SENTENZA CORTE DI APPELLO DI BARI N. 1239 2025 – N. R.G. 00001274 2022 DEPOSITO MINUTA 01 08 2025 PUBBLICAZIONE 11 08 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Corte di Appello di Bari
Seconda Sezione Civile
La Corte di Appello di Bari, in composizione collegiale, nelle persone dei signori magistrati
Dott. NOME COGNOME Presidente – relatore
Dott. NOME COGNOME Consigliere
Dott. NOME COGNOME Consigliere
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
nella causa civile di appello, iscritta nel registro generale con numero d’ordine 1274 del 2022
T R A
-cancellata dal registro delle imprese in data 2.1.2023 – e , rappresentati e difesi, giusta mandato in calce all’atto di appello , dal l’avv. NOME COGNOME del Foro di Bari, ed elettivamente domiciliati presso lo studio del predetto difensore sito in Bari alla INDIRIZZO nonché presso il suo domicilio telematico
APPELLANTE
e
in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta mandato in atti, dal l’ avv. NOME COGNOME del Foro di Bari, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del predetto difensore in Bari alla INDIRIZZO nonché presso il suo domicilio telematico
R.G.A.C. n. 1274/2022
, in qualità di ex socia della cancellata d’ufficio, rappresentata e difesa, giusta mandato in atti, dall’avv. NOME COGNOME, del Foro di Bari, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del predetto difensore sito in Bari alla INDIRIZZO nonché presso il suo domicilio telematico
INTERVENTRICE
avverso la sentenza n. 633/2022 emessa dal Tribunale di Bari, IV sezione civile, in composizione monocratica, depositata il 16.2.2022 nel giudizio portante il numero di R.G. 16338/2022
A ll’udienza del 10.1.2025, che si è svolta mediante lo scambio e il deposito telematico di brevi note scritte, la causa è stata riservata per la decisione, con la concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito delle memorie conclusionali ed eventuali repliche.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 19.12.2013, la società in persona del suo liquidatore p.t., , e (in qualità di ex legale rappresentante della medesima società) convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Bari, la per ivi sentire accoglier le seguenti conclusioni: ‘a) accertare e dichiarare, in relazione al conto corrente n. 6152565314, acceso dalla presso la -Filiale 645, la responsabilità contrattuale di -Filiale di Bari 645, per aver consegnato carnet di assegna a persona non legittimata, nonché per aver autorizzato operazioni bancarie di prelievo, di emissione assegni circolari (e altre meglio indicate in atto), a soggetti non legittimati e/o non delegati sul c/c intestato all’attrice, per tutte le ragioni esposte nel presente atto; b) accertare e dichiarare, altresì, la mala fede, l’illegittimità e la scorrettezza nell’operato, nonché la violazione ai dettami di correttezza, diligenza e buona fede imposti dal codice civile (artt. 1175, 1176 e 1375 c.c.) da parte della -Filiale di Modugno -nei confronti della nonché del Sig. ; c) accertare e dichiarare, altresì, illegittimi e non dovuti i protesti elevati
dalla
–
Filiale di Bari 645
–
a danno della
(relativa-
mente ad: assegno n. 3189992542 protestato di € 6.136,32; assegno protestato n. 3201005529 di €
6.600,00; assegno protestato n. 3201005528 di € 6.000,00; assegno protestato n. 3189992168 di €
6.500,00; assegno protestato n. 3201005527 di € 3.800,00; assegno protestato n. 3189992546 di €
6.799,72; assegno protestato n. 3189992541 di € 3.467,00; assegno protestato n. 3189992548 di €
3.000,00; assegno protestato n. 3189992166 di € 7.283,16; assegno protestato n. 3179639342 di €
3.700,00) per le ragioni esposte in atto;
d) per l’effetto, a seguito delle suddette responsabilità
contrattuali ed extracontrattuali ex art. 2043 c.c. a capo della convenuta
–
Filiale di Bari 645
–
in persona del suo l.r.p.t., condannare la stessa al risarcimento dei danni patrimoniali (così come meglio indicati in atto) subiti dagli odierni attori, quantificati in €572.576,59
quale ristoro per tutte le operazioni illegittime autorizzate dalla Banca convenuta sul c/c oggetto di causa, oltre agli interessi compensativi a titolo di lucro cessante, da liquidarsi, anche in via equitativa,
in favore della ovvero la diversa somma maggiore o minore che si
