Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 26456 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 26456 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/09/2025
Oggetto:
intermediazione finanziaria
AC -29/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 04828/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, giusta procura in calce al ricorso;
-ricorrente –
Contro
NOME NOME, rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza della Corte di appello di Torino n. 1070/2020, pubblicata il 30 ottobre 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 settembre 2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE (in prosieguo, breviter : ‘la banca’) ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, avverso la sentenza in epigrafe con cui la Corte di appello di Torino, in parziale riforma della sentenza del locale Tribunale, l’ ha condannata a pagare, in solido con NOME COGNOME – erede del promotore finanziario NOME COGNOME – in favore di NOME COGNOME la somma di euro 86.750,00, oltre accessori, condannando altresì il debitore solidale COGNOME a tenere indenne la banca di quanto da questa dovuto in favore della COGNOME, il tutto a titolo di risarcimento del danno conseguente alle transazioni avvenute in conseguenza della sottoscrizione nel 2008 di un contratto quadro di negoziazione di titoli, poi seguito da una numerosa serie di ordini di acquisto e vendita, protrattisi sino all’anno 2013, epoca nella quale, dopo l’ allontanamento del promotore COGNOME, la cliente si era avveduta di un ammanco di denaro sul conto di deposito.
NOME ha resistito con controricorso e ha contestualmente proposto ricorso incidentale affidato a due motivi.
La Corte territoriale, per quanto in questa sede ancora rileva, ha osservato: a) che sussisteva il nesso di occasionalità necessaria tra la condotta, pacificamente pregiudizievole, del promotore finanziario COGNOME e il comportamento della banca, siccome alcun efficace controllo era stato posto in essere dalla banca sul comportamento del suo promotore, che la banca stessa aveva
indicato alla cliente come proprio consulente finanziario per gli investimenti, posto che dagli estratti conto inviati alla cliente, anche in epoca precedente al 2013, anno di scoperta degli ammanchi, non era ragionevolmente possibile per la cliente avvedersi della diversa destinazione che il COGNOME aveva avuto all’interno dell’ organigramma della banca; che la COGNOME era, tuttavia, parzialmente responsabile della causazione del danno, atteso che il rapporto che ella aveva instaurato con il COGNOME ‘ travalicava i confini dell’incarico come consulente finanziario ‘, per assumere i connotati di un rapporto di segretaria personale del COGNOME, in una fattispecie in cui la cliente aveva commesso l’ imperdonabile imprudenza di cedere al primo i codici segreti per attivare il servizio di home banking , attraverso il quale il COGNOME aveva potuto operare liberamente sul conto titoli della cliente e determinare l’ammanco di denaro poi accertato.
Le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1. Il ricorso principale lamenta:
a) Primo motivo: «I. Violazione dell’art. 360 c. 1 nn. 3 e 5 in relazione al difetto di legittimazione passiva in capo all’intermediario, stante l’insussistenza di qualsiasi rapporto contrattuale tra la RAGIONE_SOCIALE e l’ex promotore, nonché sulla pacifica riferibilità degli episodi contestati ad un periodo successivo alla cessazione del rapporto tra la RAGIONE_SOCIALE e il promotore», deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha ritenuto applicabili alla fattispecie gli art. 31 Tuf e 2049 cod. civ. allorquando del tutto pacifica in atti era la circostanza che, sin dall’ottobre 2011 , non sussisteva più alcun rapporto tra la banca e il suo ex promotore, stante l’avvenuta
cessazione del rapporto di agenzia, come documentalmente provato in atti.
Secondo motivo: « II. Violazione dell’art. 360 c. 1 nn. 3 e 5 in relazione all’ insussistenza di un effettivo nesso di occasionalità necessaria essendo l’ex private banker non più alle dipendenze della odierna ricorrente nel periodo oggetto di contestazione», deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha ritenuto la sussistenza del nesso di occasionalità necessaria tra la condotta della banca e l’evento dannoso, siccome ha omesso di considerare che all’ epoca dei fatti non sussisteva più alcun rapporto contrattuale che legava la banca al suo ex dipendente.
I primi due motivi di ricorso possono essere unitariamente trattati, in quanto inammissibili per le medesime ragioni: da un canto, le due censure non appaiono confrontarsi con la sentenza impugnata (pag. 9, primo capoverso) laddove la stessa ha affermato che l’estratto conto inviato alla NOME a dicembre 2011 non era univocamente interpretabile come prova dell’ interruzione del rapporto negoziale tra la banca e il COGNOME, e alcuna altra prova la banca aveva fornito di aver avvertito la propria cliente delle predetta interruzione. Tale affermazione non è per nulla contestata dalle censure in esame, sia in tema di identificazione del thema probandum che della valutazione probatoria, contenendo le predette censure affermazioni apodittiche circa una pretesa natura pacifica della conoscenza da parte della NOME dell’ interruzione del rapporto tra promotore e banca, natura che, in effetti, resta del tutto indimostrata. Sotto concorrente profilo, le due censure finiscono per essere inammissibili anche perché, a prescindere dal cumulo tra i numeri 3 e 5 dell’art. 360, primo comma, cod. proc. civ., tendono a ottenere da questa Corte una
non consentita rivalutazione dell ‘accertamento in fatto sul contenuto delle prove operato dal giudice del merito.
Terzo motivo: «III. Violazione dell’art. 360 c. 1 nn. 3 e 5 in relazione alla interruzione del nesso causale tra asserito inadempimento e danno a seguito delle condotte tenute dalla cliente sig.ra COGNOME», deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha omesso di considerare l’avvenuta interruzione del nesso causale tra la condotta della banca e l’ evento dannoso, siccome era pacifica in atti la circostanza che la COGNOME fosse bene a conoscenza del fatto che il COGNOME non fosse più dipendente della banca all’epoca dei fatti ed era altrettanto provato che la natura del rapporto intercorso tra la COGNOME e il COGNOME era del tutto ‘ estraneo ed esorbitante rispetto a quelli normalmente intercorrenti tra promotore e cliente’, sicché la responsabilità della COGNOME doveva considerarsi unica ed esclusiva nella causazione del lamentato danno .
Il motivo, per la parte in cui ancora si riferisce alla conoscenza dell’ interruzione del rapporto tra promotore e banca, è inammissibile per le medesime ragioni illustrate a proposito dei primi due motivi di ricorso, cui si fa espresso rinvio. In relazione al contestato concorso di colpa, la censura è inammissibile, sia perché, ancora una volta, dà per pacifiche (in maniera del tutto apodittica e indimostrata) le circostanze della conoscenza da parte della NOME delle attività del COGNOME, sia perché, parimenti, pretende da questa Corte un riesame del merito delle prove, avendo la Corte di merito espressamente motivato da quali circostanze abbia potuto ricavare la sussistenza di un concorso di colpa paritetico della banca e della cliente nella causazione del
relativo danno (consegna al promotore da parte della cliente dei codici di accesso all’ home banking ).
Quarto motivo: « IV. Violazione dell’art. 360 c. 1 nn. 3 e 5 in merito al corto circuito logico tra concorso di colpa nella causazione del danno in capo alla sig.ra COGNOME e l’asserita mancata interruzione del nesso di causalità tra asserito inadempimento e danno», deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha omesso di rilevare che il comportamento della COGNOME, ben lungi dal determinare un concorso di colpa pari al 50% nella causazione del danno, come ritenuto in sentenza, aveva in realtà interrotto il nesso causale di riferibilità del danno alla banca.
Il motivo è inammissibile perché, sotto l’apparente deduzione di un vizio di legge, è in effetti totalmente versato in fatto, pretendendo di sovvertire il giudizio sul concorso di colpa con un non consentito riesame, da parte di questa Corte di legittimità, delle singole condotte dei soggetti coinvolti nel merito della vicenda. L’accertamento circa l’esistenza o non del nesso eziologico spetta al giudice del merito (Cass. n. 14358/2018).
Il ricorso incidentale lamenta:
2.1. Primo motivo: «I Violazione e falsa applicazione dell’art. 1227 c.c., dell’art. 31, terzo comma, Tuf, dei principi di responsabilità oggettiva e di solidarietà (art. 360, primo comma n. 3 c.p.c.) », deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha applicato l’art. 1227 cod . civ. in rapporto a quanto prescritto dall’art. 31, terzo comma Tuf, segnatamente in tema di concorso dell’ intermediario a titolo oggettivo e totale nella responsabilità risarcitoria cui è tenuto l’autore materiale dell’illecito.
2.2. Secondo motivo: «II Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, primo comma, n. 3) c.p.c.», deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha omesso di esaminare i documenti (affogliati nel fascicolo da 10 a 28) dai quali emergeva che il COGNOME abbia avuto accesso al conto corrente della COGNOME nel 2009, ben prima quindi della cessazione del suo rapporto di lavoro, avvenuta nel 2011.
Il ricorso incidentale è inefficace perché tardivo, essendo stato proposto in data 17 marzo 2021, dunque oltre il termine di cui a ll’ art. 325, comma 2, cod. proc. civ., di sessanta giorni dalla notificazione della sentenza, avvenuta nella specie in data 10 dicembre 2020 senza che, in senso contrario, rilevi che lo stesso sia stato proposto nel rispetto del termine per il controricorso ex art. 371, comma 2, cod. proc. civ. (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 17707 del 22/06/2021).
Le spese di lite della presente fase di legittimità seguono la soccombenza sostanziale e vanno, pertanto, poste a carico della ricorrente principale, nella misura indicata in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e di quella incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello rispettivamente previsto per il ricorso principale e per quello incidentale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto (Cass. S.U., n. 4315 del 20 febbraio 2020).
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso principale e inefficace il ricorso incidentale; condanna RAGIONE_SOCIALE a rifondere a COGNOME NOME le spese della presente fase di legittimità, che liquida in complessivi euro 5.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e di quella incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello rispettivamente previsto per il ricorso principale e per quello incidentale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME