Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9014 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9014 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n.r.g. 11323/2024, proposto da
COGNOME, rappresentato e difeso, giusta procura speciale allegata al ricorso, dagli Avvocati NOME COGNOME (EMAIL ed NOME COGNOME (EMAIL, con cui elettivamente domicilia presso i loro suindicati indirizzi di posta elettronica certificata.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE con sede in Milano, alla INDIRIZZO in persona dei procuratori speciali NOME COGNOME e NOME COGNOME rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al controricorso dall’ Avvocato NOME COGNOME presso il cui studio elettivamente domicilia in Roma, INDIRIZZO.
– controricorrente –
NOME DOMENICHINO.
avverso la sentenza, n. 389/2024, della CORTE DI APPELLO di FIRENZE, pubblicata in data 26/02/2024;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio giorno 03/04/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. Con atto ritualmente notificato, NOME COGNOME citò NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE Futuro Banca s.p.a. (poi divenuta Deutsche Bank s.p.a.) innanzi al Tribunale di Pistoia esponendo di aver consegnato al primo, quale promotore finanziario della seconda, a decorrere dall’anno 2014, la somma complessiva di € 403.223,22, che avrebbe dovuto essere investita nel proprio interesse ma che, invece, era stata distratta dal COGNOME. Pertanto, allegando la responsabilità solidale ex art. 2055 cod. civ. del promotore finanziario -per fatto proprio ex artt. 1218 e 1223 cod. civ. -e dell’intermediario finanziario -per fatto proprio ex artt. 21 e 23 T.U.F. e per fatto altrui ex art. 31, comma 3, T.U.F. -chiese condannarsi i convenuti, in solido tra loro, al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti.
Instauratosi il contraddittorio, si costituì RAGIONE_SOCIALE, eccependo, in via preliminare, l’improcedibilità del giudizio per mancato esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione e contestando, nel merito, la fondatezza delle domande del COGNOME, di cui chiese il rigetto. In via subordinata, formulò domanda di regresso contro il COGNOME.
Anche quest’ultimo si costituì, contestando le domande proposte nei suoi confronti e concludendo per il loro rigetto.
L’adito tribunale, con sentenza n. 823/2021, accolse parzialmente le richieste dell’attore e, per l’effetto, condannò il RAGIONE_SOCIALE e Deutsche Bank s.p.a. (già Finanza e Futuro Banca s.p.a.), in solido tra loro, al pagamento, in suo favore, della somma di € 230 .000, oltre rivalutazione monetaria e interessi.
Condannò, inoltre, il COGNOME a manlevare e tenere indenne Deutsche Bank s.p.a. dal pagamento della somma appena indicata.
Pronunciando sul gravame promosso da Deutsche Bank s.p.a. contro questa decisione, l’adita Corte di appello di Firenze lo accolse, per quanto di ragione, con sentenza del 23/26 febbraio 2024, n. 389, resa nel contraddittorio con il COGNOME e nella contumacia del COGNOME, con cui così dispose: « in accoglimento dell’appello proposto da Deutsche Bank s.p.a. avverso la sentenza n. 823 del 2021 del Tribunale di Pistoia e in parziale riforma della stessa, rigetta la domanda risarcitoria svolta da NOME COGNOME nei confronti di Deutsche Bank s.p.a., assorbita la domanda di manleva da quest’ultima formulata nei riguardi di NOME COGNOME respinge la domanda risarcitoria avanzata da NOME COGNOME per violazione degli artt. 88 e 89 c.p.c.; respinge la domanda restitutoria svolta da Deutsche Bank s.p.a. nei confronti di NOME COGNOME; condanna NOME COGNOME a rifondere a Deutsche Bank s.p.a. le spese di lite afferenti al rapporto processuale tra essi intercorso, liquidate in euro 14.103,00 per il giudizio di primo grado e in euro 9.991,00 per quello d’appello, oltre rimborso forfettario e trattamento tributario e previdenziale di spettanza ».
2.1. Per quanto qui ancora di interesse, quella corte, richiamata la giurisprudenza di legittimità formatasi in relazione all’interpretazione dell’art. 31 del d.lgs. n. 58 del 1998, che pone a carico dell’intermediario la responsabilità solidale per i danni arrecati a terzi dal consulente finanziario nello svolgimento delle incombenze affidategli, ritenne che: i ) « nel caso in esame, non può non rilevarsi, anzitutto, come la condotta del COGNOME abbia concretizzato la violazione di specifici obblighi giuridici. Infatti, ai sensi dell’art. 108, comma 5, del Regolamento Intermediari della Consob nella versione applicabile ratione temporis (tra il 2014 e il 2015) -‘l promotore può ricevere dal cliente o dal potenziale cliente, per la conseguente immediata trasmissione, esclusivamente: a) assegni bancari o postali, assegni circolari o vaglia postali intestati o girati al soggetto abilitato per conto del quale opera ovvero al soggetto i cui servizi e attività di investimento, strumenti finanziari
o prodotti sono offerti, muniti di clausola di non trasferibilità; b) ordini di bonifico e documenti similari che abbiano quale beneficiario uno dei soggetti indicati nella lettera precedente; c) strumenti finanziari nominativi o all’ordine, intestati o gi rati a favore del soggetto che presta il servizio e attività di investimento oggetto di offerta’. Nella specie come emerge dai ‘moduli di adesione’ prodotti dal Raffaelli , peraltro nemmeno intestati a RAGIONE_SOCIALE -egli ha aderito all’offerta al pubblico di certificati emessi da Deutsche Bank AG, Filiale di Londra, e da Unicredit Bank AG, lasciando in bianco la porzione del modulo relativa all’indicazione delle modalità di pagamento che avrebbero potuto anche essere diverse dall’addebito sul conto (si legge nel modulo la dizione: ‘inserire eventuali diverse modalità di pagamento’) e facendo emettere da Banca di Pescia e Cascina Credito Cooperativo assegni circolari intestati non agli emittenti o a F&F, per la quale il COGNOME operava -ossia, secondo le alternative normativamente previste per tale modalità di pagamento -bensì a un soggetto terzo, estraneo all’investimento, vale a dire RAGIONE_SOCIALE Rubrica RAGIONE_SOCIALE (in prosieguo RAGIONE_SOCIALE) . Tanto ha consentito la distrazione operata dal COGNOME, atteso che, come risulta dalla nota sottoscritta dall’amministratore delegato di RAGIONE_SOCIALE , tali assegni circolari, direttamente emessi a suo beneficio, sono stati successivamente da essa versati a soggetti diversi dal COGNOME, così come indicatole. È ev idente che, ove l’investitore si fosse attenuto alle citate prescrizioni normative -e quindi, optando per la modalità di pagamento attraverso assegno circolare, facendolo intestare all’intermediario o all’emittente la descritta distrazione non avrebbe potuto essere operata. A maggior ragione considerando le raccomandazioni di cui alle ‘8 Regole d’oro’ allegate alla ‘Situazione Patrimoniale e Previdenziale’ periodicamente inviata al Raffaelli (ve n’è traccia quantomeno dal gennaio 2015 – -ossia prima dell’emissione di quattro dei cinque assegni consegnati al COGNOME), in cui, in caso di ricorso ai circolari, si invitava a intestarli all’emittente o all’ente collocatore (regola n. 2), coerentemente con il disposto normativo »; ii ) « In tale contesto, non assumono alcun rilievo né i rapporti commerciali
intercorrenti tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE -valorizzati dal giudice di prime cure senza che s’intenda in modo chiaro in cosa siano concretamente consistiti né l’eventualità che anch’essa offrisse i medesimi prodotti o strumenti finanziari, circostanza peraltro indim ostrata, considerato quanto poc’anzi illustrato a proposito dei connotati degli investimenti a cui il COGNOME ha inteso aderire, che, per come caratterizzati, in alcun modo riguardavano RAGIONE_SOCIALE, né quale intermediaria -essendo il Romei pacificamente preposto da RAGIONE_SOCIALE con la quale era stato concluso il contratto per la prestazione dei servizi d’investimento -né quale emittente, giustificando la modalità di pagamento concretamente assunta »; iii ) « Al contempo, sussistono altri elementi sintomatici della significativa anomalia: plurime e reiterate, nell’arco di pochi mesi, tra il 2014 e il 2015, sono state le operazioni compiute con la medesima irregolare modalità ; il loro valore complessivo (eur o 230.000,00) è ingente, considerato che si tratta di operazioni relative a una persona fisica; l’investitore, che risulta libero professionista laureato, aveva una pregressa e ampia esperienza d’investimento e dichiarata conoscenza ‘medio -alta’ del settore, ossia il secondo livello più elevato di esperienza e co noscenza ; la ricezione ed espressa accettazione della ‘Situazione Patrimoniale e Previdenziale’ al 30 novembre 2015 , ossia a valle dei ritenuti investimenti, sebbene da tale documento essi non risultassero. Tali rilievi depongono nel senso della piena contezza della portata della propria condotta -a prescindere dai rapporti di fiducia e familiarità asseritamente esistenti con il Romei -e -in uno con quello della violazione della normativa regolamentare precedentemente citata, ancor più significativo alla loro luce -sono sufficienti a far ravvisare nella fattispecie -diversamente da quanto opinato dal Tribunale -quantomeno la consapevole acquiescenza dell’investitore alla violazione delle regole gravanti sul promotore, in grado di elidere il nesso di necessaria occasionalità -requisito fondante la responsabilità della banca ai sensi dell’art. 31, comma 3, t.u.f. al lume, come accennato, della determinante considerazione che, ove il Raffaelli non si fosse prestato a consegnare al Romei assegni circolari intestati ad RAGIONE_SOCIALE
soggetto estraneo all’investimento sottoscritto, piuttosto che all’intermediario preponente ovvero alle società i cui strumenti o prodotti finanziari erano offerti, la distrazione non avrebbe potuto essere perpetrata »; iv ) « Le conclusioni raggiunte, peraltro, coincidono con quelle tratte da questa stessa Corte in un caso analogo, che ha visto sempre coinvolti DB e il COGNOME con riguardo a un diverso investitore, che parimenti aveva consegnato un assegno circolare intestato ad RAGIONE_SOCIALE, anche in quell’occasione estranea all’ordine di acquisto impartito (Corte d’appello di Firenze n. 333 del 2024, in motivazione) e non possono considerarsi sconfessate dal decreto del 10 novembre 2022 -documento successivo alla stessa pronuncia della sentenza gravata, la cui produzione è dunque ammissibile nel presente giudizio -con il quale il g.u.p. del Tribunale di Milano ha disposto il rinvio a giudizio del Romei anche per fatti (parzialmente) coincidenti con quelli per cui è causa, menzionando l’abuso della fiducia degli investitori, contestando l’aggravante della cosiddetta minorata difesa e indicando DB come responsabile civile. Ciò, infatti, dimostra unicamente la condivisione dell’apprezzamento prognostico del pubblico ministero circa l’idoneità degli elementi di prova che, alla stregua delle fonti indicate in calce allo stesso, nemmeno risultano coincidenti, se non in minima parte, con quelli acquisiti nel presente giudizio -a sostenere l’accusa in dibattimento, non la sua fondatezza, raggiungibile solo all’esito dello stesso (nella comparsa conclusionale DB sostiene che il COGNOME abbia, nelle more, beneficiato di una sentenza di proscioglimento; ciò per ragioni di prescrizione, a dire del COGNOME nella sua memoria di replica: la sentenza non è stata prodotta -sebbene l’appellato assuma di avervi provveduto sub doc. 8, invero non reperito -onde l’impossibilità di valutarne l’incidenza). Ritiene pertanto il Collegio che tale valutazione prognostica non sia idonea ad alterare la conclusione raggiunta, come in precedenza argomentata ».
Per la cassazione di questa sentenza NOME COGNOME ha promosso ricorso affidato a due motivi. Ha resistito, con controricorso Deutsche Bank s.p.a. NOME COGNOME è rimasto solo intimato.
3.1. È stata formulata, da parte del Consigliere delegato allo spoglio, una proposta di definizione del giudizio a norma dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022. A fronte di essa, parte ricorrente ha domandato la decisione della causa. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I formulati motivi di ricorso denunciano, rispettivamente, in sintesi:
I) « Violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., dell’art. 31, comma 3, del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (‘TUF’) per avere la Corte di Appello di Firenze erroneamente escluso la responsabilità oggettiva dell’intermediario per colpa dell’investitore ». Si ascrive alla corte distrettuale di avere escluso la responsabilità dell’intermediario preponente sulla base della ritenuta consapevole acquiescenza dell’investitore alla violazione di obblighi posti a carico del promotore, laddove l’art. 31 TUF preve de, invece, una responsabilità oggettiva del preponente, non suscettibile di essere esclusa dalla colpa dell’investitore vittima del promotore. Poiché l’art. 31 TUF ha carattere attuativo dell’art. 23, par. 2, della Direttiva 2004/39/CE (‘ MiFID ‘), che prevede la ‘ responsabilità piena e incondizionata ‘ delle imprese di investimento per gli atti dei promotori, si chiede, inoltre, che, qualora la Corte adita ritenga incerta l’interpretazione della Direttiva sul significato da attribuire alla nozione di ‘ responsabilità piena e incondizionata ‘ delle imprese di investimento, la questione, ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul Funzionamento de ll’Unione europea, venga rimessa in via pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea perché si pronunci sull’interpretazione dell’art. 23, par. 2, della direttiva MiFID;
II) « Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.) ». Si censura la sentenza impugnata per avere omesso di valutare il fatto, oggetto di discussione tra le parti e decisivo ai fini dell’accertamento della responsabilità solidale della banca, consistente nella violazione, da parte della Banca
convenuta, dei doveri di predisposizione di adeguati assetti organizzativi e di controllo sui propri promotori finanziari operanti fuori sede.
Va rilevato, innanzitutto, che la menzionata proposta ex art. 380bis cod. proc. civ. ha il seguente tenore:
« 1. Il primo motivo di ricorso si rivela inammissibile.
1.1. Invero, giova premettere che il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. (specificamente invocato nella doglianza in esame) può rivestire la forma della violazione di legge (intesa come errata negazione o affermazione dell’esistenza o inesistenza di una norma, ovvero attribuzione alla stessa di un significato inappropriato) e della falsa applicazione di norme di diritto (intesa come sussunzione della fattispecie concreta in una disposizione non pertinente perché, ove propriamente individuata ed interpretata, riferita ad altro, ovvero deduzione da una norma di conseguenze giuridiche che, in relazione alla fattispecie concreta, contraddicono la sua, pur corretta, interpretazione. Cfr. Cass. nn. 19423, 16448 e 5436 del 2024; Cass. n. 1015 del 2023; Cass. n. 5490 del 2022; Cass. n. 3246 del 2022; Cass. n. 596 del 2022; Cass. n. 40495 del 2021; Cass. n. 28462 del 2021; Cass. n. 25343 del 2021; Cass. n. 4226 del 2021; Cass. n. 395 del 2021; Cass. n. 27909 del 2020; Cass. n. 4343 del 2020; Cass. n. 27686 del 2018). È opportuno evidenziare, inoltre, che questa Corte, ancora recentemente (cfr., pure nelle rispettive motivazioni, oltre alle pronunce appena citate, Cass. n. 35041 del 2022, Cass. n. 33961 del 2022 e Cass. n. 13408 del 2022), ha chiar ito, tra l’altro, che: a) non integra violazione, né falsa applicazione di norme di diritto, la denuncia di una erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, poiché essa si colloca al di fuori dell’ambito interpretative ed applicativo della norma di legge; b) il discrimine tra violazione di legge in senso proprio (per erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa) ed erronea applicazione della legge (in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta) è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, diversamente dalla prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (cfr. Cass. n. 10313 del
2006; Cass. n. 195 del 2016; Cass. n. 26110 del 2015; Cass. n. 8315 del 2013; Cass. n. 16698 del 2010; Cass. n. 7394 del 2010); c) le doglianze attinenti non già all’erronea ricognizione della fattispecie astratta recata dalle norme di legge, bensì all’erronea ricognizione della fattispecie concreta alla luce delle risultanze di causa, ineriscono tipicamente alla valutazione del giudice di merito (cfr. Cass. n. 13238 del 2017; Cass. n. 26110 del 2015).
1.2. La censura in esame ascrive alla corte distrettuale di avere ‘adottato un’interpretazione della norma relativa alla responsabilità dell’intermediario per fatto del preposto che contrasta con la lettera dell’art. 31, comma 3, TUF, e con i princìpi di d erivazione europea di cui tale norma è attuazione’, dal momento che ‘L’art. 31, comma 3, TUF’ porrebbe ‘in capo all’intermediario un’ipotesi di responsabilità oggettiva che, non’ sarebbe ‘legittimamente limitabile né in via legislativa né in via giurisprud enziale’.
1.2.1. Giova ricordare, allora, che, secondo l’ormai consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, gli istituti di credito devono ritenersi responsabili dei danni arrecati a terzi dai propri incaricati nello svolgimento delle incombenze loro affidate quando il fatto illecito commesso sia connesso per occasionalità necessaria all’esercizio delle mansioni, ma la responsabilità dell’intermediario per i danni arrecati dai propri promotori finanziari è esclusa ove il danneggiato ponga in essere una condotta agevolatrice che presenti connotati di anomalia, vale a dire, se non di collusione, quantomeno di consapevole acquiescenza alla violazione delle regole gravanti sul promotore (cfr. , ex plurimis , Cass. n. 28634 del 2020, poi richiamata e ribadita dalla più recente Cass. n. 31894 del 2023).
1.2.2. Nell’ambito di una responsabilità d’indole oggettiva (una volta comprovato il nesso di occasionalità necessaria costituito dal concreto affidamento, da parte della banca controricorrente, delle incombenze di promotore finanziario al COGNOME), dunque, si tratta di indagare sulle caratteristiche del comportamento dell’investitore, se, cioè, connotate, o non, da profili di anomalia tali da rivelare una sostanziale acquiescenza alla violazione delle regole gravanti sul promotore. In quest’ottica, Cass. n. 31894
del 2023 (i cui principi sono stati espressamente richiamati dalla corte territoriale) ha chiarito, affatto condivisibilmente, che ‘pur dovendo escludersi l’operatività di qualsiasi automatismo (atteso che la valutazione relativa agli elementi sintomatici della condotta anomala dell’investitore – e l’apprezzamento della relativa idoneità a rivelare collusione o consapevole acquiescenza alla violazione delle regole gravanti sul promotore – costituisce oggetto di un accertamento di fatto riservato al giudice di merito, da compiersi caso per caso, il quale sfugge al sindacato di legittimit à̀ : da ultimo, v. Cass., Sez. 3, Ordinanza del 18 maggio 2022, n. 15917, in motivazione), tuttavia, quando tale condotta si traduca nella violazione di norme giuridiche, conte nenti specifici obblighi , il giudice del merito è tenuto ad apprezzare specificamente queste circostanze ed, eventualmente, a dar conto, in motivazione, delle ragioni per le quali ritenga che tale condotta, lungi dal concretare una cooperazione colpos a con l’illecito del promotore, sia stata perfettamente rispondente al principio di autoresponsabilità che deve governare i rapporti tra consociati e che si pone alla base della tutela dell’affidamento incolpevole, e non abbia pertanto integrato quei connotati di anomalia idonei ad elidere il nesso di occasionalità necessaria tra il danno subìto dall’investitore e le incombenze affidate al promotore, che giustifica la solidale responsabilità dell’intermediario (Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 31453 del 25/1 0/2022, cit.)’.
1.2.3. La corte fiorentina, facendo corretta applicazione di questi principi, ha chiaramente descritto le circostanze da cui ha tratto la conclusione dell’avere l’odierno ricorrente tenuto un comportamento gravemente anomalo durante tutto il corso del rapporto con la banca oggi controricorrente, oltre che delle modalità altrettanto anomale degli investimenti dedotti in giudizio, valutando tali anomalie come idonee da escludere in radice qualsivoglia ipotetica responsabilità della predetta per fatto illecito del promotore ex art. 31 del d.lgs. n. 58 del 1998. Non resta, dunque, che prendere atto di tali accertamenti, di natura chiaramente fattuali (come tali insindacabili in questa sede se non sotto il profilo del vizio
motivazionale e, giusta quanto si dirà con riferimento al secondo motivo, nei limiti di quanto ancora consentito, in relazione a tale tipologia di vizio, dal novellato art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.), rispetto ai quali le argomentazioni della censura in esame mostrano di non considerare che: i) il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. deve essere dedotto, a pena di inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366, n. 4, cod. proc. civ., non solo con la indicazione delle norme assuntivamente violate, ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendosi alla Corte regolatrice di adempiere al suo istituzionale compito di verificare il fondamento della lamentata violazione (cfr. tra le più recenti, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 16448 e 15033 del 2024; Cass. nn. 13408, 10033 e 9014 del 2023; Cass. n. 31071 del 2022; Cass. nn. 28462 e 25343 del 2021; Cass. n. 16700 del 2020. Si veda pure Cass., SU, n. 23745 del 2020, a tenore della quale, ‘in tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni -la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa’); ii) il giudizio di legittimità non può essere surrettiziamente trasformato in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al
fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative (cfr. Cass. n. 21381 del 2006, nonché, tra le più recenti; Cass., SU, n. 34476 del 2019; Cass. nn. 32026 e 40493 del 2021; Cass. nn. 35041 e 35870 del 2022; Cass. nn. 30878 e 35782 del 2023; Cass. nn. 10712, 16118 e 19423 del 2024).
1.3.3. Resta solo da aggiungere che, nel contesto suddetto, caratterizzato dalla descritta, costante giurisprudenza di legittimità in punto di esclusione della responsabilità dell’intermediario ex art. 31 T.U.F. di fronte alle anomalie della condotta dell’investitore, nessun seguito può avere la richiesta di rinvio ex art. 267 TFUE alla Corte di giustizia UE come formulata dal ricorrente perché del tutto irrilevante, oltre che basata su di una chiara differenza di presupposti fattuali (non prospettabili in questa sede) tra l’interpretazione fornita da questa Corte quanto alla menzionata disposizione del T.U.F e la questione da sottoporre alla Corte sovranazionale.
Il secondo motivo di ricorso è anch’esso inammissibile.
2.1. Invero, l’attuale testo dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., -come modificato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012 e qui applicabile , ratione temporis , risultando impugnata una sentenza pubblicata il 26 febbraio 2024 -riguarda un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, da intendersi riferito ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico naturalistico, con gli specifici oneri di allegazione sanciti da Cass., SU, n. 8053 del 2014 (qui rimasti assolutamente inosservati), come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni, sicché sono inammissibili le censure che, come nella specie, irritualmente estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo (cfr., ex aliis, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 19417, 14677, 9807 e 6127 del 2024; Cass. nn. 28390, 27505, 4528 e 2413 del 2023; Cass. n. 31999 del 2022; Cass., SU, n. 23650 del 2022; Cass. nn. 9351, 2195 e 595 del 2022; Cass. nn. 4477 e 395 del 2021; Cass. n. 22397 del 2019; Cass. n. 26305 del 2018; Cass., SU, n. 16303 del 2018) ».
Il Collegio reputa affatto esaustive e condivisibili tali argomentazioni, che, pertanto, ribadisce interamente, facendole proprie, altresì rimarcando che:
i ) quanto si è ivi detto con riferimento al primo motivo ha trovato sostanziale conferma anche nella più recente Cass. n. 28952 del 2024 (a tenore della quale, « In tema di intermediazione finanziaria, la responsabilità solidale dell’intermediario, ai sensi dell’art. 31 del d.lgs. n. 58 del 1998, può essere esclusa in presenza di elementi sintomatici di una condotta anomala dell’investitore, idonei ad evidenziarne la collusione oppure la consapevole acquiescenza alla violazione delle regole gravanti sul promotore, il cui apprezzamento costituisce un accertamento di fatto, da compiersi caso per caso, riservato al giudice di merito ed incensurabile in sede di legittimità »). Non sussistono, dunque, i requisiti per disporre la trattazione del ricorso in pubblica udienza, come invocato dal ricorrente nella sua memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ., altresì dovendo ribadirsi, che nemmeno sussistono i presupposti per disporre il rinvio pregiudiziale su cui ancora ha insistito il Raffaelli nella medesima memoria;
ii ) il ricorrente, con il medesimo motivo, insiste in un’interpretazione dell’art. 31, comma 3, TUF, secondo cui, sulla base di asseriti ‘ princìpi di derivazione europea ‘, la responsabilità ai sensi della predetta norma non sarebbe limitabile, né in via legislativa, né in via giurisprudenziale. Si tratta di un’allegazione che, a tacer d’altro, è smentita dall’appena richiamato indirizzo ermeneutico di questa Corte. Egli, peraltro, contraddicendo tale presunto principio di responsabilità oggettiva dell’inter mediario, che non ammetterebbe eccezioni, sembra lamentare una mancata verifica della sussistenza di elementi di una exceptio doli e di elementi, asseritamente dedotti in atti, idonei ad escludere in modo definitivo, la possibilità di un intento, anche solo lato sensu , fraudolento da parte dell’investitore. Si tratta, tuttavia, di una doglianza necessitante di nuovi accertamenti fattuali notoriamente incompatibili con le peculiari caratteristiche del giudizio di legittimità;
iii ) quanto, infine, al secondo motivo di ricorso, basti qui solo rilevare, in aggiunta a quanto evidenziato nella proposta ex art. 380bis cod. proc. civ., che, tenuto conto della condotta del COGNOME, che la corte distrettuale ha accertato essere stata caratterizzata da irregolarità e anomalie a tal punto gravi da far considerare il primo esclusivo responsabile della causazione del pretes o danno, si rivela priva di decisività l’asserita mancata valutazione dei compiti di vigilanza e controllo propri dell’i ntermediario.
In conclusione, quindi, l’odierno ricorso di NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, restando a suo carico le spese di questo giudizio di legittimità sostenute dalla costituitasi controricorrente.
4.1. Poiché il giudizio è definito in conformità della proposta ex art. 380bis , comma 1, cod. proc. civ. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), va disposta la condanna della parte istante a norma dell’art. 96, commi 3 e 4, cod. proc. civ.
Vale rammentare, in proposito, che: in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380bis , comma 3, cod. proc. civ. (pure novellato dal menzionato d.lgs. n. 149 del 2022) -che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ. -codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente ( cfr . Cass., SU, n. 28540 del 2023; Cass. nn. 11346 e 16191 del 2024).
Pertanto, non ravvisando il Collegio (stante la complessiva ‘tenuta’, pur nella sua sinteticità, del provvedimento della PDA rispetto alla motivazione necessaria per confermare l’inammissibilità del ricorso) ragioni per discostarsi dalla suddetta previsione legale (cfr., in motivazione, Cass., SU, n. 36069 del 2023), la parte ricorrente va condannata, nei confronti di quella controricorrente, al pagamento della somma equitativamente determinata di
€ 7.000 ,00, oltre che al pagamento dell’ulteriore somma di € 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
4.2. Deve darsi atto, infine, -in assenza di ogni discrezionalità al riguardo ( cfr . Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 -che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte del COGNOME, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre « spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento ».
PER QUESTI MOTIVI
La Corte dichiara inammissibile il ricorso di NOME COGNOME e lo condanna al pagamento, in favore della costituitasi controricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità, che liquida in € 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi, liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge.
Condanna il medesimo ricorrente al pagamento della somma di € 7.000,00 in favore della costituitasi controricorrente e di una ulteriore somma di € 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di NOME COGNOME, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, par i a quello previsto per il ricorso, giusta il comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile