Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 17359 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Civile Ord. Sez. 3 Num. 17359 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/06/2025
composta dai signori magistrati:
dott. NOME COGNOME
Presidente
dott. NOME COGNOME
Consigliere
dott. NOME COGNOME
Consigliere
dott. NOME COGNOME
Consigliere relatore
dott. NOME COGNOME
Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 23851 del ruolo generale dell’anno 2022, proposto da
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE, in proprio e in qualità di socio amministratore dello ‘STUDIO ASSOCIATO COGNOME ARCH. NOME E COGNOMERAGIONE_SOCIALE COGNOME (C.F.: NUMERO_DOCUMENTO) rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
nei confronti di
COGNOME NOME (C.F. STZ LNU 83C69 D284C) COGNOME NOME (C.F.: STZ LSS 81A07 D284C) COGNOME NOME (C.F.: FRN MRA 59E67 D473U)
-intimati- per la cassazione della sentenza della Corte d’a ppello di Brescia n. 483/2022, pubblicata in data 13 aprile 2022; udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del
24 aprile 2025 dal consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno agito in giudizio nei confronti della RAGIONE_SOCIALE (società cancellata da registro delle imprese nelle more del giudizio di
Oggetto:
RESPONSABILITÀ CIVILE RESPONSABILITÀ PROFESSIONALE
Ad. 24/04/2025 C.C.
R.G. n. 23851/2022
Rep.
primo grado, proseguito dai soci e dal liquidatore, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, e nei confronti degli stessi), per ottenere il risarcimento dei danni subiti in conseguenza della imperfetta esecuzione, da parte dell’impresa convenuta, delle opere di scavo per realizzare le fondamenta di un edificio, che aveva causato delle fessurazioni su quello adiacente, di loro proprietà, nonché in conseguenza della realizzazione di un tetto del nuovo edificio sporgente sulla loro proprietà.
La società convenuta ha chiamato in giudizio la propria assicuratrice, UnipolSai Assicurazioni S.p.A., per essere garantita in caso di soccombenza, nonché la società committente delle opere (RAGIONE_SOCIALE), lo studio progettista delle stesse (Studio Associato COGNOME di COGNOME geom. NOME COGNOME geom. NOME) e il direttore dei lavori (NOME COGNOME), quali responsabili dei pretesi danni.
Il Tribunale di Brescia ha rigettato la domanda nei confronti del liquidatore e dei soci della RAGIONE_SOCIALE, nonché nei confronti dello Studio Associato COGNOME–COGNOME , mentre l’ha accolta nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e di NOME COGNOME, peraltro limitatamente al solo profilo risarcitorio relativo ai danni conseguiti alla realizzazione di una gronda aggettante sulla proprietà degli attori.
La Corte d’a ppello di Brescia, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha accolto la domanda anche in relazione all’altro profilo (danni per le fessurazioni all’edificio degli attori), nei confronti dello Studio Associato COGNOME–COGNOME e di NOME COGNOME.
Ricorre NOME COGNOME in proprio e quale socio amministratore delle Studio RAGIONE_SOCIALE COGNOMERAGIONE_SOCIALECOGNOME, sulla base di quattro motivi.
Non hanno svolto attività difensiva in questa sede gli intimati.
È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis .1 c.p.c..
Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis .1 c.p.c..
Ragioni della decisione
1. La società in origine convenuta in primo grado ha chiamato in giudizio la propria assicuratrice, UnipolSai Assicurazioni S.p.A., per essere garantita in caso di soccombenza, mentre ha chiamato in giudizio la società committente delle opere (RAGIONE_SOCIALE), lo studio progettista delle stesse (Studio Associato COGNOME di COGNOME geom. NOME COGNOME geom. NOME) e il direttore dei lavori (NOME COGNOME), quali responsabili dei danni lamentati dagli attori.
Le domande degli attori, in primo grado, sono state rigettate nei confronti dei successori dell’originaria convenuta (appaltatrice) e dello studio progettista; sono state invece accolte, ma solo parzialmente, nei confronti della committente RAGIONE_SOCIALE e del direttore dei lavori NOME COGNOME (limitatamente al solo profilo risarcitorio relativo ai danni conseguiti alla realizzazione di una gronda aggettante).
Come emerge dalla decisione impugnata, gli stessi attori hanno impugnato la decisione di primo grado, riproponendo peraltro le proprie domande esclusivamente nei confronti dello Studio Associato COGNOMECOGNOME, quale progettista, e di NOME COGNOME quale direttore dei lavori (evocando in giudizio « tutti coloro che avevano partecipato al primo giudizio, per esigenze di integrità del contraddittorio »).
