Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8232 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8232 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 19010/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME e domiciliata presso l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
-ricorrente – contro
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME e domiciliato presso l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
-controricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME e domiciliata presso l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
-controricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO e domiciliato presso l’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO;
-controricorrente-
e contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME e domiciliata presso l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
-controricorrente-
avverso sentenza della CORTE D’APPELLO di RAGIONE_SOCIALE 29 aprile 2020 n.889;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6/2/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che
Con sentenza del 9 gennaio 2012 il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE condannava per responsabilità da inadempimento di contratto di deposito la convenuta RAGIONE_SOCIALE depositaria RAGIONE_SOCIALE a risarcire il depositante sig. NOME COGNOME per la distruzione dei beni depositati cagionata da incendio del capannone ove era custodita.
Tale incendio, peraltro, era avvenuto il 27 gennaio 2003 per opere di riparazione della copertura del capannone affidate alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, cui l’RAGIONE_SOCIALE, proprietario dell’immobile, aveva con contratto del 3 gennaio 2002 conferito la gestione del suo patrimonio immobiliare ; RAGIONE_SOCIALE aveva altresì concesso in locazione l’immobile a lla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, la quale, pur essendosi risolto il contratto di locazione, lo aveva concesso per contratto di affitto di azienda a RAGIONE_SOCIALE Pertanto,
quest’ultima aveva ottenuto di chiamare in causa la RAGIONE_SOCIALE e l ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE; la RAGIONE_SOCIALE era stata a sua volta autorizzata a chiamare in causa l’ RAGIONE_SOCIALE ( poi RAGIONE_SOCIALE ) e la sua avente causa RAGIONE_SOCIALE (in relazione alla proprietà del capannone), il RAGIONE_SOCIALE nonché le compagnie assicuratrici.
Il Tribunale ha quindi condannato la RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, ritenuti responsabili in via extracontrattuale, a rifondere a RAGIONE_SOCIALE quanto la medesima doveva corrispondere al COGNOME; ha condannato le compagnie assicuratrici a tenere indenne la RAGIONE_SOCIALE di quanto condannata a corrispondere a RAGIONE_SOCIALE; ha rigettato le domande della RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
A seguito di interposti gravami, decidendo le riunite cause con sentenza del 29 aprile 2020 la corte d’appello ha confermato la condanna di RAGIONE_SOCIALE a favore del COGNOME e la condanna della ditta RAGIONE_SOCIALE a favore di RAGIONE_SOCIALE; in parziale accoglimento dell ‘appello della RAGIONE_SOCIALE ha escluso la responsabil ità di quest’ultima nei confronti di RAGIONE_SOCIALE
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito propone ora ricorso per cassazione, affidato a 5 motivi, RAGIONE_SOCIALE
Resistono con separati controricorsi il COGNOME, l’ RAGIONE_SOCIALE -in proprio e quale procuratore speciale di RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE e la compagnia assicuratrice RAGIONE_SOCIALE.
Memoria è stata depositata dalla ricorrente, dal RAGIONE_SOCIALE e dalla RAGIONE_SOCIALE.
Considerato che
1.1 Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 1780 c.c. in relazione all’articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., nonché, in relazione all’articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c., omesso esame di fatto decisivo ‘ai fini della valutazione della suss istenza della prova liberatoria della responsabilità’ ex articolo 1780 c.c.
1.1.1 Si duole che il giudice d’appello abbia ritenuto che la mancata restituzione da parte sua al NOME della merce custodita sia da ascriversi a ‘fatto imputabile a quest’ultima’, pur avendo confermato la responsabilità d ella RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e dell ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ‘per l’incendio che ne aveva provocato la distruzione’.
Lamenta ‘difetto di motivazione’ là dove risulta affermato che la cosa ‘ custodita … non fu né rubata, né distrutta’.
