Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9540 Anno 2024
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9540 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/04/2024
composta dai signori magistrati:
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Presidente
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Consigliere
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Consigliere
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Consigliere
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Consigliere relatore
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 24327 del ruolo generale dell’anno 2021, proposto da
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE)
rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE)
-ricorrente – controricorrente al ricorso incidentale condizionato-
nei confronti di
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE) COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE) COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE)
rappresentati e difesi dall’avvocat o NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE)
-controricorrenti – ricorrenti in via incidentale condizionata-
nonché
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE)
-intimato- per la cassazione della sentenza della Corte d’a ppello di Palermo n. 220/2021, pubblicata in data 22 febbraio 2021; udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio dell’11 marzo 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
Oggetto:
RESPONSABILITÀ PROFESSIONALE NOTAIO
Ad. 11/03/2024 C.C.
R.G. n. 24327/2021
Rep.
NOME, NOME e NOME COGNOME hanno agito in giudizio nei confronti del AVV_NOTAIO e di NOME COGNOME (con il quale è intervenuta definizione transattiva del giudizio, con conseguente dichiarazione di cessazione della materia del contendere sulla relativa domanda), per ottenere: a) la risoluzione per inadempimento del contratto di compravendita con il quale NOME COGNOME (loro congiunta e dante causa, deceduta) aveva acquistato dal COGNOME alcuni cespiti immobiliari, di cui quest’ult imo si era dichiarato proprietario sulla base di un precedente atto di acquisto regolarmente trascritto, il quale, però, successivamente, era emerso non avere ad oggetto tali cespiti; b) il risarcimento dei conseguenti danni subiti, sia per l’inadempimento contrattuale del venditore che in virtù della responsabilità professionale del AVV_NOTAIO che aveva rogato l’atto.
Il Tribunale di Palermo, per quanto ancora abbia rilievo nella presente sede, ha dichiarato risolto il contratto di vendita ed ha parzialmente accolto la domanda proposta nei confronti del AVV_NOTAIO, che ha condannato a pagare agli attori l’importo di € 6.003,00, a titolo di risarcimento del danno .
La Corte d’a ppello di Palermo ha rigettato l’appello proposto in via principale dal AVV_NOTAIO; ha, invece, parzialmente accolto quello proposto dai COGNOME in via incidentale e, in parziale riforma della decisione di primo grado, dichiarata la responsabilità solidale del COGNOME e del COGNOME, ha condannato quest’ultimo al pagamento della somma di € 8.795,00, oltre accessori, in favore degli attori.
Ricorre il AVV_NOTAIO, sulla base di un unico motivo.
Resistono con controricorso i COGNOME, che propongono a loro volta ricorso incidentale, sulla base di un unico motivo.
Il AVV_NOTAIO resiste, con ulteriore controricorso, al ricorso incidentale.
Non ha svolto attività difensiva in questa sede l’ altro intimato COGNOME.
È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis .1 c.p.c..
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza decisoria nei sessanta giorni dalla data della camera di consiglio.
Ragioni della decisione
Con l’unico motivo del ricorso principale si denunzia « Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. ai sensi dell’ art. 360, n. 3 c.p.c. ».
Il ricorrente « impugna la sentenza nella parte in cui la Corte di Appello ha confermato la decisione di primo grado di accertamento della responsabilità professionale del AVV_NOTAIO nei confronti degli attori, per aver lo stesso erroneamente ritenuto e/o quali ficato l’atto pubblico ricevuto dal AVV_NOTAIO del 27 giugno 1979 quale compravendita di quota indivisa di beni immobili, anziché cessione di quota di azione del RAGIONE_SOCIALE, proprietario dei cespiti, con conseguente cessione a non domino da parte del signor NOME COGNOME in favore di NOME COGNOME di quanto compravenduto innanzi al AVV_NOTAIO con atto del 8 ottobre 2002 ».
Deduce che « in particolare, il Tribunale di Palermo e la Corte di Appello hanno applicato un singolare (rectius, parziale per quanto meglio infra) criterio letterale di interpretazione del negozio del 1979 (titolo di provenienza del venditore), pur innanzi alle perplessità che la tecnica di redazione del testo contrattuale aveva inAVV_NOTAIOo nei Giudicanti (da tutti ritenuta ambigua), e che avrebbe dovuto indurli ad abbandonare tale solo criterio ermeneutico per valorizzare tutte le espressioni utilizzate ed il comportamento complessivo tenuto dalle parti contestualmente e successivamente alla stipula dell’atto, costituto da: 1) la trascrizione da parte del AVV_NOTAIO (operatore qualificato di diritto) che aveva indagato la volontà delle parti, anche attraverso l’ana lisi dei titoli di provenienza risultanti dai Registri Immobiliari; 2) la voltura catastale sempre ad opera del predetto
professionista dei beni immobili in favore del signor NOME COGNOME; 3) il pagamento dell’imposta sull’incremento del valore immobiliare (INVIM) da parte del dante causa del signor COGNOME; 4) la trascrizione nei Pubblici Registri di un pignoramento ai danni del signor NOME COGNOME gravante sugli immobili oggetto della compravendita; 5) la proposizione da parte del signor COGNOME di un giudizio innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale avverso il classamento con il quale era stata modificata la rendita catastale di uno degli immobili compravenduti; 6) la natura di ente rappresentativo del RAGIONE_SOCIALE, con delega da parte dei consorziati anche alla stipula dei contratti di locazione/affitto dei loro beni in favore di terzi (sentenza CdA Palermo 398 del 2009) ».
Il ricorso principale è infondato.
1.1 È opportuno premettere, in sintesi, lo svolgimento dei fatti che hanno dato luogo al presente giudizio.
AVV_NOTAIO, nel 2022, ha rogato un atto di vendita tra NOME COGNOME e NOME COGNOME avente il seguente oggetto:
« la piena proprietà della quota indivisa pari a 21/64 dei seguenti beni immobili siti nel Comune di Carini: – caseggiato rurale sito in Carini, INDIRIZZO‘ composto da alcune case vecchie e cadenti e un baglio interno, in catasto al foglio 2, particella 39 (fabbricato rurale di are due e centiare quaranta); 47 (fabbricato rurale are una e centiare cinquantaquattro); 1517 (fabbricato rurale are quattro e centiare 61); ruderi di un vecchio caseggiato già adibito a mulino, con spiazzo retrostante, sito in Carini, contrada ‘INDIRIZZO, in catasto alla partita 1003873 foglio 25 particella 847 (graffata con la particella 848) e particella 836; fondicello rustico sito in Carini, c.da ‘Mangialavori’ di are 4 e centiare 84; fondo rustico sito in Carini alla con trada ‘Belvedere’ della superficie complessiva di are venticinque e centiare sessanta, in catasto al foglio 32 particelle
359 (seminativo di are 11 e centiare 54), 360 (fabbricato rurale di are 29), 895 (agrumeto di are 4 e centiare 37), 906 (fabbricato rurale di centiare 44) e 896 (Sommacheto di are 8 e centiare 96); fondo rustico sito in Carini, INDIRIZZO, di are novantacinque e centiare quattordici, in catasto al foglio 20, particella 196 »; nella cessione era compresa altresì « la comproprietà della quota di un ventunesimo di un sessantaquattresimo di azione del RAGIONE_SOCIALE e della corte comune indicata con la particella 48 del foglio 2 del RAGIONE_SOCIALE Carini ».
Il COGNOME, nell’atto rogato dal AVV_NOTAIO, si era dichiarato titolare di detti beni in virtù di atto di acquisto da tale NOME COGNOME, denominato ‘compravendita’, ricevuto dal AVV_NOTAIO in data 27 giugno 1979, il quale aveva il seguente contenuto:
« Il signor COGNOME NOME, con tutte le garanzie di legge, anche per ogni caso di evizione e molestia, vende al signor COGNOME NOME, che compra, la quota indivisa di pertinenza del venditore, corrispondente a ventuno sessantaquattresimi più un ventunesimo di un sessantaquattresimo di azione del RAGIONE_SOCIALE, comprendente nello intero, i seguenti beni immobili: … … (segue l’elencazione degli immobili)»; in tale atto era altresì specificato che « Fanno parte della vendita tutti i diritti, pertinenze, attinenze accessori, accessioni e servitù attive … » « … trasferendosi con presente atto tutto quanto spetta al venditore, il quale investe e surroga il compratore per la titolarità della quota di azione del RAGIONE_SOCIALE predetta » e « … garantisce il venditore la piena proprietà, disponibilità e libertà ipotecaria e da oneri delle quote di beni vendute e promette tutte le garanzie di legge per ogni caso di evizione o molestia… », nonché che «… Per quanto riguarda l’imposta per l’incremento di valore, il venditore mi esibisce i prescritti moduli che saranno allegati per la registrazione del presente atto ».
AVV_NOTAIO aveva ritenuto di poter stipulare il contratto di vendita immobiliare tra il COGNOME e la COGNOME, avendo interpretato il precedente contratto del 1979 come vendita in favore del COGNOME degli immobili indicati.
Successivamente, però, la COGNOME, avendo intimato il rilascio ai conduttori di tali immobili, si era vista eccepire il suo difetto di legittimazione attiva e, nei conseguenti giudizi, era rimasta soccombente in quanto era stato, tra l’altro, stabilito che l’atto del 1979 aveva trasferito al COGNOME esclusivamente la proprietà di quote di un’azione del consorzio e non aveva invece ad oggetto direttamente la proprietà degli immobili, che spettava al consorzio, onde il COGNOME non era mai divenuto proprietario di tali beni e non poteva averli trasferiti alla stessa COGNOME con l’atto del 2002.
1.2 In questa situazione, gli eredi della COGNOME (frattanto deceduta) hanno chiesto la risoluzione del contratto del 2002 per inadempimento del venditore e il risarcimento dei danni, sia al COGNOME che al AVV_NOTAIO; hanno poi definito in via transattiva la controversia con il COGNOME, mentre hanno proseguito nel l’azione di responsabilità professionale contro il AVV_NOTAIO, per non avere rilevato e segnalato il difetto di legittimazione del venditore, in sede di stipula dell’atto del 2002.
I giudici di primo e secondo grado (con doppia decisione conforme) hanno ritenuto fondata tale ultima domanda, condividendo l’interpretazione del contenuto negoziale dell’atto di compravendita del 1979 che aveva avuto luogo nei giudizi di rilascio promossi dalla COGNOME contro i conduttori degli immobili che aveva acquistato dal COGNOME, secondo la quale, con tale contratto, era stata esclusivamente trasferita una quota (precisamente la quota di 21/64 più 1/21 di 1/64) di azione del RAGIONE_SOCIALE COGNOME, che era il proprietario dei beni immobili ivi descritti, ma non direttamente la proprietà di tali beni immobili.
Secondo il ricorrente AVV_NOTAIO sarebbe, invece, corretta o, quanto meno, legittima, la diversa qualificazione che egli aveva dato dell’atto del 1979, quale atto avente ad oggetto il diretto trasferimento della proprietà degli immobili indicati, sulla base di una serie di indici la cui mancata valorizzazione da parte dei giudici del merito, a suo dire, comporterebbero la violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c..
1.3 All’ assunto del ricorrente la Corte non ritiene possa darsi seguito per le ragioni di seguito esposte.
1.3.1 Secondo il costante indirizzo di questa Corte, l’attività di ricostruzione della volontà negoziale delle parti emergente da un contratto costituisce un accertamento di fatto riservato al giudice del merito ( ex multis : Cass., Sez. L, Sentenza n. 10554 del 30/04/2010, Rv. 613562 -01; Sez. 3, Sentenza n. 2465 del 10/02/2015, Rv. 634161 -01; Sez. 3, Sentenza n. 14355 del 14/07/2016, Rv. 640551 -01; Sez. 2, Ordinanza n. 20718 del 13/08/2018, Rv. 650016 -02; Sez. L, Sentenza n. 10745 del 04/04/2022, Rv. 664334 -02).
Nella specie, tale accertamento di fatto risulta effettuato dai giudici del merito con doppia decisione conforme ed è sostenuto da adeguata motivazione, non meramente apparente, né insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tale non sindacabile nella presente sede, onde le censure del ricorrente, volte semplicemente a sostenere una diversa e più gradita interpretazione di detto atto, non possono trovare ingresso nel giudizio di legittimità.
1.3.2 In particolare, deve escludersi la deAVV_NOTAIOa violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. da parte della corte d’appello, nell’attività di interpretazione del contratto di vendita del 1979 : quest’ultima ha, infatti, adeguatamente tenuto conto dell’oggettivo ed evidente, difficilmente controvertibile, significato delle parole utilizzate nel contratto stesso, onde individuare l’oggetto effettivo della vendita, nonché del complessivo senso delle varie
clausole del contratto stesso, e ha ritenuto (almeno implicitamente, ma inequivocabilmente) il risultato interpretativo così chiaro da non potersi ritenere contraddetto dal comportamento delle parti, anche successivo, richiamando sul punto , tra l’altro, la motivazione delle sentenze che avevano rigettato le azioni proposte dalla COGNOME contro i conduttori degli immobili che riteneva di avere acquistato dal COGNOME, in cui si afferma espressamente che, nel presunto atto di provenienza del 1979, l’elencazione dei beni immobili aveva solo lo scopo di chiarire quali cespiti fossero compresi nella titolarità della quota di azione del RAGIONE_SOCIALE venduta e che la formulazione letterale dell’atto era talmente chiara che non era necessario, né possibile, andare a ricercare una eventuale diversa volontà delle parti, richiamando il canone ‘ in claris non fit interpretatio ‘) .
1.4 In definitiva, ritiene la Corte che l’interpretazione del contratto di vendita del 1979 fornita dai giudici del merito sia certamente plausibile, mentre gli elementi interpretativi di cui secondo il ricorrente dovrebbe tenersi conto in senso contrario non possono assumere decisivo rilievo.
Si tratta, in effetti, di conAVV_NOTAIOe in buona parte non direttamente attribuibili alle parti dell’atto ma allo stesso AVV_NOTAIO rogante dell’epoca (in particolare: la trascrizione e la voltura dell’atto) o a terzi (il pignoramento immobiliare).
Anche per quelle effettivamente riconducibili alle parti, del resto, quale il pagamento dell’INVIM e il ricorso tributario proposta dal COGNOME, si tratta di conAVV_NOTAIOe non decisive ed univoche, di fronte all’inequivocabile tenore letterale dell’atto di vendita, specie in mancanza di un precedente atto di acquisto immobiliare in favore del (precedente) venditore COGNOME: il pagamento dell’INVIM risulta predisposto ed effettuato di fatto dal AVV_NOTAIO ( e potrebbe esserlo stato nella falsa convinzione di quest’ultimo che si trattasse di una vendita immobiliare o, comunque, per prudenza nei confronti delle pretese del fisco, anche di fronte
al trasferimento di quote di un consorzio con proprietà immobiliari, la cui natura ed eventuale personalità giuridica non era del tutto chiara); il ricorso tributario contro il classamento potrebbe essere stato avanzato anch’esso dal COGNOME semplicemente in quanto destinatario del relativo atto dell’erario, nella falsa convinzione di essere proprietario dei beni o anche, comunque, nell’interesse del consorzio di cui aveva acquistato le quote ; la natura di ‘ ente rappresentativo ‘ del consorzio, con delega ai consorziati alla stipula di contratti di locazione con terzi, poi, addirittura deporrebbe in senso contrario all’interpretazione del contratto sostenuta del ricorrente, in quanto confermerebbe che la vendita di una quota di azione del consorzio, con le connesse facoltà, poteva essere stata ritenuta dalle parti del contratto del 1979 sufficiente a soddisfare i propri intenti negoziali.
1.5 Va, infine, sottolineato che l a corte d’appello , a ulteriore sostegno della propria statuizione, ha anche osservato che, se pure fossero potuti sorgere dubbi sull’effettivo oggetto del contratto di vendita del 1979, in ragione della possibilità di ritenere equivoca la formulazione letterale dell’atto, il AVV_NOTAIO avrebbe allora dovuto approfondire le indagini sulla effettiva titolarità degli immobili e, in ogni caso, quanto meno segnalare la problematica alle parti, in sede di stipula dell’atto del 2002, cosa che non aveva fatto, così incorrendo in responsabilità professionale.
Ed è, altresì, agevole rilevare, in proposito che, nel dubbio, il AVV_NOTAIO avrebbe potuto semplicemente verificare se la parte venditrice del contratto del 1979 (COGNOME) aveva acquistato gli immobili di cui si controverte in virtù di un precedente atto regolarmente trascritto, sebbene anteriore al ventennio, o risultasse solo titolare delle quote dell’azione del consorzio, non potendosi ritenere limitate le verifiche cui egli era tenuto al solo atto di provenienza ultraventennale, laddove questo non fosse
univoco, e ciò, a maggior ragione, tenuto conto del fatto che, nel contratto di vendita del 1979, era espressamente indicato anche il titolo di provenienza in favore del venditore COGNOME: secondo il costante indirizzo di questa Corte, infatti, « il AVV_NOTAIO incaricato della stipula di un contratto avente ad oggetto diritti reali su beni immobili non può limitarsi ad accertare la volontà delle parti e a sovrintendere alla compilazione dell ‘ atto, essendo tenuto a compiere l’attività necessaria ad assicurare la serietà e certezza dei relativi effetti tipici, e il risultato pratico perseguito ed esplicitato dalle parti stesse, dal momento che contenuto essenziale della sua prestazione professionale è l’obbligo di informazione e consiglio » ( ex multis : Cass., Sez. 3, Sentenza n. 4911 del 15/02/2022, Rv. 663929 -01; Sez. 3, Sentenza n. 7283 del 16/03/2021, Rv. 660913 -01; Sez. 3, Sentenza n. 11296 del 12/06/2020, Rv. 658158 – 01).
Con riguardo a tale ultimo rilievo, che può ritenersi addirittura decisivo ai fini dell’affermazione della responsabilità professionale del AVV_NOTAIO, non vi sono specifiche censure nel ricorso.
Con l’unico motivo del ricorso incidentale condizionato si denunzia « Violazione dell’ art. 2909 c.c. e dell ‘ art. 324 c.p.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c. ».
Il ricorso incidentale condizionato resta assorbito in conseguenza del rigetto del ricorso principale.
Il ricorso principale è rigettato , assorbito l’incidentale condizionato.
Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
Per questi motivi
La Corte:
-rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale;
-condanna il ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti, liquidandole in complessivi € 3.000,00, oltre € 200,00 per esborsi, nonché spese generali ed accessori di legge.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, comma 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Ci-