riterrà di giustizia; il tutto oltre interessi e svalutazione monetaria verificatasi dal dì dell’evento fino al soddisfo; e) sempre per l’effetto, condannare la convenuta al pagamento di €980,00 in favore della
quale somma da questa esborsata a titolo di costo per la liberazione degli illegittimi protesti (relativamente ad: assegno n. 3189992542 protestato di € 6.136,32; assegno protestato n. 3201005529 di € 6.600,00; assegno protestato n. 3201005528 di € 6.000,00; assegno protestato n. 3189992168 di € 6.500,00; assegno protestato n. 3201005527 di € 3.800,00; assegno protestato n. 3189992546 di € 6.799,72; assegno protestato n. 3189992541 di € 3.467,00; assegno protestato n. 3189992548 di € 3.000,00; assegno protestato n. 3189992166 di € 7.283,16; assegno protestato n. 3179639342 di € 3.700,00) ovvero quella maggiore o minore che verrà accertata in corso di causa; f) sempre per l’effetto, condannare la convenuta al risarcimento di complessivi € 10.000,00= da liquidarsi, anche in via equitativa, in favore della , ed €*10.000,00= da liquidarsi, anche in via equitativa, in favore del Sig. a titolo di danni non patrimoniali, causati agli attori per le ragioni ampiamente spie-gate in atto, ovvero nella differente somma maggiore o minore che l’Illustre Giudicante riterrà di giustizia; g) per l’ulteriore effetto, condannare la convenuta al rimborso in favore di dell’ulteriore somma di € 1.000,00 esborsata dall’attrice in favore del CTP Dott. h) in ogni caso, condannare la -Filiale di Bari 645 -al pagamento delle spese e competenze di lite del presente procedimento’.
A fondamento della domanda, deducevano gli attori: – che il , dal 26.04.2006 al 05.05.2008, aveva assunto la carica di Amministratore Unico della – che tale
società aveva intrattenuto con la un rapporto di conto corrente contrassegnato dal n.6152565314; – che nel periodo tra maggio 2006 e maggio 2007, la banca convenuta aveva consegnato carnet di assegni, relativi al predetto conto corrente, a soggetti non autorizzati; – che di tali carnet era stato fatto un uso illecito, in quanto numerosi assegni erano stati emessi con firma apocrifa di ; – che in relazione a taluni di detti assegni erano stati levati protesti a danno della società e, di riflesso, a danno dell’amministratore ; – che con le medesime modalità, e in assenza di autorizzazioni da parte del titolare del citato conto corrente, erano state poste in essere innumerevoli operazioni bancarie, concretizzatesi in prelievi in contanti e richieste di emissione di assegni circolari; – che, con note del 3.11.2008 e 29.12.2008, il e avevano contestato alla banca tali condotte illecite e chiesto la documentazione afferente le dette operazioni; – che tuttavia la aveva provveduto a consegnare ‘ la documentazione relativa ai predetti movimenti bancari ‘ solo dopo la notifica del decreto ingiuntivo n. 1475/2013 per consegna di cosa mobile determinata; – che d all’esame di tale documentazione, gli attori appuravano che ‘ tutte le firme apparentemente riferite al sig. ‘ erano false; – che pertanto gli attori disconoscevano formalmente le sottoscrizioni apposte sui detti assegni e sulle riferite contabili; – che in relazione alle operazioni in parola, alla banca veniva ascritta una responsabilità contrattuale per la presunta violazione dei suoi obblighi e dei suoi doveri di diligenza ( ex artt. 1175, 1176 e 1375 c.c.), sia verso la società , sia verso l’ex amministratore unico.
Con comparsa di costituzione e risposta ritualmente depositata si costituiva in giudizio la la quale contestava la ricostruzione storica operata dagli attori, respingeva le responsabilità prospettate a suo carico, rimarcan do la rilevanza causale dell’inerzia dell’Amministratore Unico, , nella causazione dell’ipotetico danno, e in ogni caso eccepiva l’infondatezza e la mancanza di prova dell’azione risarcitoria.
Unitamente alla memoria di costituzione, la banca depositava, in copia, le autorizzazioni al rilascio di carnet di assegni a favore di tale , la delega di cassa rilasciata a sul c/c n.6152565314, le autorizzazioni al rilascio di carnet di assegni a favore di la delega di cassa rilasciata a sul c/c n.6152565314; le autorizzazioni al rilascio di carnet di assegni a favore di tale tutte sottoscritte dall’amministratore unico della lo specimen di firma sul c/c n.
6152565314.
Alla prima udienza, celebrata in data 2.4.2014, il difensore degli attori disconosceva ‘ tutta l’avversa produzione documentale, peraltro in copia ‘, e, il difensore della Banca formulava l’istanza di
verificazione indicando come scritture comparative la firma apposta da sul mandato ad lites e sul contratto di conto corrente.
Scambiate le memorie ex art.183, co.6°, c.p.c., il Tribunale di Bari ammetteva la C.T.U. ‘ per la verifica del carattere apocrifo o autentico delle firme apposte in calce ai documenti posti a sostegno della domanda risarcitoria’, stante il carattere non definitivo della sentenza penale prodotta ‘, mentre rigettava le istanze di prova orale in quanto valutative e irrilevanti.
In data 26.05.2017, il C.T.U. nominato depositava una nota in cui, rappresentando che, nel corso delle attività peritali il difensore della banca aveva dichiarato che la parte convenuta non deteneva gli originali dei documenti oggetto di verifica, essendo decorso il termine decennale di conservazione della documentazione, e riferiva di non disporre di documentazione utile e idonea allo svolgimento dell’incarico, in quanto delle 5 operazioni oggetto di verifica, nel fascicolo di parte attrice c’erano soltanto le fotocopie poco nitide degli assegni, ed una contabile priva di firma, ragion per cui rimetteva al giudicante ogni più opportuna decisione.
Il Giudice, preso atto di ciò, sospendeva le operazioni peritali e ordinava alla parte convenuta l’esibizione degli originali entro 15 giorni prima dell’udienza; tuttavia , la depositava una nota datata 9.4.2018, nella quale ribadiva di non avere la disponibilità degli originali richiesti, che, in ogni caso, si ponevano fuori dal perimetro temporale di conservazione previsto dall’art. 2220 c.c.
All’udienza del 10.7.2019, il primo giudice -in difetto dell’originale dei titoli disconosciuti nella sottoscrizione revocava l’incarico conferito al CTU, e rinviava la causa per precisazione delle conclusioni.
All’udienza del 18.11.2011 il giudizio veniva trattenuto in decisione con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c.
Con l ‘impugnata sentenza, il Tribunale di Bari, rigettava la domanda e condannava gli attori a rifondere in favore della banca convenuta le spese di lite.
La e hanno proposto appello avverso la suddetta sentenza, chiedendo di accogliere le seguenti conclusioni: ‘ 1) accogliere il presente appello per i vizi denunciati in atto e per la fondatezza dei motivi di impugnazione; 2) per l’effetto, annullare e/o riformare la sentenza n. 633/2022 pubblicata il 16/02/2022 dal Tribunale di Bari -Giudice dott.ssa NOME nel giudizio sub R.G. N. 16338/2013 nei termini indicati nel presente atto e qui pedissequamente richiamati; 3) nel merito, valutati come esistenti i vizi decisionali evidenziati nel presente atto, annullare e riformare la sentenza n. 633/2022 del Tribunale di Bari -Giudice dott.ssa NOME COGNOME accogliendo integralmente le conclusioni avanzate nel giudizio di
primo grado; 4) per l’effetto, riformare integralmente il capo relativo alle spese di cui all’impugnata sentenza nei termini indicati al punto sub III,5), con vittoria di spese e competenze del giudizio di primo grado, comprensive anche di spese di CTU; 5) Il tutto con vittoria di spese e competenze del presente grado di giudizio’. .
Instaurato il contradittorio, l ‘a ppellata ha resistito all’appello eccependo, in via preliminare, l’inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c. per manifesta infondatezza ; nel merito ha chiesto il rigetto dell’appello con vittoria di spese di causa di entrambi i gradi di giudizio.
Con ordinanza del 13.01.2023, questa Corte ha respinto l’eccezione di inammissibilità dell’appello ex art. 348 bis c.p.c., rinviando la causa all’udienza del 10.01.2025 per precisazione delle conclusioni.
Con ‘comparsa di costituzione volontaria’ del 9.01.2025 , è intervenuta in giudizio l’ex socia e liquidatrice della , dichiarando la intervenuta cancellazione d’ufficio dal Registro Imprese della società appellata in data 2.01.2023, e dichiarando di subentrare nei diritti della società estinta, facendo proprie tutte le domande e conclusioni formulate nell’interesse della stessa società.
