Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 33841 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 33841 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 21/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11481 R.G. anno 2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME e dall’avvocato NOME COGNOME , presso il quale è domiciliata;
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME COGNOME la prima rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME e il secondo in giudizio di persona ex art. 86 c.p.c.;
contro
ricorrenti, la prima anche ricorrente incidentale nonché contro
COGNOME NOME COGNOME
intimato avverso la sentenza n. 3507/2019 depositata il 20 agosto 2019 della
Corte di appello di Milano.
Udita la relazione svolta alla camera di consiglio del 14 novembre 2024 dal consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. Nel 2011 il consiglio di amministrazione di UnipolSai s.p.a. ha deliberato un aumento scindibile del capitale, fino a un massimo di euro 448.969.914,00, e ha dato pubblicazione del prospetto informativo previsto dall’a rt. 94 t.u.f., approvato da CONSOB e ISVAP rispettivamente il 22 e il 23 giugno di quell’anno.
Il 29 e il 30 giugno 2011 RAGIONE_SOCIALE ha sottoscritto il suddetto aumento di capitale acquistando 1.500.000 nuove azioni al prezzo complessivo di euro 3.374.272,00.
Nel dicembre 2011, attraverso un comunicato stampa, UnipolSai ha informato il mercato della riscontrata esigenza di eseguire un ulteriore aumento di capitale sociale per un importo massimo di euro 1.100.000.000,00 e in data 19 Marzo 2012 l’assemblea straordinaria della società ha deliberato il detto aumento di capitale, da destinare per l’importo di euro 800.000.000,00 all’integrazione della riserva dei sinistri e per l’importo di euro 300.000.000,00 alla copertura delle perdite derivanti dalla parziale svalutazione del patrimonio immobiliare e delle partecipazioni possedute da UnipolSai.
A seguito di ripetute richieste di chiarimenti rivolte al consiglio di amministrazione di UnipolSai e della presentazione di una formale denuncia al collegio sindacale di detta società, RAGIONE_SOCIALE ha dismesso la partecipazione acquisita, conservando una quota minima di azioni e ricavando dalla vendita euro 151.483,61.
In seguito, e stato nominato un commissario governativo per UnipolSai e CONSOB ha comunicato di aver riscontrato irregolarità nella redazione dei bilanci, irrogando sanzioni a carico della società. ISVAP ha inoltre concluso un procedimento ispettivo avviato nel 2011
irrogando alla società una sanzione di euro 1.213.000,00 per le gravi carenze rilevate nella valutazione di elementi patrimoniali oltre che per carenze gestionali.
Con citazione notificata il 21 gennaio 2015 COGNOME ha convenuto UnipolSai avanti al Tribunale di Milano per sentirla condannare al risarcimento dei danni da essa sofferti per aver sottoscritto l’a umento di capitale confidando nelle informazioni contenute nel prospetto informativo recante falsità e reticenze.
In esito al giudizio di primo grado, in cui si si è costituita COGNOME, il Tribunale ha riconosciuto la responsabilità della convenuta e l’ha condannata al risarcimento del danno per l’importo complessivo di euro 1.760.499,10, oltre interessi e rivalutazione
La pronuncia di primo grado è stata impugnata da entrambe le parti.
La Corte di appello di Milano, in data 20 agosto 2019, ha pronunciato sentenza con cui, in parziale riforma della decisione del Tribunale, ha condannato UnipolSai al risarcimento del pregiudizio patito, che è stato quantificato nel minor importo, sempre maggiorato di interessi e rivalutazione, di euro 1.631.363,90.
Contro detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione UnipolSai, con diciassette motivi. Resistono con controricorso COGNOME e il difensore della stessa, dichiaratosi antistatario nel giudizio di merito. COGNOME ha proposto una impugnazione incidentale basata su tre motivi. Sono state depositate memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-I primi cinque motivi del ricorso principale investono la sentenza impugnata nella parte in cui è stata da questa riconosciuta la decettività del prospetto e, in conseguenza, la responsabilità dell’emi ttente. I successivi nove motivi censurano la pronuncia con riguardo all’affermata esistenza di un nesso di causalità tra l’illecito consistente nella diffusione del prospetto recante falsità e omissioni e il
danno derivante dalla sottoscrizione, da parte di RAGIONE_SOCIALE, dell’aumento di capitale di UnipolSai. I due temi sono tra loro strettamente connessi ed è quindi il caso di esaminarli congiuntamente dando conto, anzitutto, del tenore di ciascuno dei proposti mezzi di censura.
2. Col primo motivo è denunciata la violazione o falsa applicazione dell’art. 94 t.u.f. (d.lgs. n. 58/1998) per avere la Corte di appello omesso di considerare il requisito della significatività ( materiality ) delle informazioni false o incomplete ipoteticamente contenute nel prospetto del 2011. Si lamenta che il Giudice distrettuale abbia mancato di accertare se le informazioni in questione fossero effettivamente rilevanti nell’ottica degli investitori.
Col secondo la sentenza impugnata è censurata per omessa pronuncia sul primo motivo di appello di UnipolSai. La detta Corte, secondo la ricorrente, non si sarebbe in alcun modo confrontata con la doglianza vertente sul rilievo per cui la rappresentazione attorea del fattore di rischio dell’investimento contenuta nel prospetto doveva ritenersi complessivamente adeguata.
Il terzo mezzo oppone la nullità della sentenza per motivazione apparente. Ci si duole che la Corte di appello, confermando sul punto la sentenza di primo grado, abbia ritenuto che il prospetto del 2011 fosse reticente e inidoneo a consentire agli investitori di pervenire a un fondato giudizio sull’operazione e, in particolare, a una valutazione circa le reali esigenze patrimoniali e finanziarie della società emittente. Il ragionamento svolto, al riguardo, dal Giudice del gravame risulterebbe, peraltro, «non solo fallace e sbrigativo, ma in realtà sostanzialmente inesistente».
Col quarto motivo si denuncia la nullità della sentenza «in ragione di una motivazione per relationem nella parte in cui la Corte di appello ha rinviato agli accertamenti svolti in ‘ sede penale ‘». Si lamenta che dalla sentenza impugnata non sarebbe dato comprendere a quali
specifici accertamenti la Corte abbia inteso riferirsi e per quali ragioni i medesimi siano da condividere.
Il quinto motivo lamenta l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti. La società instante evoca questi temi: il limitato impatto della presunta «sottoriservazione» sul proprio conto economico 2010; la limitata incidenza sul bilancio delle sopravalutazioni del patrimonio immobiliare; più in generale l’assenza di rilievo sulla price sensitivy delle questioni afferenti le riserve tecniche relative ai sinistri, il patrimonio immobiliare e la governance della società.
Col sesto motivo si oppone la violazione o falsa applicazione degli artt. 94 t.u.f., 1223, 2056, 2729 e 2697 c.c. per avere la Corte di appello ritenuto, da un lato, che la prima norma stabilisca una presunzione di sussistenza del nesso di causalità tra le false informazioni contenute nel prospetto e la decisione di investimento e, dall’altro, che tale ipotetica presunzione di sussistenza del nesso di causa operi a prescindere dall’effettiva rilevanza delle informazioni false contenute od omesse nel prospetto. Si osserva, al riguardo, che il cit. art. 94 subordina espressamente la responsabilità risarcitoria dell’emittente nei confronti dell’investitore alla ragionevolezza dell’affidamento riposto sulla veridicità e completezza delle informazioni contenute nel prospetto e che solo nell’ipotesi di prospetto affetto da falsità e omissioni rilevanti può presumersi che lo stesso sia idoneo ad alterare la scelta dell’investitore. Nel caso in esame, invece, le informazioni ipoteticamente omesse erano in concreto irrilevanti nell’ottica degli investitori e tale circostanza rendeva inoperante la presunzione circa l’esistenza del nesso di causalità.
Col settimo motivo si deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 94 t.u.f., 1223, 2056, 2729 e 2697 c.c. per avere il Giudice di appello erroneamente ritenuto che la presunzione di sussistenza del nesso di causalità tra le false informazioni contenute nel prospetto e la
decisione di investimento operi anche laddove l’investitore non dia prova di aver effettivamente esaminato e fatto affidamento sul contenuto del prospetto stesso. Si osserva non potersi configurare alcun affidamento ragionevole nel caso che l’investitore non abbia neppure esaminato il prospetto da cui lamenta di essere stato sviato.
L’ottavo motivo denuncia l’errore processuale consistente nell’aver ritenuto che la ricorrente avesse tardivamente contestato l’effettiva consultazione del prospetto da parte di COGNOME. Si assume che la detta contestazione sarebbe stata ritualmente sollevata fin dalla comparsa di risposta di primo grado.
Il nono mezzo censura la pronuncia è impugnata per la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.. Si deduce che la sentenza risulterebbe essere viziata in quanto la Corte di merito avrebbe erroneamente ritenuto non contestato il fatto che COGNOME, ove avesse avuto contezza delle reali condizioni in cui versava essa istante, avrebbe optato per un diverso investimento. Viene osservato che fin dal primo grado di giudizio UnipolSai aveva allegato e dimostrato le ragioni per le quali le ipotetiche carenze informative risultavano in realtà prive di rilevanza nell’ottica degli investitori.
Col decimo motivo si lamenta la nullità della sentenza per omessa pronuncia sul secondo motivo di appello di UnpolSai. Viene dedotto che con tale mezzo di censura si era evidenziato che la non significatività delle carenze informative lamentate valeva ad escludere non solo la configurabilità dell’illecito, ma anche il nesso di causalità tra questo e il danno lamentato.
L’undicesimo motivo denuncia l’o messo esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti. La società istante si riferisce alla circostanza per cui le riserve tecniche relative ai sinistri, al patrimonio immobiliare e alla governance erano temi privi di price sensitivy .
Col dodicesimo mezzo la sentenza impugnata è censurata per
vizio motivazionale nella parte in cui ha ritenuto accertata l’idoneità, da parte delle false informazioni diffuse, a determinare una distorsione del processo decisionale degli investitori, e ciò facendo riferimento alla nota di CONSOB del 6 maggio 2013 richiamata da due sentenze penali rese, rispettivamente, dal Tribunale di Milano e dal Tribunale di Torino. Ci si duole del rinvio del tutto generico alla predetta nota, la quale era stata valorizzata ignorando, tra l’altro, le considerazioni svolte dal Tribunale di Milano e delle successive pronunce rese in sede di impugnazione, che avevano dato «ampia evidenza dell’irrilevanza delle presunte carenze informative ex adverso lamentate rispetto alle scelte di investimento compiute dagli investitori che aderito all’aumento di capitale del 2011».
Col tredicesimo motivo ci si duole della violazione o falsa applicazione degli artt. 94 t.u.f., 1223, 2056, 2729 e 2697 c.c. per avere la Corte di appello erroneamente reputato che plurimi e univoci segnali di allarme già esistenti al momento della pubblicazione del prospetto non potessero elidere il nesso di causa tra le false informazioni e le scelte di investimento. si deduce che la ragionevolezza dell’affidamento sul contenuto del prospetto informativo deve essere valutata considerando che le scelte degli investitori sono dettate dal complesso quadro informativo esistente con riferimento alla situazione dell’emittente e risultante, tra l’altro, dai bilanci della società dall’andamento del corso borsistico del titolo, dai giudizi delle agenzie di rating , dalle valutazioni compiute dagli analisti finanziari e dalle notizie reperibili sulla stampa e su internet.
Il quattordicesimo motivo oppone la violazione degli artt. 94 t.u.f e 2729 c.c.. Si lamenta che la Corte di Milano abbia impropriamente ritenuto che l’emittente possa fornire prova contraria della sussistenza del nesso di causalità dando dimostrazione di aver adottato «ogni diligenza allo scopo di assicurare che le informazioni fossero conformi ai fatti e non presentassero omissioni tali da alterarne il senso»; si rileva
che, al contrario, la detta prova contraria deve avere ad oggetto l’ininfluenza delle lamentate carenze informative del prospetto sulle scelte di investimento.
In breve, la Corte di appello, con riguardo ai due temi che qui interessano, ha osservato quanto segue.
Dopo aver richiamato la disciplina relativa al prospetto e aver riprodotto alcuni stralci del documento oggetto di causa, il Giudice distrettuale ha rilevato l’incompiutezza informativa di questo «in ordine al merito, ai contenuti e alle ragioni sottese all’attività ispettiva avviata nel 2010 dall’Autorità di vigilanza», sottolineando come l’emittente, destinataria del verbale di accertamento del 9 giugno 2011, «fosse a conoscenza delle gravi carenze riscontrate dall’ISVAP e, pertanto, fosse in grado di fornire al mercato un’informativa più esauriente al riguardo». La Corte ha osservato che dal dato letterale del prospetto era possibile prendere conoscenza della pendenza di imprecisati accertamenti di ISVAP relativi all’attività svolta dagli organi sociali, alle attività di controllo, alle operazioni infragruppo e con parti correlate e all’estensione dell’ispezione al la gestione delle fasi del ciclo afferente i «sinistri -ramo r.c. auto»: informazioni, queste, giudicate «assolutamente inidonee a fornire agli investitori un quadro completo circa la situazione della società emittente e a fondare, conseguentemente, il giudizio dell’investitore in ordine all’opportunità o meno di adesione all’offerta», avendo pure riguardo al «tenore estremamente vago delle conseguenze dell’attività ispettiva, rese soltanto genericamente note agli investitori sebbene conosciute o perlomeno ragionevolmente conoscibili dall’emittente secondo l’ordinaria diligenza». Nella sentenza impugnata e poi osservato, con riguardo al settore immobiliare, che il prospetto dava conto unicamente dei rischi connessi all’andamento del mercato relativo, senza esaminare i rischi connessi al metodo di stima, il quale si era rivelato inadeguato e tale da concorrere all ‘ esigenza di una ulteriore ricapitalizzazione.
Analoghe carenze sono state riscontrate con riguardo alle riserve per i sinistri: carenze consistenti nel l’ inidoneità dei criteri e delle procedure adottate per gli accantonamenti, nelle carenze gestionali dell’attività della rete liquidativa e nell’ irregolare gestione delle operazioni con parti correlate, «elementi la cui conoscenza sarebbe stata determinante al fine di pervenire ad un fondato giudizio sull’opportunità o meno di aderire all’offerta di sottoscrizione dell’aumento di capitale nonché sulle prospettive future dell’emittente».