Le uniche domande riproposte in secondo grado, nei confronti dello Studio Associato COGNOMECOGNOME e di NOME COGNOME sono state, quindi, esaminate dalla C orte d’appello che, in parziale riforma della decisione di primo grado, le ha accolte.
Contro la decisione di secondo grado, lo Studio Associato COGNOMECOGNOME ed NOME COGNOME hanno proposto il presente
ricorso per cassazione, evocando nel giudizio di legittimità esclusivamente gli originari attori, che tali uniche domande avevano riproposto nel giudizio di appello, senza censure di alcuna delle altre parti, in proposito.
Non ha, comunque, rilievo la verifica della corretta instaurazione del contraddittorio nella presente fase del giudizio, in quanto il ricorso (per le ragioni che saranno di seguito illustrate) risulta prima facie infondato e va, quindi, applicato il principio costantemente affermato da questa Corte, per cui « nel giudizio di cassazione, il rispetto del principio della ragionevole durata del processo impone, in presenza di un ‘ evidente ragione d ‘ inammissibilità del ricorso o qualora questo sia ‘ prima facie ‘ infondato, di definire con immediatezza il procedimento, senza la preventiva integrazione del contraddittorio nei confronti dei litisconsorti necessari cui il ricorso non risulti notificato, trattandosi di un ‘ attività processuale del tutto ininfluente sull ‘ esito del giudizio e non essendovi, in concreto, esigenze di tutela del contraddittorio, delle garanzie di difesa e del diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità » (cfr. Cass., Sez. U, Ordinanza n. 6826 del 22/03/2010, Rv. 612077 -01, e successive conformi; ex multis : Cass., Sez. 3, Sentenza n. 690 del 18/01/2012, Rv. 620539 -01; Sez. 3, Sentenza n. 15106 del 17/06/2013, Rv. 626969 -01; Sez. 2, Ordinanza n. 12515 del 21/05/2018, Rv. 648755 -01; Sez. 2, Sentenza n. 11287 del 10/05/2018, Rv. 648501 -01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 16141 del 17/06/2019, Rv. 654313 -01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 8980 del 15/05/2020, Rv. 657883 -01).
Con il primo motivo del ricorso si denunzia « Violazione o falsa applicazione di norme di diritto, in particolare dell’art. 1176, 1218, 2229, 2230, 1662 c.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cpc, per non avere la Corte di Appello di Brescia correttamente applicato il principio per cui la responsabilità del direttore dei lavori non si estende alla vigilanza
dell ‘ esecuzione di opere che non siano complesse, egli essendo un rappresentate del committente con funzioni di mera sorveglianza sulla realizzazione dell’opera oggetto del contratto (in applicazione a quanto disposto dall’art. 1662 cod. civ.) e non ha il poter e di dare ordini o disposizioni all’appaltatore, proprio perché questi, e non il committente di cui il direttore dei lavori è rappresentante, è naturalmente il primo ed unico responsabile della realizzazione dell’opera ».
Il motivo, relativo alla sola responsabilità del direttore dei lavori, è infondato.
La C orte d’appello ha accertato in fatto, sulla base delle risultanze delle consulenze tecniche di ufficio fatte svolgere sia in primo che in secondo grado, che « i gravi danni strutturali, ai finimenti e agli accessori arrecati ai fabbricati di proprietà degli appellanti sono stati causati dalla creazione, nel fabbricato confinante, di un piano interrato, mediante sottomurazione in aderenza alla parete dell’edificio dei signori COGNOME », che « il progettista avrebbe dovuto o condividere la scelta del geologo -che aveva dato indicazioni nella relazione geologica-geotecnica allegata alla pratica edilizia -che prevedeva la metodologia dello scavo a conci, mediante la progettazione sia della ‘ sequenza a conci dello scavo con disegni esecutivi dei vari tratti della muratura o in cemento armato di controspinta o di sottofondazione ‘ oppure, in alternativa, non condividere la scelta del geologo e progettare una ‘ berlinese di pal i’ che avrebbe scongiurato il cedimento verificatosi » e che il direttore dei lavori « avrebbe dovuto esercitare il controllo sulle opere per l ‘ attuazione del progetto -che nella specie mancava -ed, eventualmente, modificare le opere strutturali da eseguire ». Ha ritenuto, quindi, responsabili del danno, in solido, sia lo Studio Associato COGNOME di COGNOME geom. NOME e COGNOME geom. NOME, quale progettista, sia il direttore dei lavori, NOME
COGNOME
