Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 22198 Anno 2025
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al N. 9557/2021 R.G., proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) , in persona del procuratore speciale e legale rappresentante pro tempore NOME COGNOME rappresentata e difesa da ll’ avv. NOME COGNOME come da procura in calce al ricorso, domicilio digitale come in atti
– ricorrente principale –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’ avv. NOME COGNOME come da procura in calce al controricorso, domicilio digitale come in atti
– controricorrente e ricorrente incidentale –
e contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME come da procura in calce al controricorso, domicilio digitale come in atti
– controricorrente e ricorrente incidentale –
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME come da procura notarile allegata alla comparsa di costituzione di nuovo difensore, domicilio digitale come in atti
– controricorrente e ricorrente incidentale –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione , in persona del curatore fallimentare pro tempore , rappresentato e difeso dall’ avv. NOME COGNOME come da procura in calce al controricorso, domicilio digitale come in atti
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE , in proprio e quale procuratore speciale della RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME come da procura in calce al controricorso, domicilio digitale come in atti
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME
– intimati – avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze n. 360/2021 pubblicata l’11 .2.2021;
udita la relazione della causa svolta nella adunanza camerale del 28.5.2025 dal Consigliere relatore dr. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Risulta dalla sentenza impugnata che il giorno 27.1.2003 un incendio di vaste proporzioni interessò un capannone ubicato in Scandicci, INDIRIZZO adibito a deposito e stoccaggio merci. L’immobile era di proprietà della RAGIONE_SOCIALE (società di cartolarizzazione di immobili pubblici) per acquisto da ll’INPDAP nel novembre 2002 . Quest’ultimo ente, prima dell’alienazione, aveva: ( i ) con contratto del 31 gennaio 2002, affidato la gestione dell’immobile alla Romeo
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RAGIONE_SOCIALE; ( ii ) in precedenza, concesso in locazione l’immobile alla RAGIONE_SOCIALE, la quale, poi, aveva stipulato un contratto di affitto di azienda con la società cooperativa RAGIONE_SOCIALE, che, a sua volta, aveva, con contratto di prestazione di servizi, concesso in uso una porzione dell’immobile alla RAGIONE_SOCIALE, esercente attività di casa editrice. L’incendio divampò in occasio ne di lavori di riparazione del tetto del capannone, la cui esecuzione era stata commissionata dalla Romeo Gestioni alla ditta individuale NOME COGNOME: operai di quest’impresa, nell’adoperare la fiamma ossidrica per impermeabilizzare il tetto, cagionarono l’incendio di un lucernaio in plexiglas che, liquefacendosi e cadendo nel vano sottostante, provocò l’incendio della parte interna dell’immobile e dei materiali in esso stoccati.
Nell’anno 2004, la RAGIONE_SOCIALE convenne dunque dinanzi al Tribunale di Firenze NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE e l’INPDAP per ottenere il risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’incendio suddetto; dedusse la COGNOME di aver depositato presso il magazzino l’intero materiale dei suoi archivi storici, nonché le nuove pubblicazioni pronte per la distribuzione, chiedendo il relativo risarcimento del danno, individuato nel danno emergente, consistente nella perdita della merce riposta nel magazzino, nonché nel lucro cessante, consistente nel minor fatturato realizzato dalla società dopo l’incendio e nei maggi ori oneri commerciali e finanziari.
La RAGIONE_SOCIALE in particolare, costituendosi, oltre a contestare le domande nei suoi confronti proposte, chiese la chiamata in causa, a fini di manleva, della RAGIONE_SOCIALE (conduttrice dell’immobile) e della RAGIONE_SOCIALE
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(quale proprietaria dello stesso, al momento dell’incendio), nonché della Fondiaria Sai s.p.a. (poi divenuta, per mutamento di denominazione sociale, UnipolSai Assicurazioni s.p.a.), nonché delle coassicuratrici RAGIONE_SOCIALE Milano Assicurazioni s.p.aRAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE (società tutte poi confluite, per effetto di vicende di fusione e di incorporazione, anch’esse nella stessa UnipolSai Assicurazioni s.p.a.), per far valere la garanzia nascente dalla polizza a primo rischio per la responsabilità civile (per un massimale di L. 5 mld.) e dalla polizza incendio fabbricati stipulate con la prima di dette Compagnie; chiese, inoltre, la chiamata in causa, sempre a fini di manleva, della RAGIONE_SOCIALE ( lite pendente, divenuta RAGIONE_SOCIALE ed infine RAGIONE_SOCIALE, di seguito, per brevità, anche solo ‘HDI’), in virtù della polizza a secondo rischio (per un massimale di € 12.911.422,48) di quanto già assicurato con la Fondiaria Sai s.p.a.
Costituitisi i chiamati in causa (il Fallimento RAGIONE_SOCIALE ad istanza della RAGIONE_SOCIALE, la SCIP ad istanza della RAGIONE_SOCIALE, quest’ultima frattanto divenuta s.r.lRAGIONE_SOCIALE e dichiarata fallita nel corso del giudizio di primo grado ), l’adito Tribunale, con sentenza del 18.5.2015, ritenne responsabile del sinistro l’imprenditore che aveva effettuato i lavori, in quanto la prima causa dell’incendio era costituita dalla fiammata provocata dall’operaio della ditta COGNOME; reputò che, al contrario, RAGIONE_SOCIALE che aveva conferito l’incarico, non era da ritenersi responsabile, non potendo ravvisarsi nell ‘ affidamento né una culpa in eligendo , non risultando una incapacità manifesta della ditta, verificabile ex ante, né in vigilando , non risultando la necessità di fornire all’appaltatore dettagliate informazioni sui rischi specifici
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presenti nell’ambiente di lavoro; affermò che neppure erano emerse ingerenze particolari di RAGIONE_SOCIALE, giacché nel caso in esame il rischio era connesso all’uso della fiamma con attrezzatura propria della ditta, il cui titolare ben avrebbe potuto rendersi conto che i lucernari, che si estendevano per l’intera superficie del tetto del capannone, erano in plexiglas; ritenne inoltre il Tribunale, che RAGIONE_SOCIALE era del pari responsabile del sinistro, in quanto l’assenza di idonei presidi antincendio aveva contribuito in maniera determinante ad alimentare il fuoco e quindi a provocare i danni; affermò, ancora, che, in base all’art. 2051 c.c., non potevano ritenersi custode né la RAGIONE_SOCIALE Firenze, perché conduttrice in anni precedenti il sinistro, né la SCIP che, benché proprietaria, non aveva la disponibilità materiale dell’immobile, avendo ceduto tutti i poteri gestori ad INPDAP, né la stessa COGNOME, che aveva ceduto i suoi beni in custodia a La Formica.
Il Tribunale, pertanto, condannò NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE in solido al risarcimento del danno in favore del RAGIONE_SOCIALE in liquidazione nella misura di € 672.115,00 oltre accessori, rigettando tutte le altre domande nel resto.
RAGIONE_SOCIALE propose dunque gravame dinanzi alla Corte d’appello di Firenze.
Si costituirono: a) il RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, chiedendo il rigetto parziale dell’appello principale e proponendo appello incidentale , b) l’INPS, quale procuratore speciale di SCIP, chiedendo il rigetto dell’appello principale, proponendo appello incidentale sulle spese; c) RAGIONE_SOCIALE, chiedendo il rigetto dell’appello principale e l’accertamento
e la declaratoria d’inoperatività della polizza o in subordine, di limitare le obbligazioni di essa HDI alle previsioni ed ai massimali di polizza; d) l’INPS, quale successore ex lege di INPDAP, chiedendo dichiararsi l’inammissibilità e comunque il rigetto dell’appello, con domanda subordinata di condanna alla manleva da parte delle assicurazioni, in caso di accoglimento dell’appello nei suoi confronti; e) la Romeo Gestioni s.p.a. , chiedendo il rigetto dell’appello principale e proponendo appello incidentale condizionato all’accoglimento dell’appello de RAGIONE_SOCIALE nei suoi confronti; f) infine UnipolSai Assicurazioni, la quale chiese il rigetto dell’appello principale.
Con sentenza n. 360/2021 dell’11.2.2021, la Corte d’appello di Firenze, in parziale accoglimento dell’appello incidentale del Fallimento RAGIONE_SOCIALE nonché dell’appello incidentale di RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE e dell’appello dell’INPS, quale procuratore di RAGIONE_SOCIALE, ed in parziale riforma della sentenza impugnata, ferma la condanna in solido di NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE, condannò anche RAGIONE_SOCIALE, a pagare, in solido con i predetti, al Fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, la somma di € 672.115,00 oltre interessi dalla sentenza di primo grado; condannò UnipolSai a manlevare Romeo Gestioni s.p.a. da ogni somma che la stessa era tenuta a pagare per l’effetto della sentenza nei limiti dei massimali di polizza; rigettò nel resto; condannò Romeo Gestioni s.p.a. a pagare le spese del primo grado di giudizio in solido con NOME COGNOME e COGNOME, nonché del secondo grado di giudizio in solido con La Formica nei confronti del Fallimento RAGIONE_SOCIALE; condannò La Formica a pagare le spese d’app ello nei confronti di RAGIONE_SOCIALE UnipolSaiRAGIONE_SOCIALE INPS (quale successore di RAGIONE_SOCIALE) e Romeo Gestioni s.p.aRAGIONE_SOCIALE; compensò le spese del doppio grado del giudizio tra
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RAGIONE_SOCIALE ed il RAGIONE_SOCIALE nei confronti dell’INPS, quale procuratore di RAGIONE_SOCIALE; compensò le spese di lite del grado d’appello nei confronti del COGNOME e del Fallimento RAGIONE_SOCIALE; compensò le spese del doppio grado di giudizio tra RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE Versicherungs A.G.), sulla scorta di tre motivi; resistono con distinti controricorsi: Romeo Gestioni s.p.a., che ha pure proposto ricorso incidentale, sulla scorta di tre motivi; UnipolSai, che ha pure proposto ricorso incidentale, sulla scorta di due motivi; RAGIONE_SOCIALE, che ha pure proposto ricorso incidentale, basato su cinque motivi; l’INPS, in proprio e quale procuratore speciale della SCIP; il RAGIONE_SOCIALE in liquidazione. Non hanno svolto difese il Fallimento RAGIONE_SOCIALE, nonché NOME COGNOME. Rispetto ai ricorsi incidentali di UnipolSai e de La Formica ha resistito con autonomo controricorso la Romeo Gestioni s.p.a.; rispetto al ricorso incidentale di quest’ultima ha resistito con autonomo controricorso l’INPS, in proprio e n.q.; rispetto a tutti i ricorsi incidentali ha resistito con autonomo controricorso il RAGIONE_SOCIALE in liquidazione. Tutte le parti costituite, ad eccezione di HDI e INPS, hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
RICORSO PRINCIPALE HDI Global SE
1.1 -Con il primo motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’ art. 2051 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. Sostiene la ricorrente che, poiché il danno era stato cagionato da dipendente della ditta COGNOME, doveva farsi applicazione delle norme sulla responsabilità dell’appaltatore,
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escludendo pertanto la responsabilità per custodia della RAGIONE_SOCIALE, sua assicurata.
1.2 -Con il secondo motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’ art. 2051 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. Si prospetta la sussistenza dell’esimente della responsabilità per custodia costituita dal caso fortuito, nella specie integrato dal fatto di un terzo, cioè dalla condotta ‘ anomala e scriteriata ‘ del dipendente della ditta COGNOME, avente efficacia causale del tutto autonoma, non prevedibile né evitabile dalla RAGIONE_SOCIALE.p.a.
1.3 -Con il terzo motivo, infine, si denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti; violazione e/o falsa applicazione dell’art. art. 100 c.p.c.; violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 c.p.c. Assume, in sintesi, che essa ricorrente aveva dedotto che l’evento per cui è processo era soggetto alla garanzia per danni conseguenti da incendio e che l’art. 2 delle Condizioni Speciali di polizza prevede un sotto-limite complessivo per anno e per sinistro, e su ciò verteva la controversia tra le parti, costituendo questione evidentemente preliminare rispetto a qualsiasi altra. Né era chiaro se la Corte del merito avesse violato le disposizioni in tema di interpretazione del contratto o avesse solo omesso l’esame di un fatto decisivo, posto che nella motivazione non v’è cenno alle condizioni di polizza. Da qui, dunque, l’erroneità della decisione nella parte in cui ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello incidentale di Romeo Gestioni s.p.a. sul punto ai sensi dell’art. 100 c.p.c. a motivo che il valore della pretesa del Fallimento RAGIONE_SOCIALE era inferiore al massimale a primo rischio di UnipolSai Assicurazioni pari ad € 2.582.284,50.
RICORSO INCIDENTALE RAGIONE_SOCIALE
1.4 -Con il primo motivo si lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1372, comma 2, e 2051 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. ai fini dell’accertamento della corresponsabilità della RAGIONE_SOCIALE nella sua asserita qualità di custode dell’immobile in cui si è verificato l’incendio. Ad avviso della ricorrente, la Corte territoriale ha erroneamente fondato la responsabilità della Romeo Gestioni s.p.a. sulla natura di custode del magazzino, desunta dalla stipulazione di contratto di appalto per la gestione del patrimonio immobiliare dell’INPDAP. Affermata la non estensibilità deg li effetti di tale contratto nei confronti dei terzi, l’impugnante evidenzia di non aver mai acquisito ‘ il possesso e/o la detenzione materiale, né la disponibilità giuridica ‘ del cespite e di non essere titolare ‘ di alcun potere di controllo e di intervento su di esso e sull’attività di depositaria che veniva svolta al suo interno da RAGIONE_SOCIALE ‘ .
1.5 -Con il secondo motivo, si lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2049 e 1655 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. Della prima disposizione, per avere la Corte di merito ritenuto sussistente la responsabilità di essa RAGIONE_SOCIALE rispetto all’operato della ditta RAGIONE_SOCIALE pur in assenza di un obbligo, a suo carico, di informare la predetta impresa ‘ sui rischi connessi all’esecuzione dell’intervento; della seconda disposizione, in considerazione della assenza di ingerenze della RAGIONE_SOCIALE sulla ditta appaltatrice, operante in piena autonomia, oltremodo perché la normativa di settore imponeva a quest’ultima di adoperare particolari cautele per la manutenzione del tetto da praticarsi mercé l’utilizzo di fiamme libere.
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1.6 -Con il terzo motivo, infine, si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’ art. 100 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., in relazione alla declaratoria di inammissibilità dell’appello incidentale condizionato della Romeo Gestioni nei confronti di HDI. In subordine rispetto alle precedenti censure, la società si duole del riscontrato difetto d’interesse in ordine all’operatività della polizza a secondo rischio, decisione fondata sull’erroneo presupposto per cui, poiché l’entità della domanda risarcitoria accolta in favore del fal limento COGNOME rientrava ampiamente nel limite dell’assicur azione a primo rischio, in concreto non v’era nessuna possibilità che tale limite venisse superato.
RICORSO RAGIONE_SOCIALE
1.7 -Con il primo motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’ art. 2562 c.c., nonché omesso esame di fatto decisivo, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c. La società ricorrente lamenta l’omessa considerazione della circostanza di esclusione della propria responsabilità costituita dal contratto di affitto di azienda stipulato dalla stessa con la concedente RAGIONE_SOCIALE Firenze; in forza di tale negozio ed in virtù dell’art. 2562 c.c., la affittuaria, pur avendone la detenzione, non poteva modificare la destinazione dei beni e degli impianti ricevuti, dovendo limitarsi a compiere ordinarie riparazioni ed interventi di conservazione.
1.8 -Con il secondo motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1768 e 1780 c.c., nonché vizio di motivazione, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c. Ad avviso dell’impugnante, la Corte territoriale ‘ non ha congruamente motivato l’imputabilità a La Formica della causa della mancata
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restituzione delle cose perdute ‘ . Sostiene, al riguardo, che ai fini della prova liberatoria, ‘ rilevano il principio di inevitabilità e l’adeguatezza della condotta del custode … , per cui la perdita della cosa non può essere imputata al depositario quando è avvenuta, ad esempio, a causa della introduzione di fuoco all’interno del deposito con modalità difficilmente prevenibili ‘ .
1.9 -Con il terzo motivo si denuncia la nullità della sentenza per violazione del contraddittorio; nonché violazione e/o falsa applicazione degli artt. 194, 698 e 115 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n n. 3 e 4, c.p.c., per aver la Corte toscana accertato la responsabilità di essa società esclusivamente su circostanze (eccessiva quantità di merce nel capannone ed eccessiva altezza degli scaffali) rivenienti dalla CTU di primo grado, a sua volta fondata su una relazione di ATP alla quale né il CTU, né La Formica, avevano preso parte.
1.10 -Con il quarto motivo si lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2709 c.c., 183, comma 6, c.p.c., 194 c.p.c., 87 disp. att. c.p.c., 115 c.p.c., violazione del principio del contraddittorio ex art. 111, comma 2, Cost., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, 4 e 5, c.p.c. per aver la Corte d’appello respinto il proprio gravame incidentale sul quantum condannatorio in forza della valutazione della CTU, fondata esclusivamente sulle scritture contabili della Vallecchi, indebitamente uti lizzate a vantaggio di quest’ultima, e peraltro acquisite illegittimamente dai consulenti d’ufficio, non essendo state tempestivamente prodotte dalla danneggiata.
1.11 -Col quinto motivo, infine, in subordine, si denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, 4
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e 5, c.p.c., per aver la Corte toscana erroneamente posto a suo carico le spese nei rapporti con RAGIONE_SOCIALE, UnipolSai, INPS e Romeo Gestioni s.p.a.
RICORSO INCIDENTALE RAGIONE_SOCIALE
1.12 -Con il primo motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e 1655 e 2051 c.c., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c. Argomenta l’erroneità della corresponsab ilità ascritta per l’evento alla Romeo Gestioni s.p.a. sotto un duplice profilo: ( i ) in primo luogo, con il contratto d’appalto dei lavori di manutenzione, le responsabilità per danni a terzi si erano trasferite in capo alla ditta COGNOME, la quale aveva agito in piena autonomia, senza che l’appaltante fosse ten uta a fornire alcuna informazione, tanto più che lo stato dei luoghi era noto all’appaltatore per precedente intervento ; ( ii ) in secondo luogo, la custodia di fatto del capannone era della società cooperativa RAGIONE_SOCIALE, tenuta a rispondere di perdite derivanti da difetto di manutenzione dell’impianto antiincendio ed in generale tenuta agli obblighi di custodia e di efficienza dei servizi.
1.13 -Con il secondo motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115, 116 e 132 c.p.c., nonché 1362 e 1891 c.c., quanto alla carenza di legittimazione di RAGIONE_SOCIALE ad invocare l’operatività della Polizza RAGIONE_SOCIALE Rileva l’erroneità della decisione impugnata, là dove è stato accolto l’appello incidentale condizionato di RAGIONE_SOCIALE, benché la polizza globale concernesse la responsabilità di RAGIONE_SOCIALE, che invece è andata assolta da ogni domanda nel presente giudizio. Si evidenzia, quindi, che nella fattispecie si verte in tema di danni subiti da terzi, sicché la Romeo Gestioni s.p.a. era carente
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di legittimazione attiva ad evocare in lite gli assicuratori ai fini di una sua manleva.
2.1 -In via preliminare, va dato atto della rinuncia al mandato da parte dell’avv. NOME COGNOME già procuratore della ricorrente principale; peraltro, l’esistenza di altro procuratore rende superflua ogni ulteriore valutazione circa l’effettività del diritto di difesa della parte.
2.2 -Sempre in via preliminare, va anche dato atto della costituzione degli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME in sostituzione dell’avv. COGNOME per RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE avvenuta con comparsa di costituzione depositata il 13.5.2025 e adeguatamente supportata da procura notarile autenticata in data 7.12.2022, ove si consideri che il presente giudizio ha avuto inizio nell’anno 2004 e che, dunque, non trova applicazione l’art. 83 , comma 3, c.p.c., come modificato dalla legge n. 69/2009 (valevole solo per i giudizi introdotti, in primo grado, a far data dal 4.7.2009), bensì il comma 2 della citata disposizione, che appunto prevede la facoltà di conferire la procura ad litem per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, come appunto avvenuto.
2.3.1 -Ancora preliminarmente, va disattesa l’eccezione di nullità della sentenza d’appello sollevata da RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE in seno alla memoria ex art. 380bis 1, c.p.c. Sostiene la società, infatti, che la sentenza sia nulla perché resa (anche) nei confronti di soggetto, la RAGIONE_SOCIALE, cancellata dal R.I. in data 31.3.2020, dunque nel corso del giudizio d’appello.
A prescindere da ogni altra considerazione, la Romeo non tiene conto, però, che la fallita RAGIONE_SOCIALE era contumace nel giudizio d’ appello, pendente dal
2015, dunque da ben prima che si verificasse l’evento estintivo ex art. 2495 c.c. Nessun rilievo, dunque, può assumere, ai fini della pretesa necessaria interruzione del processo d’appello, un evento astrattamente idoneo a determinare l’interruzione del pr ocesso, ove esso colpisca la parte (correttamente, del che non v’è qui questione) dichiarata contumace e la questione non emerga, in quel grado, per effetto della notifica di uno degli atti di cui all’art. 292 c.p.c., avuto riguardo al disposto dell’art. 3 00, comma 4, c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis (v. Cass. n. 8755/2012; Cass. n. 23906/2019). Ma la questione non assumerebbe contorni diversi -stando a quanto emerge dagli atti legittimamente consultabili da questa Corte -anche al lume del ‘nuovo’ art. 300, comma 4, c.p.c., come modificato dalla leg ge n. 69/2009 . L’eccezione costituisce dunque un fuor d’opera.
2.3.2 -Potrebbe al più porsi un problema di integrità del contraddittorio in questa sede di legittimità, posto che, allorquando questo giudizio venne avviato, la RAGIONE_SOCIALE non esisteva come soggetto giuridico, occorrendo dunque individuarne i ‘successori’ e qui evocarli. Tuttavia, ritiene la Corte di poter soprassedere al riguardo, perché la domanda di manleva proposta in questo giudizio dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti della fallita è stata rigettata dalla C orte d’appello toscana (p. 18) e la stessa Romeo non ha impugnato per cassazione il relativo capo decisorio, così essendo sceso il giudicato sullo stesso. Nei rapporti con la RAGIONE_SOCIALE, dunque, la partecipazione degli aventi causa della società estinta, in questa fase di legittimità, non è per nulla necessaria, sotto qualsivoglia profilo.
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Vero è che la posizione della RAGIONE_SOCIALE è comunque posta in discussione dal primo motivo del ricorso incidentale de La RAGIONE_SOCIALE, nonché dal primo motivo del ricorso incidentale dell’UnipolSai . Tuttavia, ritiene la Corte di poter comunque soprassedere dalla integrazione del contraddittorio nei confronti della giusta parte, stante l’esito di questo giudizio di legittimità, comunque non favorevole sul punto per le suddette ricorrenti incidentali (v. Cass., Sez. Un., n. 6826/2010 e successive conformi), come si dirà infra .
3.1 -Ciò posto, il ricorso principale di RAGIONE_SOCIALE è inammissibile per difetto d’interesse, ex art. 100 c.p.c.
Infatti, la Compagnia è risultata totalmente vittoriosa nel giudizio d’appello rispetto al rapporto assicurativo con Romeo Gestioni s.p.a., stante la ritenuta inoperatività della polizza, a causa dell’accertato difetto d’interesse in capo all’assicurata, con conseguente inammissibilità del gravame incidentale di quest’ultima, sul punto ; pertanto, non rileva la motivazione in concreto adottata dalla Corte territoriale, per giungere a tanto, posto che la decisione è comunque idonea a soddisfare integralmente la Compagnia.
Va peraltro rilevato che parte ricorrente principale non deduce -elemento rilevante anc he ai sensi dell’art. 366 , primo comma, n. 6 c.p.c. – che vi era stata da parte sua un’esplicita domanda di accertamento del modo di essere della clausola, naturalmente devoluta in appello, sulla quale il giudice di secondo grado dovesse pronunciare al di là dell’esame della prospettazione per decidere sulla domanda avversaria. In tal caso – e solo in tal caso – la ricorrente principale avrebbe avuto un interesse ad impugnare prescindente dall’esito della decisione sulla domanda di garanzia avversaria.
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Si rileva, poi, che è ben vero che Romeo Gestioni ha impugnato i medesimi capi della decisione (e specificamente quelli sull’accertamento della propria responsabilità e sull’operatività della polizza a secondo rischio) , sebbene -quanto a quest’ultimo – dal versante opposto , com’è ovvio , essendo rimasta specularmente soccombente in appello; fermo quanto osservato sull’assenza di allegazione di avere proposto una domanda di accertamento del tenore della clausola, che parimenti avrebbe potuto legittimare un ricorso incidentale, per effetto dell’impugnazione proposta dalla Romeo Gestioni, dunque, HDI -in mancanza di detta domanda e nell’esistenza solo della prospettazione del tenore della clausola quale mezzo di eccezione contro la domanda della Romeo -non sarebbe stata legittimata nemmeno a proporre un ricorso incidentale condizionato, in quanto, nel caso di accoglimento del ricorso avversario, la questione, in quanto non decisa, avrebbe potuto essere riproposta nell’eventuale giudizio di rinvio.
Pertanto, il ricorso principale è inammissibile.
4.1 -Poiché la sentenza non è stata dichiarata notificata da alcuno (né tanto risulta dagli atti), il termine per impugnare è quello c.d. lungo, ex art. 327 c.p.c. Tutti i ricorsi incidentali sono stati proposti e notificati nel rispetto del detto termine (nella specie, un anno dalla pubblicazione della sentenza, trovando applicazione il disposto dell’art. 327 c.p.c. antecedente alla modifica apportatavi dalla legge n. 69/2009; v. Cass. n. 6784/2012), sicché essi -a norma dell’art. 334, primo comma, c.p.c. -sono da considerarsi efficaci, nonostante l’inammissibilità del ricorso principale , e possono dunque essere delibati.
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5.1 -Può quindi esaminarsi, nell’ordine logico, il primo motivo de l ricorso incidentale della Romeo Gestioni s.p.a. Esso è inammissibile per estraneità alla ratio decidendi dell’impugnata sentenza.
Non è dubbio, invero, che nel contesto di una trama argomentativa diffusa e articolata, la decisione gravata abbia riconosciuto alla RAGIONE_SOCIALE la qualità (oltreché di consegnataria, anche) di custode del capannone industriale -il .
teatro dell’incendio: in forza del contratto di appalto stipulato con l’INPDAP argomenta la Corte fiorentina -spettava a RAGIONE_SOCIALE ‘ mantenimento della funzionalità degli immobili ‘ e la ‘ custodia degli immobili ‘ Non mancano nella motivazione della sentenza d’appello, del resto, riferimenti alla disciplina dell’art. 2051 c.c., specie là dove si esclude la ricorrenza del caso fortuito per fatto del terzo (ditta COGNOME), per la ritenuta insussistenza del carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità del suo operato, essendo per contro assolutamente prevedibile l’utilizzo della fiamma ossidrica per l’esecuzione dell’intervento e, dunque, il rischio di innesco dell’incendio, poi concretizzatosi : ‘ incendio -aggiunge la Corte toscana -che avrebbe avuto dimensioni ben più contenute, se il fabbricato fosse stato, preventivamente, messo in sicurezza con la realizzazione di strutture di compartimentazione verticali e orizzontali, oltre che dotato di un sistema antincendio automatico funzionante ed efficace’ (p. 15).
Ciò posto, appare tuttavia dirimente osservare come il giudice territoriale non abbia ascritto alla RAGIONE_SOCIALE una responsabilità in virtù della signoria sulla cosa, della relazione di fatto intercorrente con la res produttiva del danno,
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ossia secondo il meccanismo presuntivo di responsabilità che informa l’istituto disciplinato dall’art. 2051 c.c.
Inequivoco, sul punto, è il seguente passaggio, fulcro centrale della motivazione della sentenza impugnata (parti in neretto nell’originale) : ‘ la società responsabile della gestione e della manutenzione del fabbricato, RAGIONE_SOCIALE, pur conoscendo la struttura del fabbricato, i materiali di cui era composta la copertura e pur sapendo che il capannone era colmo all’inverosimile di beni detenuti in deposito dalla RAGIONE_SOCIALE, ma soprattutto avendo già accertato, con i propr i tecnici, che l’im pianto antincendio del fabbricato non era funzionante e, comunque, era inadeguato a garantire un pronto intervento in caso di principio d’incendio commissionava alla ditta COGNOME una lavorazione intrinsecamente pericolosa, in considerazione dello stato dei luoghi come descritto , senza predisporre alcun accorgimento e senza verificare che la stessa ditta si fosse attrezzata con la strumentazione necessaria a garantire l’esecuzione di un lavoro in totale sicurezza , già una volta tentato nel precedente mese di dicembre e non riuscito (circostanza pacifica) ‘ (p. 14). A dissipare ogni dubbio, si puntualizza, poco dopo (p. 15, ancora neretto in originale), che la Romeo Gestioni s.p.aRAGIONE_SOCIALE ‘ non doveva commissionare interventi di manutenzione, comportanti verosimilmente l’uso di fiamme libere, senza aver verificato il corretto funzionamento dell’impianto antincendio ‘. Per poi concludere con l’affermazione della responsabilità della Romeo Gestioni s.p.aRAGIONE_SOCIALE ‘ per aver commissionato lavori comportanti attività
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pericolose in un capannone privo dei necessari sistemi di sicurezza, con particolare riferimento al sistema antincendio ‘ (ancora, p. 15).
Emerge allora, sine ullo dubio , come la responsabilità della Romeo Gestioni s.p.a. per i danni subiti dalla Vallecchi sia stata dalla Corte territoriale ricondotta nell’alveo della generale fattispecie di responsabilità aquiliana prevista dall’art. 2043 c.c., cioè sia stata intesa non già – si ripete – come mero e presuntivo precipitato della situazione di custodia sull’immobile, bensì come conseguenza di una condotta, riscontrata in concreto, doppiamente inosservante del basilare precetto del neminem laedere . Più specificamente, i contegni serbati dalla RAGIONE_SOCIALE qualificati come colposi sono stati ravvisati: ( i ) nell’aver commissionato l’esecuzione dell’intervento riparativo, assai verosimilmente implicante l’utilizzo di fiamme libere (come tale, quindi, idoneo a determinare lo sprigionarsi di un incendio) nella consapevolezza dell’inefficienza dell’impianto antincendio (e senza prima aver adeguato lo stesso), della struttura del fabbricato e dei materiali componenti la copertura; ( ii ) nell’aver commissionato l’esecuzione di siffatto intervento – integrante, per le descritte condizioni dello stato dei luoghi, lavorazione pericolosa – senza aver verificato che l’appaltatore si fosse attrezzato della strumentazione necessaria a garantire l’esecuzione del lavoro in totale sicurezza. A fondamento del giudizio di condanna emesso a carico della Romeo Gestioni s.p.a . vi è, dunque, la valutazione sull’esistenza di una colpa in concreto (aver disposto lo svolgimento di un’attività pericolosa che si aveva il potere o il dovere di inibire): e a tale apprezzamento non reca critica precisa, puntuale, specifica la (pur estesa) doglianza sviluppata dalla ricorrente,
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tutta incentrata sulla non operatività nella vicenda dell’ipotesi di responsabilità regolata dall’art. 2051 c.c. Il motivo è, pertanto, inammissibile.
6.1 -Così individuata la ragione giustificativa della responsabilità extracontrattuale e della condanna risarcitoria inflitta alla Romeo Gestioni s.p.a., eccentriche e non pertinenti rispetto ad essa si profilano le questioni poste a supporto di altri motivi di gravame proposti dalla stessa Romeo e da UnipolSai, concernenti – pur con differenti sfumature argomentative – la supposta trasgressione degli artt. 2049 e 1655 c.c. nonché, in senso più ampio, le situazioni soggettive nascenti dal contratto di appalto intercorso tra la Romeo e la ditta COGNOME, ovvero diritti ed obblighi di committente ed appaltatore, dovere di vigilanza del primo, ingerenza di questi nel modus di esecuzione dell’opera e pienezza di autonomia operativa del secondo. Pertanto – e più specificamente vanno dichiarati inammissibili per difetto di decisività: il secondo motivo del ricorso incidentale della Romeo Gestioni s.p.a. ( supra , par. 1.5); nonché il primo motivo del ricorso incidentale di UnipolSai Assicurazioni s.p.a. ( supra , par. 1.12).
7.1 -Nell’ordine logico, va adesso esaminato il secondo motivo del ricorso incidentale di UnipolSai Assicurazioni s.p.a. Esso è inammissibile, in quanto formulato in maniera non conforme alle prescrizioni di contenuto-forma stabilite dall’art. 366, primo comma, nn. 3 e 6, c.p.c.
L’argomentazione svolta dall’impugnante è strutturata intorno alle previsioni di una polizza globale fabbricato, in thesi tali da escludere la legittimazione alla domanda di manleva della Romeo Gestioni s.p.a . Il rispetto dell’art. 366, primo comma, n. 6, c.p.c., però, imponeva alla ricorrente di rappresentare nel mezzo (unica sedes a tal fine considerabile, non rilevando invece la memoria
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illustrativa, avente, quale scopo tipico, la puntualizzazione degli argomenti già sviluppati) il regolamento di interessi operato con tale polizza (o, meglio, lo specifico tenore delle clausole contrattuali all’uopo rilevanti), riproduce ndone in via diretta – sia pure per stralci essenziali, ma in maniera comunque adeguata a consentirne una sufficiente cognizione – il contenuto, oppure riproducendolo in via indiretta, con precisazione chiara della parte del documento corrispondente alla stessa riproduzione. Sotto entrambi i profili, il mezzo in esame è gravemente deficitario : oltre alla mancata trascrizione dell’art. 40 delle condizioni generali di assicurazione, il richiamo al documento assicurativo è compiuto in modo frammentario se non addirittura confuso, sovrapponendo, con difficile intellegibilità, riferimenti alle due sezioni di cui si postula essere composta la polizza intercorsa tra la ricorrente e la Romeo.
