Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3249 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 3249 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14035/2019 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende
– controricorrenti –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 672/2019 depositata il 26/02/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME citava in giudizio NOME COGNOME in qualità di titolare della ditta individuale appaltatrice dei lavori commissionati e l’architetto NOME COGNOME in qualità di diretto re dei lavori relativi all’intocanatura interna ed esterna di tre fabbricati ad uso abitativo da eseguirsi con un prodotto di nuova concezione (termointonaco), dotato di proprietà meccaniche e termiche superiori ma necessitante condizioni ambientali particolari.
I fatti dedotti consistevano in estrema sintesi nell’aver continuato i lavori nonostante il clima sfavorevole fino a che l’intonaco della terza abitazione si staccava dalle murature. Il direttore dei lavori ne aveva disposto la prosecuzione in interni, previa chiusura precauzionale dei fori ,ma già ai primi di dicembre si erano evidenziate numerose cavillature e crepe anche nell’intonaco interno della prima abitazione. L’opera era stata sospesa e poi si era accertato il degrado totale degli intonaci interni ed esterni di tutte e tre le case.
Il COGNOME aveva promosso anche un ATP che confermava l’esistenza dei vizi ed individuava le cause nel mancato rispetto delle avvertenze previste dalle schede tecniche del prodotto.
Si costituivano le parti convenute e il COGNOME chiamava in manleva la propria assicurazione.
Il Tribunale di Venezia, riconosciuta la responsabilità in solido dei convenuti li condannava al risarcimento del danno sofferto dall’attore, con parziale manleva del direttore dei lavori da parte dell’RAGIONE_SOCIALE.
NOME COGNOME proponeva appello avverso la suddetta sentenza.
NOME COGNOME resisteva al gravame e proponeva appello incidentale.
NOME RAGIONE_SOCIALE si costituiva in appello chiedendo la conferma della sentenza di primo grado.
La Corte d’Appello accoglieva parzialmente l’appello e in parziale riforma della sentenza gravata confermata nelle restanti statuizioni, condannava NOME COGNOME e NOME COGNOME, in solido fra loro, a pagare a NOME COGNOME la somma di euro 81.661,75 a titolo di spese di eliminazione dei vizi, oltre interessi a tasso legale su euro 48.000,00 oltre Iva; ferma ogni altra statuizione non oggetto di riforma.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza.
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) e NOME COGNOME hanno resistito con rispettivi controricorsi.
Tutte le parti sopra indicate, con memoria depositata in prossimità dell’udienza , hanno insistito nelle rispettive richieste.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: errata e falsa applicazione degli artt. 1176, comma 2, e 1667 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3 sulla responsabilità dell ‘ appaltatore qualora agisca quale nudus minister della committenza.
Il ricorrente asserisce che la pressione esercitata dalla committenza circa i tempi di consegna delle opere avrebbe costretto l’appaltatore a continuare nella posa degli speciali intonaci nonostante ormai la stagione fosse proibitiva per tale intervento per via del repentino abbassamento delle temperature. Nel ricorso si riportano tutti gli elementi istruttori a sostegno di tale tesi anche in relazione alla scelta dei materiali e alla decisione di continuare con i lavori nonostante le condizioni meteo.
Non vi sarebbe, pertanto, alcuna responsabilità solidale in ordine ai vizi delle opere derivanti da decisioni assunte unicamente ed esclusivamente dalla committenza e dalla ditta appaltratrice, la quale per altro avrebbe chiaramente agito quale nudus minister del COGNOME.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: errata e falsa applicazione delle normative in tema di responsabilità del direttore dei lavori in relazione ad altre figure quale il direttore di cantiere e il direttore tecnico di cantiere.
