Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15752 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15752 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11906/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO/O RAGIONE_SOCIALE, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
COGNOME elettivamente domiciliat a all’ indirizzo PEC del difensore iscritto nel REGINDE, l’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrente
e
ricorrente incidentale-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 3355/2019 depositata il 04/07/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/10/2024 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con delibera n. 20506 del 28/6/2018, notificata con pec del 31/10/2018, unitamente all’atto di accertamento, la CONSOB dispose la radiazione di NOME dall’Albo unico dei Consulenti Finanziari, contestando le seguenti violazioni:
-dell’art. 107, comma 1 del Regolamento Intermediari, per avere concorso con COGNOME NOME nella distrazione di somme di denaro di alcuni clienti, per avere richiesto e falsificato le firme a loro insaputa, per avere richiesto l’emissione di carte prepagate e l’apertura dei relativi conti correnti tecnici presso filiali della Banca Monte dei Paschi di Siena, per aver svolto attività di offerta fuori sede in assenza di mandato e per avere domiciliato presso la propria residenza la corrispondenza di una cliente;
-dell’art. 108, comma 4 del Regolamento Intermediari per non avere osservato gli obblighi identificativi nei confronti di alcuni clienti e per avere consentito a COGNOME NOME di seguirli direttamente nello svolgimento dell’attività di offerta fuori sede;
-dell’art. 108, comma 7, per avere trattenuto i codici personali di accesso telematico di alcuni clienti e averli utilizzati senza le cautele prescritte.
1.1. Contro tale delibera, COGNOME NOME propose opposizione innanzi la Corte di Appello di Milano, chiedendone l’annullamento e, in via subordinata, l’applicazione di una sanzione meno grave.
COGNOME NOMECOGNOME destinatario del medesimo provvedimento di radiazione, non propose opposizione.
1.2. In primo luogo, NOME COGNOME dedusse la violazione degli artt. 4, comma 2, e 8, comma 6 del Regolamento generale sui procedimenti
sanzionatori della CONSOB, adottato con Delibera n. 18750 del 19.12.2013, per il superamento del termine di conclusione del procedimento sanzionatorio. NOME COGNOME sostenne che il procedimento amministrativo sanzionatorio innanzi alla CONSOB si fosse concluso oltre il termine di 200 giorni fissato dalla stessa CONSOB nel Regolamento come autolimite a presidio dell’efficienza e della celerità del procedimento e a garanzia della posizione dell’incolpato.
1.3. Ulteriore motivo di opposizione riguardava il difetto di motivazione del provvedimento, con riferimento all’accertamento della sua responsabilità, in quanto tali operazioni sarebbero riconducibili esclusivamente a COGNOME NOME, con il quale era separata sin dal 2014, sottolineando, quindi, che tutti gli investitori coinvolti erano clienti esclusivi del COGNOME, il quale era il loro promotore finanziario da lungo tempo.
Con sentenza del 29.7.2019, la Corte d’Appello di Milano accolse l’opposizione e per effetto annullò la delibera di radiazione.
2.1. Accertata la tempestività della delibera sanzionatoria, la Corte distrettuale ritenne che NOME avesse avuto un ruolo marginale nelle condotte illecite contestate in concorso con NOME COGNOME il quale risultava essere il principale responsabile della gestione ed amministrazione del portafoglio dei clienti coinvolti.
In particolare, NOME COGNOME aveva presentato querela esclusivamente nei confronti di NOME COGNOME che era stata successivamente ritirata a seguito di transazione con il medesimo, mentre nessuna azione era stata proposta nei confronti di NOME COGNOME
I clienti NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME avevano conferito procura generale a COGNOME NOME, sicchè l’attività svolta era riconducibile a quest’ultimo.
NOME COGNOME e NOME COGNOME erano clienti di NOME COGNOME ma le operazioni finanziarie risultavano espressamente autorizzate dai medesimi mediante sottoscrizione dei moduli di investimento.
In definitiva, la Corte di Appello ritenne che l’attività del COGNOME fosse prevalente rispetto a quella svolta da NOME COGNOME e che del suo coinvolgimento vi fossero mere tracce, da cui non potesse desumersi, neppure in via presuntiva, la prova della commissione degli illeciti contestati.
La CONSOB ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello sulla base di sei motivi.
NOME NOME ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale condizionato sulla base di un unico motivo.
La CONSOB ha presentato controricorso, chiedendo il rigetto del ricorso incidentale condizionato.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
In prossimità della camera di consiglio, entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Deve essere preliminarmente rigettata l’eccezione, proposta dalla controricorrente, di inesistenza e/o nullità della procura speciale perché rilasciata al difensore della CONSOB in data antecedente a quella apposta in calce al ricorso principale.
1.1. Sulla questione della legittimità del conferimento della procura in data anteriore al ricorso, deve essere richiamato il consolidato principio espresso da questa Corte, secondo cui la procura speciale
per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita in epoca anteriore alla notificazione dello stesso, investire espressamente il difensore del potere di proporre il ricorso suddetto ed essere rilasciata in data successiva alla sentenza oggetto di impugnazione. Deriva da quanto precede che è irrilevante che la procura sia stata conferita in data anteriore a quella della redazione del ricorso e non sia stata indicata la data del suo rilascio, non essendo tale requisito previsto a pena di nullità (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 5577 del 26/02/2019; Cass., Sez. 2, 17/03/2017, n. 7014; Cass., Sez. L, Sentenza n. 19560 del 13/09/2006).
1.2. Nel caso di specie non è viziata da nullità la procura speciale rilasciata dalla CONSOB al difensore in data 27.2.2020, prima della data della notifica del ricorso, avvenuta il 28.2.2020.
Con il primo motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza per difetto di motivazione, ai sensi dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.
La CONSOB denuncia la nullità della sentenza per difetto assoluto di motivazione o per motivazione apparente in merito all’assenza di prova del coinvolgimento di NOME negli illeciti disciplinari contestati in concorso con il coniuge COGNOME NOMECOGNOME
La CONSOB lamenta che, in relazione alle singole condotte, la Corte d’appello non abbia fornito una motivazione adeguata, limitandosi ad affermare in modo apodittico, che le condotte illecite erano riferibili esclusivamente ad NOME COGNOME in quanto procuratore speciale dei clienti, senza esplicitare le ragioni per le quali avesse escluso il concorso di NOME COGNOME
In particolare, riguardo alla posizione del cliente NOME COGNOME, la circostanza che la transazione fosse stata conclusa
unicamente con NOME COGNOME non consentirebbe di comprendere l’estraneità dell e condotte ascritte a NOME COGNOME
Parimenti, il rilascio di procure generali da alcuni clienti a COGNOME COGNOME non sarebbero idonee ad esimere NOME COGNOME dagli obblighi posti a suo carico quale intermediaria finanziaria dei predetti in relazione alle condotte di distrazione di somme, emissione di carte prepagate, esecuzione di operazioni non autorizzate e fuori sede, nonché inosservanza degli obblighi identificativi dei clienti medesimi.
Infine, la CONSOB sottolinea che la coscienza e volontà degli illeciti sanzionati prescinde dal comportamento di molti clienti che avevano definito la loro posizione unicamente con NOME COGNOME senza avanzare alcuna doglianza nei confronti di NOME COGNOME né costituirebbe causa di esonero della responsabilità l’asserita convenienza delle operazioni bancarie svolte per conto di loro.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., oltre all’omesso esame di documenti dai quali risulterebbe che le contestazioni riguardavano le posizioni di soggetti che erano clienti di NOME COGNOME e non di NOME COGNOME.
Con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. per omessa motivazione in ordine ai numerosi indizi da cui emergerebbe la responsabilità degli illeciti contestati a NOME COGNOME, indizi che sarebbero stati valutati dalla Corte d’appello in modo autonomo ed isolato e non complessivamente; la Corte d’appello, pur avendo accertato la presenza di ‘tracce’ del possibile coinvolgimento di NOME COGNOME nelle operazioni contestate, non avrebbe fatto corretta applicazione del metodo di valutazione della prova indiziaria.
