Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 29026 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 29026 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/11/2025
Oggetto:
intermediazione finanziaria
AC -22/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14742/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOMEAVV_NOTAIO e NOME COGNOME, giusta procura in calce al ricorso;
-ricorrente –
Contro
COGNOME NOME, rappresentato e dife so dall’ AVV_NOTAIO, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
COGNOME NOME
– intimato – avverso la sentenza della Corte di appello di Milano n. 3027/2020,
pubblicata il 23 novembre 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 ottobre 2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE (in prosieguo, breviter : ‘la banca’) ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, avverso la sentenza in epigrafe con cui la Corte di appello di Milano ha riformato la sentenza del Tribunale di Como, condannandola a pagare, in solido con NOME COGNOME e in favore di NOME COGNOME, la somma di euro 80.000,00, oltre accessori, a titolo di risarcimento del danno pari alla perdita subita conseguente alla condotta illecita tenuta dal COGNOME, consulente finanziario della banca, che aveva distratto la somma oggetto di condanna -percepita a mezzo di sei bonifici bancari e di quattro assegni bancari – dalla sua destinazione pattuita ad acquisto di prodotti finanziari.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso, mentre NOME COGNOME è rimasto intimato.
La Corte territoriale, per quanto in questa sede ancora rileva, ha osservato: a) che la sentenza di primo grado andava confermata nella parte in cui aveva accertato l’illecito commesso dal consulente finanziario COGNOME, che si era indebitamente appropriato della somma complessivamente consegnatagli dal COGNOME, distraendola a proprio
e nei confronti di
favore rispetto alla convenuta destinazione a investimento in prodotti finanziari; b) che, contrariamente a quanto argomentato nella sentenza di primo grado, in solido con il COGNOME doveva rispondere dell’illecito anche la banca, sussistendo il nesso di occasionalità necessaria, desumibile nella specie dall ‘ indubbia attribuzione al COGNOME della qualifica di consulente finanziario della banca, ricavabile dalla sottoscrizione da parte del COGNOME di contratti di negoziazione titoli e di gestione del portafoglio con la banca (i rendiconti consegnati al COGNOME dal COGNOME recavano l’ intestazione della banca), che si avvaleva per la relativa stipulazione del suo consulente e dall’appropriazione da parte del COGNOME delle somme consegnate per la gestione del portafoglio di investimento (perpetrata attraverso la presentazione di falsi rendiconti identici a quelli veri provenienti dalla banca); b) che tale condotta del promotore era stata resa possibile dalla spendita di tale qualità, sicché del danno doveva rispondere anche la banca, che aveva delegato l’ attività al suo rappresentante e aveva così ingenerato nel COGNOME un legittimo affidamento circa la riferibilità a essa stessa dell’attività del promotore , omettendo del resto di vigilare sull’operato del proprio promotore (attinto in un periodo precedente da sentenza definitiva di condanna per il reato di appropriazione indebita per analoga attività illecita e incurante del fatto che vari clienti della banca avessero cessato i propri investimenti procacciati dal COGNOME); c) che nessuna responsabilità, né esclusiva, né concorrente, poteva essere addebitata al COGNOME, siccome non era emersa alcuna circostanza idonea a far ritenere sussistente un atteggiamento doloso, o anche solo colposo, del cliente nella fattispecie concreta, posto che il promotore aveva agito nell’ambito dei propri poteri e nessun elemento di anomalia risultava essere stato dimostrato al fine di far scattare il dovere di vigilanza dell’investitore.
4. La ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1. Il ricorso lamenta:
a) Primo motivo: «1. Violazione e falsa applicazione ex art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c. per degli artt. 2049 c.c. e 31, comma 3 del TUF in combinato disposto con l’art. 2729 c.c. », deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha ritenuto sussistere il nesso di occasionalità senza esaminare la fattispecie specifica concreta, ossia senza valutare che le appropriazioni indebite da parte del consulente finanziario riguardavano sei disposizioni di bonifici bancari disposte online mediante l’uso delle credenziali di accesso personali al servizio di banca digitale o home banking attivate dal cliente e mediante quattro assegni bancari emessi dal cliente in favore del consulente finanziario in contrasto con la prassi operativa della banca circa le emissioni di mezzi di pagamento intestati all’intermediario.
Il motivo è infondato nella parte in cui lamenta la falsa applicazione dell’art. 2049 cod. civ in tema di valutazione del c.d. ‘nesso di occasionalità necessaria ‘ . Le affermazioni della Corte territoriale sono, infatti, in linea con la condivisibile giurisprudenza di questa Corte (Sez. 6-3, Ordinanza n. 31453 del 25/10/2022) secondo cui, in tema di intermediazione finanziaria, la banca risponde dei danni arrecati a terzi dai propri incaricati nello svolgimento delle incombenze loro affidate, quando il fatto illecito commesso sia connesso per occasionalità necessaria all’esercizio delle mansioni; un ‘ occasionalità che sussiste per l’affidamento che il cliente ripone nel rapporto che la banca ha instaurato con il proprio collaboratore (dipendente o autonomo che sia) e che non viene meno per il fatto che il preposto, abusando dei suoi poteri,
abbia agito per finalità estranee a quelle del preponente (cfr. Sez. 3, Ordinanza n. 30161 del 22/11/2018). Tale nesso viene meno, infatti, solo quando il cliente possa chiaramente percepire che il preposto, abusando dei suoi poteri, agisce per finalità estranee a quelle del preponente, ovvero quando il medesimo danneggiato è consapevolmente coinvolto nell’elusione della disciplina legale da parte del promotore o presta consapevole acquiescenza all’irregolare agire dello stesso (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 857 del 17/01/2020).
In relazione a tale ultimo aspetto, va rilevato che il motivo in esame è inammissibile, perché mostra di non confrontarsi efficacemente con la sentenza impugnata, la quale ha ben avuto presente le modalità di formazione della provvista di cui il consulente si è appropriato (sei bonifici e quattro assegni), ma ha chiaramente motivato nel senso di non avere ritenuto tale elemento rilevante ai fini dell’ interruzione del nesso di occasionalità necessario. Del resto, la censura in esame si limita a lamentare presunte anomalie nelle modalità di formazione della provvista, ma non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata, che ha accertato che il danno è stato causato dal comportamento del consulente che, avvalendosi dell’affidamento ingenerato dallo svolgimento dell’attività per conto della banca, aveva indotto il cliente a confidare nella corretta utilizzazione delle somme versate proprio a tale esclusivo fine, identificando il titolo di occasionalità necessaria in ben altre circostanze (la qualifica del COGNOME di consulente finanziario della banca, la sottoscrizione da parte del COGNOME di contratti di negoziazione titoli e di gestione del portafoglio su moduli intestati alla banca). Una valutazione del complessivo quadro probatorio
che è riservata al giudice del merito e che non è censurabile in questa sede nei modi esposti nel motivo in esame.
b) Secondo motivo: «2. Nullità della sentenza ex art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c., per violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c. nonché per motivazione apparente», deducendo nullità della sentenza di primo grado e l’apparenza della motivazione della sentenza di secondo grado in cui la Corte territoriale ha accertato una corresponsabilità diretta della banca per omessa vigilanza sul preposto; domanda che non era stata proposta nel primo grado di giudizio e che non risultava rassegnata nelle conclusioni dell’atto di appello basandosi, peraltro, la decisione sulla carenza di controlli, argomentata in maniera illogica e viziata, siccome fondata su elementi probatori del tutto inconferenti rispetto allo specifico caso concreto.
La censura è infondata: invero, la giurisprudenza di questa Corte, a far data da Cass. S.U. n. 22232 del 2016, si è attestata nell’affermare che la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo , quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. 6-5, Ordinanza n. 13977 del 23/05/2019; id. Sez. L, Ordinanza n. 3819 del 14/02/2020; id. Sez. 1, ordinanza n. 18793 del 02/07/2021; id. Sez. 5, sentenza n. 20140 del 15/07/2021; Sez. 6-1, Ordinanza n. 6758 del 01/03/2022). Tale condizione non ricorre nella fattispecie in esame, ove la Corte territoriale ha chiaramente motivato in
maniera del tutto comprensibile e riconoscibile le ragioni del proprio convincimento in relazione alla sussistenza del nesso di occasionalità necessaria, sostanzialmente escludendo qualsivoglia anomalia della serie causale idonea a interromperlo.
E ciò del tutto a prescindere dalla questione dell’omessa vigilanza sull’ operato del consulente, che è un argomento che la Corte territoriale spende a fortiori rispetto alle altre considerazioni già svolte per ritenere sussistente la responsabilità della banca in solido con quella del suo consulente.
c) Terzo motivo: «3. Violazione e falsa applicazione ex art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c. dell’art. 1227 c.c.», deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha escluso il concorso di colpa del COGNOME, senza valutare la fattispecie in contestazione e, in particolare, la mancata custodia dei codici personali di accesso al sistema di home banking del cliente e il negligente, oltre che improvviso, mutamento della condotta del cliente sulla consegna dei mezzi di pagamento intestati al consulente finanziario invece che alla banca.
Il motivo è inammissibile, perché totalmente versato in fatto e teso a far compiere a questa Corte di legittimità un nuovo scrutinio del materiale probatorio, in assenza di qualsivoglia allegazione della sussistenza di un’ erronea interpretazione delle prove, secondo i canoni ermeneutici, o di falsa applicazione dei principi di gerarchia delle prove. La Corte territoriale ha chiaramente mostrato di ben avvedersi delle allegazioni difensive formulate dalla banca a sostegno della propria tesi che addebitava al cliente un comportamento tale da aver interrotto il nesso causale e addirittura concausato il danno, ma ha altrettanto chiaramente concluso con il ritenere che i fatti allegati e provati escludessero
una tale eventualità, avendo identificato altri e diversi elementi probatori (condanna penale del COGNOME, analogo comportamento in danno di altri clienti della medesima banca) a sostegno del proprio diverso convincimento. Un accertamento di fatto, riservato al giudice di merito e incensurabile in questa sede di legittimità.
Le spese di lite della presente fase di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come indicato in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto (Cass. S.U., n. 4315 del 20 febbraio 2020).
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna RAGIONE_SOCIALE a rifondere a COGNOME NOME le spese della presente fase di legittimità, che liquida in complessivi euro 6.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 22 ottobre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME
r.g. n. 14742/2021 Cons. est. AVV_NOTAIO