D’altro canto, quale ulteriore fattore di inammissibilità del motivo sempre ai sensi dell’art. 366 , primo comma, n. 6, c.p.c., circa la menzionata polizza assicurativa, parte impugnante non assolve l’onere, a suo car ico gravante, della c.d. localizzazione, cioè non offre alcuna indicazione circa la loro collocazione nel fascicolo di ufficio e, soprattutto, circa la loro produzione o acquisizione nel giudizio di legittimità (cfr. Cass., Sez. Un., n. 8950/2022; Cass., Sez. Un., n. 34469/2019).
Soltanto per completezza di esposizione, non può sottacersi come impropria e non pertinente rispetto al contenuto del motivo sia la evocazione delle disposizioni asseritamente inosservate. Per monolitico indirizzo ermeneutico di questa Corte, abilita infatti la proposizione dell’impugnazione di legittimità la violazione:
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( i ) dell’art. 115 c.p.c. qualora il giudice, in espressa o implicita contraddizione con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove inesistenti o mai acquisite in giudizio oppure non introdotte dalle parti ma disposte di propria iniziativa fuori dai poteri istruttori officiosi riconosciutigli (tra le tantissime, muovendo da Cass., n. 11892 del 2016, si vedano: Cass. n. 12971/2022; Cass. n. 6774/2022; Cass., Sez. Un., n. 20867/2020; Cass. n. 26769/2018);
( ii ) dell’art. 116 c.p.c., invece, allorquando si deduca che il giudice di merito abbia disatteso il principio del libero apprezzamento delle prove in assenza di una deroga normativamente prevista ovvero, all’opposto, abbia valutato secondo prudente apprezzamento una prova o una risultanza probatoria soggetta a diverso regime (Cass., Sez. Un., n. 20867/2020, cit.; Cass. n. 18092/2020; Cass. n. 7618/2019; e già Cass. n. 11892/2016).
I richiamati principi rendono palesemente inconferent e l’evocazione delle citate norme a fondamento della doglianza in esame, per ciò solo ulteriormente inammissibile.
8.1 -Può adesso scrutinarsi il subordinato terzo motivo del ricorso incidentale di Romeo Gestioni, che è infondato.
La Corte fiorentina ha affermato che, una volta accertata l’operatività della polizza a primo rischio, il cui massimale è di importo di gran lunga superiore ( ‘vecchie’ L. 5 mld.) al danno riconosciuto in favore della COGNOME (per il quale, appunto, la Romeo ha diritto di manleva dalla propria Compagnia assicuratrice), non v ‘è ‘ interesse attuale ‘ ad invocare la polizza a secondo rischio da parte
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dell’assicurata, ‘ in quanto il sinistro in oggetto risulta già coperto da altra polizza a primo rischio, che esclude l’operatività della polizza a secondo rischio ‘ (p. 20). Contrariamente all’assunto dell’assicurata, l a statuizione si palesa corretta, perché è stata ritenuta la carenza di interesse all’accertamento del modo di essere della polizza, in mancanza di una domanda volta al relativo accertamento al di là di quanto necessario per giustificare la pretesa di manleva. Avendo la Corte territoriale ravvisato a monte che, ratione valoris , comunque non ricorrevano le condizioni per attivare la polizza a secondo rischio, ne è disceso, quale naturale corollario, il riscontro della carenza d’interesse alla decisione. Solo se Romeo Gestioni avesse proposto domanda di accertamento del modo di essere della polizza, il relativo accertamento avrebbe dovuto comunque effettuarsi.
Non solo: la sentenza (p. 20, seconda proposizione), afferma che ‘ Neppure possono rilevare eventuali ulteriori condanne a carico di Romeo Gestioni, nessuna delle quali passate in giudicato e delle quali in questa sede non può aversi alcuna certezza ‘ . Di fronte a questa chiara affermazione, nulla osserva in via diretta la Romeo, sicché essa può dirsi non censurata. Per di più, nel ricorso (pp. 51-52) si fa un elenco di altre pendenze che giustificherebbero la rilevanza della polizza a secondo rischio, affermandosi che la conoscenza di tale complessivo contenzioso sarebbe ‘ pacifica tra le parti ed è ben nota ai Giudici di merito di Firenze e … all’Ecc.ma Corte di Cassazione ‘ , con un rinvio in nota. Tale modalità esplicativa – a parte l’anomala connotazione di un simile fatto ‘notorio’ -non costituisce però una adeguata censura, e neanche adeguatamente
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contraddice la motivazione della sentenza, neppure essendosi precisato se e dove le vicende indicate erano state dedotte nel giudizio di merito.
9.1 -Deve infine delibarsi il ricorso incidentale de RAGIONE_SOCIALE
Il primo motivo è inammissibile, in quanto non si confronta con la ratio decidendi della sentenza gravata.
In quest’ultima, invero, la responsabilità della ricorrente incidentale è stata dichiaratamente affermata ex recepto , ovvero quale depositaria delle merci, tenuta in tale veste – e con la diligenza del buon padre di famiglia, a mente dell’art. 1768 c.c. all’adozione dei mezzi idonei a preservare l’integrità dei beni custoditi. Così, infatti, statuisce la Corte fiorentina (neretto nell’originale) : ‘ la responsabilità della cooperativa risiede soprattutto nella circostanza di aver depositato nel magazzino troppa merce, concausa delle vastissime proporzioni assunte dall’incendio, giacché l’eccessiva altezza degli scaffali (secondo il CTU Borgheresi i 3/7 della merce erano in eccesso) inibiva il funzionamento dell’impianto antincendio cd. splinker, il quale era entrato in funzione soltanto manualmente e che comunque non avrebbe potuto assolvere adeguatamente la funzione per la quale era stato progettato (isolamento della zona incendiata a mezzo del cd. ombrello di acqua) per l’eccessiva altezza delle scaffalature su cui era posizionata la merce in deposito. Tali circostanze, addebitabili interamente al soggetto che aveva in uso l’immobile, hanno rappresentato altrettanti fattori causali che hanno contribuito alla verificazione dell’incendio, di vasta portata e dimensioni ‘ .
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Nessuna responsabilità risulta ascritta alla ricorrente in forza del contratto di affitto di azienda da essa stipulato con la SITA Firenze: sicché non conferenti si appalesano le deduzioni in ordine alla corretta interpretazione ed applicazione delle disposizioni di legge e delle clausole pattizie (peraltro, in spregio al principio di autosufficienza, nemmeno riportate in ricorso) regolanti detto affitto di azienda. A ciò, comunque, aggiungasi – ma soltanto per completezza – il rilievo della manifesta infon datezza dell’assunto sostenuto, in ragione della inopponibilità al terzo danneggiato di (eventuali) convenzioni negoziali disciplinanti un riparto di responsabilità tra i contraenti, in virtù del principio di relatività dei contratti (art. 1379 c.c.).
9.2 -Il secondo motivo del ricorso incidentale de RAGIONE_SOCIALE è infondato.
Il titolo di responsabilità individuato dal giudice territoriale a carico della società cooperativa, nel precedente paragrafo illustrato, concerne l’inosservanza di un obbligo tipicamente relativo al depositario, ovvero, più specificamente, aver attrezzato il locale adibito a conservazione dei beni in maniera inadeguata a fronteggiare l’evenienza di un incendio: si tratta, dunque, di inadempimento del rapporto ex contractu corrente con il depositante la merce, poi danneggiato, RAGIONE_SOCIALE Del tutto impropria e non invocabile risulta, pertanto, la fattispecie esoneratrice di responsabilità contemplata dall’art. 1780 c.c.
Né può fondatamente dirsi che, se non vi fossero state le condotte commissive di COGNOME e omissive di Romeo Gestioni s.p.a., La Formica avrebbe potuto continuare a conservare e custodire il capannone con la adeguata diligenza del buon padre di famiglia, perché è proprio la negligenza ex se , accertata al riguardo dal giudice territoriale, ad attribuire autonoma rilevanza causale
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all’operato ( lato sensu inteso) di COGNOME, come appunto espressamente affermato a p. 16 della sentenza.
9.3 Il terzo motivo del ricorso incidentale in esame è inammissibile.
La censura prospetta, in buona sostanza, la nullità dell’elaborato peritale officioso depositato nel primo grado del giudizio poiché basato, quanto all’accertamento di due circostanze (la quantità di merce stivata e l’altezza degli scaffali), su documento estraneo alla controversia (la relazione del procedimento di ATP), ad avviso della ricorrente acquisito contra legem . Si versa allora, secondo il canone discretivo elaborato in funzione nomofilattica da questa Corte (Cass., Sez. Un., n. 3086/2022) in una (astratta) ipotesi di nullità relativa, governata dalla regola posta dall’art. 157, secondo comma, c.p.c.: sicché detto vizio doveva costituire oggetto di una tempestiva eccezione della parte interessata, da sollevare con la prima difesa o istanza successiva al deposito dell’elaborato, doveva essere ribadito all’atto della precisazione delle conclusioni di tale giudizio e doveva, infine, essere dedotto come motivo di appello; ed impregiudicata la verifica di un concreto pregiudizio quale conseguenza della lamentata nullità.
Del compimento delle attività processuali testé descritte la parte qui ricorrente non ha tuttavia riferito o dato conto, sicché le doglianze sulla correttezza dell’accertamento compiuto dal CTU non sono sic et simpliciter rivolgibili a questa Corte: ed anzi, non riscontrandosi traccia nella sentenza gravata (pur analiticamente riportante i motivi del gravame interposto dalla società cooperativa), la questione si profila come nuova, ovvero formulata per la prima volta in sede di legittimità, il che concreta ulteriore causa di inammissibilità del
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motivo (cfr. Cass. n. 2887/2024; Cass. n. 33925/2022; Cass. n. 2193/2020; Cass. n. 20712/2018; Cass. n. 14477/2018).
Ancora una volta soltanto per dovere di nomofilachia, si evidenzia comunque l’infondatezza della tesi dell’impugnante, per essere pienamente legittima l’acquisizione, ad opera del consulente tecnico di ufficio, di atti di un altro giudizio, purché sottoposti al contraddittorio tra le parti, messe in condizione di esaminare i documenti e controdedurre (Cass. n. 17916/2022): circostanza, quest’ultima, pacifica nel caso.
9.4 -Il quarto motivo è del pari inammissibile.
La censura, anzitutto, non riporta, neppure sommariamente, il contenuto del motivo d’appello al tempo proposto dalla società cooperativa sul punto, sicché il mezzo non rispetta il disposto dell’art. 366, primo comma, n. 6, c.p.c. (nel testo applicabile ratione temporis ), che com’è noto costituisce il precipitato normativo del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione. Tanto non consente di valutare, dalla mera lettura del mezzo, la potenziale decisività della censura, donde l’inammissibilità.
Il mezzo, poi, si rivela inammissibile là dove solleva la questione della pretesa nullità della CTU di primo grado, per aver i consulenti acquisito motu proprio documenti che, invece, avrebbero dovuto essere prodotti dalla danneggiata: sul punto, è sufficiente rinviare, per brevità, a quanto osservato nel paragrafo precedente circa le modalità di rilievo delle nullità relative della relazione di CTU. Il motivo, poi, difetta anche di specificità, perché, pur invocandosi la limitata portata probatoria delle scritture contabili dell’imprenditore, a norma dell’art. 2709 c.c. -e fermo restando che, in ogni caso, dalle scritture contabili ben
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possono trarsi elementi presuntivi (v. Cass. n. 28217/2023) -non si precisa analiticamente in cosa l’illegittimo o non consentito utilizzo delle stesse (neppure partitamente indicate) sia consistito, rispetto alla finale valutazione del danno, donde l’inammissibilità anche per tal verso.
Praticamente incomprensibile, infine, si rivela l’oscura censura sulla pretesa anomalia motivazionale, giacché -non essendosi riprodotti i relativi passaggi della motivazione criticata, o almeno riassunti nei loro snodi essenziali -non è possibile nemmeno valutare la potenziale decisività del mezzo, né coglierne la pretesa contraddittorietà, ancora in violazione dell’art. 366, primo comma, n. 6, c.p.c. (nel testo applicabile ratione temporis ).
9.5 -Il quinto motivo dell’incidentale in esame, infine, è fondato, nei limiti di cui appresso.
Dopo aver statuito sul merito delle impugnazioni, la Corte territoriale ha correttamente rilevato che occorreva procedere ad un nuovo regolamento delle spese processuali, tenendo conto del complessivo esito della lite ai fini della valutazione di soccombenza. Dunque -per quanto qui specificamente interessa -condannò La Formica alla rifusione delle spese del grado d’appello in favore di HDI, UnipolSai, INPS e Romeo Gestioni, senza esplicitare le ragioni; pertanto, è da ritenere che la Corte fiorentina tanto abbia disposto in quanto le predette entità erano state evocate nel giudizio dalla cooperativa , con l’appello principale . Ora, i niziando l’esame delle doglianze dalla contestata condanna della società cooperativa nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, occorre rilevare che RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto con il suo appello principale il riconoscimento dell’esclusiva responsabilità degli altri soggetti, fra cui la stessa RAGIONE_SOCIALE, con totale esclusione
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della propria. Tale appello non è stato accolto (essendosi accertata, come s’è visto, la corresponsabilità di NOME COGNOME, de RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE, condannate in solido al risarcimento del danno in favore della COGNOME) e dunque RAGIONE_SOCIALE è da considerare soccombente verso la Romeo, al contrario di quanto si sostiene, appunto, con la censura in esame. Non si può infatti ritenere che la condanna solidale disposta dalla Corte territoriale, in accoglimento dell’appello della COGNOME , si a riferibile anche all’appello de La Formica, come un minus rispetto all’invocata responsabilità esclusiva , proprio perché il gravame principale della predetta cooperativa mirava alla propria integrale assoluzione da ogni domanda, in riforma della sentenza di primo grado. La censura in esame è, dunque, infondata.
Venendo alla condanna in favore di HDI, occorre rilevare che, anche se La Formica è rimasta soccombente nei confronti di NOME nel giudizio d’appello , la chiamata in causa che quest’ultima operò verso la propria assicuratrice HDI non venne determinata dalla condotta processuale de La Formica, ma dall’azione esercitata dalla COGNOME contro la stessa Romeo. Ne segue che la causazione della chiamata, non essendo imputabile a La Formica, a torto è stata considerata come giustificativa, appunto sul piano della causalità, del carico delle spese di HDI su La Formica. Del resto, la citazione in appello di tutti i soggetti che avevano partecipato, a vario titolo, al giudizio di primo grado, operata dall’appellante principale La Formica, era senz’altro necessitata, se non altro per la indubbia sussistenza di un litisconsorzio necessario processuale tra le parti stesse.
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Ne discende che la condanna di La Formica in favore di HDI deve essere caducata, con la cassazione del relativo capo decisorio senza rinvio, ai sensi dell’art. 382, terzo comma, c.p.c. , giacché una simile domanda non poteva essere proposta dalla stessa HDI, né la condanna avrebbe comunque potuto disporsi officiosamente dal giudice d’appello.
Quanto appena osservato vale anche per la censura relativa alla condanna di La Formica alle spese in favore di UnipolSai: anche in tal caso la causazione della chiamata fu addebitabile all ‘azione dell a COGNOME nei confronti della Romeo Gestioni, e non a La Formica. Anche il relativo capo decisorio è dunque cassato senza rinvio.
Infine, lo stesso può dirsi con riguardo alla condanna alle spese d’appello d i RAGIONE_SOCIALE nei confronti dell’INPS, quale successore dell’INPDAP. Quest’ultimo ente, infatti, venne evocato in giudizio direttamente dalla danneggiata COGNOME, sicché anche in tal caso non può riscontrarsi alcuna causalità nel rapporto con RAGIONE_SOCIALE. Anche il relativo capo della decisione, pertanto, è cassato senza rinvio.
10.1 In definitiva, è inammissibile il ricorso principale di RAGIONE_SOCIALE; sono inammissibili i primi due motivi del ricorso incidentale di Romeo Gestioni s.p.a., mentre il terzo è infondato; è inammissibile il ricorso incidentale di UnipolSai s.p.a.; sono inammissibili il primo, il terzo e il quarto motivo del ricorso incidentale de RAGIONE_SOCIALE, mentre il secondo è infondato e il quinto è accolto, per quanto di ragione; la sentenza impugnata è dunque cassata in relazione, senza rinvio.
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10.2 -Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza di HDI nei confronti di INPS e del Fallimento Vallecchi; di Romeo Gestioni nei confronti di INPS e del Fallimento Vallecchi; di La Formica nei confronti del Fallimento Vallecchi; di HDI, UnipolSai e INPS nei confronti di La Formica; di UnipolSai nei confronti del Fallimento RAGIONE_SOCIALE e di Romeo Gestioni. Le spese vanno invece compensate, stante la reciproca soccombenza, nei rapporti tra HDI e Romeo Gestioni, n onché tra quest’ultima e RAGIONE_SOCIALE. Nulla va disposto in relazione ai rapporti processuali con la fallita RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME, che non hanno svolto difese. Inoltre, per quanto rimasta vittoriosa rispetto all’impugnazione incidentale di UnipolSai, non possono riconoscersi le relative spese del presente giudizio in favore di RAGIONE_SOCIALE, che non ha resistito al ricorso incidentale con distinto controricorso; né, comunque, ha contrastato le ragioni della detta impugnazione con la memoria ex art. 380bis 1 c.p.c. (nel qual caso, peraltro, essa sarebbe stata inammissibile in parte qua ).
Infine, occorre precisare che la liquidazione dei compensi viene effettuata avuto riguardo al valore della lite (€ 672.115 ,00), ad eccezione di quella disposta in favore di La Formica, giacché per essa il valore va rapportato ai capi condannatori delle sole spese del grado d’appello (€ 16.000,00 per ciascuna parte vittoriosa).
In relazione alla data di proposizione dei ricorsi di RAGIONE_SOCIALE di Romeo Gestioni s.p.a. e di UnipolSai s.p.a. (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P. Q. M.
la Corte dichiara inammissibili il ricorso principale di RAGIONE_SOCIALE e il ricorso incidentale di UnipolSai Assicurazioni s.p.a.; rigetta il ricorso incidentale di Romeo Gestioni s.p.a.; accoglie, per quanto di ragione, il quinto motivo del ricorso incidentale di RAGIONE_SOCIALE e rigetta nel resto; cassa la sentenza impugnata in relazione, senza rinvio.
Condanna RAGIONE_SOCIALE alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore di INPS, liquidate in € 5.500,00 per compensi, ed in favore del RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in misura pari ad € 8.000,00 per compensi; condanna Romeo Gestioni s.p.a. alla rifusione delle spese in favore di INPS, liquidate in € 5.500,00 per compensi, ed in favore del RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in misura pari ad € 8.000,00 per compensi; condanna RAGIONE_SOCIALE alla rifusione delle spese in favore del RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in misura pari ad € 8.000,00 per compensi; condanna RAGIONE_SOCIALE, UnipolSai Assicurazioni s.p.a. e INPS alla rifusione delle spese nei confronti di La Formica s.c. a r.l. in misura pari, pe r ciascuna, ad € 3.200,00 per compensi; condanna UnipolSai Assicurazioni s.p.a. alla rifusione delle spese in favore del RAGIONE_SOCIALE.lRAGIONE_SOCIALE in liquidazione, nonché di Romeo Gestioni s.p.a., in misura pari, per ciascuna, ad € 8.000,00 per compensi ; il tutto, oltre (per ciascuna condanna) € 200,00 per esborsi, rimborso forfetario spese generali in misura del 15%, oltre accessori di legge. Compensa le spese del giudizio di legittimità tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE sRAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE nonché tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
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Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti RAGIONE_SOCIALE Romeo Gestioni s.p.a. e UnipolSai Assicurazioni s.p.a., al competente ufficio di merito, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per i rispettivi ricorsi, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, in data 28.5.2025