All’udienza del 10.1.2025, che si è svolta mediante lo scambio e il deposito telematico di brevi note scritte, la causa è stata introitata a sentenza con la concessione dei termini di cui agli artt. 190 e 352 c.p.c., per il deposito di memorie conclusionali ed eventuali repliche.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’appello è, da un lato, inammissibile per difetto di titolarità del rapporto in capo all’appellante intervenuta volontariamente, , e dall’altro lato (in ordine alla posizione di ) infondato.
La sentenza impugnata -per quanto qui di interesse – è così motivata:
‘ La domanda va rigettata, perché non provata. Gli attori non hanno invero offerto prova dei fatti posti a fondamento dell’asserita responsabilità della banca convenuta ed in particolare della pretesa falsità della firma riconducibile al su assegni e distinte bancarie, essendosi limitati a disconoscere le sottoscrizioni apposte sugli assegni e sulle contabili di cui alle pagg.411 dell’atto di citazione, non fornendo alcun altro elemento probatorio. Al riguardo, infatti, all’esito della disposta ctu grafologica, l’ausiliario ha evidenziato di non disporre di documentazione utile ed idonea allo svolgimento dell’incarico, essendovi nel fascicolo di parte attrice soltanto le fotocopie poco nitide degli assegni ed una contabile priva di firma ed ha successivamente precisato di non poter verificare
l’autenticità dei documenti sulla base della documentazione in copia ed in particolare di non poter affermare o negare la riconducibilità delle copie in atti a fotomontaggi. In seguito all’ordine di esibizione degli originali ex art. 210 c.p.c., invero emesso dal precedente giudicante ben oltre il termine delle preclusioni istruttorie, la ha depositato una nota in data 09.04.2018, ribadendo di non avere la disponibilità degli originali richiesti, che, in ogni caso, si ponevano fuori dal perimetro temporale di conservazione previsto dall’art.2220 c.c. Orbene, va precisato che, secondo una recente pronuncia della Corte di Cassazione (sentenza 13 settembre 2021, n. 24641), ‘il diritto spettante al cliente ad ottenere, a proprie spese, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni, sancito dall’articolo 119, quarto comma, del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, recante il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, può essere esercitato in sede giudiziale attraverso l’istanza di cui all’articolo 210 c.p.c., in concorso dei presupposti previsti da tale disposizione, a condizione che detta documentazione sia stata precedentemente richiesta alla banca, che senza giustificazione non vi abbia ottemperato’. Nel caso di specie, la specifica documentazione di cui è stata invocata l’esibizione in giudizio non è mai stata richiesta precedentemente alla banca: la parte attrice (nello specifico, aveva richiesto in passato solo copia delle contabili, prontamente consegnata dalla banca stessa. D’altra parte, pur condividendo il diverso orientamento che reputa ammissibile l’esercizio del potere processuale previsto dall’art.210 c.p.c., anche in difetto di preventiva rivendicazione del diritto sostanziale contemplato dall’art. 119 tub, e quand’anche si ritenga ammissibile la richiesta di esibizione degli originali, finalizzata all’utile espletamento della verifica grafologica, in ipotesi di mancata produzione della documentazione da parte dell’Istituto di Credito, per la quale sia decorso il termine decennale di conservazione, gli effetti pregiudizievoli di tale lacuna probatoria non possono che gravare sulla parte gravata dal relativo onere, ossia sull’attore, ove si tratti di documenti richiesti a supporto dei fatti costitutivi della domanda, e sul convenuto, ove attenga ad elementi fondanti eccezioni di parte. Nel caso di specie, ai fini del riconoscimento della responsabilità della gli attori avrebbero dovuto provare che la falsità – ossia la non corrispondenza tra la firma apposta sui titoli e contabili e quella depositata come specimen in banca – fosse agevolmente evincibile dal cassiere di turno. Difatti, ‘Nel caso di pagamento da parte di una banca di un assegno con sottoscrizione apocrifa, l’ente creditizio può essere ritenuto responsabile non a fronte della mera alterazione del titolo, ma solo nei casi in cui tale alterazione sia rilevabile “ictu oculi”, in base alle conoscenze del bancario medio, il quale non è tenuto a disporre di particolari attrezzature strumentali o chimiche per rilevare la falsificazione, né è tenuto a mostrare le qualità di un esperto grafologo’ (Cass., ord. 19 giugno 2018, n. 16178; nello stesso senso, Cass., sent. 26 gennaio 2016, n. 1377; Cass.,
sent. 4 ottobre 2011, n. 20292). La mancata acquisizione della documentazione necessaria per l’indicata verifica, alla stregua dei principi in diritto innanzi richiamati, non consente pertanto di valutare gli elementi della dedotta responsabilità contrattuale della Non può del resto ritenersi provata l’allegazione degli attori, in ragione della condotta processuale della convenuta, inottemperante all’ordine di esibizione, condotta integrante argomento di prova liberamente valutabile ai sensi dell’art.116, comma 2°, c.p.c., atteso che l’attrice non ha giammai formulato tale richiesta istruttoria nei termini di rito, ossia con il deposito della memoria istruttoria prevista dall’art.183, comma sesto, n.2, c.p.c., sicché l’omessa conservazione oltre il decennio risalendo l’ultimo documento all’11.7.2007 e l’ordine di esibizione, in difetto di istanza di parte, al 3.11.2017 non può essere interpretata come condotta d’ostacolo all’attività difensiva degli attori.
Va da ultimo disattesa la richiesta di rimessione della causa sul ruolo e di ammissione della prova testimoniale, in parte inammissibile, perché vertente su circostanze inerenti le singole operazioni, che avrebbero dovuto essere provate in via documentale (specificamente i capitoli 2- 6, 9 -10) o valutative ( 7, 8), in parte irrilevante ( il capitolo 1, generico e superfluo alla luce della non dimostrata falsità e gli ulteriori relativi al quantum della pretesa risarcitoria in difetto di prova dell’an). Da ultimo, con la memoria di replica del 17.2.2020 gli attori hanno prodotto la sentenza emessa in data 3.2.2014 dal Tribunale Penale di Bari, in composizione monocratica, a definizione del procedimento promosso nei confronti di nel quale procedimento il si è costituto parte civile, per i reati di falsità in scrittura privata e truffa, ex artt. 485 e 640 c.p., in relazione alle vicende poste a base dell’odierno giudizio, nonché quelle dei successivi gravami, pronunciate dalla Corte d’Appello di Bari il 25.9.2015 e dalla Corte di Cassazione il 26.7.2016, la prima delle quali di condanna dell’imputato, la seconda dichiarativa dell’estinzione del reato per prescrizione e la terza di annullamento senza rinvio, quanto agli effetti penali, e con rimessione al Giudice di II grado per le statuizioni civili. La produzione della sentenza di primo grado, secondo gli attori avvalorante la tesi della falsità, deve ritenersi tuttavia inammissibile, in quanto prodotta dopo la scadenza del termine concesso per il deposito delle memorie istruttorie ( 3.6.2014), benché la sentenza fosse stata emessa in data antecedente e fosse nota al , costituitosi parte civile. Deve in ogni caso evidenziarsi che tale produzione non può ritenersi esaustiva, non offrendo altresì riscontro al presupposto dell’agevole riconoscibilità dell’alterazione dei documenti da parte del dipendente dell’ . Per tali ragioni le domande di accertamento della responsabilità contrattuale della convenuta e di risarcimento danni vanno rigettate. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, con applicazione dei parametri minimi del D.M. n.55/2014, in ragione della non particolare complessità della vicenda, in relazione al valore dichiarato’
Preliminarmente , prima di entrare nel merito dei motivi di appello, va delibata l’eccezione di difetto di legittimazione a d agire dell’interventrice , come prospettata dalla difesa di nella propria comparsa conclusionale depositata il 10.3.2025.
In particolare, sostiene l’appellata che la , costituendosi in giudizio si è limitata a qualificarsi, sic et sempliciter, ex socia della senza però documentare, né allegare espressamente di essere succeduta nella posizione giuridica soggettiva che faceva capo alla società cancellata, e senza nemmeno indicare specificamente le ragioni per le quali si sarebbe dovuto ritenere sussistente il relativo fenomeno successorio.
La censura è fondata e merita accoglimento
Sul solco della decisione delle Sezioni Unite del 12 marzo 2013 n. 6070, la giurisprudenza di legittimità è costante nel ritenere che ‘ qualora all’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: a) l’obbligazione della società non si estingue, ciò che sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo’ (Cass. 2024, n. 11411).
