Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 23813 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 23813 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23509/2020 R.G. proposto da
:
COGNOME NOMECOGNOME difeso dall’avvocato COGNOMEricorrente-
contro
FIORI NOME COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME, FIORI NOME, COGNOME NOME, difesi da ll’avvocato COGNOME NOME
-controricorrenti- nonché
RAGIONE_SOCIALE difesa dall’avvocato COGNOMEcontroricorrente-
nonché
RAGIONE_SOCIALE IMPRESA RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 4925/2019 depositata il 10/12/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, proprietaria esclusiva, e NOME COGNOME, comodatario, commissionavano lavori di ristrutturazione su un immobile. La ditta incaricata era l’impresa edile di NOME COGNOME mentre il progettista e direttore dei lavori era il geom. NOME COGNOME Dopo l’esecuzione delle opere, i committenti denuncia vano difetti strutturali e vizi edilizi e convenivano dinanzi al Tribunale di Voghera l’impresa COGNOME e il geom. COGNOME, domandandone ex artt. 1669, 2236 c.c. la condanna solidale al risarcimento dei danni derivanti dai vizi dell’opera. I convenuti contesta vano e chiamavano in garanzia le proprie compagnie assicuratrici, Zurich e Allianz. In corso di causa decedevano entrambi gli attori, con interruzione del processo e riassunzione da parte di NOME, NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME, nonché di NOME COGNOME.
Il Tribunale accoglieva parzialmente la domanda, condannava ex artt. 1669 c.c. in solido COGNOME e COGNOME al risarcimento del danno in favore di NOME, NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME, liquidato in € 29.346,25 , rigettava la domanda di NOME COGNOME, succeduta a NOME COGNOME e rigettava altresì le domande di manleva dei convenuti nei confronti delle rispettive compagnie assicuratrici.
La Corte di appello ha rigettato integralmente l’appello di COGNOME e ha confermato la sentenza di primo grado.
Ricorre in cassazione il direttore dei lavori con sette motivi, illustrati da memoria (in cui si attesta il decesso nel frattempo del ricorrente). Resistono gli attori con controricorso e memoria. Resiste l’assicurazione con controricorso (limitato a replicare al settimo motivo). Rimangono intimati NOME COGNOME, l’i mpresa edile COGNOME, l’ Allianz sRAGIONE_SOCIALE
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Il primo motivo denuncia violazione degli artt. 163 e 164 c.p.c. per avere la Corte di appello escluso la nullità della citazione introduttiva del giudizio di primo grado, nonostante il petitum e la causa petendi risultassero generici e incerti. Si afferma che l’atto citava erroneamente l’art. 2336 c.c., non specificava a favore di quale attore venisse domandato il risarcimento, non conteneva l’indicazione delle singole voci di danno e includeva una domanda di risarcimento del danno morale inammissibile. Si censura la motivazione della Corte di appello che aderisce acriticamente alla motivazione del primo giudice.
Il primo motivo è rigettato.
La censura è sufficientemente specifica da consentire -in linea con Cass. SU 8077/2012 l’accesso ai fascicoli e la conferma che nell’atto di citazione risultano sufficientemente allegati i fatti costitutivi, l’esecuzione dell’appalto e lo svolgimento dell’incarico di progettista e direttore dei lavori. Sono indicate le responsabilità risarcitorie, azionate in relazione al danno integrale conseguitone. Inoltre, il comportamento difensivo dell’appellante in primo grado dimostra che egli fu posto nelle condizioni di conoscere i fatti posti a fondamento della domanda e di difendersi.
2. – Il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 125 e 163 c.p.c. per avere la Corte di appello rigettato l’eccezione di nullità dell’atto di riassunzione. Si contesta che l’atto notificato dagli eredi contenesse domande e conclusioni diverse rispetto a quelle originarie, e che mancasse degli elementi essenziali. Si deduce che la nullità dell’atto di riassunzione avrebbe dovuto determinare l’estinzione del processo ex art. 305 c.p.c.
Il secondo motivo è inammissibile.
La censura risulta proposta per la prima volta in sede di legittimità. La Corte distrettuale, infatti, ha esaminato una diversa questione: ha rilevato che l’appellante aveva eccepito la nullità dell’atto di riassunzione esclusivamente per carenza di prova della qualità di
eredi in capo alle persone che avevano riassunto il processo (cfr. § 2.3 della sentenza impugnata). Tale precisazione non è stata oggetto di specifica censura da parte del ricorrente; al contrario, la questione dell’assenza di prova della qualità di eredi è espressamente dedotta come autonoma doglianza nel terzo motivo di ricorso.
3. Il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 303 c.p.c. per avere la Corte di appello rigettato l’eccezione di difetto di prova sulla qualità di eredi in capo ai soggetti che avevano riassunto il processo. Si contesta che la Corte abbia valorizzato la dichiarazione di successione prodotta in atti, sostenendo che essa ha soltanto rilevanza fiscale e che non era stata fornita alcuna prova di accettazione dell’eredità, neppure tacita. Si assume che ciò sia in contrasto con quanto statuito dalla giurisprudenza di questa Corte.
Il terzo motivo è rigettato.
La qualità di eredi di NOME COGNOME risultava dalla dichiarazione di successione presentata da NOME COGNOME presso l’Agenzia delle entrate, nella quale i riassumenti (NOME, NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME) sono indicati come figlie e nipoti della de cuius (cfr. § 2.4 della sentenza impugnata). La Corte non si è arrestata a constatare ciò, ma ha fatto leva sulla mancata contestazione specifica di ciò, valorizzandola correttamente ai sensi dell’art. 115 c.p.c. come aspetto che colloca la qualità di eredi dei riassumenti fuori dal thema probandum.
4. – Il quarto motivo denuncia violazione degli artt. 1667, 1669 e 2226 c.c. per avere la Corte di appello rigettato l’eccezione di decadenza e prescrizione dell’azione risarcitoria proposta nei confronti del direttore dei lavori. Si contesta la qualificazione dell’azione ai sensi dell’art. 1669 c.c. anziché dell’art. 2226 c.c. e si assume che i vizi denunciati fossero noti o conoscibili da tempo, come comprovato dal pagamento delle fatture da parte dei committenti e dall’assenza di denunce scritte anteriori alla raccomandata del mar-
zo 2009. Si deduce che la condotta degli attori equivaleva ad accettazione dell’opera.
Il quarto motivo è rigettato.
L ‘azione risarcitoria nei confronti del geom. COGNOME trova fondamento nel contratto d’opera professionale stipulato con NOME COGNOME. L e disposizioni dell’art. 2226 c.c. non si applicano alla prestazione d’opera intellettuale, ma solo alle opere manuali , poiché solo di queste ultime, non anche della prima, i vizi eventualmente presenti possono essere oggetto di percezione (cfr., tra le altre, Cass. 12871/2015). Specificamente, secondo Cass. 28575/2013, nel caso di inadempimento professionale di ingegneri o architetti (ad esempio, errori in progettazione o direzione lavori), l’obbligazione risarcitoria non è soggetta alla disciplina dell’art. 2226 c.c. (vizi dell’opera) e dei suoi termini di decadenza e prescrizione. Invece, si applica la prescrizione ordinaria decennale dell’art. 2946 c.c.
Ne segue che nel caso attuale si applica il termine di prescrizione decennale e l’eccezione di prescrizione e decadenza è infondata.
– Il quinto motivo denuncia omesso esame circa fatti decisivi costituiti dalla mancata denuncia per iscritto dei vizi prima del marzo 2009 e dal pagamento delle fatture da parte dei committenti. Si assume che tali elementi fossero stati oggetto di specifica discussione in giudizio e provati documentalmente, ma fossero stati ignorati dalla Corte di appello. Si deduce che il pagamento e la mancata denuncia dimostrerebbero l’accettazione dell’opera e l’assenza di contestazioni tempestive.
Il sesto motivo denuncia omesso esame circa un fatto decisivo relativo alla mancanza di prova dell’esistenza dei vizi lamentati e della loro imputabilità al progettista-direttore dei lavori. Si assume che la Corte di appello abbia omesso di considerare che le uniche prove erano rappresentate da due testimonianze inammissibili o inattendibili e che la CTU espletata in sede di ATP fosse stata ille-
gittimamente acquisita, in quanto richiesta in assenza dei presupposti di urgenza e senza indicazione della domanda cui era finalizzata. Si contesta inoltre che la consulenza tecnica non avesse considerato gli interventi successivi eseguiti autonomamente dall’impresa.
Il quinto e il sesto motivo sono inammissibili.
Sui due punti, ci troviamo dinanzi ad una doppia pronuncia conforme in primo e secondo grado. In tale ipotesi, ai sensi dell’art. 348ter, co. 5 c.p.c. (applicabile, ai sensi dell’art. 54, co. 2 d.l. 83/2012, conv. in l. 134/2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012), la parte ricorrente in cassazione, per evitare che il motivo ex art. 360, n. 5 c.p.c. sia dichiarato inammissibile (cfr. art. 348-ter, co. 5 c.p.c., nel suo richiamo al comma precedente), deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse, onere non assolto nel caso di specie (cfr. Cass. 7724/2022).
6. – Il settimo motivo denuncia violazione degli artt. 1341, 1342 e 1469 bis c.c. per avere la Corte di appello rigettato la domanda di manleva proposta nei confronti della Zurich. Si censura la sentenza nella parte in cui ha valorizzato clausole limitative della garanzia assicurativa -relative all’esclusione di copertura per violazioni edilizie e per assenza di rovina dell’opera senza considerare che si trattava di clausole vessatorie, da ritenersi inefficaci in mancanza di sottoscrizione specifica.
Il settimo motivo è inammissibile.
La Corte distrettuale ha rigettato la domanda di manleva sulla base di due autonome rationes decidendi: da un lato, ha ritenuto operativa la clausola contrattuale che esclude la garanzia in ipotesi di violazione di norme edilizie o in caso di colpa grave del professionista; dall’altro lato, ha rilevato che nel caso di specie mancava
il presupposto oggettivo per l’attivazione della garanzia assicurativa ( cioè la rovina, anche solo parziale, dell’opera ). L’appellante ha omesso di censurare specificamente tale seconda ratio. Né tale omissione non può essere superata in questa sede. Infatti, dinanzi ad una pronuncia basata su due distinte rationes decidendi, ciascuna di per sé sufficiente a sorreggere la soluzione adottata, vi è l’ onere della parte interessata di impugnarle entrambe, a pena di inammissibilità del mezzo di impugnazione (cfr., tra le molte, Cass. 17182/2020).
– Il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1-quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente a rimborsare a ciascuna delle due parti controricorrenti le spese del presente giudizio, che liquida in € 4.200 , oltre a € 200 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi, e agli accessori di legge.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 27/05/2025.