Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 12627 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 3 Num. 12627 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/05/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 23354/2022 R.G. proposto da:
NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME tutti quali eredi di NOME accettanti l’eredità con beneficio di inventario rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE con domiciliazione digitale ex lege
-ricorrenti- contro
COGNOME COGNOME NOME COGNOME rappresentati e difesi dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), con domiciliazione digitale ex lege
– controricorrenti- nonché
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata
in ROMA INDIRIZZOINDIRIZZO NOME COGNOME INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende, con domiciliazione digitale ex lege
-controricorrente-
nonché
ASSICURATORI RAGIONE_SOCIALE LONDRA, COGNOME NOMECOGNOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME
-intimati- avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO POTENZA n. 406/2022 depositata il 27/06/2022.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
uditi gli Avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME il quale ha concluso riportandosi agli scritti depositati e chiedendo l’accoglimento del primo, del secondo e del quarto motivo del ricorso.
Svolgimento del processo
Gli eredi del notaio NOME COGNOME in epigrafe specificati, con atto notificato il 27 settembre 2022, proponevano ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Potenza n. 406/2022 depositata il 27/06/2022, notificata dagli assicuratori dei Lloyd’s di Londra alle altre parti in data
30/6/2022, emessa in un giudizio in cui gli attuali ricorrenti sono rimasti soccombenti in un’azione di risarcimento del danno per responsabilità professionale del notaio per mancata verifica delle iscrizioni pregiudizievoli gravanti su un immobile acquistato da COGNOME NOME e COGNOME NOME. Resistono con controricorso notificato il 7.11.2022 COGNOME NOME e COGNOME NOME (gli acquirenti che hanno subito l’evizione), nonché gli Assicuratori Lloyd’s di Londra (chiamati dal Notaio in manleva) con controricorso del 3/11/2022. Gli intimati COGNOME NOME e COGNOME NOME (i garantiti che hanno agito nei confronti degli acquirenti per il rilascio dell’immobile), il Fallimento RAGIONE_SOCIALE e dei soci illimitatamente responsabili COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME (i venditori della nuda proprietà dell’immobile e dell’usufrutto), rimasti contumaci nel precedente grado di appello, non hanno presentato difese.
Per quanto ancora di interesse, oggetto del ricorso sono le statuizioni con cui la Corte di merito, rigettando l’appello principale degli eredi del notaio NOME COGNOME accettanti l’eredità con beneficio d’inventario, in accoglimento dell’appello incidentale dei controricorrenti COGNOME –COGNOME, riformava in parte la sentenza di primo grado condannando gli eredi del notaio, come già detto accettanti l’eredità con beneficio di inventario, al pagamento in favore degli appellati, oltre a quanto già riconosciuto dal giudice di primo grado a titolo di risarcimento, anche del prezzo d’acquisto versato ai venditori e della somma dovuta dagli acquirenti a titolo di indennizzo per la illegittima occupazione dell’immobile, quale ulteriore conseguenza dell’accertato inadempimento del notaio all’obbligo di effettuare le visure dell’immobile al tempo dell’acquisto, in ragione della quale omissione gli acquirenti avevano subito l’evizione da parte del creditore garantito da ipoteca iscritta sul
medesimo. In particolare, tali risarcimenti si aggiungevano a quelli riconosciuti dal Tribunale per € 3.460,46 quali esborsi per spese notarili sostenute ed € 16.85,61 per costi di ristrutturazione dell’immobile sostenuti dagli acquirenti dopo l’acquisto.
L’impianto motivazionale che la Corte territoriale ha posto a fondamento delle due statuizioni oggetto del ricorso per cassazione, si fonda sui principi della garanzia per evizione, analogicamente richiamati ai fini della valutazione della responsabilità del notaio « venendo pur sempre in rilievo le conseguenze della perdita del diritto di proprietà su un bene acquistato in ragione della presenza di un diritto prevalente di soggetti terzi ». E ulteriormente chiariva la Corte territoriale che i principi della garanzia per evizione « per quanto specificamente affermati in rapporto alla responsabilità del venditore, devono trovare applicazione anche al fine di determinare l ‘entità del risarcimento dovuto dal notaio, perché pure in tal caso l’inadempimento viene postulato come determinativo del medesimo danno da evizione totale ». Su tali presupposti la Corte territoriale, ritenuto che nella fattispecie gli acquirenti avevano effettivamente pagato il prezzo dell’immobile e ne avevano subito l’ evizione totale, ha proceduto quindi alla determinazione del danno risarcibile così motivando: « Il rilievo di questo profilo deriva dal fatto che la determinazione del danno da evizione totale è rapportabile, innanzitutto, al c.d. interesse negativo, costituito, appunto, dalla restituzione del prezzo, dal rimborso delle spese della vendita e dai frutti che l’acquirente abbia dovuto corrispondere a colui dal quale sia stato evitto, oltre gli accessori e le spese giudiziali, atteso che, essendo venuta meno la ragione giustificatrice della controprestazione, occorre ripristinare la situazione economica dell’acquirente antecede nte alla vendita (Cass. sez.2 n.9642 del
16 luglio 2001), salvo che non rilevi anche il lucro cessante ove si accerti che il danneggiante abbia agito con dolo o con colpa in riferimento alla particolare causa che ha determinato l’evizione, come si evince dal richiamo, da parte dell’art.1483 cod. civ., del disposto dell’art.1479 cod. civ. che, a sua volta, fa riferimento all’art.1223 cod. civ. (Cassazione civile sez. II 14/01/2022 n.1069; Cass. sez.2 n.18259 del 17 settembre 2015) ».
Assumono i ricorrenti, eredi del notaio NOME, che così decidendo la Corte territoriale abbia fatto mal governo dei principi e delle norme che regolano la garanzia per evizione e la responsabilità contrattuale del notaio, nonché il risarcimento del danno in generale, e su ciò si appuntano i cinque motivi del ricorso. COGNOME NOME e COGNOME NOME chiedono di dichiararsi inammissibile il ricorso proposto e, comunque, ne chiedono il rigetto. Gli Assicuratori dei Lloyd’s di Londra, chiedono di decidere come di giustizia in ordine ai motivi proposti con il ricorso, dichiarando che l’interesse alla partecipazione al giudizio è volto a evidenziare il passaggio in giudicato nei loro confronti della sentenza di primo grado che ha accertato la non operatività della garanzia assicurativa nei loro confronti, essendo un fatto concretizzatosi per grave colpa del professionista.
Veniva quindi fissata ex art. 380bis 1 cod. proc. civ. l’adunanza camerale del 5.07.2024 in previsione della quale le parti avevano depositato memorie. La Corte di cassazione con ordinanza interlocutoria n. 25028-2024, depositata il 17/09/2024, rimetteva gli atti sul ruolo affinché fosse fissata udienza pubblica, ritenendo che il ricorso presentasse aspetti in tema di risarcimento del danno da evizione e di correlata responsabilità del notaio meritevoli di essere trattati nella pubblica udienza. Il PM è intervenuto depositando il 21 gennaio 2025 requisitoria scritta per chiedere l’accoglimento dei motivi
1, 2 e 4, assorbiti gli altri. Le parti hanno depositato ulteriori memorie il 31 gennaio 2025 (i ricorrenti) e il 25 gennaio 2025 e il 13 gennaio 2025 (i controricorrenti).
Motivi della decisione
Con il primo motivo ricorrenti deducono e x art.360 comma 1° n.3 cod. proc. civ. la falsa applicazione e/o violazione dell’art.1223 cod. civ., per avere la Corte di merito erroneamente ritenuto che il danno patito dall’acquirente, costituito dall’avvenuto pagamento del prezzo dell’immobile evitto, sia stato conseguenza immediata e diretta della condotta omissiva del notaio rogante. Con il secondo motivo deducono e x art.360 comma 5° n.3 cod. proc. civ. l’omesso esame del fatto che il pagamento del prezzo dell’immobile compravenduto è intervenuto in data precedente al rogito di compravendita.
Il primo e secondo motivo vanno trattati congiuntamente, trattandosi di vizi collegati alla medesima statuizione di fondatezza della domanda risarcitoria collegata al versamento del prezzo della compravendita che i controricorrenti -acquirenti evitti- hanno inteso recuperare dal notaio a titolo di risarcimento del danno dopo avere subito l’evizione dell’immobile gravato da ipoteca. Assumono i ricorrenti, eredi del notaio, che, differentemente da quanto ritenuto dal giudice di primo grado, nella sentenza impugnata non si è dato rilievo al fatto che nel rogito del notaio NOME del 17/10/2000 la parte venditrice aveva dichiarato di avere ‘in precedenza’ ricevuto il prezzo dalla parte acquirente, ed entrambe le parti avevano dichiarato che la parte acquirente era stata già immessa nel possesso dell’immobile ‘dal 20 giugno 2000’, dovendosi presumere che a quella data avvenne il versamento del prezzo. I controricorrenti, di contro, hanno sostenuto in giudizio (prima in appello e poi in questa sede) che la locuzione ‘in precedenza’ debba essere interpretata nel senso che il prezzo era stato pagato prima della
sottoscrizione del rogito, e quindi, in sostanza, contestualmente ad esso.
I motivi sono entrambi fondati.
La Corte d’appello, senza far alcun riferimento al tempo del versamento del corrispettivo, ha ritenuto di dovere estendere, in via analogica, i principi che si applicano al venditore in tema di garanzia per evizione, venendo in rilievo, come conseguenza dannosa, la perdita del diritto di proprietà su un bene acquistato in ragione della presenza di un diritto prevalente di soggetti terzi, fatto valere in sede esecutiva dai creditori privilegiati. Ha considerato dirimente, ai fini della determinazione del danno, l’intero depauperamento subìto dall’acquirente evitto, tra gli elementi del quale ha ricompreso il prezzo pagato, le spese sostenute per l’acquisto e la ristrutturazione dell’immobile (come già riconosciute dal giudice di primo grado), nonché i frutti civili che l’acquirente ha dovuto corrispondere a titolo di occupazione sine titulo a favore di colui dal quale è stato evitto, rapportabile, giustappunto, al cd interesse negativo. In breve, essendo venuta meno la ragione giustificatrice della controprestazione, a fronte dell’accertato inadempimento del notaio ai doveri inerenti al proprio mandato professionale, la Corte di merito ha ritenuto che il professionista, al pari del venditore, fosse tenuto a ripristinare la situazione economica dell’acquirente antecedente alla vendita, richiamando gli artt. 1483 cod. civ. e 1479 cod. civ., che a sua volta fa riferimento all’art. 1223 cod. civ.
Osserva questa Corte che il notaio che roghi un contratto di compravendita immobiliare senza accertare l’esistenza di una trascrizione o iscrizione pregiudizievole, per effetto dell’accertata responsabilità professionale, è certamente tenuto al risarcimento del danno collegato al proprio inadempimento qualora, come nel caso in esame, non sia stato esonerato dall’obbligo di effettuare le visure ai fini della verifica
dell’esistenza di pesi, oneri o iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli sui beni oggetto di trasferimento. È tuttavia altrettanto indubitabile che l’azione di responsabilità contrattuale nei confronti del notaio che abbia violato i propri obblighi professionali può essere accolta, secondo le regole generali che governano la materia risarcitoria ex contractu , se e nei limiti in cui un danno si sia effettivamente verificato e sia conseguenza diretta dell’inadempimento.
Sotto questo profilo, pertanto, deve considerarsi che il diritto ad ottenere pieno ristoro si deve confrontare con il principio in base al quale, in tema di responsabilità contrattuale del notaio, il danno-evento non consiste nella lesione dell’interesse strumentale alla cui soddisfazione è preposta l’obbligazione di ” facere ” professionale (vigilanza sulla regolarità formale e sostanziale dell’atto rogato), bensì nella lesione dell’interesse primario (e presupposto a quello contrattualmente regolato) del creditore – cioè, la concreta azionabilità di tutti i diritti nascenti dall’atto -, ferma restando la necessità della prova, a carico del danneggiato, del nesso di causalità giuridica tra il danno-evento e il danno conseguenza, come più volte affermato da questa Corte nelle ipotesi di responsabilità professionale (Cass. Sez. 3 , ordinanza n. 34414 del 24/12/2024; Cass. Sez. 3 -, ordinanza n. 27142 del 21/10/2024; Cass. Sez. 3 -, sentenza n. 28991 dell’11/11/2019).
Come ancora di recente evidenziato (v. Cass. 27/07/2024, n. 21045), l’inadempimento è infatti solo uno degli elementi che compongono il fatto costitutivo del diritto al risarcimento del danno. Esso connota la condotta inadempiente in termini di disvalore, in quanto violativa dell’obbligo contrattualmente assunto, e dunque idonea a costituire criterio di imputazione soggettiva del danno che eventualmente ne consegua, ma non coincide certamente con il danno risarcibile (danno
conseguenza), e ancor prima non vale di per sé a dimostrare nemmeno l’esistenza di un evento di danno, ossia della lesione dell’interesse presupposto a quello contrattualmente regolato: evento legato alla condotta da nesso di causalità materiale ma da essa naturalisticamente distinto, come dimostra l’art. 1227, primo comma, cod. civ. che disciplina proprio il fenomeno della causalità materiale rispetto al danno – evento sotto il profilo del concorso del fatto colposo del creditore.
Ne consegue che, se è vero che nelle obbligazioni di dare o facere non professionale il danno-evento può considerarsi provato già dall’inadempimento, poiché quest’ultimo corrisponde alla lesione dell’interesse tutelato dal contratto, è anche vero che nelle obbligazioni di diligenza professionale – qual è quella per cui è causa – dove l’interesse corrispondente alla prestazione (vigilanza sulla regolarità formale e sostanziale dell’atto alla cui stipula il notaio è chiamato a presiedere) è solo strumentale all’interesse primario del creditore (concreta azionabilità di tutti i diritti nascenti dall’atto rogato), causalità e imputazione per inadempimento tornano a distinguersi anche sul piano funzionale, e quindi della prova, e non solo su quello strutturale, perché il danno-evento consta non della lesione dell’interesse alla cui soddisfazione è preposta l’obbligazione, ma della lesione dell’interesse presupposto a quello contrattualmente regolato (v. Cass. nn. 2899128992 dell’11/11/2019).
Il diritto al risarcimento sorge poi -va ribadito – solo in presenza di un danno-conseguenza, distinto a sua volta dal danno-evento e a esso legato da un nesso di causalità giuridica (art. 1223 cod. civ.), da verificare secondo i medesimi criteri probabilistici (Cass. 24/10/2017, n. 25112; 26/06/2018, n. 16803; 14/11/2022, n. 33466).
Va al proposito ricordato anche il principio per cui la prevedibilità, alla quale fa riferimento l’art. 1225 cod. civ. per
descrivere il danno da responsabilità contrattuale, se non dipeso da dolo del debitore, costituisce un limite non all’esistenza del danno, ma alla misura del suo ammontare, determinando la limitazione del danno risarcibile a quello prevedibile non dall’ottica dello specifico debitore della prestazione, bensì avendo riguardo alla prevedibilità astratta inerente ad una determinata categoria di rapporti contrattuali, sulla scorta delle regole ordinarie di comportamento dei soggetti economici, secondo un criterio di normalità in rapporto alle circostanze di fatto conosciute e secondo un criterio di comune esperienza. Inoltre, essendo quello della prevedibilità -da valutarsi al tempo in cui è sorta l’obbligazione – un accertamento di fatto spettante al giudice di merito, esso è insindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato (Cass. civ., Sez. II, 14/11/2019 n. 29566; Cass. Civ., Sez. Lav., 31/7/2014 n. 17460; Cass. Civ., Sez. III, 15/5/2007 n. 11189).
In altri termini, la prevedibilità alla quale la norma fa riferimento per delimitare il danno risarcibile in caso di inadempimento contrattuale non costituisce un limite all’esistenza del danno, ma alla misura del suo ammontare, determinando la limitazione del risarcimento in relazione a una determinata categoria di rapporti, sulla scorta delle regole ordinarie di comportamento dei soggetti economici e secondo un criterio di normalità in presenza delle circostanze di fatto conosciute (Cass. Sez. 1, sentenza n. 3102 del 17/03/2000; Cass. Sez. 3, sentenza n. 16091 del 27/10/2003; Cass. Sez. 3, sentenza n. 11189 del 15/05/2007; Cass. Sez. 2, sentenza n. 15639 del 18/09/2012).
Ai fini dell’accertamento di tale danno è dunque necessario, sotto il profilo del nesso causale, valutare se il creditore dell’altrui prestazione professionale avrebbe, con ragionevole certezza, potuto conseguire una situazione economicamente più
vantaggiosa qualora il professionista avesse diligentemente adempiuto la propria prestazione. Il danno conseguente all’inadempimento, infatti, deve essere potenzialmente ricollegabile alla stregua dei criteri obiettivi all’inadempimento da cui deriva, sulla base dei parametri sopra esposti.
Orbene, sotto questo profilo il danno risarcibile conseguente alla accertata omissione professionale del notaio rogante, alla luce di quanto sopra osservato circa la latitudine della sua responsabilità professionale, non si identifica necessariamente col prezzo pagato dall’acquirente se, al momento della stipula, tale prezzo era già stato interamente pagato, occorrendo a tale scopo valutare se il cliente avrebbe potuto conseguire, con ragionevole certezza, una situazione economicamente più vantaggiosa di quella in cui si trovava prima della stipula qualora il professionista avesse diligentemente adempiuto la propria prestazione (Cass. Sez. 3, sentenza n. 3657 del 14/02/2013; Cass . Sez. 2, sentenza n. 566 del 19/01/2000; Cass. Sez. 3, sentenza n. 5264 del 5/06/1996).
Fatta questa necessaria premessa, tornando alla fattispecie in esame, risulta dirimente il rilievo che, al momento della stipula del rogito, il danno costituito dal versamento del corrispettivo per l’acquisto di un immobile già gravato da iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli potesse essersi irreversibilmente prodotto, per una serie causale del tutto indipendente dall’attività del notaio. E invero, a prezzo già versato, nulla più avrebbe potuto evitare l’acquirente, ove il notaio avesse diligentemente adempiuto l’incarico affidatogli, se non gli ulteriori esborsi connessi alla sottoscrizione del rogito (Cass. Sez. III, 16905/2010; Cass. N. 3657/2013 citata).
A tale orientamento si è rifatto il giudice di primo grado per rigettare la domanda dei compratori evitti avente ad oggetto la rifusione del corrispettivo pagato per la compravendita
dell’immobile. Tale orientamento, non richiamato, né tantomeno applicato dalla Corte d’appello, fa leva sulla necessità dell’accertamento controfattuale che tipizza le azioni di responsabilità professionale, sostanzialmente consistente nella risposta alla domanda: cosa sarebbe successo se il Notaio avesse adempiuto diligentemente la propria prestazione? (Cass. Sez. III, 18244/2014; Cass. Sez. II, 566/2000). La risposta fornita dal giudice di primo grado, fondata sul già avvenuto pagamento del prezzo al momento del rogito del notaio, era nel senso che il pagamento del corrispettivo fosse già stato versato e il corrispondente danno, pertanto, non fosse causalmente riconducibile alla condotta inadempiente del predetto professionista, posto che gli acquirenti evitti avevano già versato il corrispettivo ai venditori (NOME COGNOME per la nuda proprietà; NOME COGNOME e NOME COGNOME per l’usufrutto).
Orbene, tale valutazione controfattuale, sottoposta al vaglio del giudice dell’appello, è stata del tutto pretermessa dalla Corte territoriale che, invece, ha impropriamente sussunto la fattispecie nella disciplina dell’evizione che, di contro, si applica nei confronti del venditore ed è fonte di una specifica responsabilità verso l’acquirente, non estendibile a terzi che abbiano a diverso titolo preso parte al negozio traslativo, come il notaio rogante. La Corte d’appello avrebbe, di contro, dovuto riconsiderare adeguatamente se il pagamento del prezzo fosse avvenuto in un momento effettivamente anteriore al rogito stipulato dal notaio, in considerazione del tenore stesso dell’atto notarile e del fatto, difficilmente compatibile con il versamento del prezzo in un momento successivo, dell’immissione degli acquirenti nel possesso dell’immobile in un momento precedente -di circa quattro mesi – al rogito.
Per l’appunto, la situazione economica degli acquirenti prima dell’acquisto potrebbe in ipotesi essere stata già stata compromessa dal precedente versamento del prezzo a favore dei venditori e il danno, pertanto, potrebbe non essere causalmente ascrivibile al notaio rogante, come richiesto dagli artt. 1223 -1225 cod. civ. per dar vita a una responsabilità da inadempimento contrattuale.
In sostanza, la perdita del prezzo di acquisto, alla luce del fatto non riscontrato dalla Corte di merito, ma reso oggetto di discussione tra le parti e già valutato dal giudice di primo grado, poteva in tal caso non essere stata provocata dal notaio e gli unici destinatari di tale richiesta risarcitoria avrebbero potuto essere solo i venditori in base alla normativa sull’evizione, certamente non applicabile al notaio rogante per via analogica, anche solo considerando che come professionista risulta estraneo al campo di azione di tale garanzia, prevista invece a carico di chi vende ex art. 1476 n. 3 cod. civ., dovendosi tenere comunque concettualmente distinta la responsabilità del notaio rogante da quella propria del venditore.
Il notaio è, infatti, un ‘controllore di legalità’ istituito per erogare certezza a beneficio della collettività, in quanto, sotto sua diretta responsabilità, perché pubblico ufficiale, attua una operazione di controllo su tutti gli aspetti giuridici, amministrativi, fiscali, tributari e penali che possono essere compresi in un atto, vagliandoli e assemblandoli in un ‘negozio munito del visto di legalità e pubblica fede’. Sotto tale particolare aspetto, pertanto, e per la funzione di garante della legalità che il notaio essenzialmente svolge nel nostro ordinamento, deve considerarsi l’ambito della sua responsabilità, non potendosi automaticamente accollare al medesimo ulteriori garanzie previste, invece, per le parti di un negozio traslativo.
Con il terzo motivo e x art.360 comma 1° n.3 cod. proc. civ. i ricorrenti deducono la violazione dell’art.2697 cod. civ. e dell’art.115 cod. proc. civ., per avere la Corte d’appello erroneamente e immotivatamente ritenuto che l’indennità di occupazione dell’immobile compravenduto, reputata dovuta dagli evitti ai legittimi titolari che hanno rivendicato il bene senza ottenerne la restituzione, costituisca danno risarcibile dal notaio. Con il quarto motivo, e x art.360 comma 1° n.3 cod. proc. civ. deducono falsa applicazione dell’art. 1483 comma 2° cod. civ. e dell’art. 820 cod. civ. per erronea sussunzione della fattispecie concreta nell’ambito di applicazione delle succitate norme, avendo erroneamente qualificato l’indennità di occupazione dell’immobile compravenduto come frutto civile dell’immobile.
Il quarto motivo va trattato per primo in quanto fondato nei termini appresso precisati e in grado di assorbire il terzo.
La Corte di merito, sempre ragionando sulla base dei principi sull’evizione richiamati nella motivazione, ha ritenuto che il notaio dovesse risarcire i compratori evitti dei frutti civili versati ai titolari del bene, nella specie costituiti dall’indennità di occupazione dovuta dagli acquirenti in favore degli attori vittoriosi (€ 56.227,53 in valore nominale), oltre alla somma di euro € 428,64 mensili dall’ottobre 2015 fino al rilascio dell’immobile, con interessi dalle singole scadenze sino al soddisfo.