Ancora, con ordinanza n. 21071 del 18/07/2023, la cassazione ha ribadito che: ‘ A seguito della cancellazione di una società di persone dal registro delle imprese, la successione dei soci non opera in relazione ai crediti illiquidi e inesigibili non compresi nel bilancio finale di liquidazione, i quali si presumono tacitamente rinunciati a beneficio della sollecita definizione del procedimento estintivo della società, salva la prova contraria da parte di colui che intenda far valere la corrispondente pretesa, senza che assuma rilievo, a tal fine, la dichiarata qualità di ex-socio o di liquidatore, non necessariamente implicante la successione dal lato passivo nel correlativo obbligo ‘
Nella specie, la RAGIONE_SOCIALE ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dagli ex soci di una società di persone, cancellata dal registro delle imprese nel corso del giudizio di appello, in mancanza della dimostrazione che il credito originariamente azionato dalla stessa – il quale, essendo ancora “sub judice”, non poteva considerarsi liquido ed esigibile – non fosse stato implicitamente rinunciato.
Nello stesso senso, si veda Trib. Massa Carrara, sentenza n. 575 del 05/10/2023, rinvenibile sul sito web: ‘ https://www.expartecreditoris.it/wp-content/uploads/2024/02/trib-massa-sent-575-2023.pdf .’
Si è quindi ritenuto che il soggetto che agisce a tutela della pretesa creditoria di una società cancellata dal registro delle imprese abbia l’onere di allegare espressamente e, poi, di dimostrare la propria qualità di avente causa della società, come assegnatario del credito in base al bilancio finale di liquidazione oppure come successore nella titolarità di un credito non inserito nel bilancio e non oggetto di tacita rinuncia, senza che assuma alcun rilievo la dichiarata qualità di ex-socio o di liquidatore, non necessariamente implicante la successione nella posizione giuridica (cfr. Cass., Sez. III, 25/03/2021, n. 8521; 18/07/2023, n. 21071).
Prova che, nel caso di specie, non è stata fornita dalla
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Ne consegue che il credito azionato dalla società considerarsi rinunciato.
deve
Ciò posto può passarsi all’esame della posizione del
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Con i motivi di impugnazione, gli appellanti hanno denunciato:
l’erroneità della sentenza , laddove ha ritenuto non provata la domanda per non aver gli attori ‘ offerto la prova dei fatti a fondamento dell’asserita responsabilità della banca convenuta ed in particolare della pretesa falsità della firma riconducibile al su assegni e distinte bancarie, essendosi limitati a disconoscere le sottoscrizioni apposte sugli assegni e sulle contabili di cui alle pagg. 411 dell’atto di citazione, non fornendo alcun altro elemento probatorio’ (primo e secondo motivo di appello);
l’erroneità della sentenza , laddove il primo giudice, facendo malgoverno della regola di riparto dell’onere della prova, ha posto a carico degli attori la prova che ‘ la non corrispondenza tra la firma apposta sui titoli e contabili e quella depositata come specimen in banca -fosse agevolmente evincibile dal cassiere di turno’. (terzo e quarto motivo di appello).
Ad avviso di questa Corte, l’appello può essere deciso – in applicazione del principio della ‘ ragione più liquida ‘ – sulla base della soluzione di una questione assorbente e di più agevole e rapido scrutinio,
peraltro avente carattere logicamente prioritario, senza che sia necessario esaminare tutte le altre doglianze secondo l’ordine indicato dall’appellante.
In particolare, col terzo e quarto motivo di appello si censura la sentenza nel punto in cui il primo giudice ha rigettato la domanda per non aver gli attori fornito la prova dell’agevole riconoscibilità del carattere apocrifo delle sottoscrizioni da parte dell’Istituto di credito.
Assumono, più in particolare, gli appellanti che tale onere probatorio gravava unicamente sulla banca convenuta, la quale era tenuta a provare di aver adottato un grado di diligenza maggiore improntato a prudenza e attenzione, attesa la connotazione professionale dell’agente.
La censura è destituita di fondamento.
La conclusione cui è pervenuto il Tribunale di Bari è coerente al principio di diritto, consolidato nella giurisprudenza di legittimità, secondo il quale ‘ in caso di pagamento da parte di una banca di un assegno con sottoscrizione apocrifa, l’ente creditizio può essere ritenuto responsabile non a fronte della mera alterazione del titolo, ma solo nei casi in cui tale alterazione sia rilevabile ictu oculi, in base alle conoscenze del bancario medio, il quale non è tenuto a disporre di particolari attrezzature strumentali o chimiche per rilevare la falsificazione, né è tenuto a mostrare le qualità di un esperto grafologo’ (Cass. 2018, n. 16178; Cass. 2011, n. 20292).
La responsabilità della banca convenuta presuppone, infatti, che sia accertata non solo la falsità delle sottoscrizioni sugli assegni di causa ma anche la riconoscibilità di tale falsità da parte dell’istituto di credito.
L’onere della prova circa la riconoscibilità della falsificazione o circa la consegna dei carnet a soggetto palesemente diverso dal correntista grava sulla parte che agisce per il risarcimento del danno (Cass. 2024, n. 27271).
Pertanto, in difetto di tale presupposto, nessuna colpa può imputarsi alla banca, la quale non potrebbe certo essere chiamata a rispondere sulla base di una presunta responsabilità oggettiva.
Come correttamente rilevato dal primo giudice, tal onus probandi -ossia la riconoscibilità dell’eventuale apocrifia delle firme non è stato assolto.
Infatti, contrariamente da quanto sostenuto dagli appellanti, l’accertamento dell’eventuale falsità delle sottoscrizioni in contestazione -circostanza anch’essa rimasta totalmente sprovvista di prova non sarebbe stata sufficiente a fondare una pronuncia di condanna a carico dell’istituto di cr edito
In disparte la circostanza che, a conferma dell’autenticità delle sottoscrizioni contestate , vengono in rilievo alcuni elementi indiziari: in particolare la circostanza che alcuna opposizione agli estratti conto delle mensilità a cui si riferiscono le oltre 200 operazioni in contestazione è stata tempestivamente mossa dalla società e dal suo amministratore unico , neanche al momento di chiusura del conto, avvenuta nel lontano 2009, ovvero ben quattro anni prima dell’inizio del giudizio di primo grado.
Alla luce di tanto, alcuna censura può essere mossa all’operato del Tribunale di Bari che correttamente ha deciso la controversia, oggi al vaglio di questa Corte.
L’infondatezza della censura esime questa Corte – per il suo carattere assorbente dall’esame del merito delle altre censure e contestazioni.
Secondo l’ordinario criterio della soccombenza le spese del doppio grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, vanno poste a carico degli appellanti.
Trattandosi di appello proposto dopo il 30.01.2013, trova applicazione il comma 1quater dell’art. 13 del D.P.R. 115/2002 (introdotto dall’art. 1, co. 17, della Legge di stabilità 24 dicembre 2012, n. 228), che obbliga la parte, proponente un’impugnazione inammissibile, improcedibile o totalmente infondata, a pagare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P. Q. M.
La Corte di Appello di Bari, Sezione Seconda civile, definitivamente decidendo sull’appello principale proposto dalla (cancellata dal Registro delle Imprese), e , avverso la sentenza n. 633/2022 emessa dal
Tribunale di Bari, IV sezione civile, in composizione monocratica, depositata il 16.2.2022 nel giudizio portante il numero di R.G. 16338/2013 così provvede:
1)
Dichiara il difetto di legittimazione attiva dell’interventrice ;
Rigetta l’appello;
Condanna gli appellanti,
(cancellata dal Registro delle
Imprese),
e
a rifondere a ll’
appellata
le spese giudiziali, liquidate per questo grado di giudizio in € 13.078,00 (ho applicato i minimi, con i valori medi il totale è pari a € 26.155,00) oltre al rimborso spese generali, IVA E CAP come per legge;
Dà atto della sussistenza dei presupposti per l’ applicazione, a carico degli appellanti (cancellata dal Registro delle Imprese), e , del comma 1quater dell’art. 13 del D.P.R. 115/2002 (introdotto dall’art. 1, co. 17, della Legge di stabilità 24 dicembre 2012, n. 228), che obbliga la parte, proponente un’impugnazione inammissibile, improcedibile o totalmente infondata, a pagare stessa
un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione.
Così deciso il 20 giugno 2025 in camera di consiglio della Seconda Sezione Civile.
Il Presidente relatore – estensore dott. NOME COGNOME