La decisione, per quanto riguarda la posizione del direttore dei lavori (oggetto del motivo di ricorso in esame), risulta conforme ai principi di diritto ormai consolidati enunciati in materia da questa Corte, secondo i quali « in tema di responsabilità conseguente a vizi o difformità dell’opera appaltata, il direttore dei lavori per conto del committente presta un’opera professionale in esecuzione di un’obbligazione di mezzi e non di risultati ma, essendo chiamato a svolgere la propria attività in situazioni involgenti l’impiego di peculiari competenze tecniche, deve utilizzare le proprie risorse intellettive ed operative per assicurare, relativamente all’opera in corso di realizzazione, il risultato che il committente -preponente si aspetta di conseguire, onde il suo comportamento deve essere valutato non con riferimento al normale concetto di diligenza, ma alla stregua della ‘diligentia quam in concreto’; rientrano pertanto nelle obbligazioni del direttore dei lavori l’accertamento della conformità sia del la progressiva realizzazione dell’opera al progetto, sia delle modalità dell’esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole della tecnica, nonché l’adozione di tutti i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell’opera senza dif etti costruttivi; pertanto, non si sottrae a responsabilità il professionista che ometta di vigilare e di impartire le opportune disposizioni al riguardo, nonché di controllarne l’ottemperanza da parte dell’appaltatore ed, in difetto, di riferirne al commi ttente » (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 15255 del 20/07/2005, Rv. 582747 -01; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 4366 del 27/02/2006, Rv. 587542 -01, in cui si specifica altresì che « l’attività del direttore dei lavori per conto del committente si concreta nell’alta sorveglianza delle opere, che, pur non richiedendo la presenza continua e giornaliera sul cantiere né il compimento di operazioni di natura elementare, comporta il controllo della realizzazione dell’opera nelle su e varie fasi e pertanto l’obbligo del professionista di verificare, attraverso periodiche visite e contatti
diretti con gli organi tecnici dell’impresa, da attuarsi in relazione a ciascuna di tali fasi, se sono state osservate le regole dell’arte e la corrispondenza dei materiali impiegati », in un caso relativo ad infiltrazioni d’acqua risalenti per capillarità dal sottosuolo, che ha condotto alla conferma della sentenza di merito con la quale era stata riconosciuta la responsabilità del professionista, essendo risultato che il fenomeno derivava da cattiva qualità dei materiali e omessa posa in opera di prodotti impermeabilizzanti, nonostante le previsioni contrattuali; conf.: Sez. 2, Sentenza n. 16361 del 24/07/2007; Sez. 2, Sentenza n. 10728 del 24/04/2008, Rv. 603056 -01; Sez. 2, Sentenza n. 8700 del 3/05/2016, Rv. 639746 -01, in cui si precisa che « il principio dell’esclusione di responsabilità per danni in caso di soggetto ridotto a mero esecutore di ordini, quale ‘nudus minister’, non si applica al direttore dei lavori, per le sue peculiari capacità tecniche »; Sez. 2, Ordinanza n. 2913 del 7/02/2020, Rv. 657092 -01; da ultimo, cfr., altresì, Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 9572 del 9/04/2024, Rv. 670708 -01, in cui si ribadisce che « tra le obbligazioni del direttore dei lavori rientrano l ‘ accertamento della conformità della progressiva realizzazione dell ‘ opera al progetto e delle modalità della sua esecuzione al capitolato e/o alle regole della tecnica, nonché l ‘ adozione di tutti i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell ‘ opera senza difetti costruttivi; pertanto, non si sottrae alla responsabilità conseguente a vizi o difformità dell ‘ opera appaltata, il professionista che omette di impartire direttive tecniche relative alle modalità di realizzazione delle opere, salvo che si tratti di operazioni elementari e marginali e di aspetti meramente operativi dell ‘ esecuzione delle stesse »; in senso conforme: Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 27045 del 18/10/2024, Rv. 672807 – 01).
D ‘altra parte , dagli accertamenti tecnici fatti svolgere dai giudici di merito, emerge (ed è, comunque, di intuitiva evidenza), che
l’individuazione e la corretta esecuzione delle opere necessarie, nella specie, a proteggere dagli eventuali cedimenti del terreno gli edifici adiacenti allo scavo non era certamente una operazione elementare, indefettibilmente connaturata alle regole dell’arte, ma era oggetto di una opzione alternativa di tecnica realizzativa di una certa complessità che implica, in generale -e, in particolare, implicava nel caso di specie -una scelta di natura tecnico-professionale, da operarsi in base alle caratteristiche degli edifici interessati, alle caratteristiche (anche geologiche) del terreno ed a tutte le circostanze di fatto esistenti nel caso concreto, e della quale, in ogni caso, andava altresì verificata l’adeguata e corretta realizzazione . Tale scelta, così come la verifica della idoneità e della corretta esecuzione di quella eventualmente adottata dall’appaltatrice, anche sulla base delle indicazioni di progetto, certamente rientrava nella competenza del direttore dei lavori e costituiva oggetto della sua obbligazione professionale, che consiste, tra l’altro, nel disporre l’adozione di tutti i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell’opera senza difetti costruttivi e senza danni per i terzi.
In definitiva, non può dubitarsi che fosse compito del direttore dei lavori impartire le direttive tecniche necessarie a garantire una adeguata protezione dell’edificio adiacente allo scavo dai cedimenti del terreno, in considerazione delle peculiarità della situazione dei luoghi e delle circostanze di fatto esistenti (e, deve aggiungersi, di verificare successivamente che tali direttive fossero correttamente applicate), eventualmente correggendo diverse indicazioni della stessa società committente, anche se derivanti da lacune progettuali, in proposito.
Inoltre, in caso di mancata conformazione a tali direttive da parte dell’impresa esecutrice dei lavori, era comunque onere del direttore dei lavori farlo rilevare espressamente e, finanche, disporre, in mancanza, la tempestiva sospensione dei lavori
stessi , l’esecuzione di tutte le opere integrative necessarie a garantire comunque la corretta realizzazione degli stessi, ovvero rifiutarsi di proseguire nel proprio incarico (cfr. in tal senso, in motivazione: Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 9572 del 9/04/2024, Rv. 670708 – 01).
Con il secondo motivo si denunzia « Violazione o falsa applicazione di norme di diritto, in particolare dell’art. 115 c.p.c. art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. per avere la Corte d’Appello di Brescia disapplicato il principio generale dell’onere della prov a rispetto alle ragioni della pretesa, sia in relazione alla mancata prova (ed anzi, nella emergenza di una prova contraria) del nesso causativo tra una qualche condotta degli appellati e l’evento dannoso verificatosi, sia in ordine alla mancanza della necessaria prova specifica di una concreta ingerenza del Direttore Lavori nelle scelte operative, prova non raggiunta nel caso in esame. Il direttore dei lavori ha allegato e dimostrato di aver suggerito all’impresa modalità operative diverse da quelle da essa adottate nella realizzazione degli scavi ma tale allegazione, accompagnata dalla precisazione di aver effettuato un mero suggerimento non dovuto, non costituisce certo ammissione di un potere decisionale. Si è documentato che i progettisti delle strutture (soggetti diversi da quelli in giudizio) avevano indicato modalità operative diverse da quelle utilizzate dalla impresa. Peraltro, la stessa impresa convenuta mai ha allegato che la scelta di operare lo scavo a settori, piuttosto che con il metodo dei pali alla berlinese, sarebbe stata imposta dal direttore dei lavori e ciò senza considerare che anche la realizzazione di opere di scavo a settori sarebbe stata idonea se correttamente realizzata (come precisato dal CTU) ».
Il motivo è inammissibile.
3.1 Si premette che le censure di violazione degli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c. non risultano effettuate con la necessaria
specificità, in conformità ai canoni a tal fine individuati dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass., Sez. U, Sentenza n. 16598 del 5/08/2016, Rv. 640829 -01; Sez. 3, Sentenza n. 11892 del 10/06/2016, Rv. 640192 -01, 640193 -01 e 640194 -01; Sez. U, Sentenza n. 1785 del 24/01/2018, Rv. 647010 -01, non massimata sul punto; da ultimo: Sez. U, Sentenza n. 20867 del 30/09/2020, Rv. 659037 -02).
3.2 Va, poi, osservato che la circostanza allegata dal ricorrente COGNOME secondo la quale egli, in qualità di direttore dei lavori, aveva fornito un ‘suggerimento’ tecnico per una soluzione operativa di esecuzione dello scavo diversa da quella posta in essere dall’appaltatrice, sulla base delle indicazioni di progetto , non risulta adeguatamente provata e costituisce allegazione non sostenuta da un preciso e puntuale richiamo al contenuto degli atti difensivi in cui la relativa questione era stata eventualmente effettivamente posta nel giudizio di merito, in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c. .
In ogni caso, la predetta circostanza non sarebbe sufficiente ad escludere la sua responsabilità, sulla base di quanto osservato in relazione al primo motivo del ricorso, con riguardo al contenuto delle sue obbligazioni professionali.
Del resto, deve tenersi anche conto, in proposito, del fatto che, per quanto emerge dagli atti (e dalle stesse affermazioni del ricorrente), la soluzione tecnica di fatto adottata ai fini della realizzazione dello scavo avrebbe potuto comunque essere adeguata sul piano tecnico, se correttamente eseguita; e il compito di vigilare su tale corretta esecuzione spettava certamente al direttore dei lavori, così come spettava al l’associazione professionale progettista di indicarne in modo puntuale le modalità di realizzazione.
3.3 Della questione relativa alla progettazione delle opere strutturali da parte di diversi tecnici, estranei al presente giudizio, non si chiarisce adeguatamente, nel ricorso, con il
richiamo al puntuale contenuto degli atti difensivi, la fase processuale e gli esatti termini in cui essa era stata effettivamente posta nel corso giudizio di merito (con l’indicazione delle eventuali decisioni assunte in proposito dal giudice di primo grado e il richiamo dell’esatto contenuto delle conseguenti eventuali contestazioni formulate in appello, con riguardo a tali decisioni) , in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c..
3.4 Per ogni altro aspetto, le censure formulate con il motivo di ricorso in esame si risolvono, infine, nella contestazione di accertamenti di fatto operati dalla C orte d’appello sulla base della valutazione degli elementi istruttori disponibili e sostenuti da adeguata motivazione, non meramente apparente, né insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tale non sindacabile nella presente sede, nonché nella richiesta di una nuova e diversa valutazione delle prove, il che non è consentito nel giudizio di legittimità.
4. Con il terzo motivo si denunzia « Violazione o falsa applicazione di norme di diritto, in particolare della L. 23.11.39 n. 1815, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. per avere la Corte d’Appello di Brescia pronunciato condanna contro lo ‘RAGIONE_SOCIALE COGNOME‘ (in solido con l’arch. NOME COGNOME) così disapplicando il principio legale stabilito dalla Legge professionale 23.11.39 n. 1815 secondo cui non sussiste alcun vincolo di solidarietà dello ‘Studio Associato’ rispetto alla responsabilità professionale del singolo associato, per gli incarichi assunti a titolo personale. Ciò esclude qualsiasi relazione tra lo ‘Studio RAGIONE_SOCIALE COGNOME‘, chiamato in causa dalla impresa COGNOME, successivamente appellato e qui ricorrente, rispetto alle prestazioni fornite individualmente dal geom. NOME COGNOME nonché, a maggior ragione, dal progettista ‘tecnico’ delle opere strutturali ing. NOME COGNOME estraneo al giudizio ed estraneo allo ‘Studio Associato COGNOME‘, soggetti ai quali era affidata la Direzione dei lavori strutturali. ».
Con il quarto motivo si denunzia « Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. per avere la Corte d’Appello di Brescia omesso di considerare il fatto, dirimente ed affrontato dalle parti, della assoluta estraneità sia del geom. COGNOME che dello Studio Associato COGNOME alla progettazione (affidata al geom. NOME COGNOME ed all’ing. NOME COGNOME) sia alla direzione dei lavori (affidata al geom. NOME COGNOME) delle opere strutturali, quelle dal cui cedimento sono derivati i lamentati danni al fabbricato COGNOME ». Il terzo ed il quarto motivo hanno ad oggetto censure analoghe, logicamente e giuridicamente connesse tra loro che, come tali, possono essere esaminate congiuntamente.
Essi sono entrambi inammissibili.
Le questioni poste con tali motivi di ricorso, che richiedono tutte, evidentemente, anche accertamenti di fatto, non sono infatti espressamente affrontate nella decisione impugnata e il ricorrente, in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., non indica con precisione la fase processuale e gli esatti termini in cui esse erano state eventualmente poste nel corso del giudizio di merito, né richiama in modo adeguato e puntuale il contenuto degli atti difensivi del giudizio di merito con i quali ciò sarebbe avvenuto , con l’indicazione delle eventuali decisioni assunte in proposito dal giudice di primo grado e il richiamo dell’esatto contenuto delle conseguenti eventuali contestazioni formulate in appello, con riguardo a tali decisioni.
Le censure, quindi, prospettano questioni da ritenersi nuove, che implicano sia la necessità di accertamenti di fatto che valutazioni di diritto, e che, come tali, non possono essere prese in esame per la prima volta nel giudizio di legittimità.
5. Il ricorso è rigettato.
Nulla è a dirsi in ordine alle spese del giudizio, non avendo gli intimati svolto attività difensiva.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
Per questi motivi
La Corte:
-rigetta il ricorso;
-dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, comma 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, per il versamento al competente ufficio di merito, da parte del ricorrente, in proprio e nella qualità, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Ci-