LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Responsabilità da custodia: la prova è del danneggiato

Un proprietario cita in giudizio il condominio per danni da infiltrazioni, vincendo in primo grado. La Corte d’Appello e la Cassazione ribaltano la decisione, affermando che il danneggiato ha l’onere di provare che la causa del danno provenga da una parte comune. Senza questa prova certa, la domanda di risarcimento basata sulla responsabilità da custodia ex art. 2051 c.c. deve essere respinta.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Responsabilità da Custodia: La Prova Spetta Sempre al Danneggiato

Quando si subiscono danni a causa di beni altrui, come le infiltrazioni provenienti da parti comuni di un condominio, la legge offre uno strumento di tutela noto come responsabilità da custodia, disciplinato dall’articolo 2051 del Codice Civile. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda un principio fondamentale: prima di poter chiamare in causa il custode, è onere del danneggiato dimostrare con certezza che il danno sia stato causato proprio dalla cosa in custodia. Vediamo nel dettaglio la vicenda.

I Fatti del Caso: Infiltrazioni e la Causa in Tribunale

Un proprietario di due appartamenti in un condominio citava in giudizio il condominio stesso per ottenere il risarcimento dei danni causati da una copiosa perdita d’acqua. Secondo la sua ricostruzione, il danno era stato provocato dal congelamento dell’acqua in una tubazione condominiale, che aveva poi causato la rottura di un tratto privato della stessa conduttura. Inizialmente, il Tribunale di primo grado accoglieva la sua domanda, condannando il condominio al risarcimento.

La Decisione della Corte d’Appello: Il Ribaltamento della Sentenza

Il condominio e la sua compagnia di assicurazione proponevano appello. La Corte d’Appello di Torino ribaltava completamente la decisione di primo grado. Secondo i giudici d’appello, il proprietario non aveva assolto al proprio onere probatorio. Dalla perizia tecnica (CTU) non era emersa con certezza né la causa esatta dell’evento dannoso, né la natura condominiale del tratto di tubo che si era rotto. Mancava, in sostanza, la prova fondamentale che il danno fosse riconducibile a un bene sotto la custodia del condominio.

L’Analisi della Cassazione e la responsabilità da custodia

Il proprietario ricorreva quindi in Cassazione, ma la Suprema Corte ha respinto il ricorso, confermando la decisione d’appello. Analizzando i motivi, la Corte ha chiarito diversi punti cruciali.

In primo luogo, ha rigettato le censure di natura procedurale, come quelle sulla composizione del collegio giudicante e sull’ammissibilità dell’appello della compagnia assicurativa.

Il cuore della decisione, però, risiede nell’analisi dei motivi relativi alla violazione dell’art. 2051 c.c. e alla valutazione delle prove. La Cassazione ha sottolineato che la responsabilità da custodia presuppone che l’attore dimostri due elementi essenziali: l’esistenza del danno e il nesso di causalità tra il danno e la cosa in custodia del convenuto. In questo caso, il proprietario avrebbe dovuto provare che la rottura era avvenuta in una parte dell’impianto di proprietà comune.

Le Motivazioni della Corte

La ratio decidendi della sentenza è cristallina: non vi è stata alcuna inversione dell’onere della prova. Spetta sempre al danneggiato provare i fatti costitutivi della sua pretesa. Solo una volta che l’attore ha dimostrato che il danno è stato causato da un bene in custodia del convenuto, scatta per quest’ultimo l’onere di provare il caso fortuito per liberarsi dalla responsabilità.

Nel caso specifico, la perizia non aveva fornito certezze, ma solo ipotesi sulla causa e sull’origine delle infiltrazioni. I giudici hanno specificato che le affermazioni della perizia, secondo cui “non si può indicare se l’eventuale danneggiamento della tubazione sia dovuto a gelo oppure ad altre cause”, erano inequivocabili. Tale incertezza probatoria non consente di ritenere dimostrati i presupposti per l’applicazione dell’art. 2051 c.c. Di conseguenza, la Corte d’Appello aveva correttamente respinto la domanda, non perché il condominio avesse provato il caso fortuito, ma perché il danneggiato non aveva provato il fatto fondamentale: la riconducibilità del danno a una cosa in custodia del condominio.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Danneggiati

Questa ordinanza ribadisce un principio di importanza capitale per chiunque intenda avviare una causa per danni. Prima di agire in giudizio invocando la responsabilità da custodia, è indispensabile munirsi di prove certe, chiare e inequivocabili che identifichino non solo il danno, ma anche e soprattutto il nesso causale con il bene custodito dalla controparte. Le semplici ipotesi o le perizie che non giungono a conclusioni certe non sono sufficienti. L’incertezza sulla causa o sulla natura (privata o comune) del bene che ha provocato il danno si risolve a svantaggio di chi agisce per il risarcimento.

Chi ha l’onere della prova in una causa per responsabilità da custodia ex art. 2051 c.c.?
L’onere della prova spetta all’attore (il danneggiato), il quale deve dimostrare che il danno è stato prodotto da una cosa in custodia del convenuto. Solo dopo questa prova, l’onere si sposta sul custode, che deve dimostrare il caso fortuito per essere esonerato da responsabilità.

È sufficiente una perizia tecnica (CTU) che formuli solo ipotesi sulla causa del danno?
No. La sentenza chiarisce che se la perizia non accerta con certezza la causa dell’evento e la sua riconducibilità a un bene in custodia, ma si limita a formulare ipotesi, la prova a carico del danneggiato non può considerarsi raggiunta.

Può una compagnia assicurativa, soccombente in primo grado, proporre un appello tardivo se il suo assicurato (il condominio) ha già fatto appello?
Sì. La Corte di Cassazione, richiamando sue precedenti decisioni a Sezioni Unite, ha confermato che l’impugnazione incidentale tardiva è ammissibile anche quando è adesiva, cioè rivolta contro la stessa parte destinataria dell’appello principale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati