Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 23807 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 23807 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25426/2020 R.G. proposto da : COGNOME difeso dall’avvocato COGNOMEricorrente-
contro
COGNOME NOME e COGNOME NOME, n.q. soci della estinta RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE, difesi dall’avvocato NOME
-controricorrente e ricorrente incidentale-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 2237/2019 depositata il 22/05/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Si tratta di un contratto di appalto tra la società RAGIONE_SOCIALE Randazzo Nicola (appaltatrice) e NOME COGNOME (committente, nonché progettista e direttore dei lavori), per opere edilizie su fondi agricoli di proprietà di quest’ultimo. I lavori
venivano commissionati in forza di un accordo verbale che, secondo il committente, prevedeva un corrispettivo mediante trasferimento immobiliare ed escludeva il pagamento in danaro. L’appaltatrice eseguiva le opere su tre distinti cantieri . Il committente lamentava difformità, realizzazioni abusive e incomplete, nonché la sospensione unilaterale dei lavori, con conseguente decadenza dei titoli abilitativi e perdita di finanziamenti pubblici.
L ‘ appaltatrice conveniva dinanzi al Tribunale di Milano il committente per il pagamento del corrispettivo in danaro relativo alle opere eseguite. Il convenuto proponeva domanda riconvenzionale di risarcimento per oltre € 500.000. In occasione della prima udienza, l’attrice domandava altresì, rispetto alla riconvenzionale risarcitoria, la condanna in manleva del committente convenuto, nella sua ulteriore qualità di progettista e direttore dei lavori.
Il Tribunale di Milano accoglieva parzialmente la domanda attorea, riconoscendo all’appaltatrice il corrispettivo di € 126.711,59, quantificato sulla base del valore delle opere (€ 147.030,59), con detrazione del 50% dei costi rimediali (€ 40.638,00), dovuti in pari parte da ll’ appaltatrice e dal direttore lavori. La domanda riconvenzionale del convenuto veniva accolta solo in tale misura. Il giudice riteneva che l’omessa vigilanza del direttore dei lavori avesse concorso in eguale misura all’insorgenza dei vizi e delle difformità ed affermava così una corresponsabilità professionale del committente.
La Corte distrettuale ha accolto in parte l’appello del committente, ritenendo fondate le critiche relative alla quantificazione del valore delle opere e dei costi di ripristino, con rinnovazione della consulenza tecnica. Alla luce della nuova c.t.u., la Corte di appello ha determinato il valore complessivo delle opere in € 104.040,51 e il valore dei costi di ripristino in € 158.621,64.
Confermando la corresponsabilità del committente per la metà di tali costi, ha così ridotto il credito dell’appaltatore a € 24.729,69. La Corte ha giustificato il mantenimento del giudizio di corresponsabilità, riqualificando la domanda di manleva come eccezione di merito ai sensi dell’art. 183 co. 5 c.p.c. e ritenen dola tempestiva e fondata. Ha osservato che la condotta omissiva del direttore dei lavori, che non aveva impedito l’esecuzione di opere palesemente difformi e abusive, legittimava l’addebito del 50% dei costi rimediali. In tal modo ha rigettato le eccezioni di nullità e ultrapetizione sollevate dal committente.
Ricorre in cassazione il committente con due motivi. Resistono NOME COGNOME e NOME COGNOME, ex soci della Randazzo, cancellata dal registro delle imprese nel 2016, con controricorso e ricorso incidentale con un motivo, illustrati da memoria, cui resiste il ricorrente con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
– In via preliminare, i controricorrenti eccepiscono che il ricorso principale è inammissibile, poiché è stato proposto nei confronti della società estinta e non nei confronti dei soci, divenuti legittimati processuali ex art. 110 c.p.c. dopo la cancellazione della società dal registro delle imprese.
L’eccezione è infondata .
Infatti, ove l’estinzione della società si verifichi nel corso del giudizio (in questo caso: di appello), prima che la causa sia trattenuta per la decisione e senza che l’ evento interruttivo sia stato dichiarato o notificato dal difensore della società, in forza dell’ultrattività del mandato, questi continua a rappresentare la parte come se l’evento non si fosse verificato, sicché le notifiche relative al grado successivo del giudizio (in questo caso la notifica del ricorso in cassazione) nei confronti della (pur estinta) persona giuridica ed eseguite presso il difensore costituito nel grado precedente, risultano effettuate validamente (cfr., tra le meno
remote, Cass. 19103/2022). Così è accaduto nel caso di specie, senza tacere che i controricorrenti non hanno dedotto la presenza di altri ex soci rispetto a loro.
2. – Il primo motivo denuncia violazione degli artt. 112 e 183 co. 5 c.p.c., per avere la Corte di appello riqualificato come eccezione di merito la chiamata in causa per manleva proposta dall’appaltatore nei confronti del direttore dei lavori, attribuendole quindi rilevanza ai sensi dell’art. 183 co. 5 c.p.c., in assenza di tempestiva formulazione e al di fuori dell’udienza di prima comparizione. Si denuncia che la Corte abbia attribuito rilievo decisivo a un’eccezione non proposta dalla parte e abbia quindi violato il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Si censura altresì l’accoglimento della domanda di manleva in assenza di allegazione di una causa petendi e con motivazione generica che non indaga se il direttore dei lavori abbia agito con colpa, né se sussista un’obbligazione solidale o altra fonte di obbligo verso l’appaltatore.
Il primo motivo è rigettato.
La Corte di appello ha qualificato come eccezione di merito l’iniziativa processuale dell’appaltatrice attrice volta a far valere la corresponsabilità del committente convenuto, nella sua qualità di progettista e direttore dei lavori, in relazione ai danni oggetto della domanda riconvenzionale di risarcimento da lui proposta.
Tale qualificazione è corretta e non esorbita dai poteri del giudice poiché l’attrice ha in realtà attribuito rilevanza ad un fatto modificativo (la corresponsabilità del convenuto in relazione ai danni da lui lamentati). Si tratta quindi di un’ eccezione di merito tempestivamente sollevata ai sensi dell’art. 183 co. 5 c.p.c., poiché conseguente ad una domanda riconvenzionale del convenuto. La Corte ha inoltre confermato -con motivazione che si sottrae a censure in sede di legittimità – la riduzione del risarcimento riconosciuto in primo grado in misura pari al 50% dei costi
rimediali, sul presupposto della concorrente responsabilità del direttore dei lavori, ritenendo che egli non abbia esercitato con diligenza la funzione di vigilanza sulle difformità esecutive evidenti, quali lo sbancamento non previsto, la realizzazione di opere in posizioni eccentriche rispetto ai progetti e la mancata opposizione a difformità rilevanti.
3. – Il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 2236 e 1292 c.c., per avere la Corte di appello ritenuto la corresponsabilità del direttore dei lavori in assenza di elementi che provino l’esistenza di obbligazioni solidali tra questi e l’appaltatore o che ne giustifichino la responsabilità a titolo di colpa, in difetto di deduzione di problemi tecnici di speciale difficoltà. Si afferma che l’obbligazione solidale presuppone la comunanza dell’interesse creditorio o una fonte convenzionale o legale e che, nella specie, non è stata allegata. Si assume altresì che la responsabilità del progettista è limitata, ai sensi dell’art. 2236 c.c., ai casi di dolo o colpa grave e che, nella specie, non si è accertata alcuna condotta in tal senso. Viene inoltre contestata la motivazione che riconosce corresponsabilità del direttore dei lavori per vizi del calcestruzzo e difformità esecutive, trattandosi di mere presunzioni.
Il secondo motivo è rigettato.
La Corte di appello ha -con motivazione irreprensibile in sede di legittimità, cui il ricorrente contrappone il proprio diverso apprezzamento ritenuto fondata l’eccezione di corresponsabilità del direttore dei lavori, osservando che la funzione da lui rivestita comportava un obbligo di vigilanza sul corretto svolgimento delle opere. Ha indicato che il direttore dei lavori avrebbe dovuto avvedersi delle gravi difformità esecutive e impedire che si realizzassero opere abusive o irregolari, stante la loro evidente deviazione dai progetti approvati. Ha affermato che tali circostanze giustificano la responsabilità concorrente del direttore dei lavori e ne ha quantificato le conseguenze economiche nella misura del
50% dei costi rimediali. La Corte non ha applicato l’art. 2236 c.c. in quanto non ricorrevano problemi tecnici di speciale difficoltà, e ha ritenuto che la responsabilità sorgesse da violazioni della diligenza professionale ordinaria. Pacifica è, infine, nella giurisprudenza di questa Corte, la responsabilità solidale ex art. 1292 c.c. tra appaltatore e direttore dei lavori (tra le meno remote, cfr. Cass. 23470/2023)
4. -L’unico motivo del ricorso incidentale denuncia violazione degli artt. 97, 99, 100, 331, 346 e 348 c.p.c., per avere la Corte di appello omesso di disporre l’integrazione del contraddittorio nei confronti di NOME COGNOME nella sua veste di progettista e direttore dei lavori, il quale aveva proposto appello solo nella sua veste di committente. Si deduce che, in assenza di impugnazione sul punto, la sentenza di primo grado era divenuta definitiva e che l’integrazione del contraddittorio era necessaria, trattandosi di cause inscindibili ex art. 331 c.p.c. La Corte avrebbe dovuto rilevare d’ufficio l’inammissibilità dell’appello per difetto di impugnazione del capo relativo alla responsabilità nella qualità di direttore dei lavori, con conseguente passaggio in giudicato.
Il ricorso incidentale è rigettato.
Non è leso il contraddittorio per il fatto che NOME COGNOME non abbia specificato nell’atto di appello ogni sua qualità rilevante in causa. Sufficiente è che egli sia parte in appello. Né si è formato il giudicato interno nel senso auspicato dai ricorrenti incidentali, poiché COGNOME ha censurato con tale atto anche il capo della sentenza con cui il Tribunale si è pronunciato sulla sua corresponsabilità risarcitoria. Pertanto, la motivazione adottata sul punto dalla Corte di appello va esente da censure in sede di legittimità.
-La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale e compensa tra le parti le spese del presente giudizio.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di ciascuna delle due parti ricorrenti, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale; compensa le spese.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera di ciascuna delle due parti ricorrenti, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 27/05/2025.