Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 21385 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 21385 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 803/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante in carica, elettivamente domiciliato in ROMA, alla INDIRIZZO, presso lo stud io dell’avvocato COGNOME NOME, CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME NOMECODICE_FISCALE), COGNOME NOME NOMECODICE_FISCALE), con domicilio digitale come in atti
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, al INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME NOMECODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), con domicilio digitale come in atti
– controricorrente –
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante in carica, domiciliato per legge in ROMA, alla piazza INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE), con domicilio digitale come in atti
– ricorrente incidentale –
nonchè contro
COGNOME NOME, domiciliato per legge in ROMA, alla piazza INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
– ricorrente incidentale –
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE, FERRANTE CINZIA, COGNOME NOME
– intimati – avverso la SENTENZA della CORTE d’APPELLO di TRIESTE n. 106/2020 depositata il 3/04/2020.
Udita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 13/05/2024, dal Consigliere relatore NOME COGNOME, osserva quanto segue.
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE ( d’ora in seguito: la RAGIONE_SOCIALE) ven ne convinta, verso la fine dell’anno 2011, da NOME COGNOME, funzionario della banca Unicredit S.p.a., che sedeva nel suo consiglio di amministrazione, a spostare tutti i propr i titoli dall’Unicredit S.p.a. alla filiale della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE S.p.a. di Udine, ove lavorava NOME COGNOMECOGNOME moglie del COGNOME e capo filiale, la quale provvede sistematicamente a distrarre i fondi che ivi pervenivano per uso personale, avvalendosi di conti correnti intestati al COGNOME e dei quali aveva la disponibilità (in quanto in possesso della password e delle chiavette di sistema).
Dopo circa due anni la RAGIONE_SOCIALE si avvide RAGIONE_SOCIALE ingenti RAGIONE_SOCIALE, superiori ai novecentomila euro, e convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Udine la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE S.p.a., NOME COGNOME e NOME COGNOME al fine di ottenere il risarcimento dei danni in via contrattuale ed extracontrattuale.
I convenuti si costituiscono separatamente in causa.
COGNOME chiese, ed ottenne, di chiamare in causa NOME COGNOME quale commercialista addetta alla contabilità della RAGIONE_SOCIALE nonché il presidente della stessa NOME COGNOME; questi si costituì in giudizio e resistette alla domanda; la COGNOME pure si costituì in causa e chiese la chiamata in causa della propria assicurazione, RAGIONE_SOCIALE, che, a seguito di autorizzazione del giudice, pure si costituì e resistette alla domanda sia della RAGIONE_SOCIALE che della propria assicurata; si costituì in causa, da ultima, NOME COGNOME.
All’esito dell’istruttoria, svolta mediante prove testimoniali e consulenza grafologica, e ammissione d’interrogatorio formale della COGNOME, il Tribunale di Udine, con sentenza n. 1439 del 24/11/2017 condannò in solido la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE S.p.a., NOME
NOME e NOME COGNOME a pagare alla RAGIONE_SOCIALE novecentocinquantanovemila euro oltre rivalutazione monetaria e interessi dalla singola appropriazione alla sentenza e rigettò nel resto le domanda trasversali dei convenuti e dei terzi chiamati.
La sentenza venne impugnata con distinti atti di citazione, poi riuniti, da NOME COGNOME e dalla RAGIONE_SOCIALE; in appello si costituirono la RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE mentre NOME COGNOME rimase contumace.
L a Corte d’appello di Trieste all’esito della fase d’impugnazione , ha, con la sentenza n. 106 del 3/04/2020, condannato NOME COGNOME e NOME COGNOME a tenere indenne RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE S.p.a. di quanto da questa corrisposto in favore della RAGIONE_SOCIALE, e per il resto ha confermato la sentenza di primo grado.
Avverso la sentenza della Corte territoriale propongono ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE, con atto affidato a due motivi.
NOME COGNOME risponde con controricorso.
Risponde con controricorso, e propone ricorso incidentale su tre motivi, NOME COGNOME.
Risponde con controricorso, e propone ricorso incidentale con un solo motivo, la RAGIONE_SOCIALE.
Il Procuratore Generale non ha presentato conclusioni.
La ricorrente principale e la RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memoria per l’adunanza camerale del 13/05/2024, alla quale il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I motivi del ricorso principale di RAGIONE_SOCIALE sono i seguenti: i) violazione e (o) falsa applicazione , ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. RAGIONE_SOCIALE artt. 2049 e 1227 cod. civ.; ii) omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. ; violazione e (o)
falsa applicazione , ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. dell’art. 1227 c od. civ.; è chiesto, con entrambi i motivi, l’accertamento di una concorrente responsabilità per colpa, in omissione o anche per scelta (cd culpa in eligendo ) della RAGIONE_SOCIALE per essersi affidata a NOME COGNOME, che era suo consigliere di amministrazione, nella scelta di mutare la banca di appoggio della provvista e dei titoli, passando dalla Unicredit S.p.a. alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE S.p.a., filiale di Udine.
