 che nella parte 5 (artt. 30 ss.) sancisce le regole organizzative e di contenimento del rischio applicabili alle SGR. Tali regole dettagliano il principio generale stabilito all ‘ art. 32, comma 1, e distinguono i compiti spettanti all’organo con funzione di
supervisione strategica e quelli spettanti all’organo con funzione di gestione.
Il direttore generale, ruolo coperto dal COGNOME al di là della diversa definizione di direttore centrale, rientra in tale ultima categoria ed è destinatario delle regole previste dall’art. 33, comma 4, del regolamento.
Le regole prudenziali non si limitano a imporre la mera predisposizione «di un’organizzazione volta ad assicurare la sana e prudente gestione, il contenimento dei rischi e la stabilità patrimoniale», in modo che la violazione di questa disciplina consisterebbe sostanzialmente nella sola «omessa dotazione» di tale organizzazione, ma riguardano il concreto funzionamento di quelle strutture organizzative, imponendo esplicitamente all’organo con funzione di gestione di attuare correttamente le delibere dell’or gano di supervisione strategica.
I l compimento di atti dell’amministratore delegato e/o del direttore generale (vale a dire, dei soggetti che, nel sistema c.d. tradizionale, svolgono funzioni di gestione) che eccedano le deleghe conferite dal consiglio di amministrazione (vale a dire dell’organo di supervisione strategica) costituisce di per sé una grave violazione della disciplina prudenziale di riferimento, in quanto il compimento di atti ultra vires aggira qualunque meccanismo di contenimento dei rischi e, anzi, ne pregiudica in radice il funzionamento, soprattutto quando proviene dai soggetti posti al vertice della catena organizzativa della società.
La violazione da parte del direttore generale dei doveri di corretta attuazione delle deleghe conferite dal consiglio, mediante il compimento di atti palesemente ultra vires , integrerebbe una
condotta sanzionabile ai sensi degli artt. 190bis e 190 TUF essendo anche fonte di responsabilità civile e non potendosi ammettere una tutela degli interessi pubblici meno incisiva.
Peraltro, l’interpretazione adottata dalla Corte d’Appello si porrebbe in contrasto anche con la previsione della suddetta norma laddove si ammette la possibilità di sanzionare pure la condotta del personale degli intermediari, i quali non hanno alcun ruolo in merito alla predisposizione delle strutture e delle procedure organizzative volte ad assicurare la sana e prudente gestione.
L ‘estensione della responsabilità amministrativa al personale degli intermediari deriva dal diritto europeo e in particolare dall’art. 48(1) della direttiva 8 giugno 2011 n. 2011/61/UE sui gestori di fondi di investimento alternativi.
Infine, secondo la ricorrente, anche la giurisprudenza di legittimità ammetterebbe pacificamente l’interpretazione proposta in relazione alle sanzioni irrogate ai dipendenti di intermediari vigilati quando essi abbiano violato le disposizioni previste dal TUF (si richiama, ex multis , Cass., sez. II civ., 21/3/2019, n. 8046).
1.1 Il motivo è fondato.
L ‘art. 190 -bis del TUF nel testo applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame prevede, nel caso di inosservanza delle disposizioni richiamate dagli articoli 188, 189, 190, 190.1 e 190.2, commi 1 e 2, la sanzione amministrativa pecuniaria da euro cinquemila fino a cinque milioni di euro nei confronti dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, di direzione o di controllo, nonché nei confronti del personale, quando l’inosservanza è conseguenza della violazione di doveri propri o dell’organo di appartenenza e ricorra tra le altre la condizione
prevista dalla lett. A) ovvero che la condotta abbia inciso in modo rilevante sulla complessiva organizzazione o sui profili di rischio aziendali, ovvero abbia provocato un grave pregiudizio per la tutela degli investitori o per l’integrità ed il corretto funzionamento del mercato.
Nella specie ricorrono tutti i presupposti per la configurazione della condotta illecita in capo al COGNOME.
La sentenza, infatti, evidenzia come l’ordine di bonifico , oggetto della condotta in contestazione, di 1.5 milioni di euro sia stato disposto dal COGNOME oltre che in assenza dei relativi poteri anche con evidente rischio per l’integrità del patrimonio della società. Si legge in sentenza (v. pag. 8) che: Il bonifico era stato richiesto, a titolo di garanzia, da Banco di Desio, finanziatrice del fondo NOME, soggetto a ristrutturazione del debito. Il consiglio di amministrazione non aveva deliberato di concedere la garanzia alla banca. COGNOME non poteva ignorare l’anomalia della richiesta e le potenziali conseguenze pregiudizievoli che avrebbe comportato per RAGIONE_SOCIALE l’esecuzione dell’ordine. Oltre a creare un rischio patrimoniale per SGR, il bonifico determinava una commistione tra patri moni, in violazione dell’art. 36, 4° co., t.u.f ……..
Quanto detto è già sufficiente ad evidenziare che la condotta posta in essere dal ricorrente rientra tra quelle sanzionate. L’art. 190 del TUF, infatti, sanziona tra le altre anche la condotta di violazione dell’art. 36, comma 4, del T UF, sicché la sentenza è erronea nella parte in cui, a fronte della ricostruzione sopra riportata, ha ritenuto che la condotta non integri una violazione della normativa regolamentare in materia di governance ,
organizzazione e controlli interni degli intermediari che prestano servizi di investimento o di gestione collettiva.
La Corte d’Appello, infatti, ha erroneamente ritenuto che la condotta sanzionata dall’art. 190 -bis TUF attraverso i vari rimandi ai regolamenti RAGIONE_SOCIALE, Banca d’Italia e Commissione UE, non sia una condotta libera, ossia qualunque condotta, contraria a propri doveri, posta in essere dagli organi apicali della società di gestione, quanto piuttosto un a condotta consistente nell’omessa dotazione di un’organizzazione volta ad assicurare la sana e prudente gestione, il contenimento dei rischi e la stabilità patrimoniale.
La Corte di merito, dunque, non ha tenuto conto che l’art. 190 -bis TUF sanziona l’inosservanza delle disposizioni richiamate, tra gli altri, dall’art. 190 dello stesso TUF e dunque anche, specificamente, la violazione dell’art. 36, comma 4, TUF .
Nella specie, inoltre, la stessa Corte d’Appello evidenzia come l’operazione sia stata effettuata da soggetti privi di poteri, senza il necessario vaglio sui profili di rischio operativo, legale e reputazionale da parte dell’unico organo competente e, pertanto, la stessa ha inciso in modo rilevante sull’esposizione al rischio dell’azienda.
Si è verificata, pertanto, anche la condizione di cui alla lett. A dell’art. 190 -bis cui sopra si è fatto cenno del l’aver la condotta inciso in modo rilevante sui profili di rischio aziendali.
D’altra parte, la stessa Corte d’Appello evidenzia come l’ordine di bonifico in esame senza data, qualora eseguito, avrebbe esposto la RAGIONE_SOCIALE al gravissimo rischio di intaccare la soglia minima di capitale liquido previste dal regolamento della stessa Banca d’Italia 19 gennaio 2015 relativo alla gestione collettiva del
risparmio. La società possedeva al 31 dicembre 2016 disponibilità liquide per 2,982 milioni di euro, che sarebbero state intaccate fino alla soglia minima se il bonifico fosse stato eseguito da Banca di Desio, lasciando RAGIONE_SOCIALE pressoché priva di liquidità.
Né ha trovato riscontro quanto dedotto dal COGNOME circa il fatto che erano presenti ‘altre significative giacenze finanziarie della società su altri conti correnti che potevano essere girocontati in tempo reale onde ripristinare senza soluzione di continuità le risorse sul conto corrente accesso presso la Banca di Desio ‘ .
La Corte d’Appello evidenzia come non ci fosse alcuna specifica indicazione di queste ulteriori e significative giacenze finanziarie, non facenti parte del patrimonio di vigilanza, ma utilizzabili per ‘ripristinare senza soluzione di continuità le risorse’ di RAGIONE_SOCIALE. Infatti, a fronte della contestazione della Banca d’Italia della loro esistenza, l’opponente non era stato in grado di indicare ove si trovassero.
Il secondo motivo del ricorso principale è così rubricato: Violazione degli artt. 21, 22, 57, 59 e 60 del Regolamento Delegato UE 231/2013 e subordinata questione pregiudiziale ex art. 267 TFEU (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.).
La censura è in parte ripetitiva della precedente con riferimento all’ ulteriore profilo della contrarietà dell’interpretazione della Corte d’Appello rispetto alla disciplina europea direttamente applicabile alla fattispecie. Infatti, nel ventaglio delle disposizioni contestate al COGNOME figuravano anche quelle della Parte V, Titt. I e II Regolamento Banca d’Italia e RAGIONE_SOCIALE del 29.10.07 (doc. 5) . Tali ultime disposizioni rimandano espressamente, per la disciplina di alcuni pregnanti aspetti dell’organizzaz ione e del funzionamento
delle società di gestione del risparmio, al dettato -direttamente applicabile, in ragione della natura dello strumento -del Regolamento Delegato (UE) n. 231/2013 della Commissione. A sua volta tale atto è stato dettato in attuazione, tra l’altro, del par. 3 dell’art. 12 e del par. 2 dell’art. 18 della Direttiva 2011/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’8 giugno 2011 sui gestori di fondi di investimento alternativi (cd. Direttiva AIFMD, Alternative Investment Funds Managers Directive).
