Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 28621 Anno 2024
ORDINANZA
sul ricorso N. 8572/2021 R.G. proposto da:
COGNOME , elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio degli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME che lo rappresentano e difendono come da procura in calce al ricorso, domicilio digitale ; EMAIL
– ricorrente –
contro
CANDIDI NOME COGNOME NOME COGNOME
– intimati –
e contro
COGNOME NOME, domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso la cancelleria della Corte di cassazione, rappresentato e difeso dall ‘ avv. NOME COGNOME come da procura in calce al controricorso, domicilio digitale EMAIL
– controricorrente –
RAGIONE_SOCIALE
e contro
RAGIONE_SOCIALE, Rappresentanza Generale per l ‘ Italia, in persona del procuratore speciale NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio degli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME che la rappresentano e difendono come da procura in calce al controricorso, domicilio digitale ;
EMAIL
– controricorrente e ricorrente incidentale –
e contro
– intimata –
e contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE), in persona del procuratore speciale NOME COGNOME, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso la cancelleria della Corte di cassazione, rappresentata e difesa dall ‘ avv. NOME COGNOME come da procura in calce al controricorso, domicilio digitale EMAIL
– controricorrente –
e contro
RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Corte di cassazione, rappresentata e difesa dall ‘ avv. NOME COGNOME come da procura in calce al controricorso, domicilio digitale EMAIL
– controricorrente –
e contro
RAGIONE_SOCIALE
– intimata – avverso la sentenza n. 3513/2020 della Corte d ‘ appello di Milano, depositata in
data 28.12.2020;
N. 8572/21 R.G.
udita la relazione sulla causa svolta nella adunanza camerale dell ‘ 8 maggio 2024 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
In data 15.12.2012, si verificò un incendio presso l’immobile dei coniugi NOME COGNOME ed NOME COGNOME, in Giussano (da loro acquistato da potere della RAGIONE_SOCIALE in data 24.10.2008); come poi accertato in corso di causa, l’ incendio fu causato dal malfunzionamento di una canna fumaria collegata ad un termocamino e si propagò anche nell’adiacente immobile posseduto da NOME COGNOME. I coniugi COGNOME promossero un procedimento di ATP ed all’esito vennero proposti tre autono mi giudizi dinanzi al Tribunale di Monza, poi riuniti in un unico procedimento:
un primo giudizio, iscritto al N. 219/2014 R.G., venne avviato dai predetti COGNOME/NOME nei confronti del geom. NOME COGNOME (quale direttore dei lavori), di RAGIONE_SOCIALE (quale società venditrice dell’immobile) e di RAGIONE_SOCIALE (quale appaltatrice dei lavori di costruzione), per ottenerne la condanna al risarcimento del danno derivante dall’incendio; venne anche citata la RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE ed intervenne volontariamente la CreditRas Assicurazioni s.p.a., entrambe assicuratrici della r.c. dei coniugi COGNOME; queste, costituendosi, agirono in surrogazione ex art. 1916 c.c. nei confronti dei convenuti (l’appaltatrice era stata frattanto dichiarata fallita); il COGNOME chiamò in giudizio la RAGIONE_SOCIALE, società che a veva provveduto all’allaccio dell’impianto termico alla rete idrica e ne aveva certificato la conformità;
un secondo giudizio, iscritto al N. 8298/2014 R.G., venne promosso dal COGNOME contro i coniugi COGNOME per ottenerne la condanna ex art. 2051 c.c.
N. 8572/21 R.G.
per il risarcimento dei danni arrecatigli dall’incendio, in quanto propagatosi dal loro immobile a quello da lui posseduto (i Candidi chiamarono in causa la RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE, mentre il COGNOME chiamò a sua volta in causa la RAGIONE_SOCIALE);
un terzo giudizio, iscritto al N. 13206/2014 R.G., venne introdotto dalla RAGIONE_SOCIALE, assicuratrice del Lucchetta, che agì in surrogazione ex art. 1916 c.c. contro i Candidi/NOME, quali responsabili ex art. 2051 c.c.; questi, a loro volta, chiamarono in causa il geom. NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e il Fallimento RAGIONE_SOCIALE, mentre il COGNOME chiamò in giudizio la RAGIONE_SOCIALE; quest’ultima chiamò a sua volta in causa la RAGIONE_SOCIALE di Balvo NOME, installatrice del termo-camino.
Dopo una prima sentenza non definitiva del 22.11.2016 (con cui vennero dichiarate inammissibili le domande proposte contro la fallita RAGIONE_SOCIALE e venne dichiarata cessata la materia del contendere quanto alla posizione della BVA s.RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE), le cause riunite vennero istruite anche con C.T.U. e vennero definite dal Tribunale di Monza con sentenza del 10.9.2018, con cui, per quanto qui ancora interessa:
la RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE vennero condannati in solido ex art. 2055 c.c. (e nei rapporti interni, rispettivamente, per il 60%, il 30% e il 10%): a1) a risarcire il danno non patrimoniale arrecato ai Candidi/NOME in misura pari ad € 20.000,00 ed € 11.400,00 (per l’inagibilità dell’immobile), oltre accessori, nonché al pagamento delle spese di ATP; a2) a risarcire il danno patrimoniale e non patrimoniale arrecato ad NOME COGNOME in
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misura pari, rispettivamente, ad € 33.341,95 ed € 10.000,00; a3) a rifondere a RAGIONE_SOCIALE ex art. 1916 c.c. la somma di € 188.563,34 oltre accessori; b) la RAGIONE_SOCIALE ed NOME COGNOME vennero condannati in solido ex art. 2055 c.c. (e nei rapporti interni, rispettivamente, per il 65% ed il 35%) a rifondere ex art. 1916 c.c. ad Uniqa la somma di € 115.412,76 e a RAGIONE_SOCIALE la somma di € 78.257,60 , oltre accessori.
NOME COGNOME propose gravame in via principale e la RAGIONE_SOCIALE propose appello incidentale; nella contumacia della sola RAGIONE_SOCIALE, la Corte d’appello di Milano, con sentenza del 28.12.2020, rideterminò il risarcimento del danno non patr imoniale dovuto ai coniugi COGNOME in misura pari ad € 2.618,88, oltre accessori (fermo il danno da mancanza di agibilità), il risarcimento del danno patrimoniale dovuto al COGNOME in misura pari ad € 17.960,75, liquidò a Zurich ulteriori € 5.875,64 per spese di CTP, regolò le spese del doppio grado e rigettò nel resto le impugnazioni.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME sulla base di otto motivi, cui resistono con autonomi controricorsi NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE), RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE che ha pure proposto ricorso incidentale, affidato a quattro motivi. I restanti intimati non hanno svolto difese.
Tutte le parti costituite hanno depositato memoria.
Il ricorrente ha rinunciato al ricorso nei confronti di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE) e RAGIONE_SOCIALE, parti che hanno tutte accettato, nonché di RAGIONE_SOCIALE, non costituita.
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Il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza entro sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
RICORSO PRINCIPALE (di NOME COGNOME direttore dei lavori)
1.1 -Con il primo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1176 e 2236 c.c. per insussistente responsabilità in capo al COGNOME, nonché l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c. Si sostiene che la Corte d’appello – nel ritenere sussistente la responsabilità di esso COGNOME per aver omesso di controllare la qualità e l’idoneità dei materiali utilizzati per la realizzazione della canna fumaria – abbia ampliato a dismisura i compiti propri del direttore dei lavori, in sostanza chiamandolo a rispondere di tutto quanto avvenuto in cantiere, anche per scelte progettuali e tecniche di soggetti terzi, benché il vizio in questione fosse ‘ occulto e non facilmente riconoscibile ‘. Inoltre, ci si duole dell’omesso esame del contenuto del fax trasmesso ai Candidi dalla RAGIONE_SOCIALE Verano in data 29.10.2008 (ossia, qualche giorno dopo il rogito di acquisto); da tale documento avrebbe dovuto evincersi la natura di opera extra-capitolato della canna fumaria, la cui esecuzione venne concordata direttamente dai Candidi con l’appaltatrice, nell’ambito di un autonomo contratto di appalto tra i predetti intercorrente, rispetto al quale esso COGNOME era del tutto estraneo: la direzione lavori, dunque, era riferibile esclusivamente al diverso contratto di appalto intercorrente tra la committente RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE Verano e solo di tanto esso COGNOME avrebbe potuto rispondere quale direttore dei lavori.
1.2 -Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione del d.m. n. 37/2008 in materia di certificazione dell’impianto termico ed in tema di
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responsabilità professionale per assenza di nesso causale, nonché l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c. Si sostiene che la Corte d’appello non abbia affatto considerato la citata normativa secondaria, in relazione a due distinte circostanze verificatesi tra la data di fine lavori e l’evento dannoso: 1) il rilascio della certificazione di conformità dell’impianto termico dopo il collegamento col termo -camino, nel dicembre 2008, da parte di Idrotermica GPL; 2) la manutenzione straordinaria non professionale e non certificata effettuata (da soggetto rimasto non identificato) proprio nel punto della canna fumaria da cui poi si sprigionò l’incendio per cui è causa, nei primi mesi del 2009, mediante un prolungament o della canna stessa, per circa 30 cm., con modalità del tutto approssimative (incastro tra due tubi di uguale diametro con collegamento in fil di ferro). In tal guisa, la Corte lombarda avrebbe non applicato l’art. 1, comma 2, lett. c), l’ art. 5, comma 5, e l’art. 7, comma 1, del d.m. n. 37/2008, che rispettivamente prevedono che la certificazione dell’impianto è necessaria ai fini del suo utilizzo (che dunque, in assenza di certificazione, è assolutamente vietato), che le modifiche apportate comportano la decadenza della stessa certificazione e la necessità di rinnovarla, e che la certificazione deve essere rilasciata al termine dei lavori e delle verifiche di funzionalità dell’impianto, anche in relazione alla idoneità dei materiali utilizzati. Quanto precede, prosegue il ricorrente, comporta una doppia interruzione del nesso di causalità tra l’incendio e l’eventuale condotta negligente allo stesso ascrivibile. Infine, si contesta la erronea lettura data dalla Corte d’appello circa le risul tanze della CTU, che non ha affatto ascritto la causa del sinistro alla cattiva realizzazione della canna fumaria, bensì proprio
al prolungamento della stessa (nei termini già esposti); risulta poi comprovata l’assenza di opere manutentive da parte dei Candidi e il sovradimensionamento del termo-camino installato dagli stessi Candidi.
1.3 -Con il terzo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1227 e 2051 c.c. in tema di concorso colposo del creditore e di esclusione di responsabilità da cose in custodia per caso fortuito, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per non aver la Corte d’appello tenuto nella minima considerazione l’operato negligente dei Candidi (o comunque, a loro riconducibile) in relazione ai lavori effettuati dopo la chiusura del cantiere: a) la scelta di utilizzare la cantina come locale abitabile; b) di installare un termocamino per riscaldare l’intera casa affidata ad impresa di propria fiducia; c) il descritto anomalo prolungamento della canna; d) l’assenza generale di manutenzione. Secondo il ricorrente, si tratta di elementi che, se valutati, avrebbero potuto condurre alla totale propria esenzione da responsabilità, o quantomeno alla riduzione della risarcibilità dei danni che avrebbero potuto ev itarsi ove gli stessi Candidi avessero usato l’ordinaria diligenza. La Corte ha poi errato nel ritenere sufficiente ad assolvere i Candidi dalla propria responsabilità da custode nei confronti di NOME COGNOME ai fini della configurabilità del caso fortuito ex art. 2051 c.c., l’ascrivibilità dell’incendio alle condotte di soggetti terzi (ossia, esso COGNOME, la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE); non si è infatti considerato che i Candidi utilizzavano illecitamente un impianto non a norma e non s’è tenuto conto del fatto che il custode risponde per responsabilità oggettiva, che può essere su perata solo dall’assolvimento della prova, da parte del custode stesso, del caso fortuito.
1.4 -Con il quarto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per non aver la Corte d’appello rilevato la carenza di legittimazione passiva di esso COGNOME sulla domanda diretta di RAGIONE_SOCIALE e di NOME COGNOME nei confronti dei coniugi COGNOME ex art. 2051 c.c., e comunque per non aver dichiarato l’inammissibilità della suddetta domanda in estensione formulata dai predetti nei suoi confronti, giacché privo di ogni potere da custodia sulla res .
1.5 -Con il quinto motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., si lamenta la nullità della sentenza per non aver la Corte d’appello pronunciato sulla propria eccezione circa la rinuncia ad alcune domande già formulate dalle controparti in primo grado, ma non riproposte in appello.
1.6 -Con il sesto motivo, si denuncia l’omessa valutazione delle risultanze della CTU, la nullità della sentenza e la violazione degli artt. 116 c.p.c. e 1298 e 2055 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3, 4 e 5, c.p.c. In primo luogo, ci si duole dello scostamento della sentenza impugnata dalle conclusioni cui era pervenuto il CTU, senza che nei siano state fornite le ragioni: il giudice d’appello s’è limitato a condividere le considerazioni del Tribunale di Monza, che però, a sua volta, s’era im motivatamente discostato dalle conclusioni del CTU. Quest’ultimo, in particolare, aveva individuato diverse concause del sinistro, quali: 1) la negligenza dei Candidi e la loro scelta di adibire a taverna con cucina abitabile il locale cantina; 2) il prolungamento non professionale della canna fumaria, da parte di soggetto rimasto ignoto, in prossimità del tetto, con conseguente perdita di valore della certificazione di conformità; 3) l’omessa verifica, da parte di Idrotermica, dell’idoneità della canna fum aria e del
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comignolo a supportare un termo-camino come quello poi installato su incarico dei Candidi; 4) l’installazione di una canna fumaria non a regola d’arte da parte della RAGIONE_SOCIALE Verano. A fronte di tali risultanze, la Corte d’appello avrebbe del tutto dimenticato la responsabilità determinante di RAGIONE_SOCIALE e quella dirimente dei Candidi, attribuendola in modo immotivato e non argomentato all’impresa, al direttore dei lavori e all’installatore, come se si trattasse di un banale vizio edile e non di una serie di concause che hanno determinato l’evento, per di più attribuendo ad esso ricorrente una responsabilità priva di riscontro nel materiale istruttorio e comunque motivando in modo del tutto illogico, anche con riguardo alla ripartizione interna tra i ritenuti corresponsabili.
1.7 -Con il settimo motivo si denuncia l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio ai fini della liquidazione dei danni lamentati dai danneggiati, nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 1226, 2059 e 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c. Il ricorrente contesta l’entità della liquidazione del danno operata dalla Corte d’appello in favore dei Candidi (€ 11.400,00 per danni da inagibilità dell’immobile, benché i danneggiati non avessero fornito alcuna prova di esbors i sostenuti per farvi fronte) e di COGNOME (€ 10.000,00 per danno morale, in via equitativa, anche in tal caso senza che il danneggiato avesse fornito alcuna prova sul danno).
1.8 -Con l’ottavo motivo, infine, si lamenta l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio circa la carenza di legittimazione ad agire di NOME COGNOME in relazione ai danni all’immobile da lui posseduto e ai relativi arredi, nonché circa la legittimazione ad agire in regresso da parte di Zurich Insurance RAGIONE_SOCIALE per non
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essere il primo proprietario dei beni danneggiati, con conseguente violazione degli artt. 1916 c.c. e 81 c.p.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c. RICORSO INCIDENTALE (dell’assicuratrice del danneggiato COGNOME)
1.9 -Con il primo motivo, RAGIONE_SOCIALE denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. sulla ritenuta sussistenza del caso fortuito. Rileva la ricorrente incidentale che l’accertata responsa bilità a carico di COGNOME e di RAGIONE_SOCIALE – rispetto alla propria azione ex art. 1916 c.c. – non fa venir meno la responsabilità dei coniugi COGNOME nella causazione dell’evento, come invece ritenuto dalla Corte ambrosiana, giacché questi ultimi hanno fatto installare un termo-camino in un locale in cui non poteva essere installato, utilizzandolo senza le necessarie certificazioni e pur in presenza di anomala fuoriuscita di fumo dal sottotetto, così anche disapplicando il disposto dell’art. 1227 c .c.
1.10 -Con il secondo, il terzo e il quarto motivo del ricorso incidentale, ai sensi 360, comma 1, rispettivamente nn. 3, 4 e 5, c.p.c., si denuncia la violazione e falsa applicazione di legge, la nullità della sentenza e l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, per non essere state valutate le risultanze della CTU, in relazione alla circostanza che la Corte d’appello, secondo la Compagnia, s’è limitata a condividere le argomentazioni del giudice di primo grado circa la responsabilità dei Candidi nella causazione dei danni al Lucchetta, proprio assicurato, ma non s’è avveduta che lo stesso Tribunale aveva disatteso immotivatamente le conclusioni del CTU sul punto. Il primo giudice aveva infatti assolto i Candidi da ogni responsabilità giacché essi ‘ erano in possesso di certificazioni di conformità ed hanno tempestivamente avvisato la venditrice
RAGIONE_SOCIALE del problema di cui necessariamente ignoravano la gravità e ne hanno ricevuto rassicurazioni ‘, ma tanto non è sufficiente, secondo la ricorrente incidentale, a giustificare il dissenso dello stesso Tribunale rispetto alle conclusioni del CTU, secondo il quale era ascrivibile ai Candidi la negligenza per aver scelto di adibire a taverna il locale cantina, precisando che un comportamento corretto avrebbe avuto una ‘ discreta possibilità ‘ di escludere il verificarsi del sinistro e che comunq ue, in occasione dell’intervento di prolungamento della canna fumaria nel gennaio 2009, i predetti Candidi avrebbero dovuto avvisare, in primis, la RAGIONE_SOCIALE, che aveva rilasciato le certificazioni di conformità dell’impianto termico, il che avrebbe, con ‘ elevata probabilità ‘ impedito il verificarsi del sinistro. Difettano, dunque, le motivazioni sulle ragioni dello scostamento della valutazione operata dal giudice d’appello sulle conclusioni del CTU, in tal modo risultando anche conclamata la violazione degli artt. 61, 62, 113, 115 e 116 c.p.c.
2.1 Preliminarmente, va rilevato che, a seguito della parziale rinuncia al ricorso principale da parte del COGNOME, i rapporti processuali inerenti alla controversia che occupa sono rimasti non ancora definiti e quindi suscettibili di ulteriore disamina – fatte salve le determinazioni del giudice del rinvio, in ordine alle ricadute del parziale accoglimento del ricorso principale e del ricorso incidentale, nei termini di cui infra – in relazione alle seguenti contrapposte posizioni:
NOME COGNOME contro coniugi COGNOME, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (quest’ultima, rimasta intimata);
RAGIONE_SOCIALE contro coniugi COGNOME, RAGIONE_SOCIALE e la stessa Home RAGIONE_SOCIALE.
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Pertanto, devono intendersi tout court rinunciati (o comunque, è venuto meno l’interesse del COGNOME alla relativa decisione) i motivi quarto e ottavo del ricorso principale (tutti relativi ai soli Lucchetta e Zurich Insurance), nonché il settimo, nella parte relativa al solo Lucchetta. Nel resto, eventuali ulteriori profili di censura proposti dal COGNOME ed eventualmente involgenti, passim , i rapporti processuali oggetto di rinuncia accettata, ex artt. 390 e 391 c.p.c. (o senz’altro efficace, come quella nei riguardi dell’intimata RAGIONE_SOCIALE, non verranno ovviamente delibati, in quanto ormai esclusi dall’ulteriore thema decidendum in dipendenza delle scelte processuali delle parti interessate.
2.2 -Sempre in via preliminare, è senz’altro inammissibile il quinto motivo del ricorso principale, per evidente difetto d’interesse del COGNOME in ordine alla pretesa omessa pronuncia, da parte della Corte d’appello, riguardo alla mera ricognizione del giudicato interno formatosi a seguito della mancata impugnazione di taluni capi della sentenza di primo grado (ciò che costituiva l’oggetto dell’eccezione sollevata dal COGNOME nel giudizio d’appello).
Sono del pari inammissibili, ai sensi dell’art. 348 -ter , ult. comma, c.p.c. (applicabile ratione temporis ), tutte le doglianze proposte sotto le insegne dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., col primo, secondo, sesto e settimo motivo del ricorso principale, essendosi al cospetto di ‘ doppia conforme in facto ‘. Né il ricorrente principale ha indicato al riguardo -com’era suo onere (v. Cass. n. 26934/2023) -che le ragioni poste a base della decisione di primo grado fossero diverse da quella poste a fondament o della sentenza d’appello, qui impugnata.
I predetti motivi verranno dunque delibati al netto delle censure inammissibili, così come proposte.
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2.3.1 Per quanto riguarda il ricorso incidentale di Zurich RAGIONE_SOCIALE – che investe la denegata corresponsabilità dei coniugi Candidi ex art. 2051 c.c. sotto vari profili – la Compagnia sostiene che la sentenza non le è stata notificata dal Lucchetta ai fini del decorso del termine breve ex art. 325 c.p.c.; questi afferma invece il contrario, nel controricorso: ed in effetti dalla relata in atti risulta che la sentenza è stata notificata al precedente procuratore della Compagnia in data 18.1.2021. Da tanto discende che l’impugnazione in parola – il controricorso con ricorso incidentale essendo stato notificato il 28.4.2021 – è certamente tardiva, perché proposta oltre il termine di sessanta giorni dalla notifica della sentenza.
2.3.2 -Tuttavia, reputa la Corte che detta impugnazione, ciononostante, sia comunque ammissibile, ai sensi dell’art. 334, comma 2, c.p.c.
Sul punto, in relazione al processo con pluralità di parti, si registra un recentissimo arresto nomofilattico (Cass., Sez. Un., n. 8486/2024), secondo cui ‘ L’impugnazione incidentale tardiva è ammissibile anche quando riveste le forme dell’impugnazione adesiva rivolta contro la parte destinataria dell’impugnazione principale, in ragione del fatto che l’interesse alla sua proposizione può sorgere dall’impugnaz ione principale o da un’impugnazione incidentale tardiva ‘.
Rinviando, per brevità, all’ampia motivazione della citata sentenza (anche per richiami), risulta evidente che nella specie l’interesse all’impugnazione incidentale, da parte della Compagnia, ben può essere insorto a seguito dell’impugnazione principale del COGNOME, perché l’eventuale accoglimento di quest’ultima è suscettivo di escludere o rendere più difficoltose -le prospettive di successo dell’azione spiegata dalla stessa Compagnia ex art. 1916 c.c. nei
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confronti dei coniugi COGNOME e di tutti i terzi chiamati da questi ultimi (tra cui lo stesso COGNOME), venendo in tale ipotesi a mancare, nella prospettiva di cui all’art. 2740 c.c., uno dei pretesi corresponsabili (così come accertato dalla Corte d’appe llo) del danno patito dal COGNOME e ristoratogli dalla propria assicuratrice. Se, dunque, è vero che la RAGIONE_SOCIALE -nell’ambito delle proprie valutazioni -avrebbe potuto accettare (e, di fatto, ha accettato) l’esito del giudizio determinato dalla decisione d’appello, la sua messa in discussione da parte del COGNOME è senz’altro idonea a giustificare l’insorgenza dell’interesse ad impugnare in capo alla stessa Compagnia, donde l’ammissibilità dell’impugnazione incidentale in parola, benché tardiva, siccome rispettosa dei termini previsti per il dispiegamento delle difese da parte degli intimati nel giudizio di legittimità. Naturalmente, è appena il caso di precisare che la superiore decisione non rimane minimamente incisa dalla sopravvenuta rinuncia al ricorso operata dal COGNOME e accettata dalla RAGIONE_SOCIALE perché questa non può che avere effetto nei rapporti tra le sole predette parti (per quanto qui in rilievo) e non riverbera di per sé sulle altre parti del giudizio, convenute (originariamente o in estensione, dunque in solido) rispetto alla domanda ex art. 1916 c.c. della
Compagnia stessa.
2.3.3 -Ciò chiarito, va ora osservato che nessuna delle parti ha resistito con controricorso all’impugnazione incidentale della Compagnia, come consentito dall’art. 371, comma 4, c.p.c. (nel testo applicabile ratione temporis ). La Italiana Assicurazioni, però, con memoria ex art. 380bis. 1 c.p.c., ne ha comunque contestato la fondatezza, con dovizia di argomenti.
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Tuttavia, la suddetta memoria illustrativa è, in parte qua , inammissibile, giacché non può recuperarsi con essa un’attività defensionale volontariamente non svolta nel tempo debito con controricorso (in proposito: Cass. n. 1542/2021 e Cass. 4049/23), quando la trattazione del procedimento che occupa è stata dispo sta nelle forme dell’adunanza camerale e non dell’udienza pubblica.
2.3.4 -Infine, per comodità espositiva, va qui rilevata l’inammissibilità ex art. 348ter c.p.c. del quarto motivo del ricorso incidentale (se non per la non configurabilità di un fatto inteso in senso fenomenico quale necessario oggetto della doglianza), almeno poiché proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., per le medesime ragioni già esposte nel par. 2.2, cui si rinvia per brevità.
3.1 -Ciò chiarito, è ora anzitutto opportuno precisare che allo stato si intrecciano, nella vicenda processuale in esame, almeno due serie di controversie:
una prima, vertente essenzialmente nei rapporti tra i proprietari della cosa (l’immobile con l’impianto in cui venne installata la canna fumaria, da cui si è sviluppato e propagato l’incendio) ed il direttore dei lavori, la venditrice , l’appaltatrice di questi (dichiarata fallita, donde l’inammissibilità delle domande nei suoi confronti, come da sentenza non definitiva del Tribunale di Monza del 22.11.2016, non impugnata sul punto ) e l’installatrice dell’impianto, che pure ne rilasciò il certificato di conformità;
una seconda, contro quei proprietari stessi, ma quali custodi, in sede di rivalsa da parte dell’assicuratrice di un terzo, danneggiato dall’evento prodottosi dalla cosa medesima, nonché contro i terzi chiamati in causa dai primi (e, cioè, da quegli stessi proprietari-custodi).
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A questo riguardo, occorre muovere dagli snodi essenziali della motivazione adottata dal giudice d ‘ appello, nel ripartire tra il COGNOME, la Home Project e la RAGIONE_SOCIALE la responsabilità dell ‘ evento di danno:
l ‘ incendio venne causato dalla realizzazione della canna fumaria non a regola d ‘ arte, giacché nel cavedio che la conteneva passava un travetto in legno della struttura della copertura, posto a pochi centimetri dal materassino in fibra minerale (di modesto spessore) che avvolgeva la canna stessa, pure collegata alla struttura in legno con fil di ferro; proprio per effetto del raggiungimento di elevate temperature della canna, durante il funzionamento dell ‘ impianto, il legno si è riscaldato fino ad arrivare alla temperatura di combustione per pirolisi;
la canna fumaria, nella sua originaria consistenza, venne realizzata dalla fallita RAGIONE_SOCIALE Verano prima della fine lavori della villetta (25.9.2008) e, dunque, nell ‘ egida del direttore dei lavori COGNOME (che era pure amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE, società venditrice), che colposamente non ne verificò l ‘ effettuazione con l ‘ utilizzo di materiali di qualità ed idonei, in conformità alle regole dell ‘ arte e alla vigente normativa di settore;
la canna fumaria non venne originariamente abbinata ad alcuna fonte di energia, ma il termo-camino venne collegato alla canna stessa da RAGIONE_SOCIALE su incarico dei Candidi qualche mese dopo l ‘ acquisto, nel dicembre 2008;
la Idrotermica colposamente non verificò, prima di allacciare il termo-camino, la regolarità della canna fumaria e la correttezza dei sistemi di evacuazione, poi rilasciando con superficialità la dichiarazione di conformità dell ‘ impianto termico; 5) nessuna efficienza causale era ascrivibile all ‘ operato dei Candidi, neppure ai sensi dell ‘ art. 2051 c.c., né per aver adibito il piano cantina a taverna con cucina
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abitabile (in contrasto con la destinazione urbanistica del vano), né per aver allacciato il termo-camino nel piano taverna, né per aver eventualmente aggiunto (mediante persona rimasta non identificata) circa cm. 30 di tubo alla canna fumaria, giacché l ‘ incendio si era verificato all ‘ interno del tetto, a contatto con le travi in legno; né, infine, dal materiale istruttorio poteva desumersi un difetto di manutenzione dell ‘ impianto termico, da parte dei Candidi;
anzi, la stessa pretesa modifica dello stato dei luoghi, che sarebbe stata operata nel gennaio del 2009, benché priva di una ‘ concreta ed idonea prova ‘, finiva col confermare il corretto operato dei coniugi COGNOME (che avevano immediatamente informato la venditrice RAGIONE_SOCIALE) e, comunque, il vizio della canna fumaria assumeva natura occulta e non facilmente riconoscibile, avvalorata da una certificazione di conformità dell ‘ impianto, rilasciata da RAGIONE_SOCIALE;
nessuna interruzione del nesso di causalità poteva dunque ritenersi sussistente, come prospettato dal COGNOME col proprio appello, benché l ‘ evento si fosse verificato a circa quattro anni di distanza dal rogito e dalla consegna dell ‘ immobile;
in definitiva, risultava conclamata l ‘ efficienza causale dell ‘ operato di RAGIONE_SOCIALE, COGNOME e RAGIONE_SOCIALE (nella misura riferita ai rapporti interni, rispettivamente, del 60%, del 30% e del 10%), con esclusione di responsabilità dei coniugi COGNOME; inoltre, ai fini di quanto previsto dall ‘ art. 2051 c.c. (con riguardo alla domanda risarcitoria del COGNOME e alla connessa azione ex art. 1916 c.c. della Zurich Insurance), risultava del pari conclamata la sussistenza del caso fortuito – tale da escludere la responsabilità dei Candidi – consistente
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nel fatto di più terzi, ossia nell ‘ operato a vario titolo imputabile ai predetti RAGIONE_SOCIALE, COGNOME e RAGIONE_SOCIALE.
4.1 -Ebbene, iniziando la disamina proprio dal primo motivo del ricorso principale, esso è inammissibile, perché, sotto il velo di una pretesa violazione di norme di diritto, mira in realtà a rimettere in discussione l ‘ accertamento fattuale per cui la canna fumaria venne realizzata nella piena consapevolezza del COGNOME e nella conseguente inerzia circa l ‘ idoneità e la qualità dei materiali, nonché circa la rispondenza alle regole dell ‘ arte, in contrasto con gli obblighi su di lui gravanti quale direttore dei lavori.
In realtà, la Corte d ‘ appello ha convincentemente spiegato il perché la tesi del ‘ doppio contratto ‘ (da un lato, un appalto intercorrente tra la committente RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE per l ‘ edificazione secondo titoli edilizi rilasciati; dall ‘ altro, un secondo appalto in essere tra i coniugi COGNOME, già promissari acquirenti della villetta, e la stessa RAGIONE_SOCIALE, relativo però all ‘ esecuzione di lavori extracapitolato), sia insostenibile: la Corte territoriale ha, da un lato, affermato che la prospettazione del COGNOME era del tutto indimostrata ed ha poi accertato che l ‘ intera operazione s ‘ era svolta sotto la supervisione dello stesso COGNOME, compresa l ‘ esecuzione di una canna fumaria comunque non a regola d ‘ arte e certamente in epoca antecedente alla fine lavori.
Quanto precede, prosegue la Corte ambrosiana, risultava anche dimostrato dal telefax inviato dalla RAGIONE_SOCIALE Verano allo ‘Studio COGNOME‘ in data 23.10.200 8, ossia un giorno prima del rogito; in detta comunicazione venivano riepilogati evidentemente, ad esso COGNOME – i conteggi delle opere extracapitolato, tra cui la stessa canna fumaria. Né, del resto, poteva sostenersi che la collocazione della
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canna fosse avvenuta in epoca successiva al collaudo eseguito dall ‘ odierno ricorrente principale: tanto risultava smentito sia dalle risultanze della CTU, sia dalla considerazione per cui la canna, proprio perché ubicata sul tetto della villetta, non poteva che essere stata realizzata logicamente prima della conclusione del tetto stesso.
In altre parole, ciò che il giudice d ‘ appello ha inteso evidenziare è che il COGNOME – nella triplice veste di rappresentante del venditore (quale l.r. della RAGIONE_SOCIALE), nonché di progettista e direttore dei lavori – ha senz ‘ altro avuto un ruolo nella predisposizione e collocazione della canna fumaria in parola, anche nel sostenere prospetticamente l ‘ utilizzo non conforme a legge del piano cantinato, che i Candidi si apprestavano a realizzare. La canna fumaria era certamente funzionale a questo non consentito utilizzo e di ciò il COGNOME era certamente consapevole.
Pertanto, gli argomenti utilizzati col mezzo in esame, onde ricondurre l ‘ accertata responsabilità dello stesso COGNOME ad aspetti esulanti dalla direzione lavori, si scontrano inevitabilmente con i superiori accertamenti fattuali, riservati al giudice del merito e denunciabili in questa sede di legittimità solo sul piano della tenuta motivazionale: tale profilo, però, non è stato agitato dal COGNOME stesso, donde l ‘ inammissibilità delle censure in scrutinio, così come proposte.
Non senza dire che -al contrario di quanto opinato dal COGNOME -compete proprio al direttore dei lavori verificare l ‘ idoneità e la realizzazione a regola d ‘ arte anche dell ‘ impianto termico, così come dell ‘ intero manufatto, mediante l ‘ impiego delle proprie competenze tecniche (sul tema, si vedano in generale, per tutte, Cass. n. 10728/2008 e Cass. n. 2913/2020).
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5.1 -Il secondo e il terzo motivo del ricorso principale, da esaminarsi in parte congiuntamente perché connessi, sono fondati, nei termini di cui appresso, una volta ricordato che i profili che verranno immediatamente esaminati attengono al rapporto principale tra proprietari della cosa da cui si è originato il danno e il direttore dei lavori della sua realizzazione , nonché la certificatrice dell’impianto . Va anzitutto premesso che l ‘ eccezione di inammissibilità del secondo mezzo sollevata da Idrotermica GPL per pretesa novità delle questioni poste ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., è infondata, in quanto -al di là della formale invocazione della normativa secondaria da parte del COGNOME nel giudizio di merito, nonché dello stesso riferimento ad essa eventualmente operato dal CTU -le questioni stesse hanno comunque costituito oggetto della materia del contendere, dato che è indiscutibile che l ‘ analisi circa la conformità dell ‘ impianto termico per cui è processo è stata senz ‘ altro oggetto sia della relazione di ATP, sia della relazione di CTU.
Ciò posto, occorre evidenziare che la Corte d ‘ appello ha in effetti considerato l ‘ operato della stessa RAGIONE_SOCIALE (per aver superficialmente dichiarato la conformità dell ‘ intero impianto alle regole dell ‘ arte, dopo aver provveduto al collegamento del termo-camino alla canna fumaria; si noti che la superficialità del proprio operato è riconosciuta dalla stessa RAGIONE_SOCIALE anche in memoria), seppur quale concausa del sinistro (nei rapporti interni, per il 10%) e non quale causa esclusiva, come invece sostenuto dal COGNOME col mezzo in esame.
Al contempo, il giudice del merito ha escluso qualunque apporto causale dei coniugi COGNOME nell ‘ occorso, rilevando che, in occasione delle prime avvisaglie
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del malfunzionamento dell ‘ impianto (nel gennaio del 2009, allorché si verificò la fuoriuscita di fumo dalla copertura del tetto), essi fecero quanto dovevano, ossia avvisare la venditrice perché provvedesse agli opportuni controlli e/o interventi; tutto ciò, è confermato, a dire della Corte d ‘appello, dalla ‘ presunta modifica dello stato dei luoghi … peraltro priva di una concreta ed idonea prova ‘: secondo la stessa Corte ambrosiana, cioè, l ‘ episodio del prolungamento della canna fumaria -che in corso di causa non è stato possibile attribuire ad un soggetto identificato, ma che il CTU ritiene possibile essere stato effettuato nella suddetta occasione, ossia nel gennaio del 2009, posto che, evidentemente, si tratterebbe di intervento necessariamente successivo alla originaria posa in opera della canna stessa -da un lato confermerebbe l ‘ assenza di responsabilità dei coniugi COGNOME e, per di più, non risulterebbe neppure adeguatamente provato.
5.2 Ora, risulta in tutta evidenza come la Corte d ‘ appello non abbia fatto buon governo, anzitutto, della regola di cui all ‘ art. 1223 c.c. (la cui violazione o falsa applicazione è stata sostanzialmente denunciata col mezzo in esame).
Anzitutto, quanto alla posizione di RAGIONE_SOCIALE, il giudice d ‘ appello si limita a condividere la valutazione del primo giudice circa la natura (meramente) concorsuale del suo superficiale operato, senza affatto spiegare perché questo non possa assurgere a causa successiva sopravvenuta, di per sé idonea a cagionare l ‘ evento (ex art. 41, comma 2, c.p.) e ad escludere tout court la responsabilità della venditrice e del direttore dei lavori, posto che le omissioni in cui la RAGIONE_SOCIALE è incorsa sono state valutate, sul piano della causalità materiale, come in grado di impedire, quasi certamente, il verificarsi dell ‘ evento
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(si veda la relazione di CTU, come in particolare richiamata dal ricorrente alle pp. 45 ss. del ricorso).
5.3.1 -Considerazioni sostanzialmente analoghe possono svolgersi con riguardo alla posizione dei coniugi COGNOME, quali attori nella relativa controversia. Si vuole, cioè, evidenziare che, nel prosieguo, si procederà alla valutazione della condotta dei coniugi COGNOME, lato sensu intesa, in relazione alla loro posizione di attori, per i danni in tesi loro arrecati dalla RAGIONE_SOCIALE, dal COGNOME e da RAGIONE_SOCIALE. Detta valutazione, ovviamente, inerisce al piano della causalità, sia con riguardo al disposto dell ‘ art. 1227, comma 2, c.c., sia in ogni caso al comma 1 della stessa disposizione, posto che la ponderazione della diligenza degli stessi Candidi, così come operata dal giudice d ‘ appello appare incomprensibilmente riduttiva, già nei rapporti tra i predetti Candidi e i pretesi responsabili dei danni loro arrecati.
5.3.2 -Va anzitutto premesso che, sul piano della responsabilità oggettiva ex art. 2051 c.c., gravante sul custode dell ‘ impianto termico (e dunque, sui coniugi COGNOME), nei confronti dei terzi ‘ occorre stabilire se il danno è causato dai lavori alla res in custodia in costanza dei medesimi (ipotesi nella quale la simultaneità della condotta dell ‘ esecutore dei lavori elide il nesso causale con la cosa, questa regredendo a mera occasione del sinistro), oppure se dipende dalla res in custodia come risultante all ‘ esito dei lavori ed una volta questi cessati da tempo
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idoneo a consentire il ripristino di una oggettiva possibilità di intervento o adeguamento da parte del custode (nel qual caso torna pur sempre la cosa custodita, sia pure modificata o manomessa, ad essere ciò che cagiona il danno, regredendo i lavori e le modifiche a causa remota) ‘ ( così, Cass. n. 4288/2024, in motivazione).
5.3.3 -Detto principio, che nella specie opera propriamente in relazione ai danni cagionati dall ‘ impianto a terzi diversi dallo stesso custode (questione oggetto, come già visto, anche del ricorso incidentale di Zurich Insurance, di cui si dirà in seguito), costituisce però una chiara chiave di lettura anche ai fini dello scrutinio del mezzo in esame, in relazione alle pretese risarcitorie dell ‘ acquirente dell ‘ immobile, spiegate dai Candidi nel presente giudizio.
In proposito, va infatti evidenziato che altro è la determinazione causale, rispetto all ‘ evento di danno, di un impianto termico di per sé difettoso, più o meno nell ‘ immediatezza dell ‘ acquisto e della consegna, altro è quella che consegue ad un significativo lasso temporale (come nella specie, essendo trascorsi circa 4 anni tra il rogito e l ‘ incendio) ed al correlativo utilizzo da parte del proprietario, nel quale si ha contezza (nonostante la valutazione dubitativa, non meno che contraddittoria, della Corte d ‘ appello) di almeno un intervento manutentivo, rivelatosi non ortodosso, alla canna fumaria successivo alla consegna e allo stesso rilascio della certificazione di conformità da parte di RAGIONE_SOCIALE, ad opera di soggetto rimasto ignoto (a dire del ricorrente -p. 27 del ricorso, nota 8 -i coniugi COGNOME avrebbero dapprima ammesso, benché poi smentito solo in appello, che detto intervento venne effettuato da soggetto da loro incaricato).
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In ogni caso, al di là della specifica efficienza causale di tale intervento sullo sprigionamento delle fiamme (secondo la Corte d ‘ appello, detto prolungamento della canna fumaria sarebbe irrilevante, perché l ‘ incendio è divampato all ‘ interno del tetto e non all ‘ esterno, ma la conclusione appare se non altro lacunosa), è indubbio che lo stesso intervento -da chiunque eseguito – abbia comportato la perdita di efficacia della certificazione di conformità rilasciata da RAGIONE_SOCIALE, occorrendo che la modifica fosse debitamente certificata conforme, anche in relazione alla compatibilità con l ‘ impianto preesistente, ai sensi dell ‘ art. 7, comma 3, del d.m. n. 37/2008.
5.3.4 -Pertanto, ha indiscutibilmente errato il giudice del merito laddove ha ritenuto irrilevante il comportamento dei coniugi COGNOME (si ripete, nei rapporti con i propri convenuti) ai fini della valutazione della loro eventuale negligenza, giacché non è revocabile in dubbio – stando alle considerazioni del CTU, di cui non s ‘ è tenuto minimamente conto – che gli stessi hanno utilizzato un impianto termico di cui era cessata la validità e/o efficacia della certificazione di conformità, senza informare il soggetto che l ‘ aveva rilasciata (Idrotermica GPL), né ottenerne comunque una nuova, o, in ogni caso, in condizioni obiettivamente pericolose o tali da provocare danni. A ciò si aggiunga che, al contrario di quanto dubitativamente ancora ritenuto dallo stesso giudice d ‘ appello, il CTU ha accertato non risultare che i Candidi, nel corso degli anni, abbiano curato la prescritta manutenzione dell ‘ impianto (questione che, quand ‘ anche priva di diretta incidenza causale sull ‘ occorso, può pur sempre essere valutata per essere venute meno possibili occasioni di verifica della stessa regolarità dell ‘ impianto,
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nel corso delle stesse operazioni di manutenzione, da parte di esperto tecnico abilitato).
Anche per i coniugi COGNOME, dunque, quali attori nella causa risarcitoria nei confronti di COGNOME, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE GPL, si ripropone la necessità che il giudice del rinvio valuti compiutamente se tale comportamento (specie ove dovesse accertarsi che il prolungamento della canna fumaria sia ascrivibile direttamente a soggetto dagli stessi incaricato, come sostenuto dal COGNOME) sia negligente e se quindi possa considerarsi, nei rapporti con i pretesi responsabili o corresponsabili dei danni loro arrecati, quale causa successiva di per sé sola sufficiente a determinare l ‘ evento, ex artt. 41, comma 2, c.p. e 1227, comma 2, c.c. (dunque ad escludere tout court la responsabilità di COGNOME, di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE), o quantomeno suscettibile di essere considerata in concorso con i fatti colposi dei detti estranei al rapporto tra proprietari danneggiati e direttore dei lavori, onde giustificarne la riduzione ex art. 1227, comma 1, c.c.; ciò tanto più che, al riguardo, lo stesso comportamento esigibile dai Candidi quali danneggiati è stato valutato dal CTU, sul piano della causalità materiale, come in grado di impedire, con elevata probabilità, il verificarsi dell ‘ evento (si veda la relazione di CTU, come in particolare richiamata dal ricorrente a p. 46 del ricorso).
5.4.1 -L’ulteriore profilo del terzo motivo mira poi a coinvolgere l’immanente responsabilità dei custodi nell’evento ed è fondato in relazione alla ritenuta sussistenza del caso fortuito, ex art. 2051 c.c., a discarico dei coniugi COGNOME, con riguardo alle pretese risarcitorie del Lucchetta e delle proprie Compagnie
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assicuratrici (e per quanto ancora d ‘ interesse, avuto riguardo alla più volte cennata rinuncia al ricorso principale da parte del COGNOME).
Come più volte evidenziato, la Corte ambrosiana ha ritenuto di dover escludere ogni responsabilità dei custodi dell ‘ impianto termico, sussistendo il caso fortuito, sub specie di plurimi fatti colposi rispettivamente imputabili ai terzi RAGIONE_SOCIALE COGNOME e RAGIONE_SOCIALE
Sul tema, va premesso che questa Corte, con ordinanza n. 2482/2018 (e, nello stesso senso, con ordinanze nn. 2479 e 2480 del 2018), ha avuto modo di precisare che: « In tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull ‘ evento dannoso, in applicazione – anche ufficiosa – dell ‘ art. 1227, comma 1, c.c., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall ‘ art. 2 Cost., sicché, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l ‘ adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l ‘ efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un ‘ evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l ‘ esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro ».
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Tale principio di diritto -successivamente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità (tra le altre, Cass. n. 27724/2018; Cass. n. 20312/2019; Cass. n. 38089/2021; Cass. n. 35429/2022), anche a Sezioni Unite (Cass. n. 20943/2022) -è stato poi ancor più di recente riaffermato, essendosi statuito (Cass. n. 11152/23; Cass. n. 14228/2023; Cass. n. 21675/2023; Cass. n. 33074/2023) che la responsabilità ex art. 2051 c.c. ha natura oggettiva – in quanto si fonda unicamente sulla dimostrazione del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, non già su una presunzione di colpa del custode – e può essere esclusa o dalla prova del caso fortuito (che appartiene alla categoria dei fatti giuridici), senza intermediazione di alcun elemento soggettivo, oppure dalla dimostrazione della rilevanza causale, esclusiva o concorrente, alla produzione del danno delle condotte del danneggiato o di un terzo (rientranti nella categoria dei fatti umani), caratterizzate, rispettivamente, la prima dalla colpa ex art. 1227 c.c. (bastando la colpa del leso: Cass. n. 21675/2023; ancor più di recente, Cass. n. 2376/2024) o, indefettibilmente, la seconda dalle oggettive imprevedibilità e non prevenibilità rispetto all ‘ evento pregiudizievole.
A tanto deve aggiungersi che la valutazione del giudice del merito sulla rilevanza causale esclusiva della condotta del leso costituisce un tipico apprezzamento di fatto, come tale incensurabile in sede di legittimità, ove scevro da quei soli vizi logici o giuridici ancora rilevanti ai fini del vizio motivazionale come tuttora denunciabile per cassazione (tra cui l ‘ apparenza della motivazione per manifesta fallacia o falsità delle premesse od intrinseca incongruità o inconciliabile contraddittorietà degli argomenti: Cass. n. 16502/17).
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Riassumendo, l ”esatta interpretazione’ che, ai sensi dell’ art. 65 ord. giud., le Sezioni Unite (nonché i successivi approdi della giurisprudenza di questa Corte) hanno dato dell ‘ art. 2051 c.c., per quanto qui rileva, può così compendiarsi (da ultimo, Cass. n. 8346/2024):
la responsabilità del custode è esclusa dalla prova del ‘caso fortuito’;
il caso fortuito può consistere in un fatto naturale, in una condotta d ‘ un terzo estraneo tanto al custode quanto al danneggiato, oppure in un comportamento della vittima;
se il caso fortuito è consistito in un fatto naturale o del terzo, esso in tanto esclude la responsabilità del custode, in quanto sia oggettivamente (e cioè per qualunque persona, e non solo per il custode) imprevedibile ed inevitabile; d) se il caso fortuito è consistito nella condotta della vittima, al fine di stabilire se esso escluda in tutto od in parte la responsabilità del custode debbono applicarsi i seguenti criteri:
d ‘ ) valutare in che misura il danneggiato avrebbe potuto prevedere ed evitare il danno;
d ” ) valutare se il danneggiato ha rispettato il ‘generale dovere di ragionevole cautela’;
d ”’ ) escludere del tutto la responsabilità del custode, se la condotta del danneggiato ha costituito una evenienza ‘irragionevole o inaccettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale’;
d ”” ) considerare irrilevante, ai fini del giudizio che precede, la circostanza che la condotta della vittima fosse astrattamente prevedibile.
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5.4.2 -Ebbene, risulta evidente che la Corte d’appello, nel valutare le condotte rispettivamente riferibili ai suddetti terzi, ai fini della verifica circa la sussistenza del caso fortuito, le ha assunte nella loro mera dimensione colposa, senza affatto valutare se le stesse fossero oggettivamente (e cioè per qualunque soggetto, non solo per i Candidi) imprevedibili ed inevitabili, nelle condizioni date: solo in tale ultimo caso, infatti, la pur sussistente condotta (od omissione) colposa a vario titolo riferibile a RAGIONE_SOCIALE, COGNOME e RAGIONE_SOCIALE, sarebbe in grado di escludere tout court la responsabilità da custodia dei coniugi COGNOME ex art. 2051 c.c., proprio perché si tratta di responsabilità oggettiva, in relazione ad evento insorto in epoca ben successiva alla fine dei lavori di realizzazione dell’immobile (si veda, sul punto, la già c itata Cass. n. 4288/2024).
6.1 -Il sesto motivo è parimenti fondato, nei limiti che seguono.
In buona sostanza, è emerso che l’incendio per cui è processo si verificò quattro anni dopo la consegna dell’immobile, dunque allorquando il COGNOME aveva cessato ogni funzione, comunque a lui riferibile, e sull’impianto complessivamente considerato erano intervenuti diversi altri soggetti: oltre agli stessi coniugi COGNOME, che esercitavano sulla res la signoria quali custodi, almeno anche la RAGIONE_SOCIALE, che aveva curato l’allaccio del termo -camino alla canna fumaria, nonché un terzo non identificato, autore del prolungamento della canna stessa, che il CTU colloca temporalmente, seppur su base probabilistica, nel gennaio del 2009.
Ebbene, la Corte ambrosiana, a fronte di una specifica presa di posizione del CTU – evidentemente, in conformità al mandato ricevuto (sintetizzato a p. 11 del ricorso principale) circa l’efficienza causale dei comportamenti delle parti
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coinvolte (compresi i coniugi COGNOME, per i quali pure non era necessaria alcuna condotta, rispondendo essi -come s’è visto già sul piano oggettivo, in qualità di custodi), se ne è discostata senza affatto chiarirne le ragioni, certamente in violazione del ‘minimo costituzionale’ della motivazione (v. per tutte, Cass., Sez. Un., n. 8053/2014), vizio nella sostanza proposto dal COGNOME ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.
Infatti – fermo quanto già ritenuto in ordine ai motivi che precedono, potenzialmente assorbenti, all’esito del giudizio di rinvio, con riguardo alla posizione del COGNOME – la distribuzione di responsabilità tra RAGIONE_SOCIALE, lo stesso COGNOME e RAGIONE_SOCIALE appare veramente illogica (basti verificare le tabelle a p. 45-47 del ricorso, che riportano -così come verificati dal CTU – i comportamenti o le omissioni riferibili a ciascuna delle parti coinvolte, con indicazione del grado di efficienza causa le rispetto all’evento di danno): a mero titolo di esempio, all’ipotetico comportamento diligente della venditrice RAGIONE_SOCIALE viene imputata una buona probabilità di evitare l’evento e le si attribuisce il 60% di responsabilità; a quello della RAGIONE_SOCIALE una elevata probabilità di evitare l’evento e le si attribuisce appena il 10%; a quello dei coniugi COGNOME viene imputata -a seconda dei vari profili considerati -una probabilità di impedire l’evento da discreta a elevata , ma li si manda assolti da ogni responsabilità, nei rapporti con i propri convenuti, già sul piano della stessa efficienza causale.
Né vale considerare, come ha pure fatto la Corte d’appello, richiamando e condividendo le argomentazioni del giudice di primo grado, che ‘la graduazione delle colpe è avvenuta in concreto, tenuto conto proprio della diversa rilevanza
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delle condotte dei responsabili in relazione alla causazione dell’incendio ‘ (così la sentenza impugnata, p. 14): a meno di non voler ritenere -ma davvero si rasenterebbe l’assurdo, e comunque risulta l’esatto contrario che le valutazioni del CTU siano state svolte su un piano meramente astratto, l’affermazione si rivela una mera tautologia ed è praticamente incomprensibile, proprio se rapportata alle conclusioni offerte, al riguardo, dallo stesso CTU.
La motivazione, sul punto, si rivela dunque affetta da nullità, restando così assorbiti i profili concernenti i pretesi concorrenti errores in iudicando .
7.1 -Per concludere con l’esame del ricorso principale, risulta infine fondato, per quanto di ragione, il settimo motivo, nella parte non oggetto di rinuncia (ossia, in quella relativa alla posizione dei coniugi Candidi).
Nel liquidare in favore di questi ultimi il risarcimento del ‘danno da inagibilità’ del loro immobile, in misura pari ad € 11.400,00, la Corte d’appello ha ritenuto sufficiente l’accertamento operato dal CTU circa la effettiva non fruibilità della villetta per il tempo occorrente per il ripristino, espressamente ritenendo non necessaria la prova di un ‘ contratto di locazione o altro documento comprovante il danno ‘ (così la sentenza impugnata, p. 15).
Sul punto, tuttavia, occorre evidenziare che non è sufficiente, ai fini che qui interessano, la mera inagibilità dell’immobile: si è infatti condivisibilmente affermato che ‘ Il danno da indisponibilità diretta dell’immobile patito dal proprietario – configurabile quando si verifica, quale conseguenza immediata e diretta della violazione del diritto dominicale, la soppressione o compressione della facoltà di fruire direttamente del cespite e di ritrarne le utilità congruenti alla sua destinazione – può essere risarcito a condizione che lo stesso venga
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provato, anche presuntivamente, sulla base dell’allegazione, da parte del danneggiato, di determinate caratteristiche materiali e di specifiche qualità giuridiche del bene che consentano di presumere, con ragionevole certezza e secondo l’ id quod plerumque accidit , che quel tipo di immobile sarebbe stato destinato ad un impiego fruttifero o che l’avente diritto ne avrebbe ritratto, immediatamente e direttamente, un’utilità, specificamente indicata, corrispondente alle sue caratteristiche ‘ (così la recentissi ma Cass. n. 10477/2024, cui si rinvia anche per richiami; conf. la coeva Cass. n. 10583/2024, ove si sottolinea, tra l’altro, la necessità che tale profilo di danno venga effettivamente almeno allegata dall’attore).
Da quanto precede, risulta dunque evidente che, pur non essendo di per sé prospettabile un danno in re ipsa (si veda, sul tema, la recente Cass., Sez. Un., n. 33645/2022), la Corte d’appello ha finito col violare l’art. 1226 c.c., non avendo mostrato di tener conto dell’allegazione se esistente -di parte attrice ed eventualmente della prova al riguardo offerta, se del caso anche in via presuntiva; la Corte è così giunta alla liquidazione del danno, in via equitativa, in difetto della ponderazione dei necessari elementi presupposti di cui alla citata disposizione.
8.1 -Venendo infine ai primi tre motivi del ricorso incidentale -evidenziato che l ‘ azione di rivalsa della Zurich RAGIONE_SOCIALE, quale assicuratrice del danneggiato NOME COGNOME investe i coniugi COGNOME, il COGNOME (fatti salvi i termini della transazione evidentemente intervenuta tra le parti a margine della rinuncia al ricorso principale, il cui contenuto non è noto a questa Corte) e la Home Project a seconda dei rispettivi titoli (cioè la responsabilità ex art. 2051 c.c. quanto agli
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stessi COGNOME e quella relativa alla condotta nella realizzazione della cosa da cui si è originato il danno, quanto agli altri, chiamati in causa da questi ultimi), ma non anche la Idrotermica GPL, tanto è vero che la Corte d ‘ appello ha determinato al riguardo la responsabilità dei soli COGNOME e RAGIONE_SOCIALE, nei rapporti interni, rispettivamente nel 35% e nel 65%, mandando ancora assolti gli stessi coniugi COGNOME da ogni pretesa -essi sono evidentemente fondati, per le stesse ragioni e nei limiti già evidenziati nello scrutinio del terzo e del sesto motivo del ricorso principale, cui dette doglianze corrispondono pressoché integralmente ( mutatis mutandis ) e cui si rinvia per brevità (in particolare, parr. 5.4.1, 5.4.2 e 6.1).
9.1 -In definitiva, sono accolti il secondo, il terzo, il sesto e il settimo motivo del ricorso principale, per quanto di ragione, nonché il primo, il secondo e il terzo motivo del ricorso incidentale, ancora per quanto di ragione; va dichiarato non luogo a provvedere sul quarto e sull ‘ ottavo motivo del ricorso principale, mentre si rigetta nel resto. La sentenza impugnata è dunque cassata in relazione, con rinvio alla Corte d ‘ appello di Milano, in diversa composizione, che si atterrà ai superiori principi – procedendo anche, eventualmente, ad un nuovo esame dell’appello principale del COGNOME in ordine a quanto statuito con riguardo al sesto motivo – e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie il secondo, terzo, sesto e settimo motivo del ricorso principale, per quanto di ragione, nonché il primo, il secondo e il terzo motivo del ricorso incidentale, per quanto di ragione; dichiara non luogo a provvedere sul quarto e sull ‘ ottavo motivo del ricorso principale e rigetta nel resto i ricorsi principale e
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incidentale. Cassa in relazione e rinvia alla Corte d ‘ appello di Milano, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il giorno