I motivi possono essere esaminati congiuntamente e sono infondati, e in parte inammissibili: nei confronti del COGNOME è stata affermata la responsabilità per avere egli autonomamente e soltanto indirettamente avvalendosi del rapporto con la RAGIONE_SOCIALE, del quale non era dipendente ma aveva un incarico di amministrazione in senso ampio (in quanto consigliere di amministrazione), consigliato di aprire i conti presso la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE S.p.a., filiale di Udine, presso la quale era direttrice la moglie, NOME COGNOME, e poi consentito a questa di operare sui detti conti per prelevarne a piacimento somme ingenti e provvedendo anche a inviare fax dalla propria posizione di lavoro per agevolare l’operazione, della quale, almeno nella fase di trasferimento dei fondi e dei titoli era pienamente compartecipe.
Il concorso di colpa della RAGIONE_SOCIALE non è concretamente predicabile poiché l’operato del COGNOME è stato attuato in aperta violazione del rapporto di collaborazione o, meglio, in modo del tutto esorbitante da esso (Cass. n. 2226 del 17/03/1990 Rv. 466003 -01 e in precedenza Cass. n. 1760 del 11/06/1971 Rv. 352247 -01), atteso che ai fini della responsabilità del committente per il danno arrecato dal fatto illecito del commesso, ai sensi dell’art. 2049 cod. civ., è sì sufficiente che sussista un nesso di occasionalità necessaria tra l’illecito stesso ed il rapporto che lega detti soggetti, nel senso che le mansioni o incombenze affidate al secondo abbiano reso possibile, o comunque agevolato,
il comportamento produttivo del danno, a nulla rilevando che tale comportamento si sia posto in modo autonomo nell’ambito dell’incarico o abbia addirittura ecceduto dai limiti di esso, magari in trasgressione RAGIONE_SOCIALE ordini ricevuti, ma pur sempre dovendosi accertare che il commesso abbia perseguito finalità coerenti con quelle in vista delle quali le mansioni gli furono affidate e non finalità proprie, alle quali il committente non sia neppure mediamente interessato o compartecipe.
Nel caso di specie, l’attività di storno dei titoli e dell a provvista di denaro posta in essere da NOME COGNOME, che assumeva la funzione di preposto , ai sensi dell’art. 2049 cod. civ., in quanto componente del consiglio di amministrazione della RAGIONE_SOCIALE, si è posta in modo del tutto divergente dalle finalità perseguite dalla RAGIONE_SOCIALE, che era quella di una più oculata gestione del proprio patrimonio, in quanto le somme vennero poste a disposizione di NOME COGNOME, che le utilizzò per fini esclusivamente personali e voluttuari.
Le posizioni del NOME COGNOME e della COGNOME sono esenti da profili di responsabilità, in considerazione del fatto che il primo non aveva compiti gestionali e, inoltre, nel l’arco del periodo nel quale ebbe luogo la spoliazione, ossia da agosto 2012 a maggio 2014, egli venne colpito , a febbraio dell’anno 2013 , da un infarto, con conseguente lungo periodo di assenza dovuto alla necessità di ripristino della piena funzionalità del cuore.
La COGNOME, come accertato dalla Corte di merito sulla scorta dell’istruttoria svolta in primo grado, non poteva controllare la corrispondenza bancaria, che veniva, invece, recapitata ed aperta dal solo COGNOME, il quale non avvisò mai la RAGIONE_SOCIALE ed anzi fece credere agli organi deliberanti della RAGIONE_SOCIALE che la disponibilità di fondi era ancora notevole quando già, come accaduto nel febbraio 2013, gli RAGIONE_SOCIALE avevano già iniziato a verificarsi.
Il secondo motivo del ricorso principale è, inoltre, segnatamente, inammissibile per violazione dell’art. 348 ter , commi 4 e 5, cod. proc. civ. (ora riprodotto dall’art. 360, comma 4, cod. proc. civ., a seguito delle modifiche processuali di cui al d.lgs. n. 149 del 10/10/2022), in relazione alla censura di omesso esame, poiché i fatti posti a base delle sentenze di primo e di secondo grado sono stati ricostruiti in modo identico dai giudici del merito e la banca ricorrente non indica alcun fatto diverso di cui sia stato omesso l’esame.
Il controricorso, e ricorso incidentale, di NOME COGNOME è articolato su tre motivi, così rubricati:
primo motivo: violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE art. 2043 e 2055, comma 1, cod. civ., 2727 cod. civ. e 2729 comma 1, cod. civ.; omesso esame di fati decisivi oggetto di discussione, ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ.;
secondo motivo: violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE art. 2043 e 2055, comma 1, cod. civ., nullità della sentenza per motivazione apparente;
terzo motivo: violazione e falsa applicazione dell’art. 2049 cod. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.
I primi due motivi sono del tutto fattuali e carenti di adeguata specificità in punto di diritto, limitandosi a una generica contestazione della valutazione dei fatti, e delle prove, effettuata dalla Corte d’appello e mirano a ribaltare la decisione nel senso di addossare la responsabilità della distrazione delle somme interamente a NOME COGNOME (oramai ex) moglie del COGNOME e non superano, pertanto, il vaglio di ammissibilità.
Il primo motivo del ricorso incidentale di NOME COGNOME è, inoltre, inammissibile per violazione dell’art. 348 ter , commi 4 e 5, cod. proc. civ. in relazione alla censura di omesso esame, poiché i fatti posti a base delle sentenze di primo e di secondo grado, come
già rilevato in relazione all’analoga censura del ricorso principale, sono stati ricostruiti in modo identico dai giudici del merito e il ricorrente incidentale non indica alcun fatto diverso di cui sia stato omesso l’esame.
Il terzo motivo, incentr ato sull’art. 2049 cod. civ. è infondato, posto che la Corte territoriale ha compiutamente, alla pag. 17, descritto l’autonomo apporto causale del COGNOME nell’effettuazione delle operazioni di distrazione e di appropriazione dei fondi, il che esclude che in danno della RAGIONE_SOCIALE possa essere ravvisa ta l’esclusiva responsabilità, ai sensi della norma sopra richiamata, per l’attività della propria dipendente NOME COGNOME, posto che questa non si sarebbe potuta appropriare delle somme della RAGIONE_SOCIALE senza la partecipazione, attiva e del tutto determinante, del COGNOME sia nel consigliare lo spostamento dei conti correnti dall’Unicredit S.p.a. alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE S.p.a. sia nelle successive operazioni di invio di telefax, produzione di sottoscrizioni apocrife e di prelievo di ingenti somme in contanti.
Il ricorso incidentale di NOME COGNOME è, pertanto, rigettato.
Il ricorso incidentale della RAGIONE_SOCIALE, così testualmente rubricato: «nullità della sentenza per omessa, o solo apparente, motivazione, e violazione o falsa interpretazione RAGIONE_SOCIALE artt. 91 cod. proc. civ. e d.m. n. 55 del 2014» è incentrato sulle spese di lite, liquidate dalla Corte territoriale in suo favore.
La RAGIONE_SOCIALE afferma che l’importo liquidato è stato calcolato in diminuzione in relazione al valore della controversia e al numero delle parti coinvolte minimi di legge.
L’assunto è infondato: il sindacato di questa Corte in punto di spese è limitato al rispetto dei minimi tabellari.
Nel caso di specie non risulta che il giudice d’appello abbia applicato variazioni in diminuzione che abbiano condotto a uno scostamento dai minimi, atteso che per lo scaglione da cinquecentoventimila a un milione di euro l’importo liquida bile è di
poco superiore ai quindicimila euro, tenuto conto del numero complessivo delle fasi dell’impugnazione di merito effettivamente svoltesi e del numero delle parti coinvolte.
Deve, peraltro, ribadirsi che (Cass. n. 2386 del 31/01/2017 Rv. 642544 – 01): nella liquidazione delle spese processuali successiva al d.m. n. 55 del 2014 non trova fondamento normativo un vincolo alla determinazione secondo i valori medi ivi indicati, dovendo il giudice solo quantificare il compenso tra il minimo ed il massimo delle tariffe, a loro volta derogabili con apposita motivazione (Cass. n. 31347 del 24/10/2022 Rv. 666068 – 01) e, che, inoltre, non incorre in violazione dell’art. 6 del d.m. n. 55 del 2014 il giudice che, nelle cause di valore superiore a cinquecentomila euro, applica incrementi percentuali inferiori al 30% in relazione ai vari passaggi di scaglione, non essendo prescritte né l’obbligatorietà dell’aumento né una misura fissa per quest’ultimo, ferma restando, comunque, la legittimità dell’incremento massimo del 30% per ciascun passaggio.
Il ricorso incidentale della RAGIONE_SOCIALE è, pertanto, rigettato.
In conclusione sono rigettati sia il ricorso principale sia i due ricorsi incidentali.
Le spese di lite possono essere compensate tra tutte le parti, in quanto sono stati rigettati, o ritenuti inammissibili, sia i motivi del ricorso principale della RAGIONE_SOCIALE che quelli dei ricorsi incidentali della RAGIONE_SOCIALE e di NOME COGNOME.
In considerazione del rigetto delle impugnazioni deve attestarsi che, a i sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali, e in favore del competente Ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e
per ciascun ricorso incidentale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Il deposito della motivazione è fissato nel termine di cui al secondo comma dell’art. 380 bis 1 cod. proc. civ.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e i ricorsi incidentali.
Compensa integralmente le spese processuali.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali e in favore del competente Ufficio di merito , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per ciascun ricorso incidentale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Corte di