Responsabilità Direttore Generale: Quando Finisce il Dovere di Vigilanza?
L’ordinanza in esame affronta un caso emblematico sui confini della responsabilità direttore generale di un istituto bancario, sollevando questioni cruciali sulla distinzione tra i suoi doveri e quelli degli amministratori, nonché sulla natura delle sanzioni irrogate dalle autorità di vigilanza. Sebbene il giudizio si sia concluso con una declaratoria di estinzione, i motivi del ricorso offrono spunti di riflessione fondamentali per chi opera nel settore finanziario e societario.
I Fatti di Causa: Dalla Sanzione al Ricorso in Cassazione
Un ex direttore generale di una nota banca d’investimento veniva sanzionato dall’Autorità di Vigilanza sui mercati finanziari con una multa di 45.000 euro. Le violazioni contestate riguardavano diverse carenze gestionali, tra cui la consulenza, la profilatura della clientela e la concessione di finanziamenti legati all’acquisto di azioni della società capogruppo.
Il dirigente impugnava il provvedimento sanzionatorio dinanzi alla Corte d’Appello territoriale, lamentando errori procedurali e di merito, ma il suo appello veniva respinto. Di conseguenza, proponeva ricorso per cassazione, basandolo su due motivi principali volti a contestare l’estensione della sua responsabilità e la qualificazione della sanzione subita.
I Motivi del Ricorso e la Responsabilità del Direttore Generale
Il cuore della controversia risiedeva nei due motivi di ricorso presentati alla Suprema Corte.
Il primo motivo denunciava una violazione degli articoli 2381 e 2396 del codice civile. Il ricorrente sosteneva che la Corte d’Appello avesse erroneamente esteso a lui, in qualità di direttore generale, gli obblighi di supervisione e controllo che la legge riserva esclusivamente agli amministratori. Secondo la sua tesi, la responsabilità direttore generale è circoscritta ai poteri delegati e non può essere assimilata a quella, più ampia e generale, del consiglio di amministrazione, soprattutto in assenza di poteri e obblighi tipici di quest’ultimo. In pratica, gli venivano addebitate carenze organizzative che, a suo dire, esulavano dalle sue competenze dirette.
Il secondo motivo, invece, toccava un tema di grande attualità: la natura delle sanzioni amministrative. Il ricorrente lamentava la violazione dell’art. 190 del Testo Unico della Finanza e dell’art. 49 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE. Sosteneva che la sanzione irrogata avesse una natura sostanzialmente penale e che, pertanto, dovessero essergli riconosciute le garanzie previste dagli articoli 6 e 7 della CEDU, tra cui l’applicazione del principio della lex mitior (la legge più favorevole). L’accoglimento di questa tesi avrebbe potuto portare a una riduzione o addirittura a un annullamento della sanzione.
Le Motivazioni della Decisione: L’Estinzione del Giudizio
La Corte di Cassazione non è entrata nel merito delle questioni sollevate. La decisione si è fermata a un livello puramente processuale. La Corte ha infatti dichiarato l’estinzione del ricorso.
La ragione di tale esito risiede nella rinuncia al ricorso presentata dal dirigente in una data precedente alla camera di consiglio, rinuncia alla quale l’Autorità di Vigilanza ha formalmente aderito. Ai sensi dell’articolo 391 del codice di procedura civile, la rinuncia accettata dalla controparte determina l’estinzione del processo. Di conseguenza, la Corte non ha avuto modo di esprimersi sui delicati temi della responsabilità direttore generale e della natura delle sanzioni. La pronuncia chiarisce inoltre che, in caso di estinzione, non vi è condanna alle spese e non si applica la norma che prevede il pagamento di un ulteriore importo pari al contributo unificato.
Conclusioni: Un’Occasione Mancata per Chiarire Ruoli e Sanzioni
L’ordinanza, pur non decidendo nel merito, evidenzia la rilevanza di due temi centrali nel diritto societario e finanziario. La rinuncia al ricorso ha impedito alla Cassazione di fornire un chiarimento giurisprudenziale atteso sui confini precisi della responsabilità direttore generale rispetto a quella degli amministratori, un tema che ha importanti implicazioni pratiche nella governance aziendale. Allo stesso modo, è sfumata l’opportunità di un’ulteriore pronuncia sulla qualificazione ‘penale’ delle sanzioni amministrative e sulle garanzie difensive che ne conseguono. Il caso rimane, tuttavia, un monito sull’importanza di una chiara definizione di ruoli e competenze ai vertici aziendali per prevenire contestazioni e pesanti sanzioni.
Un direttore generale ha gli stessi obblighi di supervisione di un amministratore?
Secondo la tesi del ricorrente, no. Egli sosteneva che la sua responsabilità fosse limitata ai poteri delegati, a differenza degli obblighi generali di vigilanza previsti dall’art. 2381 c.c. per gli amministratori. La Corte di Cassazione, tuttavia, non si è pronunciata su questo punto, avendo dichiarato estinto il processo per rinuncia.
Le sanzioni amministrative dell’Autorità di Vigilanza possono essere considerate di natura penale?
Il ricorrente lo ha sostenuto per poter beneficiare di maggiori garanzie, come l’applicazione del principio della ‘lex mitior’. La Corte d’Appello aveva respinto questa interpretazione. La Cassazione non ha potuto fornire una risposta definitiva alla questione a causa dell’estinzione del giudizio.
Cosa succede se si rinuncia a un ricorso in Cassazione e la controparte accetta?
Il processo si estingue, come previsto dall’art. 391 del codice di procedura civile. La Corte non decide nel merito della controversia né sulle spese di lite. Inoltre, la parte che ha rinunciato non è tenuta a versare l’ulteriore importo pari al contributo unificato, previsto invece in caso di rigetto o inammissibilità del ricorso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15626 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15626 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17036/2020 R.G. proposto da: COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE), COGNOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO C/O RAGIONE_SOCIALE, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO TORINO n. 1679/2019 depositata il 17/10/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, ex direttore generale della Banca Intermobiliare di Investimenti e Gestioni S.p.A., destinatario di sanzioni pecuniarie da parte della Consob per violazioni del d.lgs. n. 58/1998. Le violazioni contestate includono carenze nella gestione del servizio di consulenza, nella profilatura dei clienti, nella mappatura dei prodotti finanziari e nella concessione di finanziamenti collegati all’acquisto di azioni della capogruppo. La Consob ha irrogato una sanzione complessiva di € 45.000 in base al cumulo giuridico. COGNOME ha impugnato il provvedimento Consob davanti alla Corte di appello di Torino, argomentando diversi errores in procedendo e iudicando , tra cui la violazione del termine di durata del procedimento sanzionatorio, la mancata separazione tra funzioni istruttorie e decisorie, e l’erronea valutazione degli illeciti. La Corte di appello ha rigettato l’opposizione, confermando la legittimità delle sanzioni applicate.
Ricorre in cassazione COGNOME con due motivi. Resiste Consob con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2381 e 2396 c.c., sostenendo che la Corte d’Appello di Torino ha erroneamente esteso al direttore generale, NOME COGNOME, obblighi di supervisione e controllo previsti esclusivamente per gli amministratori. La responsabilità del direttore generale è stata indebitamente assimilata a quella degli amministratori, anche in assenza di poteri e obblighi tipici di questi ultimi, come definiti dall’art. 2381 c.c. La sentenza impugnata ha quindi attribuito al ricorrente responsabilità per carenze organizzative e operative della banca, che non rientravano tra le sue competenze.
Il secondo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 190 del TUF e dell’art. 49 della Carta dei Diritti Fondamentali
dell’Unione Europea. Si sostiene che la Corte d’Appello abbia erroneamente escluso la natura penale sostanziale della sanzione amministrativa irrogata al ricorrente, impedendo così l’applicazione delle garanzie previste dagli artt. 6 e 7 della CEDU, inclus a l’applicazione del principio della lex mitior . La corretta applicazione del principio avrebbe determinato una riduzione della sanzione o la sua disapplicazione.
Il 5/12/24 il ricorrente ha rinunciato al ricorso. Il 13/12/2024 la Consob ha aderito alla rinuncia.
Ne segue l’estinzione del processo di cassazione per rinuncia al ricorso (art. 391, co. 1 c.p.c.), senza l’adozione di alcun provvedimento sulle spese, poiché l’adesione alla rinuncia preclude a questa Corte la statuizione sulle spese di lite. Inoltre, la declaratoria di estinzione del giudizio esclude l’applicabilità dell’art. 13, co. 1 quater d.p.r. 115/2002, relativo all’obbligo della parte impugnante non vittoriosa di versare una somma pari al contributo unificato già versato all’atto della proposizione dell’impugnazione (cfr. Cass n. 25485/2018).
P.Q.M.
La Corte dichiara l’estinzione del ricorso .
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione