Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6445 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6445 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 11/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11392/2023 R.G. proposto da:
COMUNE di PALESTRINA, in persona del Commissario straordinario dott.ssa NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio degli Avv. NOME COGNOME COGNOME (CODICE_FISCALE e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE per procura speciale in calce al ricorso, con domicilio digitale indicato nelle p.e.c. e EMAIL
– ricorrente – contro
COGNOME (CODICE_FISCALE, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. COGNOME (CODICE_FISCALE per procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO; rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME (CODICE_FISCALE per procura in calce al controricorso;
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. COGNOME (VRNPQL38M04F611M) per procura per notaio U. Nasoni del 30/05/2023, con domicilio digitale indicato nella p.e.c. EMAIL;
RAGIONE_SOCIALE in persona del procuratore speciale dr. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende per procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrenti – avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 1877/2023, depositata il 15/03/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/12/2024 dal dott. NOME COGNOME
MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
1. NOME COGNOME COGNOME convenne in giudizio NOME COGNOME, domandando il risarcimento dei danni conseguenti alle fessurazioni delle pareti e dei pavimenti de ll’immobile che quest’ultimo gli aveva venduto, dovute alle opere di ristrutturazione dallo stesso fatte eseguire nel 1994/96. Il COGNOME chiamò in causa il Comune di Palestrina e la RAGIONE_SOCIALE, deducendo che i vizi lamentati erano, in realtà, ascrivibili ai lavori all’impianto fognario comunale fatti eseguire nel 1998 dal primo (quale committente) alla seconda (appaltatrice).
COGNOME chiamò in causa, a sua volta, la propria compagnia assicuratrice RAGIONE_SOCIALE
Il Tribunale di Tivoli, previa qualificazione della domanda ai sensi dell’art. 1669 c.c., condannò Cleri e il Comune di Palestrina (nei cui confronti l’attore aveva esteso la propria domanda), per il 50% ciascuno, al risarcimento dei danni (quantificati in complessivi € 161.691,54) nei confronti del COGNOME COGNOME, rigettando la domanda svolta dal convenuto contro la Igeco. Il giudice di prime cure, sulla scorta delle consulenze tecniche effettuate (una dall’Ing. COGNOME e l’altra dall’Ing. COGNOME), individuò tre concomitanti cause delle lesioni verificatesi sull’immobile di proprietà dell’attore: l’eliminazione di diversi elementi strutturali dell’edificio; lo scavo effettuato nella zona a sud-est del fabbricato per la realizzazione di un garage interrato; lo scavo effettuato, invece, nella zona sud-ovest per la posa in opera della nuova fognatura. Il primo fattore causale fu ritenuto dal Tribunale ascrivibile alla concorrente responsabilità del Cleri e del Comune (che aveva rilasciato la licenza edilizia senza avere preventivamente richiesto il necessario nulla-osta sismico, e aveva successivamente concesso al Cleri un’ulteriore autorizzazione, dopo aver emesso un ordinanza di demolizione, della quale non aveva però mai curato l’esecuzione); il secondo, al solo Cleri; il terzo, al solo Comune di Palestrina (avendo rivestito Igeco il ruolo di cd. nudus minister ).
Il Comune di Palestrina e NOME COGNOME proposero due distinti giudizi d’appello (poi riuniti); nel primo di essi, svolse appello incidentale NOME COGNOME, invocando l’affermazione della responsabilità solidale (e non già parziaria) dei due responsabili già condannati in primo grado. La Corte d’Appello di Roma, dopo aver espletato una c.t.u. collegiale (affidata a un ingegnere e a un geologo), affermò che le critiche mosse dagli appellanti non erano idonee a scalfire il ragionamento (fatto proprio dal Tribunale), sotteso alla ‘CTU COGNOME di primo grado, in ordine all’individuazione delle tre cause sopra
elencate; individuazione rispetto alla quale irrilevante si mostrava la mancata effettuazione, in seno alle indagini tecniche, di un accertamento geologico (dalla Corte d’appello ritenuto, invece, necessario, ai fini della quantificazione dei costi di ripristino). La sentenza in questa sede impugnata confermò quella di primo grado anche sotto il profilo della responsabilità del Comune di Palestrina, per non aver vigilato sul contegno del COGNOME, ‘autorizzato dal Comune di Palestrina a svolgere alcuni lavori ma autore, poi, di altre e diverse opere (abusive), la cui contrarietà rispetto alla detta concessione era stata segnalata in modo espresso e tempestivo dal direttore dei lavori al momento delle comunicate dimissioni (23.12.93)’ (pag. 11 della sentenza impugnata). Il Comune aveva poi omesso di provvedere alla demolizione pure formalmente deliberata, per poi contraddittoriamente autorizzare, quattro mesi dopo, ‘l’intervento con il nuovo direttore lavori, a dimostrazione della totale assenza di verifiche sui lavori che il COGNOME andava realizzando o aveva già realizzato’ ( ibidem ). Aggiunse, inoltre, la Corte d’appello che l’inerzia rispetto ai doverosi controlli andava riferita anche ai lavori sul garage (per il quale era stata presentata una DIA nel 1996). Il ragionamento svolto dal Tribunale venne avallato anche per quel che riguarda le opere fognarie, la cui eziologia era stata riconosciuta ‘non tanto sotto l’aspetto delle modalità tecniche e delle finalità (profondità dello scavo e delle fognature), quanto piuttosto per la capacità anche delle sole vibrazioni (dovute agli scavi ovviamente necessari per l opera di manutenzione) di provocare (unitamente agli altri fattori già descritti e per la vicinanza dello scavo al fabbricato) le fessurazioni all’edificio’ ( ibidem ). Passando a trattare del quantum debeatur , i giudici di secondo grado si richiamarono alla consulenza tecnica da essi stessi disposta, avvalsasi delle competenze del geologo per la quantificazione delle spese necessarie a rimettere in sicurezza l’immobile, salvo non accoglierne le conclusioni (in senso incrementativo del risarcimento disposto in primo grado) per
mancanza di impugnazione sul punto del De Cicco COGNOME. L’appello incidentale di quest’ultimo venne accolto, invece, sul punto della solidarietà tra i corresponsabili, in applicazione dell’art. 2055 c.c. (‘ferma restando la ripartizione, nei rapporti interni, nella misura già accertata dal Tribunale che va confermata’: pag. 16 della sentenza impugnata).
Ha proposto ricorso per cassazione il Comune di Palestrina, sulla base di quattro motivi. Hanno depositato controricorso NOME COGNOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME che in seno al proprio ha articolato tre motivi di ricorso incidentale (rispetto al quale hanno depositato ulteriore controricorso il Comune di Palestrina e RAGIONE_SOCIALE). NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE e Generali hanno pure depositato memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c..
2. Con il primo motivo di ricorso, il Comune di Palestrina deduce la nullità della sentenza impugnata per omessa considerazione della CTU COGNOME NOME (resa nel processo di secondo grado), con conseguente violazione degli artt. 61, 62, 115, 116 e 194 c.p.c.. Si duole il ricorrente che la Corte di merito abbia illegittimamente ignorato le conclusioni del suddetto consulente in ordine alle cause dei danni, da ricondursi alle demolizioni poste in essere dal COGNOME nell’ambito dei lavori di ristrutturazione dell’immobile acquistato . Viene richiamato il recente arresto delle Sezioni unite di questa Corte, n. 3086/2022, alla cui stregua gli accertamenti svolti dal CTU erano entrati senza dubbio a far parte del materiale probatorio utilizzabile del giudice, siccome ‘conness alla individuazione dei necessari interventi riparatori’ (pag. 9 del ricorso per cassazione).
Il motivo è infondato, dal momento che la CTU COGNOME è stata utilizzata dalla Corte d’appello in relazione all’oggetto per cui era stata disposta (quantificazione delle spese di ripristino), ferma restando l’adesione dei giudici di merito all e conclusioni della CTU COGNOME di primo grado in ordine all’individuazione dell e cause delle fessurazioni (conclusioni che la Corte d’appello di Roma ha
espressamente ritenuto non adeguatamente censurate mediante i motivi d’appello).
Il secondo motivo riproduce, nella sostanza, il primo (omessa valutazione della CTU COGNOME), dall’angolo visuale del vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. .
Il motivo è inammissibile, tenuto conto che ‘ l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nel cui ambito non è inquadrabile la consulenza tecnica d’ufficio – atto processuale che svolge funzione di ausilio del giudice nella valutazione dei fatti e degli elementi acquisiti (consulenza c.d. deducente) ovvero, in determinati casi (come in ambito di responsabilità sanitaria), fonte di prova per l’accertamento dei fatti (consulenza c.d. percipiente) in quanto essa costituisce mero elemento istruttorio da cui è possibile trarre il “fatto storico”, rilevato e/o accertato dal consulente (nella specie, la Corte ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso in quanto la ricorrente non aveva evidenziato quale “fatto storico” decisivo fosse stato omesso nell’esame condotto dai giudici di merito, limitandosi a denunciare una omessa valutazione delle risultanze della CTU) ‘ ( Cass., n. 12387/2020; ma si vedano pure Cass., n. 7716/2024 e Cass., n. 18886/2023 -secondo cui ‘ l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., come riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, consente di censurare, per omesso esame, la sentenza che abbia recepito la consulenza tecnica, ove venga individuato un preciso fatto storico, sottoposto al contraddittorio delle parti, di natura decisiva, che il giudice del merito abbia omesso di considerare -; nonché Cass., n. 8584/2022 e Cass., n. 6322/2023, secondo cui ‘ l’art. 360, comma 1 n. 5, c.p.c., come riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. con mod. dalla l. n. 134 del 2012, consente di censurare
l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nozione nel cui ambito non è inquadrabile la consulenza tecnica d’ufficio recepita dal giudice, risolvendosi la critica ad essa nell’esposizione di mere argomentazioni difensive contro un element o istruttorio’) .
Peraltro, i passaggi riportati a pag. 12-14 del ricorso non appaiono decisivi nel senso invocato dal ricorrente, nel senso che -ammesso e non concesso che sia stato illegittimo, da parte del giudice di merito, non vagliare le considerazioni del CTU COGNOME anche sotto il profilo de quo -tali passaggi esprimono la valenza causale dei lavori fatti eseguire dal COGNOME sull’immobile, ma non escludono l’incidenza in termini di concausa de i lavori fognari, sicché non si mostrano incompatibili con il riconoscimento dell’apporto concausale di questi ultimi, da parte della CTU COGNOME. Si deve tenere presente, d’altra parte, che la responsabilità del comune è stata affermata anche in relazione alle opere di ristrutturazione già compiute dal COGNOME prima di vendere l’immobile.
Con il terzo motivo è denunziato ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c. -l’omesso esame dei motivi d’appello , nella parte in cui censuravano l’affermazione d i corresponsabilità del Comune di Palestrina, con riguardo ai lavori per la realizzazione del collettore fognario. Osserva il ricorrente che, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, nell’atto d’appello erano stati puntualmente evidenziati gli errori che avevano condotto il c.t.u. ad annoverare i lavori fognari tra le concause delle fessurazioni manifestatesi sull’immobile di proprietà del COGNOME.
Il motivo è inammissibile, non essendo corredato dell’ indicazione del fatto storico del quale sarebbe stato omesso l’esame e indirizzandosi la censura piuttosto sulla motivazione della sentenza impugnata, peraltro dal solo angolo visuale dei lavori fognari, e non già della responsabilità da ‘omessa vigilanza’, che rappresenta fatto di per sé idoneo a fondare la corresponsabilità del comune (si veda pag. 11 della sentenza impugnata). In definitiva, il ricorrente si limita a
patrocinare una diversa interpretazione della c.t.u. di primo grado, criticandone le conclusioni a sé sfavorevoli.
5. Con il quarto motivo, il Comune di Palestrina censura la violazione degli artt. 2043, 2048, 2055 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., per avere la Corte d’appello erroneamente ravvisato una profilo di responsabilità per culpa in vigilando del Comune, relativamente a lavori ( quelli fatti eseguire dal Cleri all’interno dell’appartamento) suffragati da un titolo edilizio assistito da una presunzione di legittimità, siccome non oggetto di impugnazione: in definitiva, secondo il ricorrente, ‘le lesioni verificatesi nell’immobile per cui è causa sono una diretta ed esclusiva conseguenza dei lavori già eseguiti dal Cleri al momento della disposta demolizione’ (pag. 23 del ricorso).
Il motivo dev’essere rigettato, sulla scorta del principio di diritto (espresso da Cass., n. 28460/2013), secondo cui ‘ la responsabilità della P.A. per il risarcimento dei danni causati da una condotta omissiva sussiste non soltanto nel caso in cui questa si concretizzi nella violazione di una specifica norma, istitutiva dell’obbligo inadempiuto, ma anche quando detta condotta si ponga come violazione del principio generale di prudenza e diligenza (cosiddetto obbligo del neminem laedere ), di cui è espressione l’art. 2043 c.c. (nella specie, la SRAGIONE_SOCIALE. ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto la corresponsabilità di un Comune nella determinazione dei danni derivati dal crollo di un fabbricato, sul presupposto che l’ente locale – sebbene non fosse tenuto, ai sensi della normativa vigente al momento del rilascio del relativo titolo abilitativo edilizio, ad un controllo involgente i profili di staticità e la sicurezza delle costruzioni – aveva assentito ad un’attività costruttiva destinata a svolgersi in un contesto territoriale di cui era nota la franosità e l’instabilità, omettendo di verificare – in contrasto con la sua posizione di ente esponenziale del territorio e in violazione della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150 – la concreta edificabilità dei terreni e di
prescrivere le misure idonee ad evitare pericoli di franamento e, di conseguenza, del crollo degli edifici sugli stessi costruiti)’. Una volta ammessa la giuridica configurabilità di una responsabilità di tal fatta, l’affermazione della relativa sussistenza nel caso concreto resta appannaggio del giudizio di merito incensurabile in Cassazione, ove -come nella specie -adeguatamente motivato.
Venendo a trattare del ricorso incidentale di NOME COGNOME dev’essere preliminarmente rigettata l’eccezione di inammissibilità dello stesso, formulata dal Comune di Palestrina nel proprio controricorso ex art. 371, comma 4, c.p.c., atteso che ‘l’art. 370 c.p.c. – che, dopo la modificata apportata dall’art. 3, comma 27, del d.lgs. n. 149 del 2022, non prevede più la notifica del controricorso, ma soltanto il suo deposito entro quaranta giorni dalla notificazione del ricorso – si applica ai giudizi introdotti successivamente al 1° gennaio 2023, poiché, in forza dell’art. 35, comma 5, del citato d.lgs., come modificato dalla l. n. 197 del 2022, tutte le disposizioni del capo III del titolo III del libro secondo del codice di rito, nella loro nuova formulazione, hanno effetto a decorrere dalla predetta data e si applicano ai giudizi introdotti con ricorso ad essa successivamente notificato’ (Cass., Sez. un., n. 7170/2024).
Con il primo motivo del ricorso incidentale, viene denunziato l’omesso esame ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c. della documentazione (c.t.p. allegata alle memorie di replica di primo grado; perizia estima tiva eseguita dall’arch. COGNOME su incarico di COGNOME allegata alla memoria ex art. 184 c.p.c. di primo grado) dalla quale era dato evincere la piena legittimità urbanisticoedilizia delle opere da lui fatte eseguire nell’immobile e l’assenza di lesioni dopo la loro esecuzione, con conseguente esclusione di qualsivoglia responsabilità a suo carico.
Il motivo è infondato.
Si deve premettere che ‘il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini
l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento. Ne consegue che la denuncia in sede di legittimità deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa ‘ (Cass., n. 16812/2018; conforme, da ultimo, Cass., n. 16583/2024). Nel caso di specie, tale presupposto di decisività non appare integrato, posto che la legittimità amministrativa delle opere edilizie non ‘scrimina’ l’illiceità extracontrattuale delle stesse nei rapporti inter-privati, né si mostra dirimente -di per sé -una buona condizione di manutenzione dell’immobile nel periodo immediatamente successivo all’esecuzione delle suddette opere, ben potendo (per nozione di comune esperienza) i vizi del tipo di quelli in questione manifestarsi in un tempo successivo.
Con il secondo motivo di ricorso incidentale, il COGNOME prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1227, comma 1, c.c. e 40 e 41 c.p., per avere omesso il giudice di merito di considerare (anche alla luce delle indagini geologiche) l’apporto causale esclusivo riconducibile ai lavori di scavo fognario eseguiti dal Comune di Palestrina, con correlativa esclusione di qualsivoglia responsabilità in capo a sé, in ragione della corretta esecuzione di lavori di ristrutturazione da lui effettuati nell’edificio, ‘tutti conformi ai titoli abilitativi ottenuti dal Comune di Palestrina’ (pag. 23 del controricorso COGNOME).
Il motivo è infondato.
In primo luogo, non si comprende il riferimento all’art. 1227 , comma 1, c.c., posto che ad essere denunziata dal ricorrente incidentale è
la mancata considerazione dell’assorbente efficienza eziologica del contegno del Comune (segnatamente, con riguardo alle opere fognarie), e non già del l’attore danneggiato.
In secondo luogo, per quel che riguarda l’apprezzamento del nesso causale, valgono le considerazioni già svolte in relazione ai primi due motivi del ricorso principale del Comune di Palestrina. La ricostruzione del nesso causale rispetto ai pregiudizi dedotti dall’attore (appellato e, oggi, controricorrente) è stata compiuta dalla Corte d’appello di Roma sulla base del(l’espressamente invocato) criterio del ‘più probabile che non’, alla stregua di una motivazione ampiamente idonea a dar conto dell’ iter logico seguito. In un siffatto contesto, ogni censura mirante a ‘depotenziare’ il proprio apporto causale -valorizzando, per contro, in via esclusiva quello di altro soggetto -si infrange sull’insindacabilità delle valutazioni di merito operate dai giudici di secondo grado i quali, lungi dal negare l’incidenza eziologica del contegno del Comune di Palestrina , da un lato, e del Cleri dall’altro, l’ha inscritta in un quadro di con-causalità, motivatamente aderendo alle conclusioni della consulenza tecnica svolta in primo grado.
Il terzo motivo di ricorso incidentale denunzia la violazione o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 111 Cost. (nullità della sentenza per motivazione apparente), dal momento che la Corte d’appello non avreb be preso puntuale posizione su i motivi d’appello proposti dal Cleri e sulla documentazione dallo stesso prodotta, ritenendoli apoditticamente insufficienti a confutare le conclusioni del giudice di primo grado in ordine alla ‘trilogia’ di cause già richiamata.
Il motivo è infondato, sulla base del principio di diritto secondo cui, ‘ al fine di assolvere l’onere di adeguatezza della motivazione, il giudice di appello non è tenuto ad esaminare tutte le allegazioni delle parti, essendo necessario e sufficiente che egli esponga concisamente le ragioni della decisione, così da doversi ritenere
implicitamente rigettate le argomentazioni logicamente incompatibili con esse ‘ (Cass., n. 3126/2021) .
In conclusione, il ricorso dev’essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali (liquidate in dispositivo) nei confronti di NOME COGNOME. In virtù della reciproca soccombenza, vengono compensate, invece, le spese processuali nel rapporto tra il ricorrente e NOME COGNOME, così come devono dichiararsi irripetibili le spese di Igeco e Generali, le quali (originariamente chiamate in causa dal COGNOME) sono state evocate dal Comune ricorrente, nel presente giudizio di legittimità, al solo scopo di litis denuntiatio , non involgendo in alcun modo i motivi di ricorso la loro posizione (v. Cass., n. 8491/2023).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale;
condanna il ricorrente al pagamento, in favore di NOME COGNOME COGNOME, delle spese processuali, che si liquidano in € 6.700,00 (di cui € 200,00 per esborsi), oltre accessori di legge ;
compensa le spese nel rapporto processuale tra il ricorrente e NOME COGNOME;
dichiara non ripetibili le spese processuali di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente e del ricorrente incidentale, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello del ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza sezione