Con il quarto motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 187-bis, comma IV, TUF, art. 6 del D.lgs. n. 150 del 2011 e dell’art. 192, comma 2, c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per carenza motivazionale in merito alle correttezza del ragionamento presuntivo con riferimento ad una serie di indizi; in particolare, non si sarebbe tenuto conto della circostanza che NOME COGNOME fosse iscritta nell’Albo unico dei consulenti finanziari, che tutti i soggetti coinvolti nella vicenda fossero suoi clienti e che vi fossero continui rapporti personali e professionali con NOME COGNOME. La valutazione degli indizi avrebbe dovuto investire la tempistica degli illeciti commessi, la circostanza del rapporto di coniugio tra NOME COGNOME ed NOME COGNOME e la contiguità dei loro uffici.
Con il quinto motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 187-bis, comma IV TUF, art. 196 del D.lgs. n. 58/1998, dell’art. 6 del D. lgs. n. 150 del 2011 e degli artt. 2727 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., in ordine alla formazione della prova presuntiva. La Corte d’appello avrebbe escluso la responsabilità di NOME COGNOME per l’assenza di elementi certi in ordine al concorso con NOME COGNOME mentre, in tema di ragionamento presuntivo, sarebbe sufficiente che il fatto da provare fosse desumibile dal fatto noto con ragionevole probabilità.
Con il sesto motivo di ricorso la CONSOB denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 6 del D.lgs. n. 150/2011 e dell’art. 196 del D.lgs. 58/1998 perché la Corte d’appello, dopo aver rilevato ‘mere tracce di un coinvolgimento di NOME COGNOME‘ e la sua posizione ‘sullo sfondo’ rispetto ad NOME COGNOME, invece di escludere la responsabilità di NOME, avrebbe dovuto verificare la
congruità della sanzione rispetto al numero ed alla gravità delle condotte contestate.
Il primo motivo è fondato con assorbimento dei restanti.
8.1. In materia di vizio di motivazione, le Sezioni Unite, con la sentenza n. 8053 del 7.4.2014, hanno affermato che la riformulazione dell’art.360, comma 1, n. 5 disposta dal D.L. 22.6.2012, n.83, art. 54, convertito nella L. 7.8.2012, n.134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si traduce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile’.
Poiché la sentenza, sotto il profilo della motivazione, si sostanzia nella giustificazione delle conclusioni, oggetto del controllo in sede di legittimità è la plausibilità del percorso che lega la verosimiglianza delle premesse alla probabilità delle conseguenze ovvero nell’ipotesi in cui le argomentazioni siano svolte con passaggi logici talmente incongrui da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum ( C ass., sez. un., 30/01/2023, n.2767; Cass., sez. un., Sentenza n. 22232 del 03/11/2016; Cass., sez. un., Sentenza n. 16599 del 2016; Cass., Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 6758 del 01/03/2022; Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 13977 del 23/05/2019).
8.2. La sentenza impugnata è viziata da motivazione apparente e dalla presenza di affermazioni inconciliabili in ordine all’assenza del concorso di responsabilità di NOME COGNOME con il coniuge NOME COGNOME nel compimento di numerose operazioni finanziarie che avevano coinvolto i propri clienti.
La Corte d’appello ha ritenuto che sussistessero gli illeciti contestati nella delibera sanzionatoria della CONSOB, ovvero che, in violazione all’art. 107, comma 1 del Regolamento Intermediari, fossero state distratte somme di denaro di alcuni clienti di NOME COGNOME e, specificamente COGNOME NOME COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME; i fatti illeciti contestati alla controricorrente riguardavano anche l’illecita richiesta, a nome di alcuni clienti e tramite falsificazione delle loro firme, dell’emissione di carte prepagate e dell’apertura dei relativi conti correnti tecnici presso filiali della Banca Monte dei Paschi di Siena, nell’esecuzione di operazioni non autorizzate, nell’attività di offerta fuori sede svolta in assenza di mandato ad operare da parte di un intermediario preponente autorizzato e nella domiciliazione presso la propria residenza della corrispondenza della cliente COGNOME.
8.3. A fronte dell’accertamento della commissione degli illeciti non è stata riconosciuta la responsabilità di NOME COGNOME per il ‘ruolo marginale’ avuto nella vicenda, affermazione inconciliabile con l’asserita commissione dell’illecito a lei ascritto.
La Corte d’appello ha attribuito la responsabilità delle condotte contestate unicamente ad NOME COGNOME sulla base di motivazioni del tutto sganciate dall’accertamento della sussistenza della coscienza e la volontà della condotta illecita contestata – elementi costitutivi della responsabilità per l’illecito amministrativo – ancorandolo ad elementi estranei all’illecito, che, potevano, al più, incidere sulla graduazione della sanzione.
Il carattere marginale della condotta non esclude, infatti, il concorso nell’illecito amministrativo, né la motivazione della sentenza è idonea a spiegare se, in relazione alle operazioni svolte in concorso con il coniuge NOME COGNOME nessun rimprovero possa esserle mosso per avere osservato, nei confronti dei propri clienti, la diligenza richiesta
quale promotrice finanziaria iscritta nell’Albo unico dei consulenti finanziari.
8.4. La motivazione della sentenza, per escludere la responsabilità del promotore finanziario, doveva dar conto della estraneità di NOME COGNOME alle operazioni compiute in concorso con NOME COGNOME in termini di assenza di colpa in ordine alle singole operazioni contestate nel momento in cui erano state effettuate mentre la Corte d’appello si è basata su elementi estrinseci alla condotta contestata e posteriori al fatto illecito.
In particolare, sono stati ritenuti rilevanti i comportamenti dei clienti coinvolti con particolare riferimento alla circostanza che questi avessero presentato querela solamente nei confronti di NOME COGNOME e non di NOME COGNOME e che la stessa fosse rimasta estranea alle transazioni con cui il compartecipe avesse definito il proprio rapporto con i clienti della moglie.
8.5. In nessun caso, il comportamento del cliente, legato ad un rapporto fiduciario con il coniuge di NOME COGNOME, era idoneo a motivare l’assenza di responsabilità, trattandosi di elementi che sottolineano unicamente il rilevante ruolo assunto dal compartecipe. 8.6.La sentenza fonda l’assenza di responsabilità della compartecipe sulla circostanza che ad NOME COGNOME fossero state rilasciate procure generali per l’amministrazione dei risparmi dei clienti di NOME COGNOME ma non spiega i limiti di tale procure, né esclude la responsabilità della promotrice finanziaria in relazione alla distrazione di somme, ad operazioni irregolari consistenti nell’emissione di carte prepagate per lo svolgimento di operazioni non autorizzate, oltre alla mancata osservanza degli obblighi di identificazione dei clienti e delle operazioni non autorizzate svolte fuori sede.
8.7. L’apparenza di motivazione si coglie anche con riferimento alla mera valutazione dell’adeguatezza degli investimenti svolti in relazione alle operazioni riguardanti i clienti COGNOME e COGNOME, circostanza che non esclude l’illecito contestato di aver e svolto a loro insaputa operazioni non autorizzate.
8.8.In definitiva, la Corte d’appello, pur avendo accertato un ‘ruolo marginale’ di NOME COGNOME nelle operazioni finanziarie poste in essere dal coniuge NOME COGNOME in relazione ai propri clienti e pur avendo rilevato ‘tracce’ di un suo coinvolgimento nelle irregolarità contestate, ha escluso la sua responsabilità con motivazione implausibile, connotata da affermazioni inconciliabili e inidonea a consentire di coglierne l’iter logico in termini di elementi che escludano il concorso di colpa alla luce dei principi in tema di responsabilità nelle sanzioni amministrative.
8.9. È noto che in tema di illecito amministrativo, non occorre la concreta dimostrazione del dolo o della colpa, giacché la norma pone una presunzione di colpa in ordine al fatto vietato a carico di colui che lo abbia commesso, riservando poi a questi l’onere di provare di aver agito senza colpa (Cass., Sez. 2, 11/06/2007, n. 13610).
L’esimente della buona fede, applicabile anche all’illecito amministrativo disciplinato dalla legge n. 689 del 1981, rileva come causa di esclusione della responsabilità amministrativa – al pari di quanto avviene per la responsabilità penale, in materia di contravvenzioni – solo quando sussistano elementi positivi idonei a ingenerare nell’autore della violazione il convincimento della liceità della sua condotta e risulti che il trasgressore abbia fatto tutto quanto possibile per conformarsi al precetto di legge, onde nessun rimprovero possa essergli mosso.