La Corte di merito ha quindi evidenziato che l’art. 94 t.u.f. contempla un’inversione dell’onere probatorio presumendo l’idoneità del prospetto mendace o incompleto e influenzare o alterare la scelta di investimento, sancendo così, una presunzione iuris tantum di colpa dell’emittente; in tal senso – ha aggiunto la norma «non richiede il raggiungimento della prova circa l’effettiva lettura del prospetto da parte dell’investitore»: per il che ha ritenuto dovesse disattendersi la censura di UnipolSai basata sulla mancata prova dell’effettiva consultazione del prospetto da parte di COGNOME.
In relazione alla contestata idoneità del documento, siccome carente, sul piano informativo, a influenzare la scelta dell’originaria attrice di procedere alla sottoscrizione dell’aumento di capitale, la Corte distrettuale ha poi osservato quanto segue: da un lato, UnipolSai non aveva contestato che RAGIONE_SOCIALE avrebbe optato per una diversa tipologia di investimento se avesse avuto contezza del proprio maggiore fabbisogno patrimoniale ; dall’altro, l’idoneità delle false informazioni diffuse a provocare un’alterazione dei prezzi degli strumenti finanziari emessi dalla società e a influire sulla scelta in merito all’adesione all’aumento di capitale del 2011 era stata accertata da CONSOB con nota del 6 maggio 2013, richiamata da due sentenze penali che si erano occupate della vicenda, una del Tribunale di Milano e l’altra del Tribunale di Torino. Da ultimo, sempre con riguardo al tema del nesso di causa tra l’illecito e il danno, il Giudice distrettuale ha precisato che
lo stesso non poteva dirsi interrotto in ragione dei segnali d’allarme veicolati dai report delle agenzie di rating e dai comunicati stampa antecedenti alla pubblicazione del prospetto, posto che l’investitore ragionevole confida ragionevolmente nella veridicità delle informazioni diffuse dalla società emittente.
Ai fini della verifica della tenuta di tale motivazione si impongono alcune brevi precisazioni in punto di diritto.
– L’art. 94, t.u.f., per come sostituito dall’art. 3 del d.lgs. n. 51 del 2007, nella versione vigente ratione temporis , prevede, al comma 8: « L’emittente, l’offerente e l’eventuale garante, a seconda dei casi, nonché le persone responsabili delle informazioni contenute nel prospetto rispondono, ciascuno in relazione alle parti di propria competenza, dei danni subiti dall’investitore che abbia fatto ragionevole affidamento sulla veridicità e completezza delle informazioni contenute nel prospetto, a meno che non provi di aver adottato ogni diligenza allo scopo di assicurare che le informazioni in questione fossero conformi ai fatti e non presentassero omissioni tali da alterarne il senso ». Come è evidente, la norma, in assenza di una precisa indicazione in tal senso da parte del legislatore comunitario (cfr. infatti l’art. 6 della dir. 2003/71/CE, c.d. direttiva prospetto), ha introdotto una presunzione ( iuris tantum ) di colpevolezza che agevola l’investitore il quale agisca in via risarcitoria nei confronti dell’emittente (ovvero dell’offerente o del garante) lamentando imprecisioni del prospetto e cioè carenze dello stesso sotto il profilo della veridicità o della completezza. Nel giudizio introdotto dall’investitore , che verte su di una responsabilità extracontrattuale (Cass. Sez. U. 8 aprile 2011, n. 8034; Cass. 14 giugno 2018, n. 15707), non è dunque l’attore a dover dimostrare il dolo o la colpa della controparte per la diffusione del prospetto infedele, ma è piuttosto l’emittente (o l’offerente, o il garante) ad essere onerato della prova di aver adottato ogni diligenza lo scopo di assicurare che le informazioni erano veridiche e complete.
A questa presunzione se ne aggiunge un’altra, pure relativa, c irca l’esistenza del nesso causale tra l’illecito e il danno. Si tratta di una presunzione che, si è detto, è desumibile dal sistema, il quale è incentrato sulla previsione di uno strumento – il prospetto, appunto soggetto a una dettagliata disciplina connotata pure da controlli pubblici: uno strumento deputato a svolgere una insostituibile funzione informativa nei confronti dei destinatari della sollecitazione di investimento. Come questa Corte ha avuto modo persuasivamente di rilevare, al di fuori dell’ipotesi di inesattezze del prospetto limitate e marginali, la cui incidenza risulti in concreto talmente modesta da non essere apprezzabile, « la non veridicità del prospetto non può non generare la presunzione di rilevanza della distorsione informativa sulle scelte dell’investitore, al quale non può esser perciò imposto l’ulteriore onere della prova negativa di eventuali diversi fattori dai quali dette scelte sarebbero state determinate » (Cass. 11 giugno 2010, n. 14056, in motivazione). E’ stato convenientemente rilevato, in dottrina, che la soluzione evoca la teoria finanziaria denominata Fraud on the market , fatta propria anche dalla Corte Suprema degli Stati Uniti: teoria secondo la quale sui mercati caratterizzati da efficienza informativa, in cui sono cioè accessibili i dati conoscitivi relativi a un certo strumento finanziario, la violazione di un obbligo di informazione determina un danno agli investitori, dal momento che questi, in tale evenienza, finiscono per acquistare il prodotto a prezzo maggiorato, o «gonfiato», e soffrono le conseguenze del deprezzamento che si determina a seguito della diffusione della informazioni veridiche, con cui è resa nota la reale situazione di fatto riguardante l’emittente e il titolo.
Merita aggiungere che il ragionamento posto a fondamento della presunzione circa l’esistenza del nesso causale è stato da questa S.C. ribadito, in materia finanzi aria, con riguardo all’attività dell’intermediario e all’ inadempimento di questo agli obblighi informativi su di lui gravanti nel caso di acquisto di strumenti finanziari
per conto del cliente. Si è infatti affermato che nella prestazione del servizio di negoziazione di titoli, qualora l’intermediario abbia dato corso all’acquisto di prodotti finanziari ad alto rischio senza adempiere ai propri obblighi informativi nei confronti del cliente, il danno risarcibile consiste « nell’essere stato posto a carico di detto cliente un rischio, che presumibilmente egli non si sarebbe accollato » (Cass. 29 dicembre 2011, n. 29864, in motivazione); e più di recente, sempre in materia di intermediazione finanziaria, si è affermato che alla funzione sistematica assegnata all’obbligo informativo gravante sull’intermediario finanziario, preordinato al riequilibrio dell’asimmetria del patrimonio conoscitivo-informativo delle parti in favore dell’investitore, al fine di consentirgli una scelta realmente consapevole, scaturisce una presunzione legale di sussistenza del nesso causale fra inadempimento informativo e pregiudizio, pur suscettibile di prova contraria (così Cass. 28 luglio 2020, n. 16126; cfr. pure Cass. 11 novembre 2021, n. 33596).
6. Tornando alla giurisprudenza sopra richiamata in tema di responsabilità da prospetto, dunque, la presunzione relativa al nesso di causa opera salvo che le inesattezze del documento siano da considerare « limitate e marginali »: e ciò ben si intende, perché in tale ipotesi è da escludere, almeno di regola, una correlazione tra la scelta di investimento e il danno occorso; se le falsità e le omissioni del prospetto sono munite di minima consistenza, l’alterazione di valore del titolo non dipende da esse e non c’è alcun incolpevole affidamento dell’investitore da tutelare. La non operatività della presunzione, in casi del genere, vale anzi ad escludere iniziative opportunistiche dell’investitore : questi, infatti, potrebbe essere indotto a far valere, attraverso un’azione risarcitoria, le trascurabili imprecisioni del prospetto per cercare di tamponare le conseguenze di un andamento del titolo sfavorevole, per nulla correlato a un deficit informativo, ma da raccordare, piuttosto, a una scelta di investimento non felice.
E’ i n tali termini che può essere condiviso l’a ssunto della
ricorrente principale secondo cui le informazioni false o mancanti devono essere rilevanti per l’investitore , onde lo stesso può fornire la prova liberatoria dimostrando l’irrilevanza delle inesattezze rispetto alla decisione di investimento (cfr., da ultimo, memoria, pag. 32). Riaffermato, infatti, che il nesso di causa tra l’illecito e il danno si presume iuris tantum , la prova contraria di cui è gravato l’emittente, offerente o garante, e atta a superare l’indicata presunzione, deve avere in tale prospettiva ad oggetto l’irrilevanza del deficit informativo: irrilevanza che è appunto normalmente associata al carattere limitato o marginale delle omissioni o delle inesattezze del prospetto.
Tale irrilevanza, in sede giudiziale, potrà emergere in due modi:
a) attraverso la prova del fatto che la falsità o la reticenza sono state incapaci di determinare una distorsione informativa incidente sulle scelte dell’ investitore, sicché lo stesso avrebbe negoziato alle stesse condizioni pur in assenza di tali falsità o reticenze;
b) attraverso la prova dell’esistenza di altri elementi, estranei a quelli oggetto di alterazione o reticenza, che hanno autonomamente determinato la scelta di investimento.
In assenza di evidenze nel senso indicato il tema dell’irrilevanza delle informazioni false o mancanti resta relegato sul piano della non concludenza : in tanto ha senso dibattere dell’ irrilevanza di tali informazioni, in quanto consti la prova che le lamentate carenze del prospetto si siano in concreto rivelate prive di influenza sul processo decisionale dell’investitore .
7. – Ora, come in precedenza accennato, la Corte d i appello ha rilevato che CONSOB ebbe ad accertare, con sua nota del 6 maggio 2013, che le false informazioni diffuse erano idonee «a determinare una distorsione del processo decisionale degli investitori», a «provocare un’alterazione dei prezzi degli strumenti finanziari emessi dalla società e a influire sulla scelta in merito all’adesione all’aumento di capitale del 2011». Si tratta di un accertamento, non sindacabile nella presente sede
nel suo nucleo fattuale, con cui si è dato precisamente conto della rilevanza delle falsità e reticenze presenti nel prospetto. Pertanto, non solo la Corte di appello ha mancato di riscontrare l’esistenza di alcuna delle due situazioni di cui si è in precedenza detto, ma ha anzi appurato, sulla scorta di un elemento informativo proveniente da una fonte particolarmente qualificata, che quella sub a) era sconfessata da una precisa evidenza probatoria di segno contrario.
UnipolSai, col dodicesimo motivo, ha contestato alla Corte di appello il rinvio «acritico e generico» al richiamato documento (documento che, come emerge dal controricorso, era stato prodotto fin dal giudizio di primo grado). Occorre però rilevare, al riguardo, che il Giudice distrettuale non era tenuto a trascrivere nella sentenza il contenuto dello scritto in questione, né a vagliarne analiticamente il contenuto. Era infatti sufficiente che il detto Giudice ne operasse il richiamo in forma sintetica, in modo da rendere intellegibile il percorso argomentativo da lui seguito. Infatti, la motivazione per relationem , fondata sulla mera condivisione della rappresentazione contenuta in atti esterni alla sentenza, fatta propria con forza argomentativa dal giudice del merito, può consistere non solo nella precisa riproduzione del contenuto degli atti esterni al fine di farlo valere come argomento a sostegno della decisione, ma anche in un semplice rinvio ai detti atti esterni che, pur non riprodotti nel loro contenuto, si accompagni all’indicazione della ragione di diritto o di fatto che giustifica e il valore attribuito all’oggetto del rinvio, in modo da consentire di comprendere appunto il senso della condivisione, al fine di poterlo criticare (cfr. Cass. 23 marzo 2017, n. 7402, in motivazione).
Non meritano poi recepimento le deduzioni della ricorrente incentrate sul portato delle decisioni assunte dal Tribunale penale di Milano, che avrebbe dissentito dalle conclusioni rassegnate da CONSOB. Come è noto, la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involge apprezzamenti
di fatto riservati al giudice del merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Cass. 4 luglio 2017, n. 16467; Cass. 7 gennaio 2009, n. 42) e dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e le circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass. 31 luglio 2017, n. 19011; Cass. 2 agosto 2016, n. 16056; Cass. 21 luglio 2010, n. 17097). Né appare risolutivo il rilievo fondato sulla circostanza per cui la sentenza del Tribunale penale di Torino, pure citata dalla Corte di Milano, sarebbe stata annullata in sede gravame: il passaggio motivazionale che interessa è basato sul rilievo probatorio che assume l’accertamento di CONSOB, e non sulle pronunce giurisdizionali del detto Tribunale e di quello di Milano: decisioni che sono state richiamate solo in quanto facevano esse pure menzione del detto accertamento.
Deve ritenersi dunque, che la sentenza impugnata non abbia affatto trascurato il tema della attitudine delle informazioni false e incomplete a incidere sulla formazione del prezzo delle azioni da sottoscrivere e sul processo decisionale dell’investitore , ma abbia invece positivamente accertato il ruolo decisivo che ha giocato, per COGNOME, la diffusione di un prospetto che presentava le carenze informative di cui si discute.
Il dodicesimo motivo va dunque disatteso.
Possono quindi tirarsi le fila del discorso passando in rassegna i restanti motivi qui in esame.
Il primo motivo non coglie il reale portato della decisione impugnata: questa non ha reputato affatto che la diffusione di informazioni prive di rilevanza per l’investitore – sprovviste, cioè, della capacità di determinare una distorsione informativa e di orientare verso una scelta di investimento che diversamente non sarebbe stata assunta
-possa porsi a fondamento di una statuizione risarcitoria.
Il tema della «idoneità delle informazioni reticenti contenute nel prospetto del 2011 a influenzare la scelta in ordine all’adesione all’aumento di capitale» è affrontato, nella sentenza impugnata, a pagg. 16 s. ed è risolto nei termini che si sono sopra indicati. La ravvisata mancata aderenza della censura al decisum destina la stessa alla statuizione di inammissibilità (Cass. 9 aprile 2024, n. 9450; Cass. 3 luglio 2020, n. 13735; Cass. 7 settembre 2017, n. 20910; Cass. 7 novembre 2005, n. 21490).
10. Analoga conclusione si impone con riguardo al secondo motivo di ricorso: la censura di appello vertente sull’asserita irrilevanza, nell’ottica degli investitori, del deficit informativo è espressamente richiamato a pag. 15 della decisione e la Corte di merito si è pronunciata sul punto; del resto, l’appello principale di UnipolSai è stato integralmente respinto e tanto varrebbe, in sé, ad escludere il lamentato vizio di cui all’art. 112 c.p.c, essendo ben noto che ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto (Cass. 29 gennaio 2021, n. 2151; Cass. 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass. 20 settembre 2013, n. 21612; Cass. 4 ottobre 2011, n. 2031).
11. Il terzo motivo è infondato.
La motivazione della sentenza impugnata quanto alla falsità del prospetto e ampia ed articolata; la decisione sulla rilevanza delle carenze informative si nutre, poi, del rinvio all’accertamento operato da CONSOB, che ha accertato la reale incidenza del deficit informativo del prospetto sul prezzo delle azioni l’idoneità dello stesso a influire sulla scelta di investimento . L’argomentare del Giudice distrettuale non può quindi ritenersi apparente: tale, cioè, da non rendere percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal
giudice per la formazione del proprio convincimento (Cass. Sez. U. 3 novembre 2016, n. 22232; Cass. 1 marzo 2022, n. 6758; Cass. 23 maggio 2019, n. 13977).
12. Il quarto motivo è inammissibile.
Il rinvio agli accertamenti penali sulla falsità dei bilanci non ha il crisma della decisività, dal momento che la Corte di appello si mostra in grado di desumere le carenze del prospetto dall’esame dello stesso, condotto da pag. 12 a pag. 14 dell’imp ugnata sentenza.
13. Il quinto motivo è inammissibile.
Come è noto, chi invoca il vizio di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c. deve indicare non solo il «fatto storico», il cui esame sia stato omesso, ma il «dato», testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il «come» e il «quando» tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua «decisività» (Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8054; Cass. 29 ottobre 2018, n. 27415). La ricorrente principale, col quinto motivo, fa però menzione di questioni, non di fatti. Come è evidente, non integra un «fatto storico», «la circostanza secondo cui le riserve tecniche sinistri, il patrimonio immobiliare e la governance sono temi privi di price sensitivy rispetto ai titoli assicurativi». Peraltro, nel l’economia complessiva della decisione assunta, la questione indicata non assume nemmeno decisività, visto che la Corte di appello ha reputato assorbente, sul piano della rilevanza del deficit informativo (e quindi con riguardo della concreta incidenza delle carenze del prospetto sulle scelte dell’investitore) , quanto accertato da CONSOB con la più volte richiamata nota del 6 maggio 2013. Per mera completezza, non può nemmeno sostenersi, come dedotto dalla ricorrente principale, che sul tema delle riserve le ragioni di fatto spese dal Tribunale e dalla Corte di appello siano diverse, e quindi non coincidenti, come invece impon e l’art. 348 -ter , comma 4, c.p.c., in quanto entrambi i Giudici di merito hanno dato atto che il deficit informativo era determinato dall ‘inadeguato dimensionamento
della riserva per i sinistri.
14. Il sesto mezzo è anzitutto inammissibile per le stesse ragioni illustrate trattando del primo motivo.
La Corte di appello non ha punto affermato che la presunzione circa la sussistenza del nesso di causa operi a prescindere dall’effettiva rilevanza delle informazioni false contenute od omesse nel prospetto. La conclusione cui è pervenuta la sentenza impugnata circa le ricadute della distorsione informativa sul processo decisionale della società investitrice riflette, poi, un accertamento di fatto non sindacabile in questa sede.
15. Il settimo motivo è inammissibile, in quanto non coglie la ratio decidendi del passaggio motivazionale censurato.
Nel rilevare che l’art. 94 t.u.f. « non richiede il raggiungimento della prova circa l’effettiva lettura del prospetto da parte dell’investitore» la Corte di merito ha inteso semplicemente ribadire il principio, esposto nel capoverso immediatamente precedente nella sentenza impugnata, e corretto in diritto, per cui nella materia che interessa opera un ‘ inversione dell’onere probatorio, dovendosi presumere l’idoneità del prospetto mendace o incompleto a influenzare o alterare la scelta di investimento.
16. – L’ottavo motivo è pure inammissibile.
L’argomento incentrato sulla tardiva contestazione, da parte di UnipolSai della circostanza per cui COGNOME aveva consultato il prospetto di cui qui si discorre costituisce oggetto di una ratio decidendi che si aggiunge a quella fondata sulla sostanziale irrilevanza della prova, in concreto, di una tale consultazione. Di talché va fatta applicazione del principio per cui qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, il mancato accoglimento delle censure mosse ad una delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni
esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (Cass. 11 maggio 2018, n. 11493; Cass. 14 febbraio 2012, n. 2108).
17. ─ Per queste stesse ragioni risulta inammissibile il nono mezzo. S ul tema dell’idoneità del deficit informativo del prospetto a influenzare la scelta di investimento di COGNOME ha speso due rationes decidendi : una, qui censurata, basata sulla circostanza per cui l’odierna ricorrente principale non aveva contestato che RAGIONE_SOCIALE avrebbe optato per una diversa tipologia di investimento ove fosse stata a conoscenza del reale fabbisogno patrimoniale di UnipolSai; l’altra – che si è detto non sindacabile avanti a questo Giudice di legittimità -incentrata sulla prova positiva della rilevanza delle carenze informative del prospetto sulla determinazione assunta dall’investitrice.
18 . -Il decimo motivo è infondato
E’ di tutta evidenza che la Corte di merito si sia pronunciata sul nesso di causalità tra l’illecito denunciato e il danno lamentato.
– L’undicesimo segue la sorte del quinto, visto che ne replica, in buona sostanza, il portato.
20 . -Il tredicesimo motivo è infondato.
La ricorrente principale censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso che COGNOME potesse dirsi corresponsabile del danno per non aver prestato attenzione a indici esteriori della gravità della situazione patrimoniale di UnipolSai, quali i report delle agenzie di rating e i comunicati stampa anteriori alla pubblicazione del prospetto: elementi, questi, che avrebbero dovuto indurre la controricorrente a desistere dal la sottoscrizione dell’aumento di capitale.
Come ha evidenziato la Corte di appello, però, COGNOME aveva ragione di prestare fede al prospetto che presentava le accertate carenze.
La funzione informativa che la legge assegna al prospetto e il
conseguente ragionevole affidamento che l’investi tore ha motivo di coltivare sulla veridicità e completezza dello stesso (secondo quanto si desume dall’ottavo comma dell’art. 94 t.u.f.) impongono di ritenere che un deficit informativo rilevante del prospetto stesso -un deficit non consistente, cioè, in inesattezze o incompletezze limitate e marginali -assuma rilievo assorbente rispetto all’omessa considerazione, da parte dell’investitore, di dati informativi, quanto all’emittente e al prodotto finanziario, reperibili aliunde. Quel che rileva, in definitiva, è il carattere qualificato della comunicazione che si attua attraverso il prospetto: una comunicazione che deve avere tipicamente ad oggetto « tutte le informazioni che, a seconda delle caratteristiche dell’emittente e dei prodotti finanziari offerti, sono necessarie affinché gli investitori possano pervenire ad un fondato giudizio sulla situazione patrimoniale finanziaria, sui risultati economici e sulle prospettive dell’emittente e degli eventuali garanti, nonché sui prodotti finanziari e sui relativi diritti » (art. 94, comma 2, t.u.f.), che deve essere integrata da supplementi esplicativi a fronte di sopravvenienze incidenti sulle valutazioni finanziarie (art. 94, comma 7), che è soggetta all’ approvazione di CONSOB (art. 94bis t.u.f.) e che, proprio per il suo carattere qualificato, il legislatore reputa idonea a ingenerare un ragionevole (e quindi incolpevole) affidamento nell’investitore. La soluzione indicata non si discosta, anche qui, da quella seguita dalla giurisprudenza di questa Corte in materia di intermediazione finanziaria: settore, questo, in cui è il grado di affidamento riposto dal cliente nei confronti della professionalità del l’intermediario ad escludere l’onere per il primo di assumere direttamente informazioni sulla rischiosità dei titoli da altre fonti (Cass. 29 dicembre 2011, n. 29864 cit.; cfr. pure Cass. 13 maggio 2016, n. 9892 e Cass. 27 aprile 2016, n. 8394).
21 . -Il quattordicesimo motivo è inammissibile.
Esso non si confronta con la decisione impugnata, alla quale è estranea l’affermazio ne per cui la presunzione circa l’esi stenza del nesso
causale non può essere vinta dalla prova che le falsità e le omissioni del prospetto informativo siano restate prive di influenza sulla scelta di investimento. Come si è visto, la Corte di merito ha affrontato la questione conferendo rilievo alla nota di CONSOB che tale influenza invece aveva riconosciuto.
22. Per concludere, può dirsi che, con specifico riguardo al tema dell’accertamento del la decettività del prospetto e del nesso di causalità tra tale decettività e il danno lamentato, la Corte di appello si è attenuta al rispetto dei principi di diritto che regolano la materia e che di seguito si enunciano.
«In presenza di un prospetto di offerta pubblica di sottoscrizione di azioni societarie che contenga informazioni fuorvianti in ordine alla situazione patrimoniale della società, l’emittente al quale le errate informazioni siano imputabili, anche solo a titolo di colpa, risponde verso chi ha sottoscritto le azioni del danno subito per aver acquistato titoli di valore inferiore a quello che il prospetto avrebbe lasciato supporre, dovendosi presumere, in difetto di prova contraria, che la non veridicità del prospetto medesimo abbia influenzato le scelte d’investimento del sottoscrittore».
«In presenza di un prospetto di offerta pubblica di sottoscrizione di azioni societarie che contenga informazioni fuorvianti in ordine alla situazione patrimoniale della società, la prova contraria atta a superare la presunzione del nesso causale tra la decettività del prospetto e il danno sofferto può avere ad oggetto il carattere limitato o marginale delle inesattezze o delle omissioni recate dal prospetto stesso, nel qual ca so compete all’emittente fornire la prova della mancata incidenza di esse sul processo decisionale dell’investitore , o la prova dell’esistenza di altri elementi, estranei a quelli oggetto di alterazione o di reticenza, che hanno autonomamente determinato l’investitore alla sottoscrizione delle azioni».
«In presenza di un prospetto di offerta pubblica di sottoscrizione
di azioni societarie che contenga informazioni fuorvianti in ordine alla situazione patrimoniale della società atte a incidere sulla scelta di investimento dell’investitore , non è configurabile alcun concorso di colpa di quest’ultimo nella produzione del danno, per non aver lo stesso basato la propria decisione su flussi informativi, quali quelli provenienti dai report delle agenzie di rating o da comunicati stampa, che abbiano veicolato dati contrastanti con quelli desumibili dal prospetto».
23 . – Il quindicesimo e il sedicesimo motivo del ricorso principale hanno ad oggetto il tema del concorso di colpa della controricorrente nella dismissione della partecipazione azionaria e possono essere esaminati unitamente ai primi due motivi del ricorso incidentale di COGNOME che investe, da un’oppo sta angolazione, la medesima questione.
Col quindicesimo motivo si lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 94 t.u.f., 1227, comma 2, e 1226 c.c. con riguardo all’individuazione dello standard di ordinaria diligenza richiedibile all’investitore ragionevole ai fini della limitazione del danno e dell’applicazione del criterio equitativo della quantificazione dello stesso. Viene sottolineato come il cit. art. 94 si riferisca a un modello di investitore ragionevole il quale si attenga, quindi, a comportamenti consoni alla natura intrinseca degli strumenti finanziari ad alto rischio: e quindi che monitori costantemente l’andamento del titolo e le notizie relative all’emittente, reagendo in modo avveduto e tempestivo ad eventuali segnali che suggeriscano l’opportunità di un disinvestimento.
Il primo motivo di ricorso incidentale oppone la violazione e falsa applicazione dell’art. 1227 c.c. per avere la Corte di appello erroneamente individuato il momento in cui la falsità era conoscibile agli investitori quale presupposto per l’applicazione della norma. L’errore che si addebita alla Corte di appello consiste nell’aver ritenuto che con i comunicati stampa del 23 dicembre 2011 e del 30 gennaio 2012 fosse evidente al mercato la falsità del prospetto ovvero la sua
reticenza (imputando così a COGNOME la negligenza consistente nel non aver venduto tempestivamente le azioni acquistate). Si rileva che «l’in iziale ribasso dei titoli non poteva essere interpretato dalla società come un sintomo della falsità del prospetto».
Col secondo motivo del ricorso incidentale si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1226 c.c. per avere la Corte di appello erroneamente calcolato il risarcimento del danno tenendo conto del prezzo medio del titolo ricomprendendo nel computo anche i mesi in cui COGNOME non poteva conoscere la falsità del prospetto. Con lo stesso mezzo di censura ci di duole, poi, dell’omessa pronuncia della Corte di appello sul fatto che a partire da aprile 2012 il titolo non aveva subito variazioni rispetto all’estate dello stesso anno, allorquando essa ricorrente incidentale aveva venduto le azioni.
24 . – E’ il caso di ripercorrere i passaggi dell a motivazione della Corte di appello sul quantum del preteso risarcimento.
Il Giudice distrettuale ha osservato che dalla documentazione in atti emergeva che i primi elementi probatori rivelatori delle falsità o comunque, della reticenza del prospetto, erano emersi con i comunicati ufficiali della società del 23 dicembre 2011 e del 30 gennaio 2012 relativi a una nuova operazione di aumento di capitale per importi di gran lunga superiori a quelli dell’operazione posta in atto del 2011. Ha poi rilevato che il principio di buona fede avrebbe imposto a COGNOME di attivarsi tempestivamente al fine di non aggravare il danno, salvaguardando, così, il proprio investimento: onde, a fronte dei richiamati comunicati stampa e delle evidenti oscillazioni dei titoli, la società avrebbe dovuto disinvestire tempestivamente.
Ciò posto, ha evidenziato la Corte territoriale doversi riconoscere all’investitore «un ampio spazio di valutazione in ordine alle scelte da compiere in una situazione in cui la cessione sul mercato avrebbe comunque determinato una rilevante perdita patrimoniale», pur dovendosi «prendere atto di un prolungato lasso di tempo tra il
riconoscimento della rilevante entità delle perdite maturate e il conseguente annuncio ufficiale della nuova operazione di aumento di capitale per euro 1.100.000,00 (gennaio 2012) da un lato e l’effettiva esecuzione dell’operazione (giugno 2012) dall’altro». Sul presupposto che una cessione delle azioni in tale arco di tempo avrebbe consentito un notevole ridimensionamento delle perdite a carico di COGNOME, la Corte di appello ha reputato corretta la scelta del Tribunale di liquidare il danno risarcibile ricorrendo al criterio equitativo e ha condiviso lo schema di calcolo seguito, a tal fine, dal Giudice di primo grado, il quale ha individuato, con riguardo al periodo ricompreso tra il 30 gennaio 2012 e il 29 giugno 2012, la quotazione media del titolo, lo ha moltiplicato per le azioni possedute e ha detratto il risultato di tale operazione dalla somma richiesta da RAGIONE_SOCIALE (prossima all’ammontare dell’investimento) . Ne è risultata una somma (euro 1.560.519,39) leggermente inferiore a quella determinata dal Tribunale , il quale – ha spiegato la Corte – era incor so in un mero errore materiale (o meglio, di calcolo) nell ‘esecuzione della finale operazione di sottrazione.
25 . -Ciò detto, i tre motivi sono infondati.
Può ritenersi che il danno dipendente dalla diffusione di un prospetto falso o reticente sia corrispondente alla differenza tra il prezzo pagato per i titoli e il valore che questi avrebbero avuto al momento dell’acquisto, o della sottoscrizione, qualora la distorsione informativa non avesse avuto luogo e fosse stato noto il reale stato di cose. Salva, quindi, la necessità di tener conto della perdita di valore del titolo che sia dovuta a cause indipendenti dalla violazione dell’obbligo di informazione, il danno può essere liquidato in misura pari alla differenza tra il valore dei titoli al momento dell’acquisto e quello degli stessi al momento della domanda risarcitoria; se però risulti che, dopo l’acquisto, ma già prima della proposizione di detta domanda, il cliente, avendo avuto la possibilità con l’uso dell’ordinaria diligenza di rendersi
autonomamente conto della rischiosità dei titoli acquistati, e non sussistendo impedimenti giuridici o di fatto al disinvestimento, li abbia, tuttavia, conservati nel proprio patrimonio, il risarcimento deve commisurarsi alla diminuzione del valore dei titoli tra il momento dell’acquisto e quello in cui l’investitore si è reso conto, o avrebbe potuto rendersi conto, del loro livello di rischiosità. In tal modo viene valorizzato lo stesso dato differenziale preso in considerazione dalla giurisprudenza di questa Corte nella analoga fattispecie del danno da inadempimento nel servizio di negoziazione dei titoli (Cass. 29 dicembre 2011, n. 29864, cit.; in senso conforme: Cass. 22 dicembre 2017, n. 30902; Cass. 31 dicembre 2013, n. 28810).
26 . -La Corte di appello ha fatto applicazione di tale principio.
27 . – L’obiezione della ricorrente principale, secondo cui il Giudice distrettuale non avrebbe tenuto conto dello standard di diligenza esigibile dall’investitore in strumenti finanziari non coglie nel segno. UnipolSai svolge la censura prendendo in considerazione una serie di elementi (documentati nel corso del giudizio) i quali avrebbero dato riscontro del fatto che, nel periodo immediatamente successivo alla sottoscrizione delle azioni (da agosto 2011), già circolavano notizie preoccupanti sulla situazione dell’emittente. La ricorrente principale non smentisce tuttavia l’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui «i primi elementi probatori concernenti l’emergenza della falsità o, comunque, della reticenza del prospetto del 2011» erano emersi solo nelle comunicazioni ufficiali della società del 23 dicembre 2011 e del 30 gennaio 2012: asserzione – questa che è basata sul condivisibile presupposto che un investitore avveduto, nel periodo che segue dappresso il proprio investimento, ha ragione di riporre affidamento nelle informazioni divulgate poco prima (nella specie: il 24 giugno dello stesso anno) col prospetto di cui all’art. 94 t.u.f. , siccome basate su dati da presumere veritieri.
28 . -Sfugge, poi, a censura l’assunto della Corte di merito
secondo cui nella fattispecie era «ragionevole e doveroso», riconoscere all’investitore un certo spazio di valutazione in ordine alle scelte da compiere: è appena il caso di evidenziare, infatti, che l’investitore avveduto non reagisce in modo avventato a elementi conoscitivi che pongano in discussione le proprie scelte di investimento, ma, specie quando le opzioni da assumere possono avere pesanti ripercussioni economiche, pondera il da farsi tenendo conto di plurimi fattori: le determinazioni da assumere richiedono pertanto attività di studio e di osservazione (avendo specialmente riguardo a ll’andamento del mercato) e processi di valutazione (nella specie segnati dalla necessità di apprezzare l’opportunità della sottoscrizione di un secondo aumento di capitale) i cui tempi non sono rigorosamente predeterminabili.
29 . -Il primo motivo del ricorso incidentale è inammissibile.
Per un verso, non compete alla Corte di legittimità sindacare gli accertamenti di fatto del giudice del merito: ed è sintomatico, al riguardo, il passaggio del ricorso incidentale in cui si assume che «è sufficiente leggere i due comunicati» del 23 dicembre 2011 e del 30 gennaio 2012 per avvedersi che dagli stessi «non si poteva generare tra gli investitori la certezza è neppure il sospetto che il prospetto fosse falso o reticente» (pag. 67 del controricorso). Ebbene, l’esame e la valutazione dei documenti di causa, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito (per tutte: Cass. 31 luglio 2017, n. 19011; Cass. 2 agosto 2016, n. 16056)
Per altro verso, non si mostra aderente alla decisione impugnata la deduzione per cui l’iniziale ribasso dei titoli non poteva essere interpretato dalla società come un sintomo della falsità del prospetto. Il rilievo non è conforme a quanto affermato la Corte di merito, la quale ha invece rilevato che con i comunicati stampa del 23 dicembre 2011 e del 30 gennaio 2012 era emerso, per la prima volta, il dato della non
veridicità del prospetto e che in quelle occasioni tutti gli azionisti avevano ricevuto, per la prima volta, piena contezza della reale gravità della situazione in cui versava la società e della conseguente alternativa tra difesa dell’investimento precedente (attraverso partecipazione alla nuova operazione, in vista di un’eventuale recupero di redditività e quindi di futuro rialzo delle quotazioni) e vendita dei titoli secondo oculata valutazione dell’andamento del mercato.
30 . -Il secondo motivo del ricorso incidentale è pure inammissibile.
COGNOME muove dal presupposto che la scoperta della falsità del prospetto non risalga al periodo ricompreso tra dicembre 2011 e gennaio 2012 : ma l’accertamento di fatto della Corte di merito, che sfugge a censura, è di segno opposto (cfr., segnatamente, il rilievo, più volte evocato, per cui i primi elementi rivelatori della falsità o della reticenza del prospetto emergevano dai detti comunicati).
Quanto alla doglianza incentrata su ll’assenza di variazioni di prezzo tra aprile 2012 e l’estate del 2012, essa non è conducente; lo sarebbe ove potesse affermarsi che la scoperta della falsità del prospetto risaliva al mese di aprile del 2012 o al periodo successivo: si è visto, però, che non è così.
Il motivo è inammissibile anche in quanto la ricorrente per incidente, nel lamentare il vizio di omessa pronuncia, non riproduce l’eccezione su cui la Corte di Milano avrebbe mancato di pronunciare: infatti, l’omessa considerazione di fatti impeditivi, modificativi o estintivi, dedotti come eccezione, implica un error in procedendo , per omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 c.p.c., la cui deduzione in sede di legittimità postula che la parte abbia formulato l’eccezione in modo autonomamente apprezzabile ed inequivoco e che la stessa sia stata puntualmente riportata nel ricorso per cassazione nei suoi esatti termini, con l’indicazione specifica dell’atto difensivo o del verbale di udienza in cui era stata proposta (Cass. 13 giugno 2023, n. 16899). La
censura non si mostra del resto concludente, dal momento che la Corte di merito ha comunque accertato, come si è visto, che il tempo da prendere in considerazione, ai fini della dismissione dei titoli, non era aprile del 2012: onde, anche a ritenere che fosse stata proposta una eccezione basata sull’invariato valore dei titoli tra aprile e agosto 2012 , andrebbe affermato che l’omessa pronuncia non ricorre risultando la nominata eccezione incompatibile con la statuizione di accoglimento della pretesa dell’attore (Cass. 6 novembre 2020, n. 24953; Cass. 29 luglio 2004, n. 14486).
31 . -Il sedicesimo motivo del ricorso principale e il terzo del ricorso incidentale hanno ad oggetto il riconoscimento del danno relativo alle spese affrontate da COGNOME per far valere le sue pretese in giudizio.
Il sedicesimo motivo dell’impugnazione di UnipolSai denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 2043, 1223, 2056 e 2697 c.c. per non avere la Corte di appello verificato, con riguardo alla richiesta di rimborso delle spese consulenziali, se l’onere di allegazione e di prova del danno e del nesso di causa gravante su COGNOME fosse stato effettivamente soddisfatto. Si lamenta che il Giudice distrettuale si sia limitato a formulare un giudizio di potenziale inerenza delle fatture rispetto alle vicende oggetto del giudizio, basandosi sulle generiche descrizioni delle attività svolte contenute in quei documenti.
Il terzo motivo dell’impugnazione incidentale censura la sentenza per omesso esame di fatti decisivi con riferimento al tema del rimborso delle spese sostenute da COGNOME per la difesa tecnico-legale nella vicenda che qui interessa. In particolare, la Corte di merito avrebbe mancato di scrutinare documenti comprovanti le dette spese.
32 . -Viene in questione la statuizione della Corte territoriale sul motivo di appello di Unipol con cui era stato criticato il capo della sentenza di primo grado relativo al rimborso dei costi sostenuti dall’attrice per pagare professionisti intervenuti nella vicenda che qui
interessa.
La Corte territoriale, dopo aver premesso che le spese legali possono costituire oggetto di un danno risarcibile nei soli casi in cui la loro liquidazione non avvenga o non sia prevista nel giudizio di merito, ha riconosciuto come rimborsabili le spese legali stragiudiziali e quelle di natura giudiziale la cui liquidazione «non avvenga o non sia prevista nel giudizio di merito». Ha quindi proceduto alla quantificazione delle stesse prendendo in considerazione le pertinenti ricevute e fatture prodotte in giudizio.
33 . -Entrambi i motivi sono inammissibili.
Il sedicesimo motivo del ricorso principale è incentrato sulle carenze della produzione documentali che, ad avviso di UnipolSai, non darebbe conto delle attività svolte, dell’effettivo pagamento e della congruità delle spese rispetto all’attività espletata. E’ sufficiente osservare, al riguardo, che l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito (Cass.5 febbraio 2019, n. 3340; Cass. 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass. 11 gennaio 2016, n. 195; Cass. 30 dicembre 2015, n. 26110; Cass. 4 aprile 2013, n. 8315).
Il terzo motivo del ricorso incidentale, pur denunciando il vizio di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c., non contiene le indicazioni che avrebbero dovuto essere formulate (cfr. § 13): la società istante si duole, del resto, in modo affatto generico, del mancato apprezzamento di documenti, e non dell’omesso esame di veri e propri fatti storici.
34 . -Col diciassettesimo motivo si lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c.. Viene imputato alla sentenza impugnata di non aver provveduto alla distrazione delle spese in favore del difensore antistatario di Finleonardo.
Il motivo è inammissibile.
La ricorrente principale imputa alla Corte di appello una omessa pronuncia. Occorre però anzitutto rilevare che, in linea di principio, è
inammissibile, per difetto d’interesse, il ricorso con il quale si deduca il vizio di omessa pronuncia relativamente ad una domanda proposta dalla controparte, in quanto non è configurabile al riguardo una soccombenza del ricorrente, che non può subire alcun concreto pregiudizio da una siffatta carenza di decisione (Cass. 25 settembre 2019, n. 22772; Cass. 27 gennaio 2017, n. 2047).
Ora, per una giurisprudenza risalente di questa Corte, in caso di omessa distrazione delle spese in favore del difensore antistatario, questi è il solo legittimato al relativo giudizio d’impugnazione, nel quale assume la qualità di parte (cfr. già Cass. 6 marzo 1969, n. 726, e Cass. 30 gennaio 1967, n. 265).
Tale giurisprudenza è venuta, per la verità, a evolversi con riguardo al l’individuazione del rimedio esperibile a fronte della mancata distrazione – rimedio oggi pacificamente individua to nel ricorso per la correzione di errore materiale (per tutte: Cass. Sez. U. 27 novembre 2019, n. 31033) -, ma è rimasta assolutamente ferma nell’i dentificare nel difensore antistatario il solo soggetto munito della legittimazione ad attivarsi per riparare all’omissione d a cui sia affetto il provvedimento. E’ escluso, quindi, che la parte condannata alle spese possa dolersi, in sede di impugnazione, della mancata distrazione. E del resto, avendo riguardo al rovescio della fattispecie in esame – fattispecie segnata dalla pronuncia, non d all’assenza di un provvedimento di distrazione -questa Corte (in una logica pienamente coerente col principio per cui il tema di cui ci si sta occupando non tocca la parte condannata alle spese) ha escluso, in passato, che la parte soccombente avesse interesse ad impugnare il provvedimento di distrazione delle spese emesso a favore del difensore della parte avversa, trattandosi di provvedimento incidente, in via esclusiva, sui rapporti fra detta parte vittoriosa ed il suo difensore; per tutte: Cass. 21 ottobre 1994, n. 8658; Cass. 11 aprile 1978, n. 1697).
Il motivo va in conclusione dichiarato inammissibile in quanto
l’omessa pronuncia sulla distrazione era emendabile col procedimento della correzione dell’errore materiale e al relativo ricorso era legittimato, in via esclusiva, il difensore antistatario.
35 . -Il ricorso principale va dunque respinto, mentre il secondo deve essere dichiarato inammissibile.
36 . -In considerazione della soccombenza reciproca di UnipolSai e Finleonardo e delle proporzioni di detta soccombenza reciproca, le spese del giudizio, tra le dette parti, vanno compensate in ragione di un quinto; per il resto gravano sulla ricorrente principale. Tra la ricorrente principale e l’avvocato COGNOME le spese di giudizio possono invece compensarsi per l’intero , tenuto conto, oltre che del rilievo del tutto marginale che ha assunto, rispetto all ‘intera vicenda sostanziale e processuale, la questione agitata con l’ultimo motivo del ricorso principale, dell ‘assoluta peculiarità dell’impugnativa proposta: impugnativa con cui, nella sostanza, UnipolSai ha censurato una statuizione che ha svantaggiato, e non avvantaggiato, il controricorrente.
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale; compensa tra UnipolSai e Finleonardo le spese di giudizio in ragione di un quinto e, liquidate le stesse in euro 20.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge, condanna la ricorrente principale al pagamento dei quattro quinti di tale importo in favore della controparte; compensa per l’intero le spese di giudizio tra UnipolSai e l’avvocato COGNOME ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle due ricorrenti, principale e incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione