Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25109 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25109 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10064/2022 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall ‘ avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE domiciliato digitalmente come per legge – ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante in carica, elettivamente domiciliata in ROMA alla INDIRIZZO presso lo studio dell ‘ avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende unitamente all ‘ avvocato NOMECODICE_FISCALE, domiciliati digitalmente come per legge
– controricorrente –
nonché contro
SOCIETÀ RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante in carica, elettivamente domiciliata in ROMA alla INDIRIZZO presso lo studio dell ‘ avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE e COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, domiciliati digitalmente come per legge
– controricorrente –
nonché contro
NOME COGNOME
– intimato –
udita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 10/07/2025, dal Consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE (in prosieguo: RAGIONE_SOCIALE impugna, con cinque motivi di ricorso, la sentenza della Corte d ‘ appello di Trieste, n. 50 del 9/02/2022, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Gorizia n. 276 del 28/06/2018, che, a sua volta, aveva condannato la RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore della RAGIONE_SOCIALE (in seguito RAGIONE_SOCIALE) della somma di oltre settantaseimila euro. Tale somma la detta compagnia assicuratrice aveva dovuto corrispondere, in esecuzione di contratto di assicurazione, alla propria assicurata RAGIONE_SOCIALE (d ‘ innanzi: SBE) a seguito della mancata consegna di merci che questa aveva affidato all ‘ allora NOME RAGIONE_SOCIALE per il trasporto, poi affidato a un subvettore, tal COGNOME. Con la stessa sentenza era stata rigettata la domanda di manleva da parte della COGNOME nei confronti della propria compagnia di assicurazione RAGIONE_SOCIALE (in seguito: Cattolica).
Rispondono con separati controricorsi la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE
NOME COGNOME è rimasto intimato.
La ricorrente ha depositato memoria per l ‘ adunanza camerale del 10/07/2025, alla quale il ricorso è stato trattenuto per la decisione e il Collegio ha riservato il deposito dell ‘ ordinanza nel termine di sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare il Collegio rileva che la copia depositata dalla ricorrente della sentenza impugnata è aglifica, ossia priva dei dati identificativi normalmente impressi dal sistema informatico e che ne consentono l ‘ identificazione mediante numero di ruolo e data di pubblicazione, ma sul punto non vi è contestazione tra le parti costituite, cosicché deve ritenersi che esse concordino
R.g. n. 10064 del 2022 Ad. 10/07/2025; estensore: C. Valle
nell ‘ identificazione del provvedimento e sulla data di pubblicazione, identificata nel 9/02/2022 (tanto bastando a superare la rilevata carenza: Cass. n. 12971 del 13/05/2024 Rv. 671148-01); pertanto, il termine di sessanta giorni, risultando la sentenza notificata il successivo 11/02/2022, veniva a scadere il 12/04/2022: e il ricorso è stato notificato alla RAGIONE_SOCIALE il 8/04/2022, con conseguente tempestività dell ‘ impugnazione.
I motivi di ricorso sono i seguenti.
Nullità della sentenza, ai sensi dell ‘ art. 360, comma primo, n. 4, c.p.c., per violazione degli artt. 183 e 345 c.p.c., nella parte in cui la Corte d ‘ appello ha dichiarato l ‘ inammissibilità dell ‘ eccezione di carenza di legittimazione passiva della RAGIONE_SOCIALE
II) Violazione e (o) falsa applicazione, ai sensi dell ‘ art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c., dell ‘ art. 1693 c.c. e (o) nullità della sentenza, ai sensi dell ‘ art. 360, comma primo, n. 4, c.p.c., per violazione dell ‘ art. 132, comma secondo, n. 4, c.p.c., nella parte in cui la Corte d ‘ appello ha ritenuto che la COGNOME fosse direttamente responsabile della perdita della merce trasportata dal subvettore Napolano, non valutando adeguatamente la ricorrenza del caso fortuito.
III) Violazione e (o) falsa applicazione, ai sensi dell ‘ art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c., dell ‘ art. 2697 c.c. e (o) nullità della sentenza, ai sensi dell ‘ art. 360, comma primo, n. 4, c.p.c., per violazione dell ‘ art. 132, comma secondo, n. 4, c.p.c., nella parte in cui la Corte d ‘ appello ha consentito alla RAGIONE_SOCIALE di provare il danno asseritamente subito mediante la produzione di fatture non direttamente riferite alla spedizione in favore della RAGIONE_SOCIALE e, peraltro, nemmeno inerenti a merce oggetto della spedizione di cui è causa.
IV) Violazione e (o) falsa applicazione, ai sensi dell ‘ art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c., dell ‘ art. 1696, comma secondo, c.c., per avere la Corte d ‘ appello ritenuto non operante nel caso di specie la limitazione stabilita dalla richiamata norma del codice civile in ordine
all ‘ indennizzo effettivamente erogabile in favore del mittente in caso di smarrimento della merce spedita, procedendo alla liquidazione integrale secondo il valore di mercato delle merci.
V) Violazione e (o) falsa applicazione, ai sensi dell ‘ art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c., dell ‘ art. 2697 c.c., per avere la Corte di Appello ritenuto che la Cattolica abbia assolto all ‘ onere della prova su di essa gravante ai fini dell ‘ operatività dell ‘ art. 4 della Condizione aggiuntiva C della polizza assicurativa stipulata.
Il primo motivo è inammissibile, poiché la RAGIONE_SOCIALE aveva un duplice titolo di legittimazione: il pagamento e la cessione del credito da parte della propria assicurata RAGIONE_SOCIALE, destinataria della spedizione di bulloneria non andata a buon fine; e il motivo di ricorso censura soltanto l ‘ asserito mancato pagamento alla SBE, ma trascura del tutto l ‘ altro titolo legittimante. Deve, invero, ribadirsi che (Sez. U. n. 16602 del 8/08/2005; Cass. n. 13880 del 06/07/2020 Rv. 658309 01; Cass. n. 14740 del 13/07/2005 Rv. 582931 – 01), allorquando la sentenza assoggettata ad impugnazione sia fondata su due diverse ragioni del decidere ( rationes decidendi ), idonee entrambe a giustificarne autonomamente le statuizioni, la circostanza che l ‘ impugnazione sia rivolta soltanto contro una di esse, e non attinga l ‘ altra, determina una situazione nella quale il giudice dell ‘ impugnazione (ove naturalmente non sussistano altre ragioni di rito ostative all ‘ esame nel merito dell ‘ impugnazione) deve prendere atto che la sentenza, in quanto fondata sulla ratio decidendi non criticata dall ‘ impugnazione, è passata in cosa giudicata e desumere, pertanto, che l ‘ impugnazione non è ammissibile per l ‘ esistenza del giudicato, piuttosto che per carenza di interesse.
D’altra parte, se è vero che una mera difesa può dispiegarsi senza limiti di tempo, tanto deve pur sempre avvenire nel rispetto delle preclusioni assertive o, comunque, della legittima facoltà della controparte di reagire, anche tenendo conto della condotta di chi poi quella difesa sviluppa; e, del resto, la questione della legittimazione
è stata comunque esaminata nel merito, con valutazione di documenti non adeguatamente attinta dalle censure.
Il secondo motivo è inammissibile, in quanto con esso la NOME chiede che siano censurate le valutazioni in fatto dei giudici di merito in ordine all ‘ insussistenza del caso fortuito che avrebbe assunto efficacia scriminante a suo vantaggio, nel senso dell ‘ esclusione della sua responsabilità per la mancata consegna della merce affidatale dalla RAGIONE_SOCIALE per il trasporto. Inoltre, si sofferma su profili processuali, quali la mancata ammissione delle prove, del tutto irrilevanti, non essendo le prove articolate, sebbene riportate nella loro specifica articolazione in ricorso, conducenti ai fini della prova del fortuito, poiché tutte vertenti su circostanze non specificamente relative ad esso, ossia all ‘ insorgenza di una causa esterna all ‘ ambito di controllo della stessa COGNOME o del subvettore COGNOME, della cui attività la società impugnante rispondeva. Ciò in quanto, nel trasporto di merci, il vettore che, come nella specie, obbligatosi ad eseguire il trasporto delle cose dal luogo di consegna a quello di destinazione in contratto, si avvale dell ‘ opera di altro vettore, con il quale conclude in nome e per conto proprio un ulteriore o separato contratto, risponde della regolarità dell ‘ intero trasporto nei confronti del caricatore e del mittente, restando obbligato anche per il ritardo, la perdita o l ‘ avaria imputabili al subvettore (Cass. n. 13374 del 29/05/2018 Rv. 649034 – 01; Cass. n. 19050 del 12/12/2003 Rv. 568841 – 01).
