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Responsabilità del committente: il caso della banca

Una banca è stata ritenuta responsabile per una frode milionaria perpetrata da una sua dipendente con la complicità di un consigliere di una fondazione cliente. La Cassazione ha rigettato il ricorso della banca, escludendo il concorso di colpa della fondazione e confermando la piena responsabilità del committente per l’illecito del preposto.

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Responsabilità del Committente: Quando la Banca Risponde della Frode del Dipendente

Il principio della responsabilità del committente, sancito dall’articolo 2049 del codice civile, stabilisce che il datore di lavoro risponde per gli atti illeciti commessi dai propri dipendenti nell’esercizio delle loro funzioni. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento su questo tema, analizzando un complesso caso di frode bancaria ai danni di una fondazione ONLUS. Vediamo come i giudici hanno delineato i confini di questa responsabilità, escludendo un concorso di colpa della vittima nonostante il ruolo ambiguo di un suo consigliere.

I Fatti: Una Fiducia Mal Riposta e una Frode Milionaria

Una fondazione benefica viene convinta da un proprio membro del consiglio di amministrazione, funzionario di un istituto di credito, a trasferire l’intero patrimonio presso una filiale di una nota banca. A dirigere quella filiale c’è la moglie dello stesso consigliere.

Sfruttando questa posizione, la direttrice, con la complicità del marito, inizia a distrarre sistematicamente ingenti fondi dal conto della fondazione per scopi personali. L’ammanco supera i novecentomila euro. Scoperta la frode, la fondazione cita in giudizio la banca, la direttrice e il proprio consigliere infedele per ottenere il risarcimento del danno.

Il Percorso Giudiziario e la questione della responsabilità del committente

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello condannano in solido la banca, la direttrice e il consigliere a risarcire la fondazione. La banca, tuttavia, non accetta la decisione e ricorre in Cassazione. La sua tesi difensiva principale si basa sul concorso di colpa della fondazione, ai sensi dell’art. 1227 c.c. Secondo la banca, la fondazione avrebbe dovuto vigilare sull’operato del proprio consigliere e sarebbe quindi in parte responsabile del danno subito per culpa in eligendo (colpa nella scelta).

Le Motivazioni della Cassazione sulla responsabilità del committente

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della banca, fornendo motivazioni cruciali sulla responsabilità del committente e sui suoi limiti.

L’Esclusione del Concorso di Colpa della Fondazione

I giudici hanno chiarito che l’operato del consigliere infedele è stato attuato in modo del tutto esorbitante rispetto al suo incarico all’interno della fondazione. Egli non agiva per perseguire gli scopi dell’ente, ma per un interesse puramente personale e illecito, in combutta con la moglie. L’attività di storno dei fondi si è posta in modo totalmente divergente dalle finalità della fondazione. Di conseguenza, non è possibile attribuire a quest’ultima una corresponsabilità per le azioni fraudolente di un suo amministratore che ha agito al di fuori e contro il suo mandato.

Il Principio del ‘Nesso di Occasionalità Necessaria’

La Corte ha ribadito un principio fondamentale in tema di responsabilità del committente: per far sorgere la responsabilità del datore di lavoro, è sufficiente che sussista un ‘nesso di occasionalità necessaria’ tra le mansioni affidate al dipendente e l’atto illecito. Questo significa che il danno deve essere stato reso possibile o anche solo agevolato dalle incombenze lavorative. Nel caso di specie, la direttrice di filiale ha potuto commettere la frode proprio grazie alla sua posizione e agli strumenti che la banca le metteva a disposizione. Le azioni del marito (il consigliere) sono state l’anello di congiunzione che ha permesso l’operazione, ma la responsabilità oggettiva della banca per l’operato della sua dipendente rimane piena e indiscussa.

Il Rigetto dei Ricorsi Incidentali

La Corte ha respinto anche i ricorsi incidentali presentati dal consigliere e dalla stessa fondazione. Il primo è stato ritenuto inammissibile perché mirava a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità, soprattutto in presenza di una ‘doppia conforme’ (decisioni identiche nei primi due gradi di giudizio). Il secondo, relativo alla presunta inadeguata liquidazione delle spese legali, è stato rigettato poiché la Corte ha ritenuto che l’importo stabilito rientrasse nei parametri di legge.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza rafforza un principio cardine del nostro ordinamento: la tutela dell’affidamento dei terzi nei rapporti con le imprese. La responsabilità del committente ha una portata molto ampia e non può essere elusa facilmente. Il datore di lavoro risponde per gli illeciti dei propri dipendenti anche quando questi agiscono con dolo, per fini personali e tradendo la fiducia ricevuta, a condizione che le loro mansioni abbiano fornito l’opportunità per commettere il reato. La sentenza chiarisce inoltre che la negligenza o la fiducia mal riposta della vittima verso un soggetto terzo non è sufficiente, di per sé, a configurare un concorso di colpa che riduca la responsabilità oggettiva dell’istituto di credito per l’operato fraudolento dei propri preposti.

Un datore di lavoro è sempre responsabile per gli illeciti commessi dai suoi dipendenti?
Sì, secondo l’art. 2049 c.c., il datore di lavoro (committente) è responsabile se l’illecito del dipendente (commesso) è stato perpetrato nell’esercizio delle sue mansioni. È sufficiente che esista un ‘nesso di occasionalità necessaria’, ovvero che le mansioni abbiano reso possibile o agevolato il comportamento dannoso, anche se il dipendente ha agito per fini personali e in violazione degli ordini.

La vittima di una frode può essere considerata in parte responsabile se si è fidata della persona sbagliata?
In questo caso specifico, la Corte ha escluso il concorso di colpa della vittima (la Fondazione). La Fondazione non poteva essere ritenuta responsabile per le azioni del suo consigliere, poiché egli ha agito in modo del tutto esorbitante dal suo incarico e in aperta violazione del rapporto di collaborazione, perseguendo finalità esclusivamente personali.

Cosa significa che un ricorso in Cassazione è inammissibile per ‘doppia conforme’ (art. 348 ter c.p.c.)?
Significa che se le sentenze di primo e secondo grado hanno ricostruito i fatti nello stesso identico modo, il ricorso per Cassazione non può essere basato su una presunta errata valutazione dei fatti (come l’omesso esame di un fatto decisivo), ma solo su questioni relative alla corretta applicazione del diritto. In questa vicenda, i ricorsi che criticavano la ricostruzione dei fatti sono stati dichiarati inammissibili per questa ragione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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