Secondo l’orientamento di questa Corte, l’errore sulla liceità della relativa condotta, correntemente indicato come “buona fede”, può rilevare in termini di esclusione della responsabilità amministrativa solo quando esso risulti inevitabile, occorrendo a tal fine un elemento positivo, estraneo all’autore dell’infrazione, idoneo ad ingenerare la convinzione della liceità della condotta, oltre alla condizione che da parte dell’autore sia stato fatto tutto il possibile per osservare la legge e che nessun rimprovero possa essergli mosso, così che l’errore sia stato incolpevole, non suscettibile cioè di essere impedito dall’interessato con l’ordinaria diligenza (Cass. n. 33441 del 2019; Cass. n. 18025 del 2018; Cass. n. 19759 del 2015; Cass. n. 16320 del 2010).
In maniera di sanzioni CONSOB per obblighi inerenti all’attività di intermediazione finanziaria, l’esonero da responsabilità per assenza di colpa è ancora più rigoroso in ragione della tutela del risparmiatore e della regolarità delle operazioni finanziarie.
8.10. Ne deriva l’apparenza di motivazione della Corte d’appello in relazione all’accertamento dell’assenza di responsabilità di NOME nel compimento delle operazioni finanziarie irregolari svolte in concorso con NOME COGNOME, non avendo la sentenza dato conto della estraneità di NOME COGNOME in termini di assenza di colpa della medesima.
8.11.Il primo motivo deve pertanto essere accolto, con assorbimento dei restanti.
Deve essere esaminato il ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME in via condizionata per l’ intervenuto accoglimento del ricorso principale, con il quale si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 4, comma 2 e 8, comma 6, del Regolamento generale sui procedimenti sanzionatori della CONSOB, adottato con Delibera n.
18750 del 19.12.2013, la violazione del termine di conclusione del procedimento sanzionatorio, la violazione dell’art. 111, comma 2, Cost., con riferimento al principio di ragionevole durata del processo applicabile anche al procedimento amministrativo sanzionatorio; con tale motivo, la ricorrente in via incidentale sostiene che il procedimento sanzionatorio non si era concluso nel termine di 200 giorni dalla data di contestazione degli addebiti poiché l’atto di contestazione era stato notificato il 23.10.2017 ed il procedimento si sarebbe concluso il 31.10.2018 con la notifica del provvedimento sanzionatorio.
9.1. Il motivo è infondato.
9.2. La giurisprudenza di questa Corte è granitica nell’affermare che in tema di sanzioni amministrative, il procedimento preordinato alla loro irrogazione sfugge all’ambito di applicazione della legge 7 agosto 1990, n. 241, in quanto, per la sua natura sanzionatoria, è compiutamente retto dai principi sanciti dalla legge 21 novembre 1981, n. 689 (Cass., Sez. Un., Sentenza n. 9591 del 27/04/2006).
La legge 24 novembre 1981, n. 689 costituisce un sistema di norme organico e compiuto e delinea un procedimento di carattere contenzioso scandito in fasi i cui tempi sono regolati in modo da non consentire, anche nell’interesse dell’incolpato, il rispetto di un termine così breve.
Proprio in tema di sanzioni amministrative per violazione delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, le Sezioni Unite si sono ulteriormente pronunciate con sentenza del 30.9.2009, n. 20929, affermando che non assume alcuna rilevanza il termine previsto dal Regolamento CONSOB, attesa l’inidoneità di un regolamento interno di regolamento dei tempi del procedimento, a modificare le disposizioni della citata legge n. 689 del 1981 (Cass.,
Sez. 2 – 6 , Sentenza n. 31239 del 03/11/2021; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 4363 del 04/03/2015).
9.3. Nel caso di specie, trattandosi di termine acceleratorio, nessuna decadenza è maturata dall’eventuale superamento del termine stabilito dal Regolamento, fermo restando che la data di ultimazione del procedimento è quella dell’adozione della delibera e non quella della sua comunicazione.
10.In definitiva deve essere accolto il primo motivo del ricorso principale, con assorbimento dei restanti motivi, rigettato il ricorso incidentale.
10.1. La sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo di ricorso principale accolto, con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Milano in diversa composizione.
Ai sensi dell’art.13 comma 1 quater del DPR 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbiti i restanti, rigettato il ricorso incidentale condizionato; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità innanzi alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione.
Ai sensi dell’art.13 comma 1 quater del DPR 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione