Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25389 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25389 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2859/2022 R.G. proposto da : NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO NOME COGNOMEINDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, con domiciliazione digitale ex lege
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME-) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, con domiciliazione digitale ex lege .
nonchè contro
COGNOME
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CATANZARO n. 1102/2021 depositata il 30/07/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso notificato il 17 gennaio 2022 COGNOME NOME impugna per cassazione la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro pubblicata il 30 luglio 2021. COGNOME NOME ha notificato controricorso.
La controversia veniva incardinata in primo grado dall’odierno ricorrente, unitamente a NOME COGNOME al fine di ottenere l’accertamento dell’inadempimento dei controricorrenti, in quanto proprietari dell’immobile sottostante, agli obblighi derivanti dal decreto col quale il Tribunale aveva disposto l’esecuzione dell’intervento di manutenzione straordinaria del solaio di un bene comune a causa di problematiche connesse alla sua stabilità, con condanna per all’esecuzione dei lavori descritti nell’A.T.P. e con spese a carico di entrambe le parti nella misura del 50%.
il Tribunale di Lamezia Terme accoglieva la domanda proposta da NOME e NOME NOME e condannava i convenuti ad acconsentire -prestando la necessaria attività di collaborazione, anche in termini di contribuzione alle spese nella misura di legge -all’esecuzione dell’intervento di manutenzione del bene comune,
costituito dal solaio di interpiano, sulla scorta della tipologia prevista dal c.t.u. Inoltre, condannava il ricorrente al risarcimento dei danni per avere determinato, per sua negligenza, l’allagamento dell’immobile sottostante detenuto dagli odierni resistenti, i quali avevano svolto domanda riconvenzionale sul punto.
Avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Lamezia Terme, COGNOME Salvatore proponeva appello lamentando 1) la omessa pronuncia sulla domanda di condanna dei convenuti per mancato godimento dell’immobile -violazione dell’art. 115 comma 2 c.p.c., come novellato dalla legge 69/09; 2) l’ errata applicazione e violazione degli artt. 2043 e 2051 c.c. -omessa e/o insufficiente motivazione ed errata valutazione delle risultanze istruttorie sulla richiesta di risarcimento danni proposta dai convenuti.
La Corte d’appello rigettava l’appello e confermava la sentenza impugnata.
Il ricorso è affidato a tre motivi
MOTIVI DELLA DECISIONE
I° MOTIVO: con tale mezzo il ricorrente deduce la ‘violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ed in particolare dell’art. 116 c.p.c., dell’art. 1218 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3, poiché la Corte territoriale avrebbe attribuito alla consulenza tecnica un’affermazione parziale e non coerente con il suo reale contenuto’ Il ricorrente lamenta il mancato accoglimento della domanda di condanna di Barone NOME e COGNOME NOME al pagamento della somma di €.11.250, a titolo di risarcimento danni per non aver potuto usufruire dell’immobile a causa della indisponibilità di questi ultimi a effettuare i lavori di risanamento del solaio comune.
II° MOTIVO: con tale mezzo si denuncia la ‘violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ed in particolare dell’art. 115 c.p.c. e 167 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 3’, perché la Corte
territoriale avrebbe negato il diritto al risarcimento del danno in favore di COGNOME Salvatore in assenza di una specifica contestazione all ‘an ed al quantum da parte dei signori COGNOME e COGNOME. Lamenta in particolare che la Corte territoriale non abbia tenuto conto della circostanza che la richiesta di risarcimento danni, non è mai stata specificatamente contestata dalle controparti, sia in sede di primo grado che di gravame.
I motivi primo e secondo vanno unitariamente considerati in quanto attinenti alla medesima questione. Essi sono inammissibili.
In merito al lamentato danno da mancato utilizzo del bene il giudice dell’appello, alla luce delle risultanze istruttorie, ha ritenuto infondata la domanda risarcitoria, essendosi il ricorrente odierno limitato ad allegare soltanto il pregiudizio da mancato godimento dell’immobile, senza provarlo. In ogni caso, ha ritenuto che il predetto danno fosse stato escluso dagli accertamenti compiuti dal c.t.u. il quale ha affermato che le travi portanti sono state trovate sia in testata che in mezzeria in stato di conservazione generalmente soddisfacente, senza particolari patologie dovute ad eccessive deformazioni o deterioramento delle teste per infiltrazioni .
Il primo motivo è inammissibile in quanto tende a contrapporre una diversa valutazione in fatto, censurando l’esito della valutazione probatoria in termini di omessa valutazione delle circostanze del caso. Inoltre, non si confronta con la doppia ratio decidendi espressa sul punto dal giudice, dimostrandosi la censura non in grado di mettere in crisi l’intero impianto motivazionale.
Il secondo motivo, invece, assumendo che la mancata contestazione determini il raggiungimento della prova, non si confronta con la giurisprudenza che ha sancito che nel caso in cui difetti la contestazione di una parte a fronte dell’allegazione specifica dell’altra parte, non sussiste per il giudice del merito un
vincolo di meccanica conformazione, in quanto questi può sempre rilevare l’inesistenza della circostanza in tal modo allegata ove ciò emerga dagli atti di causa e dal materiale probatorio raccolto, tanto più che se le prove devono essere valutate dal giudice secondo il suo prudente apprezzamento, a “fortiori” ciò vale per la valutazione della mancata contestazione (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 15288 del 31/05/2023; Cass. Sez. 2 -, Ordinanza n. 42035 del 30/12/2021).
III° MOTIVO: con tale mezzo si deduce la ‘violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ed in particolare dell’art. 2051 c.c. in relazione all’art. 360, n. 3’, perché la Corte territoriale avrebbe condannato il ricorrente al risarcimento del danno subito dai sig.ri COGNOME ritenendo il danno direttamente causato dalla res e non da terzi’, censurando la parte di sentenza secondo cui nessun rilievo rivestirebbe la circostanza che la causa dell’evento dannoso (allagamento) sia da imputare a terzi, in quanto non dimostrata, né accertata dai CC o dai VV.FF.
La Corte d’appello ha ritenuto evidente la negligenza di COGNOME per aver lasciato aperta la porta di ingresso nel corso dei lavori di ristrutturazione della soffitta -come emerge dalla relazione dei Carabinieri di Girifalco – fatto che avrebbe consentito a ignoti di introdursi all’interno dell’abitazione e provocare il danno. A riguardo, il giudice di merito ha considerato irrilevante che l’evento di danno fosse attribuibile a ignoti, perché, quanto alla circostanza che il COGNOME non sarebbe responsabile, nemmeno ai sensi dell’art. 2051 c.c., per aver commissionato lavori di ristrutturazione a una ditta che aveva le chiavi dell’immobile, ha rilevato che -in disparte il difetto di qualsiasi prova dell’allegato contratto d’appalto -è pacifico che nei confronti dei terzi il committente è sempre gravato da responsabilità ex art. 2051 c.c. che non è esclusa dalla consegna dell’immobile all’appaltatore ( ex multis , Cass. 7553/21, n. 30729/19; n. 23442/18,): unico limite è rappresentato dal caso fortuito, non provato nella fattispecie, caso fortuito che non
escluderebbe le ulteriori responsabilità ex art. 2043 c.c. del committente e/o dell’appaltatore.
Il motivo, invero, non è in grado di attingere la doppia ratio decidendi contenuta nella sentenza, là dove ha ritenuto irrilevante che la condotta causatrice sia attribuibile a terzi rimasti ignoti, essendo rilevante la negligenza, valevole anche ai sensi dell’art. 2043 c.c., attribuibile al proprietario che lasci accessibile l’immobile.
Pertanto, la censura è inammissibile per difetto di specificità ex art. 366 n. 4 c.p.c., non essendosi confrontata adeguatamente con la suddetta motivazione. La sentenza, infatti, risulta sorretta da due diverse ” rationes decidendi “, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata. Sicché l’inammissibilità del motivo di ricorso attinente ad una di esse rende irrilevante l’esame dei motivi riferiti all’altra, i quali non risulterebbero in nessun caso idonei a determinare l’annullamento della sentenza impugnata, risultando comunque consolidata l’autonoma motivazione oggetto della censura dichiarata inammissibile (Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 15399 del 13/06/2018; Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 5102 del 26/02/2024).
Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente alle spese del procedimento di cassazione, liquidate come di seguito in base alle tariffe vigenti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.700,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 05/05/2025.
Il Presidente NOME COGNOME