Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 22864 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 22864 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14570/2022 R.G.
proposto da
NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOMEC.F. CODICE_FISCALE con domicilio digitale ex lege
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO COGNOME , rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOMEc.f. CODICE_FISCALE, con domicilio digitale ex lege
contro
ricorrente –
e contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOMEc.f. CODICE_FISCALE, con domicilio digitale ex lege
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 1235 del 12/4/2022; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/5/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
–NOME COGNOME conveniva in giudizio il Condominio INDIRIZZO per chiedere il risarcimento dei danni fisici subiti in data 5/4/2016, in conseguenza di una caduta provocata da una disconnessione nella pavimentazione della INDIRIZZO, parte comune condominiale;
-il Condominio, costituendosi, chiedeva il rigetto della domanda;
-interveniva volontariamente nel processo, a sostegno della difesa del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE compagnia assicuratrice del convenuto;
-con la sentenza n. 8904 del 3/2/2021, il Tribunale di Milano respingeva la domanda attorea;
-i nvestita dell’impugnazione di NOME COGNOME, la Corte d’appello di Milano, con la sentenza n. 1235 del 12/4/2022, confermava la pronuncia di primo grado;
-per quanto qui rileva, la Corte territoriale riteneva «che parte appellante non abbia adeguatamente assolto all’onere della prova su di lei incombente. La COGNOME avrebbe infatti dovuto dimostrare non tanto di essere caduta nei pressi della sconnessione raffigurata nelle fotografie prodotte agli atti di causa (specificatamente sub doc. l) quanto piuttosto che il sinistro era stato provocato da detta sconnessione. Tale circostanza non era in alcun modo dimostrata dall’odierna appellante.»; inoltre, in base al la «riconoscibilità dello stato dei luoghi è possibile escludere che l’alterazione presentasse i caratteri dell’imprevedibilità e dell’invisibilità, e di conseguenza asserire che la COGNOME, anche alla luce dell’ampiezza degli spazi, avrebbe potuto evitare di percorrere quello specifico tratto di piazzetta semplicemente utilizzando l’ordinaria diligenza, o percorrerlo prestando la dovuta attenzione. Il nesso causale tra la cosa e l’evento lesivo difetta dunque giacché la condotta della signora, che incedeva senza prestare attenzione alle condizioni del manto stradale, risultava talmente negligente da assorbire l’intero rapporto causale. Di talché, è inevitabile giungere alla conclusione che il sinistro si sia verificato per colpa esclusiva della COGNOME, e che pertanto non possa essere ravvisata in capo al Condominio ‘INDIRIZZO‘ una
responsabilità ex art. 2051 c.c.»; infine, «nemmeno può ritenersi sussistente così come dedotta dalla signora in via subordinata la responsabilità del Condominio odierno appellato ai sensi dell’art. 2043 c.c. Nell’ottica della responsabilità extracontrattuale di cui alla norma in commento spetta infatti al danneggiato fornire la prova rigorosa della dinamica del sinistro, descrivendo e comprovando specificamente l’anomalia del bene che integrerebbe il fatto colposo del proprietario»;
-avverso la predetta sentenza NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, basato su due motivi;
-resistevano con distinti controricorsi il Condominio Palazzo dei RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE;
-le parti depositavano memorie ex art. 380bis .1, comma 1, c.p.c.;
-all’esito della camera di consiglio del 12/5/2025, il Collegio si riservava il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni, a norma dell’art. 380 -bis .1, comma 2, c.p.c.;
CONSIDERATO CHE
-col primo motivo la ricorrente deduce «Violazione e falsa applicazione, ai sensi dell ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., degli artt. 2051, 2043 c.c., 2697, comma 2, c.c. e 1227 c.c. sul concorso colposo del danneggiato e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell ‘ art. 360 n. 5, nonché per violazione e falsa applicazione degli artt. 111 cost. e 132, comma 2, n. 4 c.p.c. per incoerente, contraddittoria ed illogica motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio»;
-ad avviso della ricorrente, la domanda è stata respinta per difetto di prova, da parte del Condominio, di una negligente condotta della COGNOME, la quale, invece, aveva assolto il proprio onere probatorio per avere dimostrato di essere caduta a causa del dislivello nella pavimentazione (come da documentazione non adeguatamente esaminata) e che nessun comportamento anomalo o imprevedibile le era addebitabile (così nel ricorso: «La condotta della vittima di un danno da cosa in custodia può dirsi
imprevedibile quando sia stata eccezionale, inconsueta, mai avvenuta prima, inattesa da una persona sensata»);
-il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato;
-s ono inammissibili, stante il disposto dell’art. 360, comma 4, c.p.c., i profili della censura attinenti all’omesso esame di fatti, attesa la conferma, per le medesime ragioni, della pronuncia di primo grado da parte del giudice d’appello ;
-del pari inammissibili sono i profili attinenti alla pretesa erronea valutazione del materiale probatorio da parte del giudice di merito, atteso che si tratta di attività insindacabile nel giudizio di legittimità;
-è invece infondato l’aspetto attinente alla dedotta violazione dell’art. 2051 c.c.;
-questa Corte, con ordinanza dell’ 1/2/2018, n. 2482 (e, nello stesso senso, con ordinanze nn. 2479 e 2480 del 2018) ha avuto modo di precisare che: «In tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione – anche ufficiosa dell’art. 1227, comma 1, c.c., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost., sicché, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro»;
-tale principio di diritto -successivamente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 27724/2018; n. 20312/2019; n. 38089/2021; n. 35429/2022; nn. 14228 e 21675/2023), anche a Sezioni Unite (Cass. n. 20943/2022) -è stato poi ancor più di recente riaffermato, statuendosi (Cass. n. 11152/23) che la responsabilità ex art. 2051 c.c. ha natura oggettiva – in quanto si fonda unicamente sulla dimostrazione del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, non già su una presunzione di colpa del custode – e può essere esclusa o dalla prova del caso fortuito (che appartiene alla categoria dei fatti giuridici), senza intermediazione di alcun elemento soggettivo, oppure dalla dimostrazione della rilevanza causale, esclusiva o concorrente, alla produzione del danno delle condotte del danneggiato o di un terzo (rientranti nella categoria dei fatti umani), caratterizzate, rispettivamente, la prima dalla colpa ex art. 1227 c.c. (bastando la colpa del leso: Cass., ord. 20/07/2023, n. 21675, Rv. 66874501; Cass. 24/01/2024, n. 2376; Cass., ord. 27/07/2024, n. 21065) o, indefettibilmente, la seconda dalle oggettive imprevedibilità e non prevenibilità rispetto all’evento pregiudizievole ;
-a tanto deve aggiungersi che la valutazione del giudice del merito sulla rilevanza causale esclusiva della condotta del leso costituisce un tipico apprezzamento di fatto, come tale incensurabile in sede di legittimità, ove scevro – come nella specie – da quei soli vizi logici o giuridici ancora rilevanti ai fini del n. 5 dell’art. 360 c.p.c. (tra cui l’apparenza della motivazione per manifesta fallacia o falsità delle premesse od intrinseca incongruità o inconciliabile contraddittorietà degli argomenti: Cass. 16502/17);
-da quanto ora esposto consegue la fallacia della tesi della ricorrente, che individua il fatto del danneggiato come causa di esclusione della responsabilità solo nel caso di una condotta del tutto imprevedibile ed eccezionale;
-col secondo motivo la ricorrente deduce «Violazione e falsa applicazione ai sensi dell’art. 360 comma primo, n. 3 e n. 5 c.p.c. degli artt. 24 e 111 cost, nonché degli artt. 115, 116, 177, 187, 188, 189, e 244 per
vizio di motivazione in punto di mancata ammissione dei mezzi istruttori»; «la Corte ha ritenuto, con motivazione contraddittoria, che la danneggiata ‘…avrebbe dovuto dimostrare non tanto di essere caduta nei pressi della sconnessione raffigurata nelle fotografie prodotte, quanto piuttosto che il sinistro era stato provocato da detta sconnessione’ …, senza però, d’altra parte, ammettere la prova istruttoria richiesta e volta a tale scopo, e senza motivare tale scelta»;
-il motivo è inammissibile per plurime ragioni;
-in primis , come già esposto, è inammissibile la deduzione del vizio ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., stante il disposto dell’art. 360, comma 4, c.p.c., che ricalca il previgente art. 348ter , ultimo comma, c.p.c.;
-in secondo luogo, la critica alla sentenza di merito è malamente formulata in termini di contraddittorietà della motivazione, mentre, al più, si sarebbe dovuta denunciare -ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. -una minuspetizione (art. 112 c.p.c.) per la mancanza di motivazione sul rigetto delle istanze istruttorie;
-da ultimo, comunque, l ‘atto introduttivo è lacunoso e impedisce a questa Corte di legittimità di valutare se la mancata ammissione delle prove testimoniali discenda da un errore della Corte d’appello (come sostiene apoditticamente la ricorrente) oppure dalla rinuncia (ancorché implicita) della parte interessata alla loro assunzione;
-è noto, infatti, il principio secondo cui «Le istanze istruttorie rigettate dal giudice del merito devono essere riproposte con la precisazione delle conclusioni in modo specifico e non soltanto con il generico richiamo agli atti difensivi precedenti, dovendosi, in difetto, ritenere abbandonate e non riproponibili con l’impugnazione; tale presunzione può, tuttavia, ritenersi superata qualora emerga una volontà inequivoca di insistere nella richiesta istruttoria in base ad una valutazione complessiva della condotta processuale della parte o dalla connessione tra la richiesta probatoria non esplicitamente riproposta con le conclusioni e la linea difensiva adottata nel processo; della valutazione compiuta il giudice è tenuto a dar conto, sia pure sinteticamente,
nella motivazione.» ( ex multis , Cass. Sez. 6, 04/04/2022, n. 10767, Rv. 664646-01);
-i n forza di tale principio e nel rispetto dell’art. 366, comma 1, n.3, c.p.c., la ricorrente avrebbe dovuto chiarire se le istanze istruttorie -avanzate con l’atto introduttivo del primo grado e dopo il deposito delle memorie ex art. 183, comma 6, c.p.c. ratione temporis vigente e poi, dopo il loro rigetto con ordinanza del 3/2/2021, con l’atto d’appello erano state reiterate al momento della precisazione delle conclusioni innanzi al Tribunale o, quantomeno, spiegare se nelle comparse conclusionali erano state svolte difese incompatibili con la volontà di rinunciare alle predette richieste;
-al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente a rifondere ai controricorrenti le spese del giudizio di legittimità, liquidate, secondo i parametri normativi, nella misura indicata nel dispositivo;
-va dato atto, infine, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente ed al competente ufficio di merito, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , D.P.R. n. 115 del 2002, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13;
p. q. m.
la Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente a rifondere al controricorrente RAGIONE_SOCIALE Palazzo dei Cigni le spese di questo giudizio, liquidate in Euro 4.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge;
condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente RAGIONE_SOCIALE le spese di questo giudizio, liquidate in Euro 4.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge;
ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente ed al competente ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, qualora dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile,