Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3977 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 3977 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3996/2019 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
– ricorrente –
contro
NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
– controricorrenti –
nonchè contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME
(CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME (CODICE_FISCALE)
– controricorrente –
– nonchè contro
COGNOME NOME, PROCURATORE GENERALE CORTE APPELLO TORINO;
– intimati –
avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO di TORINO n. 1718/2018 depositata il 01/10/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
1. NOME COGNOME evocava in giudizio innanzi al Tribunale di Torino la società semplice RAGIONE_SOCIALE (‘RAGIONE_SOCIALE‘) e NOME COGNOME, chiedendo dichiararsi l’inefficacia, inesistenza, nullità, annullabilità e comunque l’invalidità assoluta dell’atto di compravendita concluso da NOME COGNOME e la società RAGIONE_SOCIALE in data 05.04.2013, come di qualunque atto dispositivo compiuto dalla RAGIONE_SOCIALE in danno delle ragioni di NOME COGNOME, nonché chiedendo la restituzione a suo favore dell’intero stabile oggetto della compravendita sito in Torino, composto da 14 alloggi e 12 box. A sostegno della sua pretesa, affermava l’attore di aver avuto casuale conoscenza dell’avvenuta compravendita del complesso immobiliare di sua proprietà sopra descritto a favore della società RAGIONE_SOCIALE, effettuata da NOME COGNOME munito di procura notarile rilasciata apparentemente dallo stesso attore e autenticata dal AVV_NOTAIO in data 19.11.2012. Allegava l’attore la falsità del documento d’identità utilizzato dal COGNOME, dichiaratosi nipote del proprietario, nella formazione della procura speciale ed esibito al AVV_NOTAIO e proponeva, perciò, querela di
falso avverso la procura speciale, chiedendo che fosse dichiarata la falsità del documento e l’inefficacia, inesistenza, nullità della procura speciale.
1.1. Autorizzata la chiamata in causa del terzo, AVV_NOTAIO, il Tribunale di Torino dichiarava la falsità della procura speciale; inefficace il contratto di vendita stipulato il 05.04.2013 tra NOME COGNOME – nella falsa qualità di procuratore speciale di NOME COGNOME – e la RAGIONE_SOCIALE; condannava la società convenuta a restituire all’attore l’immobile sito in Torino; respingeva la domanda di responsabilità professionale proposta da RAGIONE_SOCIALE nei confronti del AVV_NOTAIO.
La pronuncia veniva impugnata da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME, eredi di NOME COGNOME, innanzi alla Corte d’Appello di Torino che rigettava il gravame, confermando integralmente la sentenza emessa dal Tribunale di Torino osservando, per quel che qui ancora rileva:
-la sentenza del Tribunale non ha violato la natura del procedimento per querela, posto che è pacifico che sia possibile pronunciare con un’unica sentenza sia sulla falsità, che nel merito della domanda principale, e considerando che la valutazione del Tribunale si è fondata sul confronto tra i diversi documenti prodotti in causa;
quanto alla responsabilità professionale del AVV_NOTAIO, il Tribunale ha esaminato documenti che il AVV_NOTAIO non aveva a disposizione (ad es., la vera carta di identità di NOME COGNOME), nonché gli ulteriori elementi posti dal AVV_NOTAIO a fondamento del proprio convincimento circa l’identità della persona qualificatasi come NOME COGNOME, NOME COGNOME ad es.: le dettagliate informazioni ricevute da COGNOME sulla documentazione relativa agli immobili promessi in vendita, ottenute nel corso di numerosi colloqui).
Avverso detta pronuncia proponeva ricorso per Cassazione RAGIONE_SOCIALE Uno società semplice, affidandolo a due motivi.
Si difendevano con separati controricorsi NOME COGNOME e NOME COGNOME (nella loro qualità di eredi di NOME COGNOME), NOME COGNOME.
In prossimità dell’adunanza tutte le parti depositavano memoria. CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione di legge, ex art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., con riferimento agli artt. 2699 e 2700 cod. civ. per mancato espletamento del giudizio incidentale di querela di falso, al fine di accertare l’effettiva falsità del documento d’identità utilizzato per l’accertamento dell’identità del dichiarante. La motivazione censurata si riduce, a giudizio della ricorrente, ad una motivazione apparente, in quanto si limita ad affermare apoditticamente la correttezza dell’operato del giudice di prime cure. L’unica motivazione resa della Corte d’Appello è costituita dalla comparazione tra fotocopie, senza che fosse stato disposto il sequestro degli originali, né consulenza tecnica d’ufficio sulle sottoscrizioni, né sono stati ammessi altri mezzi istruttori, arrivando con ciò a validare il giudizio di falsità dell’atto pubblico espresso dal giudice di prime cure senza tener conto dei criteri richiesti dalla Corte di legittimità in ordine alla sufficienza della motivazione (Cass. Sez. 5, n. 24784 del 04.12.2015). Il confronto tra diversi documenti non è affatto avvenuto tra i documenti citati dalla sentenza, ma su mere e anonime fotocopie prive di qualsiasi attestazione di conformità e di cui si ignora formazione e provenienza.
1.1. Il motivo è in parte infondato, in parte inammissibile.
1.2. E’ infondata la censura della ricorrente laddove giudica apodittica la riproposizione, testuale e virgolettata, del passo motivazionale del Tribunale. Questa Corte ha già avuto modo di chiarire
che la sentenza d’appello può essere motivata per relationem , purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicché dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 20883 del 05/08/2019, Rv. 654951 -01; conf. da: Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 2397 del 03/02/2021, Rv. 660394 -01; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 23997 del 02/08/2022, Rv. 665373 – 01).
Nel caso di specie, la Corte territoriale, dopo aver riportato integrali passaggi della motivazione del giudice di prime cure, ne ha condiviso criticamente i contenuti rapportandoli anche alle questioni prospettate dall’allora appellante (v. sentenza, p. 1 2 penultimo capoverso; p. 13, 4° capoverso) correggendone l’interpretazione data da quest’ultima. Mentre NOME COGNOME, infatti, affermava che il Tribunale avesse fondato la sua decisione sulle dichiarazioni di NOME COGNOME (che, nel contesto della truffa p erpetrata, aveva assunto l’identità di NOME COGNOMECOGNOME, la C orte d’ Appello ha precisato che alla decisione il Tribunale era pervenuto sulla base delle risultanze probatorie documentali rappresentate dalla carta di identità (veritiera) del COGNOME, da quella falsificata da COGNOME nonché dal cartellino di rilascio della carta di identità falsificata; a giudizio della Corte territoriale, invece, le dichiarazioni di COGNOME, quale indagato, così come la perizia di parte del grafologo sono state utilizzate solo ad colorandum .
1.3. Tanto precisato, le doglianze della ricorrente -che si risolvono nel riproporre i motivi di appello -sono inammissibili. La lamentata apparenza della motivazione ricorre, come di recente ha ribadito questa Corte, allorquando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (Cass SU n. 2767/2023; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 15495 del 2022Sez. 6, n. 13977, 23/5/2019, Rv. 654145, ex multis ; ma già S.U. n. 22232/2016). A tale ipotesi deve aggiungersi il caso in cui la motivazione non risulti dotata dell’ineludibile attitudine a rendere palese (sia pure in via mediata o indiretta) la sua riferibilità al caso concreto preso in esame, di talché appaia di mero stile, o, se si vuole, standard; cioè un modello ar gomentativo apriori, che prescinda dall’effettivo e specifico sindacato sul fatto (S.U., n. 8053 del 7/4/2014, Rv. 629830; S.U. n. 8054, 7/4/2014, Rv. 629833; Sez. 6-2, ord., n. 21257, 8/10/2014, Rv. 632914).
Nel caso di specie, come si è detto innanzi, la Corte d’Appello si è riportata al convincimento del giudice di prime cure spiegandone i contenuti e condividendoli in maniera argomentativa.
1.3.1. In definitiva, la doglianza si traduce in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito, tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione. Come è noto, invero, in tema di procedimento civile sono riservate al giudice del merito l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell’attendibilità e della concludenza delle prove,
la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonché la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento (Cass. sez. 2, n. 19717/2022; Cass. Sez. 2, n. 21127 dell’ 08.08.2019).
2. Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. e 360, comma 1, n. 5) cod. proc. civ., con riferimento all’art. 49 legge 16 febbraio 1913, n. 89 e legge 10 maggio 1976 n. 333, con riferimento alla valutazione richiesta al AVV_NOTAIO per l’identificazione del dichiarante e del mancato ricorso a fidefacienti, nonché del rispetto probatorio relativo. La ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ritiene accertata la particolare diligenza del AVV_NOTAIO, in quanto la motivazione meramente apodittica, seguita dalla riproposizione testuale e virgolettata del passo motivazionale del Tribunale, assume le proprie argomentazioni su due presupposti logico-giuridici criticabili. Innanzitutto, le circostanze esposte dal Notaio a propria discolpa sono state oggetto di contestazione da parte di NOME COGNOME, contrariamente a quanto affermato dalla Corte territoriale. Del resto, aggiunge la ricorrente, la prova dell’espletamento della particolare diligenza da parte del Notaio deve essere fornita del debitore: l’onere della prova negativa non può essere posto a carico del creditore che la invoca (Cass. Sez. U., n. 12477 del 21.05.2018). Quanto al secondo presupposto, l’aver il AVV_NOTAIO acquisito ulteriori elementi per l’identificazione del rappresentato, la ricorrente denuncia un palese ribaltamento degli elementi probatori, poiché le dichiarazioni rese dal sedicente NOME COGNOME (NOME COGNOME) sostengono il contrario rispetto alle circostanze ricostruite dal AVV_NOTAIO per sostenere la propria diligenza nel verificare l’identi tà di NOME COGNOME. Ciò in palese contrasto rispetto a quanto affermato dalla Corte di legittimità in tema
di responsabilità del n otaio per erroneo accertamento dell’identità, che richiede una motivazione logica e congrua, rispetto alla quale gli ulteriori elementi di accertamento devono essere effettivi e tali da costituire presunzioni gravi, precise e concordanti (Cass. Sez. 3, n. 29321 del 07.12.2017).
2.1. Il motivo è inammissibile. Innanzitutto, la doglianza non attinge alla ratio decidendi , agli effetti dell’art. 366, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. : la Corte d’Appello non ha invertito l’onere della prova, ma ha semplicemente fatto ricorso al principio di non contestazione, ex art. 115, comma 1, cod. proc. civ., affermando che (v. sentenza, p. 15, 4° capoverso) le circostanze esposte (attinenti, cioè, al comportamento di COGNOME presentatosi come COGNOME, idoneo, perciò, ad ingenerare affidamento nel AVV_NOTAIO; i diversi colloqui intercorsi tra AVV_NOTAIO e il truffatore; le informazioni e le prove documentali fornite da COGNOME; il fatto che il AVV_NOTAIO COGNOME, dinanzi ai dubbi e perplessità espressi da figlio del legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, anch’egli di profess ione AVV_NOTAIO, aveva suggerito di far intervenire all’atto di stipula della compravendita il venditore personalmente : suggerimento che, invece, NOME decise di non accogliere -evidentemente allettata dall’importante riduzione del prezzo di vendita della palazzina – affidando il rogito, redatto infine per falsa procura, a AVV_NOTAIO diverso anche dal collega di studio del AVV_NOTAIO) non erano state contestate dall’odierna ricorrente. Né la RAGIONE_SOCIALE, nel mezzo di gravame (v. ricorso, p. 14, 3° capoverso; p. 15, 2° capoverso) ha specificato dove e come avrebbe invece contestato dette circostanze (difettando così il mezzo di autosufficienza, ex art. 366, comma 1, n. 6, cod. proc. civ.: da ultimo, ex multis : Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 30723 del 2019), limitandosi in sede di legittimità a sostenere che il AVV_NOTAIO avrebbe attestato, passivamente e senza attività di
conferma, l’identità del soggetto che stava rilasciando procura a vendere.
2.1.1. Quanto al secondo profilo della censura, proprio in applicazione dei principi affermati nelle sentenze di questa Corte riportate dallo stesso ricorrente (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 29321 del 07/12/2017, Rv. 646654 -01; Cass. Sez. U, Sentenza n. 12477 del 21/05/2018, Rv. 648275 – 01) esso è inammissibile, in quanto attiene alla valutazione dell’accertamento della diligenza del professionista demandato al giudice del merito, il cui giudizio è incensurabile in cassazione se motivato in maniera congrua e logica, come innanzi dimostrato.
In definitiva, il Collegio rigetta il ricorso; le spese seguono la soccombenza come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso, condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida, in favore di ciascun controricorrente, in €6.000,00 per compensi, oltre ad €200,00 per esborsi , al rimborso forfettario nella misura del 15% ed agli accessori di legge.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis , del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, l’8 novembre 2023.
La Presidente
COGNOME NOME COGNOME