Il terzo motivo, vertente sulla prova del danno, non censura la decisione adeguatamente ai sensi dell ‘ art. 132, comma secondo, n. 2 c.p.c. e, comunque, la motivazione offerta dalla Coorte territoriale, in ordine alla stima delle merci trasportate, è ampiamente superiore al minimo costituzionale (Sez. U n. 8053 del 07/04/2014 Rv. 629830 – 01: Cass. n. 23940 del 12/10/2017 Rv. 645828 – 01). Invero, nella specie può agevolmente ritenersi che il riferimento alle fatture, sebbene non riferibili allo specifico rapporto contrattuale, è stato
effettuato dai giudici del merito, a fini deduttivi, ossia per la stima della merce non consegnata alla SBE, vale a dire (Cass. n. 4732 del 24/07/1986 Rv. 447436 – 01; Cass. n. 1466 del 29/03/1978 Rv. 390843 – 01) secondo il prezzo corrente delle cose trasportate nel luogo e nel tempo della riconsegna, e non è stato operato, dai giudici del merito -che hanno pure tenuto nella dovuta considerazione la circostanza dell’intervenuta cessione del credito azionato alcun indebito spostamento dell ‘ onere della prova. Invero, la censura relativa alla violazione dell ‘ art. 2697 c.c., è posta in modo erroneo poiché la violazione del precetto di cui all ‘ art. 2697 c.c., censurabile per cassazione ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., è configurabile soltanto nell ‘ ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l ‘ onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti, sindacabile, quest ‘ ultima, in sede di legittimità, entro i ristretti limiti dell ‘ art. 360, comma primo, n. 5 c.p.c. (Cass. n. 13395 del 29/05/2018 Rv. 649038 – 01; Cass. n. 15107 del 17/06/2013 Rv. 626907 – 01).
Il quarto motivo -se non inammissibile per la natura fattuale (e, quindi, qui incensurabile) della valutazione dell’elemento soggettivo del vettore e del subvettore -è infondato, trattandosi di clausola limitativa di responsabilità, secondo la previsione dell ‘ art. 1696, comma secondo, c.c. alla quale rinvia il contratto, non utilmente opponibile alla NOME, perché il fatto doloso dell ‘ ausiliario, ossia del COGNOME, è direttamente imputabile alla NOME e inoltre, stante la colpa grave, adeguatamente individuata dai giudici di merito, della COGNOME nella scelta dell ‘ ausiliario, posto che non era più stato possibile rintracciare il COGNOME o il conducente dell ‘ autotrasporto dopo che questi avevano preso in consegna la merce da trasportare alla SBE, non vi era possibilità di applicare
alcuna limitazione di responsabilità o franchigia, ai sensi dell ‘ art. 1696, comma quarto c.c.
Il quinto motivo di ricorso, relativo alla sola Cattolica, è inammissibile, per le stesse ragioni per le quali lo è il terzo motivo.
Infatti, la censura è proposta erroneamente ai sensi dell’art. 360, comma primo, c.p.c. in relazione all’art. 2697 c.c., ossia è volta ad ottenere una diversa valutazione delle risultanze di merito.
Al riguardo, la decisione dei giudici di merito risulta essere stata motivata sulla base delle prove ritualmente acquisite in giudizio e versate in parte in atti dalla stessa RAGIONE_SOCIALE, quali la richiesta del Pubblico Ministero e il coerente decreto di archiviazione del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Gorizia, e da essi non può inferirsi in alcun modo una efficacia scriminante sulla posizione della Manfreda, poiché entrambi gli atti procedimentali di ambito penale sopra richiamati, nelle parti rilevanti riportate nel controricorso della Cattolica, hanno comunque riferimento a omissioni di controllo da parte della Manfreda.
Il ricorso è, pertanto, rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza della ricorrente e, tenuto conto dell ‘ attività processuale espletata in relazione al valore della controversia, sono liquidate come da dispositivo, in favore di ciascuna delle parti controricorrenti.
Nulla per le spese nei confronti del COGNOME che è rimasto intimato.
La decisione di rigetto del ricorso comporta che deve attestarsi, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente e in favore del competente Ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida, in favore di ciascuna controparte, in euro 5.800,00, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15%, oltre CA e IVA per legge.
Ai sensi dell ‘ art. 13 co. 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente e in favore del competente Ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del co. 1bis , dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di