LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Responsabilità direttore generale: chi giudica?

Una società consortile ha intentato un’azione di responsabilità contro il proprio direttore generale. Il Tribunale adito si è dichiarato incompetente, indicando la competenza del Giudice del Lavoro. La Corte di Cassazione, con ordinanza, ha annullato tale decisione, stabilendo che la competenza spetta al Tribunale delle Imprese. La Corte ha chiarito che, ai fini della giurisdizione, è dirimente la natura della contestazione: se le inadempienze riguardano poteri gestori autonomi delegati dall’organo amministrativo, come nel caso di specie, la responsabilità del direttore generale rientra nell’ambito del diritto societario e non del diritto del lavoro, anche in presenza di un contratto di lavoro subordinato.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Responsabilità direttore generale: Tribunale delle Imprese o Giudice del Lavoro?

La responsabilità del direttore generale è una questione complessa che si colloca al confine tra diritto societario e diritto del lavoro. Quando questa figura, legata all’azienda da un contratto di lavoro subordinato, riceve anche ampie deleghe gestorie, quale giudice è competente a valutare le sue eventuali inadempienze? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24888/2024, fornisce un chiarimento fondamentale, ancorando la competenza alla natura sostanziale delle funzioni esercitate e delle contestazioni mosse.

I Fatti di Causa

Una società consortile agricola citava in giudizio il proprio ex direttore generale, chiedendo un risarcimento danni superiore a 17 milioni di euro per una serie di inadempimenti. L’azione di responsabilità, basata sugli articoli 2396 e 2476 del codice civile, veniva promossa dinanzi alla Sezione Specializzata in materia di Imprese.

Il direttore generale convenuto eccepiva in via preliminare l’incompetenza del tribunale adito, sostenendo che la controversia dovesse essere decisa dal Tribunale ordinario in funzione di Giudice del Lavoro, in virtù del rapporto di lavoro subordinato intercorrente con la società. Il Tribunale di primo grado accoglieva l’eccezione, dichiarando la propria incompetenza e rimettendo la causa al Giudice del Lavoro.

Contro questa decisione, la società proponeva ricorso per regolamento di competenza alla Corte di Cassazione, sostenendo che le contestazioni non riguardavano il rapporto di lavoro, bensì l’inadempimento di specifiche deleghe gestorie conferite dal Consiglio di Amministrazione, che assimilavano la sua posizione a quella di un amministratore.

La questione della competenza sulla responsabilità del direttore generale

Il fulcro della questione giuridica risiede nel determinare se la responsabilità del direttore generale debba essere inquadrata nell’ambito del rapporto di lavoro o in quello del rapporto societario. L’articolo 2396 c.c. estende la disciplina della responsabilità degli amministratori anche ai direttori generali, ma solo in relazione ai compiti loro affidati tramite nomina formale o disposizione statutaria. La norma fa salve, in ogni caso, le azioni esercitabili in base al rapporto di lavoro.

La decisione sulla competenza, quindi, non può basarsi sulla mera qualifica formale del soggetto, ma deve scendere nel merito della causa petendi, ovvero della natura intrinseca delle contestazioni. Occorre distinguere se le condotte illecite siano violazioni dei doveri del prestatore di lavoro subordinato (diligenza, obbedienza) oppure abusi o inadempimenti legati all’esercizio di poteri gestori autonomi, tipici dell’organo amministrativo.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte, nell’accogliere il ricorso, ha ribaltato la decisione di primo grado, affermando la competenza del Tribunale delle Imprese. Il ragionamento dei giudici si è basato su un’analisi approfondita del ‘petitum sostanziale’ della domanda presentata dalla società.

La Corte ha evidenziato che le deleghe conferite al direttore generale nel caso di specie erano ‘specifiche e tipiche del potere gestorio dell’Amministratore’. Esse delineavano un’autonomia decisionale che andava ben oltre i semplici poteri organizzativi interni, includendo la facoltà di compiere operazioni commerciali di importo estremamente significativo. L’esercizio di tali deleghe, ha specificato la Corte, vedeva il direttore prendere decisioni in autonomia, con un mero obbligo informativo verso il CdA solo al superamento di determinati limiti di spesa.

Queste funzioni esulavano dalla normale amministrazione e dal ruolo meramente esecutivo tipico di un dipendente, configurando una vera e propria ‘immedesimazione organica’ con la società. Di conseguenza, le contestazioni mosse dalla società non riguardavano la violazione di obblighi derivanti dal contratto di lavoro, ma l’inadempimento del mandato gestorio ricevuto. Pertanto, l’azione rientra a pieno titolo nell’ambito di applicazione dell’art. 2396 c.c. e, di conseguenza, nella competenza per materia della Sezione Specializzata in materia di Imprese.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione ha cassato l’ordinanza impugnata e ha dichiarato la competenza del Tribunale delle Imprese di L’Aquila, a cui ha rimesso le parti. La decisione stabilisce un principio chiaro: ai fini della giurisdizione sulla responsabilità del direttore generale, non è sufficiente la presenza di un contratto di lavoro per radicare la competenza del Giudice del Lavoro. È necessario analizzare la sostanza delle contestazioni. Se queste attengono a poteri di gestione ampi e autonomi, delegati dagli organi societari, che configurano un rapporto di tipo gestorio e di immedesimazione organica, la competenza spetta al Tribunale delle Imprese, in quanto si verte in materia di responsabilità degli organi sociali.

Quando un’azione di responsabilità contro un direttore generale è di competenza del Tribunale delle Imprese?
L’azione è di competenza del Tribunale delle Imprese quando le condotte contestate non derivano dalla violazione degli obblighi del contratto di lavoro, ma dall’inadempimento o dall’abuso di poteri gestori autonomi che gli sono stati formalmente delegati dal Consiglio di Amministrazione o previsti dallo statuto.

La coesistenza di un contratto di lavoro subordinato esclude la competenza del Tribunale delle Imprese?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che la presenza di un contratto di lavoro non è di per sé decisiva. Ciò che conta è la natura della pretesa azionata (‘causa petendi’): se la domanda si fonda su inadempimenti legati alla funzione gestoria e all’immedesimazione organica con la società, la competenza è del Tribunale delle Imprese, anche se il direttore generale è un lavoratore subordinato.

Cosa deve valutare il giudice per decidere sulla competenza in questi casi?
Il giudice deve esaminare il ‘petitum sostanziale’ della domanda, ossia la natura intrinseca della posizione dedotta in giudizio. Deve verificare se le contestazioni riguardano l’esercizio di funzioni meramente esecutive e subordinate, tipiche del rapporto di lavoro, oppure l’esercizio di un’autonomia decisionale e di poteri gestori propri dell’organo amministrativo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati