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Responsabilità dei soci: quando rispondono dei danni?

La Corte di Cassazione chiarisce i confini della responsabilità dei soci di S.r.l. in caso di perdite aziendali. Nel caso esaminato, i soci hanno intenzionalmente ritardato la messa in liquidazione di una società in grave perdita per tentare di cedere le proprie quote, aggravando il danno. La Corte ha confermato la loro condanna, stabilendo che la responsabilità dei soci scatta quando decidono o autorizzano ‘intenzionalmente’ atti gestori dannosi, anche se detentori di quote di minoranza e anche attraverso condotte omissive ma consapevoli.

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Responsabilità dei soci: Quando la decisione di attendere costa cara

Nelle società a responsabilità limitata (S.r.l.), uno dei principi cardine è la separazione tra il patrimonio della società e quello personale dei soci. Tuttavia, questa barriera non è invalicabile. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione illumina i casi in cui la responsabilità dei soci emerge con forza, rendendoli solidalmente responsabili con gli amministratori per i danni causati. La pronuncia analizza la condotta di soci che, di fronte a perdite tali da azzerare il capitale sociale, hanno intenzionalmente ritardato la messa in liquidazione, aggravando la situazione patrimoniale della società.

I fatti del caso

Una società S.r.l. si trovava in una situazione finanziaria critica, con perdite che avevano completamente eroso il capitale sociale. In base alla legge, di fronte a una tale circostanza, l’assemblea dei soci avrebbe dovuto deliberare senza indugio la ricapitalizzazione, la trasformazione o lo scioglimento della società. Invece, i soci, perfettamente consapevoli della grave perdita, hanno deciso di procrastinare ogni decisione, rinviando la delibera di messa in liquidazione per quasi un anno. La loro speranza era quella di riuscire a cedere le proprie quote prima del tracollo definitivo, evitando così di subire personalmente le conseguenze del fallimento. Questa inerzia, tuttavia, non ha fatto altro che aggravare il dissesto finanziario, causando ulteriori danni alla società e ai suoi creditori. Il fallimento della società ha quindi agito in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni non solo dagli amministratori, ma anche dai soci.

La decisione della Corte e la responsabilità dei soci

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito, rigettando il ricorso dei soci e affermando la loro piena responsabilità. Il fulcro della decisione si basa sull’interpretazione dell’articolo 2476, comma 8, del codice civile, che estende la responsabilità degli amministratori a “i soci che hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi”.

Cosa significa decidere “intenzionalmente”?

La Corte ha chiarito un punto cruciale: l’avverbio “intenzionalmente” non si riferisce alla volontà di causare il danno (dolo di danno), ma alla consapevolezza e volontà di compiere l’atto di gestione che poi si rivela dannoso. I soci erano responsabili non perché volessero danneggiare la società, ma perché hanno scientemente deciso di proseguire l’attività d’impresa e di ritardare la liquidazione, pur sapendo che questa condotta era contraria ai doveri imposti dalla legge in caso di perdita del capitale. La loro intenzione era quella di perseguire un interesse personale (vendere le quote) a discapito di quello sociale.

La responsabilità dei soci di minoranza

Un altro aspetto rilevante è che la Corte ha ritenuto irrilevante il fatto che alcuni dei soci condannati detenessero quote di minoranza. La responsabilità, in questo contesto, non dipende dal “peso” della partecipazione societaria, ma dalla partecipazione alla condotta dannosa. Poiché le decisioni di rinvio erano state prese all’unanimità, tutti i soci che avevano aderito a questa strategia attendista sono stati considerati corresponsabili. La volontarietà della condotta supera e assorbe la misura del contributo del singolo socio.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sull’idea che la condotta dei soci non può essere considerata una mera inerzia, ma una precisa scelta gestoria. Proseguire l’attività di un’impresa decotta, priva di liquidità e patrimonio, costituisce un atto di gestione dannoso. I soci, decidendo di non sciogliere la società, hanno di fatto “autorizzato” gli amministratori a continuare a operare in una situazione di illegalità, aggravando le perdite. La Corte ha sottolineato come la responsabilità dei soci non si limiti a un’ingerenza attiva formalizzata, ma possa derivare anche da condotte che, pur apparendo omissive (come il non deliberare lo scioglimento), sono in realtà il frutto di una precisa e consapevole determinazione volta a influenzare la gestione aziendale. L’intento di cedere le quote prima della liquidazione è stata la prova chiave della loro consapevolezza e della finalità egoistica della loro condotta.

Conclusioni

Questa ordinanza rappresenta un monito importante per i soci di S.r.l. Il principio della responsabilità limitata non è uno scudo assoluto dietro cui nascondersi per prendere o avallare decisioni gestionali dannose. Quando i soci, superando il loro ruolo di mero apporto di capitale, intervengono o influenzano intenzionalmente le scelte gestionali in violazione della legge o degli obblighi di corretta amministrazione, possono essere chiamati a rispondere personalmente e illimitatamente dei danni causati. La decisione chiarisce che anche l’inerzia, se consapevole e finalizzata a scopi extrasociali, può configurare quella “decisione intenzionale” che fa scattare la responsabilità dei soci solidale con quella degli amministratori.

Quando un socio di S.r.l. è responsabile per i danni causati alla società insieme agli amministratori?
Un socio di S.r.l. è solidalmente responsabile con gli amministratori quando, ai sensi dell’art. 2476, comma 8, c.c., ha ‘intenzionalmente deciso o autorizzato’ il compimento di atti di gestione che si sono rivelati dannosi per la società, per altri soci o per i creditori.

Cosa significa che i soci hanno agito ‘intenzionalmente’ ai fini della loro responsabilità?
Significa che i soci hanno agito con la coscienza e la volontà di decidere o autorizzare un determinato atto di gestione (nel caso di specie, la prosecuzione dell’attività nonostante l’azzeramento del capitale), essendo consapevoli della sua antigiuridicità o della sua potenzialità dannosa. Non è necessario che avessero l’intenzione specifica di causare il danno finale (dolo di danno).

Anche i soci titolari di quote di minoranza possono essere ritenuti responsabili?
Sì. La Corte ha stabilito che la responsabilità ricade su tutti i soci che hanno aderito e contribuito alla condotta dannosa, a prescindere dall’entità della loro partecipazione. Se la decisione dannosa è stata presa all’unisono, anche i soci di minoranza che hanno votato a favore sono considerati pienamente responsabili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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