Si duole essersi dalla corte di merito ravvisate le cause dell’incendio nell’inefficacia dei presidi antincendio e nel l’altezza delle scaffalature, laddove l’incendio si è sviluppato dal tetto del capannone sarebbe cagionato ‘da manovre incaute da parte dei terzi chiamati’ , sicché ‘la Corte non ha congruamente motivato l’imputabilità a COGNOME della causa della mancata restituzione’ delle cose al COGNOME.
Si duole non essersi dalla corte di merito considerato che giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità ai fini della prova liberatoria della responsabilità ex articolo 1780 c.c. vale il principio di inevitabilità e l’adeguatezza della condotta del custode, sicché al depositario non può nella specie ascriversi responsabilità, dal momento che la perdita della cosa ‘era venuta a causa della introduzione di fuoco all’interno del deposito con modalità difficilmente prevenibili’.
1.1.2 Si duole che il giudice d’appello non abbia confermato la condanna della RAGIONE_SOCIALE ex articolo 1780, secondo comma, c.c. per l’ipotesi della ‘perdita della merce non per colpa del depositario e di subentro nei diritti contro il terzo che ha tolto la detenzione’.
Lamenta che il giudice d’appello ha omesso di considerare il passo della CTU ove si afferma che, anche se gli impianti antincendio ‘fossero stati perfettamente efficienti’ nel caso on avrebbero potuto impedire ‘la situazione che si è evoluta così rapidamente in tutto il capannone’ , e che ‘se la Corte non avesse ignorato il fatto rilevante della sostanziale inutilità di qualsiasi presidio’, avrebbe escluso
l’imputabilità alla ricorrente della mancata restituzione della merce al COGNOME per la liberazione della relativa obbligazione ex articolo 1780 c.c.
1.2 Il motivo, che si articola in tre argomentazioni, costituisce nella maggior parte un tentativo di introdurre un terzo grado di merito.
1.2.1 Anzitutto , il giudice d’appello rileva, accogliendo il quinto motivo del gravame della RAGIONE_SOCIALE, che la chiamante RAGIONE_SOCIALEnon aveva mai chiesto né nell’atto di chiamata in causa né in sede di precisazione delle conclusioni la condanna in manleva della RAGIONE_SOCIALE‘: infatti aveva concluso per l”accertamento dell’esclusiva responsabilità delle parti chiamati in causa … per i rispettivi titoli ed in via solidale’; analoga domanda è stata formulata con il primo motivo d’appello incidentale, che la corte territoriale non ha qualificato chia mata in garanzia in quanto RAGIONE_SOCIALE ‘non intendeva essere manlevata’, indicando la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE come esclusivi responsabili del sinistro (sentenza, pagina 12).
Risulta dunque evidente che nel qualificare la domanda come di accertamento della responsabilità verso il NOME, e non domanda di manleva nei confronti dell’attuale ricorrente, il giudice d’appello ha esercitato un proprio specifico potere (e in particolare, la giurisprudenza di questa Suprema Corte, oltre a riconoscere il potere qualificatorio che compete al giudice di merito, ha specificato altresì la sua permanenza in sede di appello, nel senso che il giudice del gravame può rendere una qualificazione giuridica autonoma rispetto a quella della sentenza impugnata, con i limiti, nella specie non violati, del giudicato interno, della ultrapetizione e dell’inserimento di nuovi elementi di fatto: Cass. sez. 3, 7 dicembre 2005 n. 26999, Cass. sez. 3, 23 febbraio 2006 n. 4008, Cass. sez. 3, 26 giugno 2012 n. 10617, Cass. sez. 3, ord. 15 maggio 2019 n. 12875 e Cass. sez. 3, ord. 8 maggio 2023 n. 12159).
1.2.2 Le residue due doglianze sono palesemente fattuali, dirette a modificare l’esito dell’accertamento di merito , e pertanto evidente inammissibili.
2.1 Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2562 c.c., in relazione all’articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c.,
nonché, in relazione all’articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo.
C ensura la sentenza impugnata ‘nella parte in cui attribuisce alla RAGIONE_SOCIALE una responsabilità per la propagazione dell’incendio’ non essendosi dalla corte di merito tenuto in debito conto il rapporto di affitto di azienda intercorrente tra RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, atteso che l’articolo 2562 c.c. vieta all’affittuario di modificare la destinazione dei beni e degli impianti.
2.2 Il motivo è infondato.
Lo stesso passo della sentenza impugnata che viene trascritto nell’illustrazione del motivo (ricorso, pagina 13) si fonda, a ben guardare in modo precipuo, su un’altra ragione di disattendimento della censura che l’attuale ricorrente aveva bas ato in appello sull’esistenza di un affitto d’azienda, affermando che ‘l’adozione di tutte le precauzioni, che le circostanze suggerivano secondo un criterio di ordinaria diligenza per evitare la distruzione delle cose depositate, competeva comunque a COGNOME, essendo un obbligo connaturato all’esercizio de l suo ruolo di depositario in quell’immobile’ (sentenza, pagina 15). Dunque il giudice d’appello non ha violato l’articolo 2562 c.c., attinente ad un diverso rapporto, quello tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE – e pertanto qui irrilevante -, bensì ha considerato il rapporto tra il RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, reputandolo di deposito e da ciò desumendo l’inadempimento della depositaria.
3.1 Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione del contraddittorio nonché violazione e/o falsa applicazione degli articoli 194 e 698 c.p.c., in relazione all’articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c.
Sostiene che la propria responsabilità sarebbe stata fondata dal giudice d’appello ‘esclusivamente su due circostanze’ estratt e dalla relazione del CTU di primo grado, la quale, a sua volta, le avrebbe attinte dalla relazione di un ATP anteriore al giudizio a cognizione piena.
Riportati i relativi passi motivazionali della sentenza impugnata, peraltro, la ricorrente conclude con quello in cui il giudice d’appello dichiara che si devono disattendere proprio anche le censure mosse da COGNOME quanto alla utilizzazione da parte d el CTU dell’esito dell’ATP cui essa non aveva partecipato, ‘perché il CTU ha acquisito dall’ATP solo la documentazione fotografica che ritrae il capannone dopo l’incendio, dalla quale, tra l’altro, si evince che le scaffalature erano posizionate fin quasi sottotetto’.
Ad avviso della ricorrente, in tal modo si sarebbe violato il principio del contraddittorio oltre agli articoli 194 e 698 c.p.c., l’acquisizione di informazioni dalla relazione dell’ATP essendo ‘andata ben oltre l’acquisizione di immagini fotografiche’: e ciò perché in tale relazione ‘sono rappresentate soltanto immagini di distruzione dalle quali è impossibile dedurre sia l’altezza degli scaffali che la quantità di merce’ e ‘il fatto che i montanti verticali avessero l’altezza raffigurata nelle foto non vu ol dire né che a quell’altezza ci fossero anche gli scaffali, né che a quell’altezza vi fossero scaffali contenenti merce’, in quanto ‘sia gli scaffali che le merci non si vedono perché sono andati bruciati’. Si riporta poi un passo della CTU che confermerebbe questo e si conclude con il riferimento ad una pronuncia -Cass. 22163/2019 – in cui questa Suprema Corte avrebbe ‘confermato la decisione di merito che, per la medesima fattispecie, aveva accertato la responsabilità ex art. 2051 c.c. a carico esclusivo della RAGIONE_SOCIALE e dell’RAGIONE_SOCIALE‘.
3.2 In primis , si deve rilevare che questa sorta di giudicato esterno invocato in un motivo la cui rubrica non ne fa alcun cenno descrivendo il contenuto della censura è comunque priva di pertinenza, riguardando altri soggetti (ricorrente è stato nel giudizio di cassazione il RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, già RAGIONE_SOCIALE).
Per il resto, è più che evidente che anche questo motivo tenta di aprire la via a un terzo grado di merito, lamentando che in termini di fatto la relazione dell’ATP avrebbe avuto un’incidenza superiore a quella affermat a dal giudice d’appello.
4.1 Con il quarto motivo la ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione degli articoli 112 c.p.c. e 1780 c.c. in relazione all’articolo 360, primo comma, nn. 3 e 4 c.p.c., nonché, ex articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c., omesso esame di fatti decisivi.
R ichiama il passo della sentenza impugnata relativo al quinto motivo d’appello della RAGIONE_SOCIALE, in cui il primo giudice avrebbe errato ritenendo che RAGIONE_SOCIALE avrebbe proposto una domanda in garanzia. Si argomenta per contrastare tale interpretazione del giudice d’appello della domanda in questione.
4.2 Come si è visto già a proposito del primo motivo, la qualificazione rientra nel potere del giudice d’appello con i limiti ut supra indicati, e presuppone una ricostruzione di fatto; il motivo mira in realtà ad inammissibilmente accreditare una diversa ricostruzione in fatto.
5.1 Con il quinto motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’articolo 360, primo comma, nn. 3, 4 e 5 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione degli articoli 91 e 92 c.p.c.
Lamenta che il giudice d’appello ha erroneamente applicato a favore delle parti appellanti principali e incidentali una maggiorazione del 60% delle spese di lite e una maggiorazione del 30% a favore dell’appellato COGNOME, ‘considerati per tutti la pluralità di parti’ e per gli appellanti anche ‘il più gravoso impegno defensionale’, e tutto addossando, in forza del principio di causalità, sull’attuale ricorrente, che così dovrebbe pagare le spese processuali per un totale di euro 152.815,01.
La ricorrente contesta l’applicazione del principio di causalità nei confronti dei soggetti chiamati, asserendo pure che verso RAGIONE_SOCIALE essa non è ‘risultata soccombente nel merito’ , e che, attesa la lunghezza dell’atto d’appello di RAGIONE_SOCIALE (75 pagine), quest’ultima appellante avrebbe violato ‘il principio di sinteticità e quello del giusto processo’, in quanto ‘nessuna questione, pur giuridicamente complessa, richiede atti processuali prolis si’:
pertanto ‘dette spese legali dovevano essere compensate ovvero, in subordine, non doveva essere applicata la maggiorazione del 60%’.
5.2 Il motivo è p.q.r. fondato e va accolto nei termini di seguito indicati.
Atteso che per quanto riguarda il principio di causalità ictu oculi non è erroneo il ragionamento del giudice d’appello in base al quale ha condannat o l’attuale ricorrente a rifondere le spese anche ai chiamati, non è in effetti dato comprendere in base a quale fondamento si sia dalla corte di merito ravvisato ‘ragionevole applicare una maggiorazione del 30% a favore degli appellati COGNOME e RAGIONE_SOCIALE e del 60% a favore degli appellanti principali e incidentali, considerati per tutti la pluralità di parti e per i secondi il più gravoso impegno defensionale’. Interpretando la censura al riguardo, quel che la ricorrente lamenta è invero l’incomprensibilità della ragione per cui è stata applicata la maggiorazione, considerato pure che, specificamente per RAGIONE_SOCIALE, ad avviso della ricorrente vi sarebbe stata pure una violazione del principio di sinteticità insito nel giusto processo.
L ‘applicazione della maggiorazione de qua non ha in effetti spiegazione alcuna, atteso che l’ utilizzata espressione ‘il più gravoso impegno defensionale’ costituisce un mero asserto che rimane su un piano di assoluta genericità e apoditticità, non risultando in alcun modo chiarito in cosa sia stata ravvisata la peculiarità idonea a consentire il superamento del previsto importo massimo delle spese, la mera presenza di pluralità di parti non potendo di per sé giustificarlo.
Il quinto motivo di ricorso va pertanto p.q.r. accolto, con conseguente cassazione in relazione dell’impugnata sentenza e rinvio per nuovo esame alla Corte d’ Appello di RAGIONE_SOCIALE, che in diversa composizione provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quinto motivo del ricorso, rigetta gli altri. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’ Appello di RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione.
Così deciso in Roma il 6 febbraio 2024