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Responsabilità da custodia: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 33147/2024, ha rigettato il ricorso dei proprietari di un appartamento ritenuti responsabili per danni da infiltrazioni all’immobile sottostante. La Corte ha confermato la loro responsabilità da custodia, chiarendo che l’accertamento della proprietà del tubo che ha causato la perdita è una valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità. Inoltre, ha stabilito che la mediazione non era obbligatoria per la domanda iniziale tra privati e che la successiva chiamata in causa del condominio non ha reso la domanda improcedibile.

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Responsabilità da custodia: la Cassazione decide su un caso di infiltrazioni

L’ordinanza n. 33147/2024 della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti in materia di responsabilità da custodia per danni causati da infiltrazioni d’acqua e affronta rilevanti questioni processuali, come l’obbligatorietà della mediazione. La decisione ribadisce la distinzione tra l’accertamento dei fatti, di competenza dei giudici di merito, e la valutazione della legittimità, unico compito della Suprema Corte.

I Fatti del Caso: Infiltrazioni e Chiamata in Causa

La vicenda ha origine dalla richiesta di risarcimento danni avanzata dal proprietario di un appartamento a causa di una perdita d’acqua proveniente dall’unità immobiliare sovrastante. I proprietari di quest’ultima, convenuti in giudizio, si difendevano sostenendo che la perdita fosse originata da una tubazione condominiale e, di conseguenza, chiamavano in causa il Condominio. A sua volta, il Condominio coinvolgeva la propria compagnia di assicurazioni per essere manlevato da eventuali responsabilità.

Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda del danneggiato, condannando i proprietari dell’appartamento sovrastante al risarcimento e escludendo la responsabilità del Condominio. La Corte d’Appello, pur riducendo l’importo del risarcimento, confermava la responsabilità esclusiva dei proprietari dell’appartamento da cui proveniva la perdita.

I Motivi del Ricorso e la Responsabilità da Custodia

I proprietari soccombenti presentavano ricorso in Cassazione basato su cinque motivi. Tra i punti principali, contestavano la procedibilità della domanda per il presunto mancato esperimento della mediazione obbligatoria e della negoziazione assistita. Inoltre, lamentavano un errato accertamento dei fatti, sostenendo che non fosse stata raggiunta la prova certa che la tubazione fosse di loro proprietà esclusiva e non condominiale, invocando una violazione delle norme sulla responsabilità da custodia (art. 2051 c.c.). Infine, criticavano la quantificazione del danno e la ripartizione delle spese legali.

La Procedibilità della Domanda e l’Obbligo di Mediazione

La Corte ha ritenuto infondato il motivo relativo all’improcedibilità. Ha chiarito che la domanda originaria, proposta tra due proprietari privati per un danno da cose in custodia, non rientrava tra le materie per cui è prevista la mediazione obbligatoria (come quelle “in materia di condominio”). La successiva estensione del contraddittorio al condominio, avvenuta su iniziativa dei convenuti, non poteva rendere improcedibile l’azione iniziale. Per quanto riguarda la negoziazione assistita, la Corte ha sottolineato che la condizione di procedibilità si considera avverata se all’invito non segue l’adesione, circostanza pacificamente verificatasi nel caso di specie.

L’Accertamento sulla Proprietà della Tubazione e la Responsabilità da Custodia

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il motivo con cui i ricorrenti contestavano l’accertamento sulla proprietà della tubazione. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: il giudizio di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di merito. La Corte d’Appello aveva motivato adeguatamente la sua decisione, basandosi sulle risultanze delle consulenze tecniche e delle testimonianze, che avevano accertato “in maniera certa” la proprietà esclusiva della tubazione in capo ai ricorrenti. Tale valutazione, essendo un accertamento di fatto sorretto da una motivazione logica e non apparente, non è sindacabile in sede di Cassazione.

La Liquidazione del Danno e la Ripartizione delle Spese

Anche le censure relative alla liquidazione del danno e alla regolamentazione delle spese processuali sono state respinte. La Suprema Corte ha evidenziato come la liquidazione fosse il risultato di una prudente valutazione delle prove, non contestabile in sede di legittimità. Riguardo alle spese, ha richiamato il principio delle Sezioni Unite secondo cui l’accoglimento parziale di una domanda non configura una “soccombenza reciproca” tale da giustificare una condanna della parte vittoriosa, ma può al più motivare una compensazione parziale delle spese, come correttamente disposto dai giudici d’appello.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso basandosi su argomentazioni solide e coerenti con i propri precedenti. In primo luogo, ha distinto nettamente il ruolo del giudice di merito da quello del giudice di legittimità. La ricostruzione dei fatti, inclusa l’identificazione della causa e della provenienza del danno, spetta esclusivamente ai primi due gradi di giudizio. Alla Cassazione compete solo verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la presenza di una motivazione logica e completa, non la sua condivisibilità nel merito. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione adeguata per attribuire la responsabilità da custodia ai proprietari dell’appartamento sovrastante.

Sul piano processuale, la decisione chiarisce che le condizioni di procedibilità, come la mediazione, si valutano con riferimento alla domanda introduttiva del giudizio. L’eventuale allargamento successivo dell’oggetto del contendere non può avere effetti retroattivi tali da viziare l’intero processo. Questa interpretazione garantisce la stabilità dei processi e previene manovre dilatorie.

Infine, la conferma del principio sulla gestione delle spese legali in caso di accoglimento parziale della domanda rafforza la discrezionalità del giudice di merito e limita le contestazioni strumentali, ribadendo che la vittoria, anche se non totale, non può trasformarsi in una soccombenza.

le conclusioni

L’ordinanza in esame consolida importanti principi in materia di responsabilità da custodia e di diritto processuale. Per i proprietari di immobili, emerge la conferma che la responsabilità per i danni provenienti dalla propria unità ricade sul custode, a meno che non si fornisca la prova liberatoria del caso fortuito. L’accertamento tecnico in corso di causa assume un ruolo cruciale e le sue conclusioni, se ben motivate dal giudice, difficilmente possono essere ribaltate in Cassazione. Dal punto di vista processuale, la decisione sottolinea l’importanza di una corretta impostazione della causa fin dall’inizio, poiché le eccezioni di improcedibilità devono essere fondate sulla natura originaria della controversia.

La mediazione è sempre obbligatoria per i danni da infiltrazioni in condominio?
No. Secondo la Corte, se la domanda iniziale è proposta dal proprietario di un’unità immobiliare contro il proprietario di un’altra unità (ad esempio, quella del piano di sopra), la controversia non rientra “in materia di condominio” e quindi la mediazione non è condizione di procedibilità. La successiva chiamata in causa del condominio non rende improcedibile l’azione originaria.

È possibile contestare in Cassazione l’accertamento sulla proprietà di una tubatura che ha causato il danno?
No. La Corte ha ribadito che stabilire se una tubatura sia di proprietà esclusiva o condominiale è un accertamento di fatto. Se il giudice di merito (Tribunale o Corte d’Appello) giunge a una conclusione basandosi su prove come consulenze tecniche e testimonianze, e la motiva in modo logico e non contraddittorio, questa decisione non può essere riesaminata dalla Corte di Cassazione.

Se l’importo del risarcimento riconosciuto è inferiore a quello richiesto, chi paga le spese legali?
La parte che ha causato il danno e che è stata condannata al risarcimento, anche se in misura ridotta, rimane la parte prevalentemente soccombente. L’accoglimento parziale della domanda non determina una “soccombenza reciproca”. Il giudice può, a sua discrezione, disporre una compensazione parziale delle spese, ma non può condannare la parte danneggiata (e parzialmente vittoriosa) a pagare le spese legali della controparte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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