La censura ha ad oggetto la ritenuta responsabilità solidale del ricorrente in qualità di direttore dei lavori rispetto ai danni prodotti dall’appaltatore per essersi colpevolmente allontanato per più giorni dal cantiere senza vigilare sull’attività che vi si svolgeva e, in tal modo, assumendosi la responsabilità dei danni che nella sua prolungata assenza si sono determinati nell’opera in costruzione
Secondo il ricorrente, la Corte avrebbe confuso il suo ruolo (direttore dei lavori) con altre figure, quali il direttore di cantiere, il progettista o il direttore tecnico di cantiere. Il ricorrente richiama i compiti del direttore di cantiere, dipendente dell’appaltatore , evidenziandone le differenze con quelli del direttore dei lavori alle
dipendenze della committenza. Spetterebbe al direttore di cantiere l’organizzazione giornaliera dei lavoratori e la progressione delle opere in conformità al progetto mentre spetterebbe al direttore dei lavori l’alta sorveglianza del cantiere e la verifica di conformità delle opere al progetto.
In conclusione, il ricorrente avrebbe perfettamente adempiuto alla propria prestazione professionale come emergerebbe dalla prova testimoniale circa le decisioni assunte dal COGNOME e dall’appaltatore.
2.1 I primi due motivi di ricorso che stante la loro evidente connessione possono essere trattati congiuntamente sono infondati.
La Corte d’Appello ha evidenziato la responsabilità del ricorrente, nella sua qualità di direttore dei lavori, in ordine al difetto di esecuzione dei lavori di posa dell’intona catura interna ed esterna commissionati alla ditta RAGIONE_SOCIALE. Nella sentenza impugnata a pag. 17 si legge che: Il direttore dei lavori ne disponeva la prosecuzione in interni previa chiusura precauzionale dei fori ma già ai primi di dicembre si evidenziavano numerose cavillature e crepe anche nell’intonaco interno della prima abitazione; veniva allora sospesa . Veniva poi accertato il degrado totale degli intonaci interni ed esterni di tutte e tre le case .
Inoltre, nella sua motivazione la Corte d’Appello ha evidenziato che la responsabilità del direttore dei lavori non viene meno per il solo fatto che il committente richieda l’applicazione di un prodotto particolare, anziché quello solitamente utilizzato dall’appaltatore, perché, anche laddove il direttore dei lavori e l’appaltatore non lo conoscano, in esecuzione del mandato professionale loro conferito
dal committente hanno il dovere, e possiedono la capacità, di acquisire tutte le informazioni necessarie al suo corretto uso.
In questo caso l’acquisizione della conoscenza necessaria alla corretta applicazione del prodotto era, peraltro, alquanto semplice, posto che era sufficiente consultare le indicazioni di uso e le avvertenze riportate nella confezione dello stesso prodotto. Pertanto, la responsabilità dei danni prodotti dall’appaltatore ricadeva in solido anche sul direttore dei lavori che, peraltro, si era colpevolmente allontanato per più giorni dal cantiere senza vigilare sull’attività che vi si svolgeva; in tal modo assumendosi la responsabilità dei danni che nella sua prolungata assenza si erano determinati nell’opera in costruzione.
2.2 La motivazione della sentenza sopra riportata in punto di responsabilità del direttore dei lavori è conforme alla giurisprudenza di legittimità circa l’obbligo di questi di controllare che la realizzazione delle opere avvenga secondo le regole dell’arte, dovendo attuarsi in relazione a ciascuna delle fasi di realizzazione delle stesse e al fine di garantire che queste ultime siano realizzate senza difetti costruttivi. Si è detto, infatti, che: In tema di appalto, il direttore dei lavori, quale rappresentante del committente, deve avere le competenze necessarie a controllare la corretta esecuzione delle opere da parte dell’appaltatore e dei suoi ausiliari, essendo altrimenti tenuto ad astenersi dall’accettare l’incarico o a delimitare, sin dall’origine, le prestazioni promesse, sicché è responsabile nei confronti del committente se non rileva in corso d’opera l’inadeguatezza delle opere strutturali, sebbene affidate ad altro professionista, salvo che dimostri che i vizi potevano essere
verificati solo a costruzione ultimata (Sez. 3, Sentenza n. 7370 del 13/04/2015, Rv. 635038 – 01).
Nessuna rilevanza, pertanto, assume la distinzione proposta con il secondo motivo circa la figura del direttore dei lavori rispetto al direttore di cantiere, avendo correttamente la Corte d’Appello riconosciuto la responsabilità del COGNOME rispetto a compiti e obblighi propri della sua qualità di direttore dei lavori. Allo stesso modo, è irrilevante il fatto che il materiale da utilizzare (termointonaco) sia stato scelto dal committente, avendo il COGNOME omesso di controllare e vigilare costantemente sulle modalità di realizzazione dell’opera e sul corretto utilizzo dei materiali scelti.
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’art. 1917 c.c.
La censura ha ad oggetto la condanna della terza chiamata in manleva dal ricorrente ad indennizzarlo per la somma di euro 40.830, pari al cinquanta per cento di quanto dovuto dal COGNOME in solido con l’appaltatore (euro 81.661).
Ai sensi dell’art.1917 c.c. e della giurisprudenza di legittimità l’obbligo indennitario dell’assicuratore nei confronti dell’assicurato, nei limiti del massimale, non è riferibile alla sola quota di responsabilità dell’assicurato, operante ai fini della ripartizione della responsabilità tra i condebitori solidali, ma concerne l’intera obbligazione dell’assicurato nei confronti del terzo danneggiato.
3.1 Il terzo motivo di ricorso è fondato.
La Corte d’Appello nell’accogliere il motivo di appello proposto dal COGNOME relativo all’interpretazione del contratto di assicurazione ha affermato che nessuna limitazione va applicata
alla copertura RAGIONE_SOCIALE salvo quella derivante dall’art. 37 che prevede una franchigia di euro 1550,00. Nel dispositivo, tuttavia, dopo aver condannato i l COGNOME e l’appaltatore COGNOME in solido tra loro a pagare al COGNOME la somma di euro 81.661,75 ha, poi, limitato la condanna della RAGIONE_SOCIALE ad indennizzare il COGNOME per la somma di euro 40.830,87.
In tal modo la Corte si è posta in contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui: In tema di assicurazione della responsabilità civile, nel caso in cui l’assicurato sia responsabile in solido con altro soggetto, l’obbligo indennitario dell’assicuratore nei confronti dell’assicurato non è riferibile alla sola quota di responsabilità dell’assicurato operante ai fini della ripartizione della responsabilità tra i condebitori solidali, ma si estende potenzialmente a tutto quanto l’assicurato deve pagare al terzo danneggiato nei limiti del massimale, atteso che una diversa interpretazione contrasterebbe con il tenore letterale dell’art. 1917 cod. civ. e priverebbe di concreta tutela l’assicurato rispetto alla quota di responsabilità posta a carico del condebitore solidale, nel caso in cui quest’ultimo sia insolvibile o di difficile solvibilità. (Sez. L, Sentenza n. 8686 del 31/05/2012, Rv. 623115 -01; metti anche recente precedente 2023)
Quanto dedotto dalla controricorrente RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) secondo cui il COGNOME, a fronte della sentenza di primo grado che aveva limitato l’obbligo risarcitorio dell’assicurazione solo ad alcuni danni aveva proposto appello domandando di essere tenuto indenne solo nei limiti del cinquanta per cento della condanna in solido non trova
riscontro nell’atto di appello dal quale emerge la richiesta ad essere tenuto interamente indenne. La controricorrente, infatti, si riferisce solo al quarto motivo dell’appello proposto dal COGNOME che invece deve essere valutato complessivamente.
Si impone pertanto in accoglimento del terzo motivo di ricorso, rigettati i primi due, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte d ‘ Appello di Venezia in diversa composizione che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, rigetta i primi due, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Venezia in diversa composizione , che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione