Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 14443 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 14443 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1476/2023 R.G. proposto da :
COGNOME rappresentato e difeso dal l’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, con domiciliazione digitale ex lege
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, con domiciliazione digitale ex lege
-controricorrente e ricorrente incidentale-
e contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE con domiciliazione digitale ex lege
-controricorrente-
nonché contro
COGNOME DI COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE, COGNOME e COGNOME NOME, rappresentate e difese dal l’avvo cato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, con domiciliazione digitale ex lege
-controricorrenti- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 4309/2022 depositata il 18/10/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/1/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Per quanto qui interessa, NOME COGNOME conveniva davanti al Tribunale di Torre Annunziata le sorelle NOME e NOME COGNOME nonché la RAGIONE_SOCIALE per ottenerne, le prime due quali proprietarie, la terza quale esecutrice dei lavori, ai sensi degli articoli 2043 e 2049 c.c. il risarcimento dei danni – lesioni, crepe e distacchi di intonaci – subiti da un suo immobile sito in Striano, confinante con un immobile delle COGNOME, per i lavori di abbattimento e ricostruzione dell’immobile di queste, non avendo adottato le misure necessarie per evitare i danni.
Le convenute si costituivano; sia le COGNOME, sia la società chiedevano e ottenevano di chiamare la ditta COGNOME NOME, che per appalto avrebbe compiuto i lavori di demolizione e scavo anteriore a quelli di costruzione del nuovo immobile, che sarebbero stati eseguiti dalla società Ciniglio. La ditta COGNOME si costituiva, resistendo, e otteneva di chiamare la sua compagnia assicuratrice, RAGIONE_SOCIALE, che pure resisteva.
Effettuata istruttoria, con testimonianze e consulenza tecnica d’ufficio, il Tribunale, con sentenza n. 2421/2016, rigettava ogni domanda attorea per difetto di prova della riconducibilità dei danni ai lavori di demolizione, scavo e ricostruzione.
La COGNOME proponeva appello, cui resistevano tutte le altre parti. La Corte d’appello di Napoli, con sentenza n. 4309/2022, accoglieva della COGNOME soltanto la domanda ex articolo 2043 c.c. nei confronti della ditta COGNOME, che condannava a risarcire all’attrice nella misura di euro 15.531,02 oltre interessi; rigettava la domanda della ditta nei confronti della sua compagnia assicuratrice perché il contratto assicurativo ‘non copriva la tipologia di lavori’; rigettava la domanda della COGNOME nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE – perché la società avrebbe compiuto soltanto la ricostruzione dell’edificio -e nei confronti delle COGNOME – ex articolo 340 c.c., per cui responsabile sarebbe stato l’appaltatore -.
La ditta COGNOME ha presentato ricorso, sulla base di tre motivi; si è difesa con controricorso la COGNOME, proponendo pure ricorso incidentale di due motivi; si sono difese con un unico controricorso le COGNOME e la società Ciniglio; si è difesa con controricorso Allianz AssicurazioniRAGIONE_SOCIALE
Sia il ricorrente principale, sia la ricorrente incidentale, sia i controricorrenti COGNOME/Ciniglio, sia la compagnia assicuratrice hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 Prendendo le mosse dal ricorso principale, si osserva che il primo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, nn. 3 e 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c.
Lamenta la ricorrente che il giudice d’appello, basandosi sulle testimonianze, ‘a suo dire confermate dalla CTU’, ha ritenuto ‘più probabile che non’ che la causazione dei danni sia derivata dai lavori da essa compiuti. Argomenta pertanto sul concetto del ‘più probabile che non’ come sostenuto da ‘prove preponderanti’, cioè da una o più prove dirette o da una o più prove indirette che possano comunque sostenerla. E nel caso in esame, ‘nessuna delle prove acquisite ha confermato la riconducibilità delle lesioni alle lavorazioni’ della ricorrente, cioè né le testimonianze né la consulenza tecnica.
Si analizzano le testimonianze, che sarebbero indirette, e la consulenza tecnica, che non avrebbe confermato la riconducibilità causale alla ditta COGNOME, deducendone che la prova non è stata raggiunta neppure con il criterio probabilistico del ‘più probabile che non’ o della ‘preponderanza dell’evidenza’.
1.1. Dopo avere snodato argomenti costituenti in effetti premesse di diritto, il motivo svela la sua effettiva natura fattuale, spingendosi ad analizzare e ad argomentare sugli esiti della consulenza tecnica d’ufficio e delle prove testimoniali (su queste ultime, incidenter , si osserva che quelle indirette non sono prive di alcun valore come viene sostenuto): patisce pertanto questo motivo la natura inammissibile.
il secondo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, nn. 3 e 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. nonché ‘omessa valutazione di un fatto decisivo’.
La Corte d’appello si osserva – ha ritenuto responsabile solo la ditta RAGIONE_SOCIALE, reputando che la società Ciniglio non si fosse ‘occupata … dei lavori di demolizione e scavo’ cioè dei lavori che causarono le lesioni all’edificio confinante della Pellegrino. Si
oppone allora che, ‘come già rappresentato nei dati di fatto’, tali lavori sarebbero stati cominciati dalla società Ciniglio il 2 luglio 2009 e proseguiti dalla ricorrente solo a partire dal 13 luglio 2009: circostanza, questa, che non sarebbe stata oggetto di esame da parte del giudice d’appello, che ne avrebbe del tutto omesso la valutazione.
2.1. Questo motivo è pienamente fondato.
In premessa del ricorso, la ricorrente espone che nell’atto di citazione la COGNOME aveva attribuito l’esecuzione dei lavori danneggianti il suo immobile alla società Ciniglio (il ricorso, a pagina 2, estrae dell’atto di citazione quanto segue: ‘Nel corso dei lavori eseguiti dalla società COGNOME RAGIONE_SOCIALE sono apparse profonde lesioni sui muri perimetrali al primo e secondo piano, sul pavimento e sopra i vani interni …) anteriormente all’intervento della ditta COGNOME (si veda il ricorso, a pagina 3, esponente che prima dell’inizio dei lavori della ditta RAGIONE_SOCIALE ‘la ditta RAGIONE_SOCIALE aveva già intrapreso … provvedendo in particolare alla … parziale demolizione e, soprattutto, alla realizzazione di micropali ed al muro di contenimento’). Chiamata in causa dalle Zanfardino e dalla società Ciniglio, la ditta RAGIONE_SOCIALE aveva poi resistito (ricorso, pagina 4).
Nel controricorso/ricorso incidentale – si nota ad abundantiam -della COGNOME parimenti si afferma, nella ‘sommaria esposizione dei fatti’ che quest’ultima quale attrice in citazione aveva affermato che ‘l’esecuzione dei lavori da parte della … Ciniglio … aveva causato gravissimi danni al fabbricato di proprietà della appellante. Assumeva, infatti, l’attrice che nel corso dei lavori eseguiti dalla ditta Ciniglio erano apparse profonde lesioni sui muri perimetrali al primo e secondo piano, sul pavimento e sopra i vani interni’.
Riguardo alla domanda proposta dalla COGNOME nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE, il giudice d’appello sostanzialmente tace nell’esaminare gli esiti dell’istruttoria: in particolare, non specifica che l’oggetto delle testimonianze fossero i lavori soltanto della ditta
COGNOME o anche della società Ciniglio – in particolare, nei passi citati delle testimonianze che si rinvengono a pagina 6 della sentenza qui impugnata, non viene indicato chi fosse l’autore dei lavori del cui effetto pregiudizievole si testimoniava -; inoltre, nelle pagine 7-8, la sentenza d’appello attinge alla relazione del consulente tecnico d’ufficio, anche qui però riportando passi che non identificano tale autore; l’unico elemento specificamente avverso alla ditta COGNOME che si rinviene inserito nella motivazione della sentenza impugnata è il passo tratto, a pagina 8, da una perizia stragiudiziale disposta da Allianz.
Successivamente, nelle pagine 9 s. della sentenza, la Corte territoriale perviene ad escludere ogni responsabilità della società Ciniglio in modo del tutto assertivo: tale società non può rispondere dei danni essendosi occupata ‘pacificamente, in base alle allegazioni difensive delle parti’, non dei lavori di demolizione e scavo ovvero di quelli che hanno determinato le lesioni all’edificio contiguo ‘bensì solo di quelli di ricostruzione dell’immobile delle Zanfardino’.
Al contrario, come si è visto, le ‘allegazioni difensive’ attoree attribuivano l’esecuzione di lavori generanti lesioni alla società Ciniglio, e, nel difendersi, alla luce della più semplice logica, l’attuale ricorrente non aveva ‘pacificamente’ allegato che tutti i lavori di demolizione pregiudizievoli per l’immobile di confine erano stati i suoi, perché aveva contestato di aver fatto danni.
Si è dunque davanti ad un fatto decisivo e discusso che il giudice d’appello non ha fatto tenuto in conto. Ne consegue l’accoglimento del motivo.
3 Il terzo motivo denuncia, in riferimento all’articolo 360, primo comma, nn. 3 e 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., nonché omessa valutazione di un fatto decisivo, in relazione al rapporto assicurativo, per sostenere la sussistenza della garanzia da parte di Allianz.
3.1. Questo motivo è palesemente assorbito dall’accoglimento del precedente, in quanto il giudizio di rinvio che ne deriva potrebbe escludere anche integralmente la responsabilità della ditta RAGIONE_SOCIALE
Il ricorso principale, dunque, deve essere accolto per quanto di ragione nei termini sopra precisati.
Il ricorso incidentale della COGNOME, come già anticipato, è composto di due motivi.
Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 2051 c.c.
Si osserva che il giudice d’appello ha rigettato la domanda dell’attuale ricorrente nei confronti delle COGNOME, non considerando la responsabilità del committente e non solo dell’appaltatore, secondo quella che viene definita la ‘recente giurisprudenza’ di legittimità Cass. 7553/2021 -, e affermando invece che la proprietaria non avrebbe responsabilità oggettiva, al contrario potendo essere condannata soltanto per responsabilità colposa: e ne ha dedotto che, se i lavori sono affidati in appalto come avvenuto nel caso di specie, unico responsabile è l’appaltatore.
5.1. La Corte partenopea ha effettivamente ignorato la giurisprudenza sulla responsabilità del committente che si è consolidata prima della sua pronuncia.
Cass. 7553/2021 insegna che la consegna del bene all’appaltatore non sopprime l’obbligo di custodia del proprietario committente, che è responsabilità oggettiva, e può quindi essere da lui superata solo con la dimostrazione del caso fortuito, ex articolo 2051 c.c.; e dell’insegnamento è stato confermato da Cass. ord. 31601/2021. Questa linea interpretativa è proseguita – come può agevolmente evincersi, da ultimo tra gli arresti massimati, pure da Cass. ord. 4288/2024 -, e non vi è alcuna ragione per modificarla sulla base di una pretesa necessità d’un elemento soggettivo che, ictu oculi , l’articolo 840 c.c. non prevede.
Va rilevato che nella premessa del controricorso l’attuale ricorrente non ha espressamente indicato la natura della domanda che aveva rivolto nei confronti delle COGNOME, indicazione che espressamente manca pure nella esposizione del motivo in esame, ove si afferma solo che ‘le argomentazioni del Giudice a quo non sono condivisibili alla luce della recente giurisprudenza’ di legittimità, subito dopo invocando Cass. 7553/2021. Peraltro, nell’esposizione del giudizio di primo grado, il giudice d’appello dà atto che l’attuale ricorrente aveva prospettato responsabilità delle COGNOME ex articoli 2043 e 2049 c.c. (sentenza, pagina 2), per poi tacerne sull’unico motivo d’appello quando lo ha esaminato. In seguito, sulla ‘esatta individuazione di chi sia tenuto a risarcire’ (sentenza, pagina 9), nega infondatamente la responsabilità delle COGNOME perché – come sopra già si è visto – non sarebbero come proprietarie del fondo gravate di responsabilità oggettiva, occorrendo ex articolo 840 c.c. l’elemento soggettivo colposo: ne deduce che il proprietario committente sarebbe responsabile solo quando viene accertato che, ‘avendo – in forza del contratto di appalto – la possibilità di impartire prescrizioni o di intervenire per richiedere il rispetto delle normative di sicurezza, se ne sia avvalso per imporre particolari modalità di esecuzione … che siano … causa (diretta o indiretta) del sinistro, nel qual caso la responsabilità dell’appaltatore verso il terzo danneggiato può aggiungersi a quella del proprietario ma non sostituirla o eliminarla’ (qui vengono invocate Cass. ord. 7027/2021 e Cass. 6296/2013).
A parte che, nella parte finale, questo argomento si confonde inserendo la responsabilità dell’appaltatore come una ‘aggiunta’, mentre si era già ritenuto che fosse certa la responsabilità dell’appaltatore quando quella del proprietario sarebbe eventuale ex articolo 840 c.c. per necessità di elemento soggettivo – questo è lo schema manifestato dalla Corte territoriale -, è pur vero che Cass. ord. 7027/2021 e Cass. 6296/2013 (la più recente attinge da
quella più risalente) offrono una interpretazione priva di basi normative, e quindi non condivisibile, nel richiedere l’elemento soggettivo perché insorga la responsabilità del proprietario di un fondo, nell’assoluto silenzio del testo normativo invocato. Tuttavia, non si può negare che il giudice d’appello stesso ha riconosciuto in astratto la sussistenza della corresponsabilità tra committente e appaltatore nei confronti del terzo danneggiato; ed è agevole riqualificare in termini di diritto quel che è stato tradotto in termini di fatto, ovvero l’azione presentata dalla COGNOME nei confronti delle COGNOME, che è riconducibile, proprio per quanto esposto (disposizione di lavori di distruzione e ricostruzione della proprietà delle COGNOME come fonte di danno), alla fattispecie dell’articolo 2051 c.c.
5.2. Ne deriva l’accoglimento del primo motivo del ricorso incidentale, che assorbe evidentemente il secondo, afferente alle spese di lite. Anche l’accoglimento di questo ricorso, pertanto, conduce alla cassazione con rinvio.
In conclusione, del ricorso principale va accolto il secondo motivo, va dichiarato inammissibile il primo e assorbito il terzo, mentre del ricorso incidentale va accolto il primo motivo, assorbito il secondo; la sentenza deve dunque essere cassata in relazione ai motivi accolti e la causa rinviata, anche per le spese processuali del presente giudizio di legittimità , alla Corte d’appello di Napoli, in diversa sezione e diversa composizione.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo del ricorso principale, dichiara inammissibile il primo e assorbito il terzo; accoglie il primo motivo del ricorso incidentale, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata per quanto di ragione e rinvia, anche per le spese
processuali del presente giudizio di legittimità , alla Corte d’appello di Napoli.
Così deciso in Roma il 16 gennaio 2025