La normativa europea direttamente applicabile impone, pertanto, a tutte le società di gestione di dotarsi di procedure decisionali chiare e documentate, che distinguano esplicitamente le funzioni e le responsabilità dei vari soggetti coinvolti nei processi decisionali e rimette in capo a tali soggetti l’obbligo di att uare, e dunque rispettare, tali procedure. Pertanto, in forza di una disciplina effettiva e inderogabile, grava sugli organi e gli esponenti aziendali l ‘ obbligo di attenersi scrupolosamente ai processi decisionali approvati dalla società di gestione, con la conseguenza che la violazione di detti processi, o la violazione delle deleghe conferite, costituisce per tali organi ed esponenti la violazione di una regola organizzativa, che costituisce un dovere proprio. La ricorrente richiama numerosi articoli del citato regolamento e ritiene si rientri pacificamente nel perimetro delle condotte sanzionate.
In alternativa, la ricorrente chiede di rimettere in via pregiudiziale ex art. 267 TFUE alla Corte di G iustizia dell’Unione Europea la questione se la condotta pacificamente attuata dal COGNOME possa rientrare o meno nell’ambito della normativa recata
dalla Direttiva 2011/61 e dal Regolamento 231/2013 richiamata dall’art. 190 bis TUF .
2.1 Il secondo motivo è assorbito dall’accoglimento del primo.
Ricorso incidentale
Il primo motivo del ricorso incidentale del COGNOME è così rubricato: erroneità della sentenza d’appello per non aver rilevato la decadenza del provvedimento sanzionatorio stante il decorso del termine di 180 gg. dalla contestazione dell’addebito (violazione e/o falsa applicazione dell’art. 195 TUF -art 360 n. 3 c. p. c.).
Il COGNOME ha affermato che Banca d’Italia era decaduta dal potere sanzionatorio per non avere notificato, come previsto dall’art. 195 TUF, la contestazione degli addebiti entro 180 giorni dall’accertament o
Il fatto, pacifico, rilevato testualmente nella stessa pronuncia, è il seguente: La relazione ispettiva della RAGIONE_SOCIALE fu trasmessa alla Banca d’Italia il 3 dicembre 2018 e l’atto di contestazione notificato il 3 settembre 2019 .
Facendo applicazione degli insegnamenti della giurisprudenza di legittimità al caso concreto si dovrebbe affermare come sia assolutamente incontestabile che è proprio alla data del 3.12.2018, ossia quando la Banca d’Italia ha ricevuto la Relazione conclusiva d’indagine dalla RAGIONE_SOCIALE, che nel caso di specie si è necessariamente concretizzata la decorrenza del termine sanzionatorio ex art. 195 comma 1 TUF.
È da tale momento, infatti, che Banca d’Italia è in possesso non già e non solo di un ‘ acquisizione di meri atti di indagine (la c.d. ‘acquisizione del fatto materiale’), ma di una vera e propria relazione ispettiva completa, contenente ogni accertamento,
dettaglio, valutazione e conclusione circa ‘tempi, entità ed altre modalità delle violazioni’ (concetto, quest’ultimo, espresso in Cass. 19512/2020). Il fatto sarebbe stato immediatamente apprezzabile, essendo evidente solo a leggere la detta relazione come il documento conteneva ogni possibile elemento accertativo e valutativo delle fattispecie con anche le compiute considerazioni del team i spettivo che esso aveva realizzato.
Insomma, quando Banca d’Italia in data 3.12.2018 ebbe a ricevere la r elazione conclusiva dell’indagine da essa delegata era senz’altro da ritenersi compiuto l’avvenuto accertamento, non restando a quel punto alcuna necessità di ulteriore istruttoria per la (eventuale) contestazione dell ‘illecito .
A giudicare diversamente, come ha fatto poi la Corte veneziana, assumendo che un ritardo di tre mesi sarebbe congruo (dalla scadenza dei 180 giorni del 3.6.2019 a quella di contestazione dell’addebito del 3.9.2019) si verrebbe ad accogliere un ‘ interpretazione basata su di un criterio aleatorio che svuoterebbe di qualsiasi portata precettiva quanto previsto dall’art. 195 TUF: tra l’evidenza della assunta violazione e la contestazione di essa all’interessato non possono decorrere più di 180 giorni.
3.1 Il primo motivo del ricorso incidentale condizionato del controricorrente è infondato.
La Corte d’Appello ha fatto corretta applicazione dei principi giurisprudenziali consolidati in tema di tempestività della contestazione.
Deve ribadirsi, infatti, che: in tema di sanzioni amministrative per la violazione delle norme disciplinanti l’attività di intermediazione finanziaria, il termine di decadenza di centottanta
giorni per la contestazione al trasgressore decorre non già dalla “constatazione del fatto”, cioè dalla data di acquisizione della notizia dell’illecito, nella sua materialità, ma dal momento dell'”accertamento del fatto”, ossia dal giorno in cui l’autorità ha completato l’attività istruttoria finalizzata a verificare la sussistenza dell’infrazione (v. Cass. Sez. 2, 15/10/2024, n. 26766).
Si è anche precisato che, in tema di violazioni delle norme disciplinanti l’intermediazione finanziaria, nel caso di intervento di due autorità di vigilanza, Banca d’Italia e RAGIONE_SOCIALE, deve presumersi, fino a prova contraria, che l’autorità non ispezionante sia in grado di apprezzare le irregolarità riscontrate dall’altro organo di vigilanza quando riceve da quest’ultimo i rilievi ispettivi o i provvedimenti sanzionatori adottati dall’autorità procedente. (Cass. Sez. 2, 15/10/2024, n. 26766, cit.). Non è possibile, infatti, che la prima recepisca acriticamente il lavoro dell’autorità ispezionante senza svolgere autonome valutazioni delle risultanze acquisite.
Nella specie , correttamente la Corte d’Appello ha evidenziato come, tenuto conto del la complessità dell’indagine e della corposità della relazione inviata da RAGIONE_SOCIALE, fosse ragionevole accordare a Banca d’Italia uno spatium deliberandi di almeno tre mesi, tempo necessario per valutare compiutamente il materiale raccolto da RAGIONE_SOCIALE e determinarsi circa la necessità di compiere ulteriore attività istruttoria oppure redigere e notificare l’atto di contestazione. Quindi, avendo ricevuto la relazione il 3 dicembre 2018 e dovendosi riconoscere congruo un periodo non inferiore a tre mesi per un’adeguata ponderazione di quanto ricevuto da RAGIONE_SOCIALE, la notifica dell’atto di contestazione, richiesta dalla Banca d’Italia all’ufficiale giudiziario il 3 settembre 2019, era tempestiv a.
Peraltro, la verifica del rispetto del termine è riservata al giudice di merito, il quale, nel suo apprezzamento discrezionale, da un lato deve tenere conto che la documentazione della tempestività della notifica degli estremi delle violazioni amministrative costituisce onere dell’Amministrazione e, dall’altro, al fine di consentire il sindacato sull’esercizio del potere discrezionale a lui riservato, deve dare adeguata e logica motivazione della sua pronuncia, come nel caso in esame è avvenuto per quanto si è detto.
Il secondo motivo del ricorso incidentale condizionato riguarda un asserito omesso esame di un fatto decisivo, ex art. 360 n. 5, c.p.c. .
La sentenza di prime cure non avrebbe tenuto conto del fatto che ‘né la RAGIONE_SOCIALE né i cinque consiglieri …. sono stati ritenuti responsabili della carenza di governance e struttura da parte di Banca d’Italia’ .
Il terzo motivo del ricorso incidentale condizionato denuncia l’a sserita mancanza di qualsivoglia profilo di danno o di pericolo per il patrimonio della RAGIONE_SOCIALE e l’ asserita motivazione apparente della sentenza impugnata.
5.1 Il secondo e il terzo motivo del ricorso incidentale sono assorbit i dall’accoglimento del primo motivo del ricorso principale .
Spetterà al giudice di rinvio valutare complessivamente la vicenda dedotta in causa, ovvero con riferimento alla rivalutazione della condotta violatrice del COGNOME in relazione ai principi giuridici affermati e alla possibile incidenza dei due aspetti prospettati con il secondo e terzo motivo del ricorso incidentale condizionato.
Al giudice di rinvio è rimessa anche la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale e dichiara assorbito il secondo;
rigetta il primo motivo del ricorso incidentale condizionato, con assorbimento dei restanti.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Venezia, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione civile in data 8 ottobre 2025.
IL PRESIDENTE NOME COGNOME
Ric. 2022 n. 1748 sez. S2 – ud. 08/10/2025