Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 13127 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 13127 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 17/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 24229/2021 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (c.f. NUMERO_DOCUMENTO, con sede in Ancona, in persona del legale rappresentante NOME COGNOME ra ppresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME per procura in atti.
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (P. Iva P_IVA), in persona del legale rappresentante pro tempore il curatore fallimentare dott. NOME COGNOME rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al controricorso, da ll’ Avvocato NOME COGNOME.
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Ancona, depositata in data 10.2.2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/4/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Ancona, decidendo sull’appello proposto dalla curatela del Fallimento RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE ha accolto il gravame e, in riforma della sentenza impugnata, ha dichiarato l’inefficacia delle cessioni di credito oggetto della domanda ex art. 64 l. fall. ed ha condannato la RAGIONE_SOCIALE a corrispondere alla curatela fallimentare la somma di euro 698.693,73, oltre interessi.
La corte del merito ha ricordato e ritenuto che: (i) il Tribunale aveva rigettato la domanda della curatela fallimentare volta alla dichiarazione di inefficacia delle cessioni dei crediti a titolo gratuito effettuate dalla RAGIONE_SOCIALE -poi divenuta RAGIONE_SOCIALE -a favore della RAGIONE_SOCIALE dalla quale si era successivamente scissa la RAGIONE_SOCIALE, convenuta nel giudizio ex art. 64 l. fall. da ultimo; (ii) il motivo in ordine alla censura relativa all’affermata carenza di legittimazione passiva della Fly, ovvero del contestato difetto di titolarità passiva del rapporto, era fondato, in quanto, come eccepito dalla curatela fallimentare, la RAGIONE_SOCIALE doveva rispondere, quale beneficiaria in sede di scissione del 42,61% del patrimonio della RAGIONE_SOCIALE, dell’importo di euro 698.693,73 (in quanto le cessioni gratuite ammontavano complessivamente ad euro 1.639.741,21); (iii) non vi era invero contestazione in ordine all’ammontare complessivo delle cessioni (euro 1.639.741,21), all ‘ individuazione del cedente (RAGIONE_SOCIALE, poi divenuta RAGIONE_SOCIALE) e del cessionario (RAGIONE_SOCIALE) e all ‘inserimento delle cessioni stesse nell’arco temporale previsto dall’art. 64 l. fall.; (iv) altrettanto pacifica doveva essere considerata la natura gratuita di queste cessioni; (v) dal progetto di scissione risultava che, oltre all’immobile strumentale e a l terreno pertinenziale siti nel Comune di Ancona, ‘gli elementi patrimoniali attivi e passivi che ver ranno assegnati alla società beneficiaria sono quelli del ramo di azienda relativo alla amministrazione, valorizzazione e godimento degli immobili della componente immobiliare del patrimonio sociale’; (vi) risultava infatti che, rispetto ad un patrimonio netto ante scissione di euro 7.092.239,04, l’importo così trasferito, come da progetto, ammontava ad euro 3.021.915,98 ed era pertanto pari al 42,61% del patrimonio iniziale; (vii) dall’esame del progetto di scissione non risultava
che l’attivo di cui alle cessioni del crediti (oggetto dell’azione ex art. 64 l. fall.) fosse stato trasferito alla Fly né si ricavava che tali cessioni avessero a che vedere con ‘l’amministrazione, valorizzazione e godimento degli immobili della componente immobiliare del patrimonio sociale’; (viii) tuttavia, secondo la giurisprudenza di legittimità (v. Cass. 4455/2016) , l’art. 2504 decies, comma 2, cod. civ., come oggi l’art. 2506 quater c.c., terzo comma, prevedono che, nel caso di scissione, ciascuna società è solidalmente responsabile, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa assegnato o rimasto, dei debiti della società scissa non soddisfatti dalla società cui essi fanno carico, con la conseguenza che la normativa in esame risultava controversa sia nella parte in cui prevede che la società scissa risponde dei crediti non soddisfatti dalla società cui fanno carico, sia nella parte in cui limita la responsabilità solidale di ciascuna società al valore effettivo al patrimonio netto ad esso assegnato o rimasto; (ix) in relazione al primo profilo è ragionevole escludere che la norma abbia riconosciuto un beneficio di previa escussione, perché, nei casi in cui esso è previsto, tale beneficio è sempre relativo al patrimonio ovvero al debitore da sottoporre ad esecuzione forzata, mentre la norma sopra riportata presuppone solo che i crediti da far valere siano rimasti insoddisfatti, con la conseguenza che la detta normativa configura un beneficium ordinis che presuppone solo la costituzione in mora del debitore; (x) tuttavia nel caso di specie il beneficium ordinis rappresentava un ‘eccezione che l’appellata non aveva proposto; (xi) anche l’ulteriore difesa dell’appellata – secondo cui i crediti oggetto di cessione non sarebbero stati da lei riscossi – integrava altra circostanza ininfluente in quanto il riferimento avrebbe dovuto semmai riguardare RAGIONE_SOCIALE (la società scissa) e comunque era rimasta sfornita di prova; (xii) da ciò conseguiva pertanto la condanna della Fly a corrispondere alla curatela la somma di euro 698.693,73, pari al 42,61% del valore delle cessioni gratuite che complessivamente ammontavano ad euro 1.639.741,21, oltre interessi dal saldo alla domanda.
2. La sentenza, pubblicata il 10.2.2021, è stata impugnata da RAGIONE_SOCIALE con ricorso per cassazione, affidato a sette motivi, cui il RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
La società ricorrente ha depositato memoria.
È stata disposta la riconvocazione della camera di consiglio in data 7.5.2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la società ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 64 l. fall., sul rilievo che la Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto gratuito l’atto di cessione dei crediti oggetto di revocatoria.
1.1 La doglianza è all’evidenza inammissibile, perché la stessa risulta completamente decentrata rispetto alla ratio decidendi sulla quale poggia la sentenza qui impugnata, posto che, sul punto ora in discussione, la Corte di appello aveva ritenuto che il profilo della gratuità dell’atto neanche fosse un fatto controverso tra le parti e dunque l’ aveva considerato come pacificamente acquisito.
Ebbene, questa era la ragione decisoria posta a sostegno del provvedimento impugnato, ratio che tuttavia l’odierna ricorrente trascura di censurare nel motivo qui in esame e che viene invece censurata in modo inammissibile nel motivo che segue.
Con il secondo mezzo si deduce, infatti, violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., degli artt. 167 e 166 cod. proc. civ., per aver ritenuto non contestata la sussistenza dei presupposti applicativi previsti da ll’art. 64 l. fall.
2.1 Anche la seconda doglianza è inammissibile in ragione della sua generica formulazione.
Sul punto giova ricordare che, secondo i principi espressi da questa Corte di legittimità, ai fini del rispetto del principio di autosufficienza, il ricorso per cassazione con cui viene dedotta la violazione del principio di non contestazione deve indicare sia la sede processuale in cui sono state dedotte le tesi ribadite o lamentate come disattese, inserendo nell’atto la trascrizione dei relativi passaggi argomentativi, sia, specificamente, il contenuto della comparsa di risposta avversaria e degli ulteriori scritti difensivi, in modo da consentire alla Corte di valutare la sussistenza dei presupposti per la corretta applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ. (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 15058 del 29/05/2024).
Ciò posto, occorre subito rilevare come la parte ricorrente non abbia in alcun modo riportato i passaggi argomentativi contenuti nei suoi scritti difensivi, ove sarebbe stata operata la sopra riferita contestazione dei presupposti applicativi dell’azione ex art. 64 l. fall., in contraddizione pertanto a quanto invece ritenuto per non contestato dalla Corte di appello nella sentenza qui impugnata. Ed invero, la società ricorrente si è infatti limitata solo a riportare un passaggio argomentativo contenuto nel l’atto di appello proposto dalla curatela fallimentare, non consentendo in tal modo un complessivo apprezzamento del contegno processuale delle parti in ordine all’oggetto del dibattito processuale sul profilo qui da ultimo in discussione.
I due primi motivi devono pertanto essere apprezzati come inammissibili, per la loro complessiva formulazione.
Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per violazione ed errata applicazione invece dell’art. 2506 quater, comma 3, cod. civ.
3.1 Si evidenzia che la domanda attorea aveva avuto ad oggetto la declaratoria di inefficacia ex art. 64 l. fall. dei crediti ceduti dalla IRP alla VGS Immobiliare s.r.l. ed aveva come presupposto fattuale la successione della RAGIONE_SOCIALE nei rapporti di cessione del credito predetto, con conseguente richiesta di restituzione di quota dei crediti ovvero dell’equivalente riscosso. Aggiunge la parte ricorrente che non era stato tuttavia dimostrato proprio il presupposto della successione della RAGIONE_SOCIALE nei rapporti di cessione di credito, con la conseguente illegittima sua condanna in relazione ad una responsabilità solidale ex art. 2506 quater, 3 comma, cod. civ., che tuttavia nel caso di specie non poteva essere configurata e che non aveva comunque alcuna attinenza con l a previsione dell’art. 64 l. fall. Aggiunge che dalla dichiarazione di inefficacia, peraltro a carico di RAGIONE_SOCIALE, avrebbe potuto conseguire solo il recupero della titolarità del credito verso i terzi da parte della curatela fallimentare, con l’ulteriore inevitabile conseguenza che ciò non avrebbe determinato l’insorgenza di un ‘debito’ della società scissa, del quale dovesse solidalmente rispondere pro quota la società beneficiaria della scissione.
Il quarto mezzo denuncia invece ‘errata interpretazione e/o applicazione dell’art 112 c.p.c.’ , sul rilievo che la pronuncia ultrapetita era intervenuta in quanto sarebbero state poste a suo carico obbligazioni che non erano state poste nemmeno a carico di RAGIONE_SOCIALE
La ricorrente propone inoltre un quinto motivo con il quale deduce ai sensi dell’ art. 360, 1° co n. 4 c.p.c., ‘ difetto totale di motivazione in ordine alla condanna della RAGIONE_SOCIALE, integrante anche pronuncia ultra petita. Violazione degli artt. 111 Cost., 132, 2° co, n. 4 c.p.c. e 112 c.p.c. in subordine art. 360 1° co. n. 5 c.p.c.: omesso esame di un punto decisivo ‘.
5.1 Evidenzia, cioè, la ricorrente la totale assenza di motivazione in ordine alla ragione per cui NOME era stata condannata a corrispondere – in conseguenza della dichiarazione di inefficacia della cessione di credito (domanda nei cui confronti non aveva nemmeno legittimazione sostanziale) -l’importo di €. 698.693,73.
Il sesto mezzo denuncia, sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., vizio di ‘erronea interpretazione e/o applicazione dell’art. 2506 quater, co. 3. c.p.c ‘ , sul rilievo che la corretta interpretazione ed applicazione della norma da ultimo citata avrebbe richiesto che – per rintracciare una responsabilità solidale della società beneficiaria per un debito della scissa – occorresse dimostrare l’esistenza di un debito della scissa, accertamento che tuttavia nel caso di specie mancava.
Il settimo motivo denuncia, ai sensi dell’art. ‘ 1° cpo. n. 3 c.p.c. e/o 360 n. 4 c.p.c .’, ‘ errata interp retazione e/o applicazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 64 l.f. e all’art. 2506’.
7.1 I motivi compresi tra il terzo ed il settimo – che possono essere esaminati congiuntamente – sono fondati, nei termini qui di seguito precisati.
Come correttamente denunciato dalla società ricorrente, il provvedimento impugnato – che vorrebbe costruire, in realtà, la responsabilità solidale della società beneficiaria della scissione parziale , ai sensi dell’art. 2506 quater, 3° comma, c.c., sulla base della sola enunciazione dell’inefficacia ex art. 64 l. fall. dell’atto di cessione dei crediti tra la società poi fallita e la società scissa -incorre in un insuperabile vulnus argomentativo, che ridonda anche nella falsa applicazione del predetto art. 2506 quater, terzo comma, c.c., laddove
lo stesso provvedimento non spiega in termini compiuti se il debito restitutorio – nascente dalla richiesta dichiarazione di inefficacia ex art. 64 l. fall. dell’atto di cessione dei crediti tra la società cedente, poi dichiarata fallita, e la società cessionaria (poi oggetto della scissione societaria) – sia sorto prima della scissione stessa, poiché solo questa anteriorità genetica del predetto credito restitutorio avrebbe potuto determinare l’insorgenza, ai sensi del sopra richiamato art. 2506 quater, terzo comma, c.c., dell ‘invocata responsabilità solidale della società beneficiaria della scissione per il debito della società scissa (e già cessionaria dei crediti oggetto del trasferimento denunciato come atto a titolo di gratuito), e ciò sempre comunque nei limiti del ‘valore effettivo netto ad essa assegnato’ ed in relazione al debito della società scissa non soddisfatto.
Tale necessario accertamento avrebbe dovuto presuppore anche la verifica dell’anteriorità della declaratoria di fallimento (alla cui genesi è ricondotta l’azione di inefficacia ex art. 64 l. fall.) rispetto all’atto di scissione societaria, proprio perché in ragione di tale anteriorità è possibile discernere la sussistenza dell’obbligo restit utorio come già sorto prima della scissione societaria, quale debito, cioè, che, ai sensi dell’art. 2506 quater, terzo comma, c.c., involge la responsabilità solidale, nei termini sopra chiariti, della società beneficiaria della scissione. E ciò a maggior ragione nella fattispecie concreta oggi in esame, ove non è dato comprendere dalla lettura della sentenza impugnata – la cui laconica e stringata motivazione neanche descrive, in termini di sufficiente indicazione, la complessiva vicenda processuale qui in esame quale sia stato l’esito del parallelo giudizio intrapreso dalla curatela fallimentare per la declaratoria di inefficacia degli atti di cessione dei crediti nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE, e cioè della società scissa. Si ha di ciò solo un fugace accenno nel ricorso introduttivo, nella redazione del sesto motivo, senza che si abbia neanche contezza dell’eventuale passaggio in giudicato della richiamata sentenza n. 262/2019 della Corte di appello di Ancona, in punto di definitività dell ‘accertamento di inefficacia ex art. 64 l. fall. degli atti di cessione dei crediti nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE società quest’ultima – è il
caso qui di ricordarlo – che, nel presente giudizio, non è stata invece neanche evocata.
Si impone pertanto la cassazione della sentenza impugnata, affinché la Corte di appello a quo si impegni in una nuova lettura della vicenda processuale che consenta di accertare e verificare il profilo di anteriorità genetica del credito restitutorio, nascente dalla dichiarazione di inefficacia ex art. 64 l. fall., rispetto all’atto di scissione, ingenerante l’invocata responsabilità solidale ex art. 2506 quater, 3° comma, c.c.
P.Q.M.
dichiara inammissibili i primi due motivi di ricorso; accoglie i restanti motivi nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Ancona che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 10.4.2025/7.5.2025