Va premesso che i compratori evitti, nel medesimo giudizio, sono stati condannati a pagare l’indennità di occupazione a favore degli effettivi proprietari dell’immobile (NOME COGNOME E NOME COGNOME, aventi causa da NOME COGNOME), in quanto per lungo tempo privati della relativa facoltà di godimento a cagione del possesso goduto dai suddetti compratori sull’immobile e che il relativo capo della sentenza di
primo grado è passato in giudicato. La Corte di appello, differentemente da quanto ritenuto dal primo giudice, qualificando l’indennità di occupazione quale frutto civile, ne ha riconosciuto il relativo risarcimento a favore dei compratori evitti e a carico del notaio rogante, in ciò riformando la sentenza di primo grado che aveva escluso anche tale voce di danno per la posizione che riguardava il predetto professionista.
In merito, come correttamente sottolineato dal Pubblico Ministero, l’art. 1483, comma 2, cod. civ., prevede, in caso di evizione, che il venditore corrisponda al compratore evitto il valore dei frutti che questi abbia dovuto restituire al terzo evincente (Cass. Sez. II, 18259/2015; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 3470 del 14/04/1994; Cass. Sez. III 1511/1979; 5/1982; 3249/1981; 1494/1971; Sez. I, 2897/1968). La norma si riferisce al caso in cui il compratore, durante il periodo in cui ha avuto il possesso del bene, si sia appropriato di frutti, civili o naturali, che sarebbero naturaliter spettati, ex art. 821 cod. civ., al titolare del bene che abbia agito vittoriosamente in evizione e che a questi abbia dovuto restituire in forza del principio generale di cui all’art. 1148 cod. civ. Così, ad esempio, i canoni di locazione che il compratore evitto abbia riscosso da un eventuale conduttore.
L’indennità di occupazione dovuta per la detenzione sine titulo di un bene, tuttavia, non è propriamente un frutto civile del bene goduto dal compratore evitto, bensì un risarcimento cui il proprietario evincente ha diritto a cagione della privazione della facoltà di godimento e di disposizione per il periodo di occupazione da parte dell’evitto. Il risarcimento è parametrato all’ideale utilità (intesa come frutto civile) che il proprietario avrebbe tratto dal bene stesso, ove non fosse stato occupato illegittimamente. Tale natura viene riconosciuta dalla giurisprudenza di legittimità la quale, ad esempio, applica alla
indennità di occupazione la prescrizione quinquennale di cui all’art. 2947 cod. civ. (Cass. Sez. I, 26592/2021; 5381/2011; 1683/1984; 6485/1980; 4172/1979). Se così è, occorre allora affermare, diversamente da quanto sostenuto nella sentenza, che le somme pagate dai compratori evitti ai terzi evincenti, non siano frutti civili, bensì un risarcimento per la privazione da questi ultimi soggetti patita delle loro facoltà di godimento e di disposizione del bene. Piuttosto, come si è più volte affermato, tale indennizzo solo dal punto di vista quantitativo è normalmente parametrato ai frutti civili che il proprietario spossessato avrebbe tratto dalla disponibilità, sottrattagli illecitamente, del bene, senza però che ciò porti a confondere la natura dei due istituti.
A diversa conclusione la giurisprudenza di legittimità è giunta, ma solo con riferimento a quanto espresso dall’art. 2912 cod. civ., il quale estende il pignoramento ai frutti della cosa pignorata, fra i quali sono stati ricompresi, ai fini di tale estensione, anche le indennità di occupazione dovute dal conduttore dopo la scadenza del contratto di locazione dell’immobile pignorato (Cass. Sez. III, 267/2011; 12556/1999) o l’indennità dovuta dal terzo detentore in forza di titolo non opponibile alla procedura (Cass. Sez. III, 8998/2023; 924/2013). Tale estensione è stata riconosciuta ritenendo che l’art. 2912 cod. civ. considera oggetto di espropriazione non il solo valore di scambio del bene, da realizzarsi attraverso la vendita od assegnazione forzata, ma anche il suo valore di uso, per il tempo necessario all’espropriazione od in alternativa a questa per il tempo sufficiente a che, mediante l’amministrazione giudiziaria, si producano rendite sufficienti a soddisfare i creditori. E’ infatti privo di logica, ritenere che gli effetti del pignoramento si estendano solo ai canoni dovuti dal conduttore sino a quando dura il contratto e che dal quel
momento in poi quanto il conduttore deve rientri nella disponibilità del debitore: ciò quando si consideri che per tutta la durata del processo di esecuzione perdura il diritto dei creditori a che i proventi della utilizzazione del bene entrino a comporre la somma da distribuire e che dunque la tardiva riconsegna impedisce in loro danno una più proficua utilizzazione del bene pignorato (Cass. Sez. III, 12556/1999, in motivazione, § 4.1.2.).
Non sono mancate, peraltro, pronunce di legittimità dissonanti sul punto: si confronti, ad esempio, Cass. Sez. III, 8298/2011, in motivazione, § 3, con riferimento all’indennità di occupazione dovuta dal comproprietario occupante il bene comune nei confronti dei comproprietari esclusi dal godimento, come tale esclusa dall’estensione del pignoramento di cui all’art. 2912 cod. civ. Tuttavia, tale aspetto non incide sul caso di specie, ove l’indennizzo è correlato alla illecita occupazione determinatasi in seguito alla evizione, per volontà dei compratori evitti che hanno resistito alla riconsegna del bene. Pertanto, le specifiche argomentazioni in tema di pignoramento, improntate a ragioni di efficacia dell’atto e certamente non estendibili al di là di tale ristretto perimetro, non possono scalfire il naturale discrimen fra i frutti civili del bene e le somme dovute a titolo risarcitorio per l’illecita occupazione del bene stesso: distinzione che il precedente di legittimità di cui a Cass. Sez. 3, sentenza n. 12556 del 12/11/1999, regolante appunto il bene sottoposto a pignoramento che era stato già dato in locazione, mostra di ben conoscere e che si ricollega alla previsione di cui all’art. 1591 cod. civ. (cui può aggiungersi l’art. 42-bis, comma 3, T.U. espr.).
Alla luce di quanto sopra esposto l’indennizzo da indebita occupazione dell’immobile dovuto dall’acquirente evitto qualora
resista alla riconsegna del bene rivendicato non va qualificato come frutto civile.
Stando ai criteri sopra esposti in termini di perimetro della responsabilità contrattuale attribuibile al notaio rogante rispetto alle conseguenze lesive risarcibili al cliente evitto a causa del suo inadempimento, il Giudice del rinvio dovrà pertanto, in base ad un accertamento in fatto e tenuto conto delle specificità del caso all’esame, valutare se l’indennità dovuta al titolare del bene per la ritardata restituzione del bene da parte dell’evitto, con riferimento al caso concreto rientri nel concetto di danno-evento imputabile al notaio rogante quale conseguenza del suo inadempimento e procedere alla eventuale liquidazione di tale danno.
Il terzo motivo risulta assorbito dall’accoglimento del quarto motivo nei termini sopra precisati.
Con il quinto motivo e x art.360 comma 1° n. 3 cod. proc. civ. i ricorrenti deducono violazione dell’art.1227 cod. civ., ai sensi del quale nel quantificare il danno risarcibile occorre tenere conto del concorso del danneggiato nel cagionare il danno. Il motivo è assorbito, stante l’accoglimento dei motivi primo e secondo nonché quarto, nei termini sopra precisati.
Conclusivamente il ricorso va accolto per quanto di ragione e precisamente vanno accolti il primo, il secondo e, per quanto di ragione, il quarto motivo del ricorso, con assorbimento dei motivi nn. 3 e 5; per l’effetto, la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Potenza, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, quanto al primo, secondo e, per quanto di ragione, quarto motivo di ricorso, assorbiti il terzo e il quinto motivo di ricorso;
cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti;
rinvia alla Corte di appello di Potenza, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 13/02/2025.