Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5990 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5990 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: ABETE NOME
Data pubblicazione: 06/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 8737 – 2018 R.G. proposto da:
REGIONE LOMBARDIA -c.f. CODICE_FISCALE -in persona del Presidente, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e dife sa dall’AVV_NOTAIO COGNOME dell’Avvocatura regionale in virtù di procura speciale autenticata a AVV_NOTAIO in data 21.6.2021 ed allegata alla comparsa di costituzione di nuovo difensore in data 21.6.2021; elettivamente domiciliata in Roma, al INDIRIZZO, pr esso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO.
RICORRENTE
contro
RAGIONE_SOCIALE p.i.v.a. P_IVA – in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME che disgiuntamente e congiuntamente all’AVV_NOTAIO NOME COGNOME la rappresenta e difende in virtù di procura speciale su foglio allegato al controricorso.
CONTRORICORRENTE -RICORRENTE INCIDENTALE
e
RAGIONE_SOCIALE -c.f. P_IVA – in persona del sindaco pro tempore , elettivamente domiciliato, con indicazione dell’indirizzo p.e.c., in INDIRIZZO Molgora, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO che lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale autenticata a AVV_NOTAIO in data 18.7.2022 ed allegata alla comparsa di costituzione di nuovo difensore in data 25.11.2022.
CONTRORICORRENTE -RICORRENTE INCIDENTALE avverso la sentenza n. 741/2018 della Corte d’A ppello di Milano; udita la relazione nella camera di consiglio del 15 novembre 2023 del AVV_NOTAIO,
RILEVATO CHE
Con atto notificato in data 8/13.5.1998, la ‘RAGIONE_SOCIALE citava a comparire innanzi al Tribunale di Milano il Comune di Carenno e la Regione Lombardia.
Premetteva che ea proprietaria di una vasta superficie in territorio del Comune di Carenno, per la cui edificazione, ovvero per la realizzazione di un insediamento turistico, aveva stipulato con il Comune convenuto nell’anno 1969 una convenzione di lottizzazione; che con la medesima convenzione si era impegnata all’esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria da cedere poi al Comune (cfr. ricorso principale, pagg. 3 – 4) .
Premetteva altresì che nel 1985 aveva siglato con il Comune di Carenno un atto ‘ interpretativo ed attuativo della convenzione ‘ – poi inserito nel P.R.G.
approvato con delibera comunale del 26.3.1985 -con il quale aveva acconsentito all’aumento degli oneri di urbanizzazione e alla diminuzione della volumetria residenziale realizzabile a fronte della disponibilità del Comune al rilascio in tempi brevi delle concessioni edilizie (cfr. ricorso principale, pag. 4) .
Indi esponeva che con delibera n. 3859 del 10.12.1985, finalizzata alla individuazione delle aree di interesse ambientale ex lege n. 431/1985, la Regione Lombardia aveva sottoposto a vincolo di inedificabilità anche il terreno di proprietà di essa attrice (cfr. ricorso principale, pag. 4) .
Esponeva inoltre che successivamente, con delibera n. 30012 del 3.3.1998, la Regione Lombardia aveva stralciato d’ufficio dallo strumento urbanistico del Comune di Carenno le aree oggetto delle convenzioni siglate nel 1969 e nel 1985 (cfr. ricorso principale, pag. 4) .
Esponeva infine che dalle descritte vicende era scaturito un articolato contenzioso amministrativo (cfr. ricorso principale, pag. 4) .
Chiedeva, dunque, condannare gli enti convenuti a risarcirle i danni sofferti.
Si costituiva il Comune di Carenno.
Instava per il rigetto dell’avversa domanda.
Si costituiva la Regione Lombardia.
Del pari instava per il rigetto della domanda attorea.
Con sentenza n. 5963/2011 il Tribunale di Milano rigettava la domanda.
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE proponeva appello.
Resisteva il Comune di Carenno; esperiva appello incidentale.
Resisteva la Regione Lombardia.
5. Espletata la c.t.u. disposta in seconde cure, con sentenza n. 741/2018 la Corte d’Appello di Milano accoglieva l’appello principale, rigettava l’appello incidentale e, per l’effetto, in totale riforma della gravata sentenza cond annava gli appellati in solido a risarcire il danno cagionato all’appellante principale, liquidato -con attualizzazione al dicembre 2016 – in euro 699.368,53, oltre rivalutazione al dicembre 2017 ed interessi legali dalla sentenza al saldo.
La corte evidenziava -in relazione alla doglianza dell’appellante principale a tenor della quale il tribunale né aveva valutato la lesione del suo diritto di proporre osservazioni in ordine alle proposte pianificatorie né aveva ritenuto che siffatta lesione fosse risarcibile autonomamente e indipendentemente dalla realizzabilità dello ius aedificandi -che, a seguito e per effetto dei vizi di forma inficianti la procedura che aveva, mercé la delibera n. 30012/1998, condotto al vincolo assoluto di inedificabilità al di sopra dei 1.000 metri ed allo stralcio dal P.R.G. del Comune di Carenno delle aree oggetto delle convenzioni siglate nel 1969 e nel 1985, era insorto il diritto della principale appellante di conseguire il ristoro sia del pregiudizio scaturito dalla lesione dell’interesse legittimo ad interloquire con la P.A. – e nel procedimento di variazione del P.R.G. che aveva vanificato il piano di lottizzazione dapprima approvato e nella fase di realizzazione -sia del pregiudizio scaturito dalla lesione del legittimo affidamento che l’appellante principale aveva riposto nella possibilità di attuare il piano in particolare alla luce dell’atto ‘interpretativo ed attuativo della convenzione’ del 1985 (cfr. sentenza d’appello, pag. 6) .
Evidenziava altresì – la corte in relazione alla ‘ mutatio libelli ‘ asseritamente inficiante le prospettazioni in appello della ‘RAGIONE_SOCIALE‘, la
quale, a giudizio della Regione Lombardia, unicamente in seconde cure si era doluta della violazione dell’interesse legittimo di natura oppositiva a presentare osservazioni al piano urbanistico, che già in prime cure il tribunale aveva delibato la configurabilità, escludendone la sussistenza , in capo all’iniziale attrice di un diritto soggettivo/interesse legittimo di natura oppositiva (cfr. sentenza d’appello, pag g. 6 – 7) .
Evidenziava ancora, in ordine alla nullità asseritamente inficiante la c.t.u., siccome l’ausiliario aveva ‘tenuto conto di documenti di parte attrice non regolarmente prodotti’ (così sentenza d’appello, pag. 7) , che l’acquisizione dei documenti allegati dalle parti in sede di consulenza era ‘avvenuta in contraddittorio e sull’accordo dei c.t.p.’ (cfr. sentenza d’appello, pag. 7) .
Evidenziava infine che gli interessi legali erano da computare a decorrere dalla sentenza, siccome, altrimenti, l’appellante principale avrebbe conseguito più di quanto avrebbe ottenuto in caso di tempestivo adempimento (cfr. sentenza d’appello, pag. 12) .
Avverso tale sentenza la Regione Lombardia ha proposto ricorso; ne ha chiesto sulla scorta di tre motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione.
La ‘RAGIONE_SOCIALE ha depositato controricorso recante ricorso incidentale articolato in tre motivi; ha chiesto rigettarsi il ricorso principale ed accogliersi il ricorso incidentale con ogni conseguente statuizione.
Il Comune di Carenno ha depositato controricorso recante ‘ricorso incidentale tardivo’; ha chiesto accogliersi il ricorso principale della Regione Lombardia ed il proprio ricorso incidentale nonché rigettarsi il ricorso incidentale della ‘RAGIONE_SOCIALE
La ‘RAGIONE_SOCIALE ha depositato ulteriore controricorso; ha chiesto rigettarsi il ricorso incidentale tardivo del Comune di Carenno.
La Regione Lombardia ha depositato memoria.
Parimenti ha depositato memoria il Comune di Carenno.
Del pari ha depositato memoria la ‘RAGIONE_SOCIALE
CONSIDERATO CHE
8. Con il primo motivo la ricorrente principale denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione ed errata applicazione dell’art. 345 , 1° co., cod. proc. civ.
Deduce che la ‘RAGIONE_SOCIALE aveva in primo grado domandato il risarcimento dei danni derivati dalla lesione del diritto soggettivo al conseguimento del titolo concessorio in dipendenza del ritardo della P.A. (cfr. ricorso principale, pag. 9) .
Deduce che la ‘RAGIONE_SOCIALE ha in secondo grado domandato per la prima volta il risarcimento/indennizzo dei danni derivati dalla lesione dell’interesse legittimo pretensivo o oppositivo , in dipendenza della mancata partecipazione alla procedura di modifica del P.R.G. (cfr. ricorso principale, pag. 9) .
Deduce, dunque, che la ‘ causa petendi ‘ della domanda risarcitoria è stata correlata in primo grado alla violazione dello ius aedificandi, ed in secondo grado alla mancata partecipazione al procedimento amministrativo (cfr. ricorso principale, pag. 10) .
Deduce, quindi, che la domanda esperita in appello era del tutto ‘nuova’ né rileva la circostanza per cui l’originaria attrice avesse in prime cure domandato
genericamente il risarcimento dei danni tutti asseritamente sofferti (cfr. ricorso principale, pag. 12) .
Il primo motivo del ricorso principale va respinto.
Questa Corte spiega che si ha proposizione in appello di domanda nuova e diversa da quella fatta valere in primo grado – come tale vietata dall ‘ art. 345 cod. proc. civ. -quando la ‘ causa petendi ‘ dedotta, essendo fondata su presupposti di fatto anteriormente non prospettati, importi il mutamento dei fatti costitutivi del diritto fatto valere in giudizio ed introduca nel processo un nuovo tema di indagine e di decisione che alteri l’oggetto sostanziale dell’azione ed i termini della controversia (cfr. Cass. 29.8.1990, n. 8961; Cass. 28.1.2000, n. 978; Cass. 31.3.2007, n. 8056, secondo cui, affinché vi sia ‘ mutatio libelli ‘ vietata in grado di appello, occorre che sussista una radicale immutazione del fatto giuridico costitutivo del diritto originariamente vantato, essendo stati posti a fondamento della pretesa fatti nuovi e diversi mai dedotti in primo grado) .
Su tale scorta si rileva nella specie quanto segue.
Nel corso del giudizio di primo grado era già venuta in rilievo la circostanza per cui era insorto tra le parti ‘un complesso contenzioso amministrativo che, per quel che qui interessa, si è concluso con la sentenza del TAR confermata dal Consiglio di Stato che ha accertato il vizio procedurale per difetto di partecipazi one dei privati al procedimento di formazione del PRG’ (così sentenza d’appello, pag. 3, nella parte in cui è riferito lo ‘svolgimento del processo’ e ove, appunto, è menzionata la sentenza del Consiglio di Stato n. 1361/2010) .
Segnatamente, la Corte di Milano, nei ‘motivi della decisione’ della statuizione in questa sede impugnata (cfr. pag. 4) , ha puntualizzato che il
Consiglio di Stato, con l’ulteriore pronuncia n. 1362/2010, aveva dato atto, ‘in relazione alla consistenza delle modifiche apportate dal piano adottato, a livello di , che fosse indispensabile quella fase di partecipazione dei privati che peraltro, nella specie, è stata nuovamente del tutto omessa’.
Si ha riscontro, dunque, che la prospettazione della lesione dell’interesse legittimo a prender parte alla procedura di modifica del P.R.G. era già ricompresa, era già parte integrante del complesso dei fatti addotti in primo grado.
In tal guisa, quindi, non vi è stata in seconde cure l’introduzione di un nuovo tema di indagine e di decisione idoneo ad alterare l’oggetto sostanziale dell’azione ed i termini della controversia.
C on il secondo motivo la ricorrente principale denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione ed errata applicazione dell’art. 2697 cod. civ.
Deduce che la Corte di Milano mercé la c.t.u. disposta in grado d’appello ha supplito al mancato assolvimento dell’onere probatorio gravante sulla ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (cfr. ricorso principale, pag. 13) .
Deduce, del resto, che la stessa ‘RAGIONE_SOCIALE‘ aveva, nell’atto d’appello, rappresentato che la documentazione necessaria ai fini della prova del danno non era nella sua disponibilità ed in parte era andata smarrita (cfr. ricorso principale, pag. 13) .
Il secondo motivo del ricorso principale del pari va respinto.
Il consulente tecnico d ‘ ufficio può acquisire documenti pubblicamente consultabili o provenienti da terzi o dalle parti nei limiti in cui siano necessari
sul piano tecnico ad avere riscontro della correttezza delle affermazioni e produzioni documentali delle parti stesse oppure quando emerga l’indispensabilità dell’accertamento di una situazione di comune interesse, indicandone la fonte di acquisizione e sottoponendoli al vaglio del contraddittorio ma non può ricercare ‘ aliunde ‘ ciò che costituisce materia rimessa all’onere di allegazione e prova delle parti stesse (cfr. Cass. 14.11.2017, n. 26893. Cfr. altresì Cass. sez. un. 1.2.2022, n. 3086, secondo cui, in materia di consulenza tecnica d’ufficio, il consulente nominato dal giudice, nei limiti delle indagini commessegli e nell’osservanza del contraddittorio delle parti, può acquisire, anche prescindendo dall ‘ attività di allegazione delle parti – non applicandosi alle attività del consulente le preclusioni istruttorie vigenti a loro carico – tutti i documenti necessari al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, a condizione che non siano diretti a provare i fatti principali dedotti a fondamento della domanda e delle eccezioni che è onere delle parti provare e salvo, quanto a queste ultime, che non si tratti di documenti diretti a provare fatti principali rilevabili d’ufficio ) .
Su tale scorta si rileva nella specie quanto segue.
La Corte di Milano ha opportunamente premesso che doveva reputarsi pacifico, tra le parti, quali fossero ‘le opere realizzate da COGNOME fino al blocco delle autorizzazioni edilizie (…) e altrettanto pacifica è l’avvenuta realizzazione di 18.000 mc di edificazioni’ (così sentenza d’appello, pag. 7) .
Indi, la corte d’appello ha dato atto, con riferimento alla documentazione prodotta in primo grado, che la perizia allegata, redatta dall’ingegner AVV_NOTAIO (costituente il documento NUMERO_DOCUMENTO) , aveva costituito un ‘elemento istruttorio utile
per individuare le opere realizzate e per attualizzare il valore delle opere stesse’ (così sentenza d’appello, pag. 7 ) .
La corte di merito, dunque, ha rimarcato che l’attività dell’ausiliario d’ufficio si è innestata sulla perizia -documento allegato in prime cure – espletata da ll’ing egner COGNOME (cfr. sentenza d’appello, pag. 7) .
La corte distrettuale, dipoi, ha posto in risalto che il c.t.u. aveva, sì, acquisito atti non prodotti dalle parti e nondimeno aveva acquisito, d’intesa con i consulenti delle parti, atti desumibili da fonti ufficiali, rinvenuti presso enti pubblici o pubbliche amministrazioni, poi debitamente sottoposti al vaglio del contraddittorio (cfr. sentenza d’appello, pag. 7) .
In tal guisa è da ritenere che l’attività del consulente d’ufficio si sia senz’altro esplicata entro i limiti segnati dalla elaborazione di questa Corte.
In tal guisa, quindi, è da escludere che l’ausiliario d’ufficio si sia sostituito alla ‘RAGIONE_SOCIALE nell’assolvimento dell’onere probatorio su tale parte gravante e, conseguentemente, è da disconoscere la prefigurata violazione dell’art. 2697 cod. civ.
Con il terzo motivo la ricorrente principale denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3 e n. 4, cod. proc. civ. la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, 2° co., n. 4, cod. proc. civ.
Deduce che la Corte di Milano per nulla ha motivato, allorché ha opinato per il difetto di novità della domanda risarcitoria esperita in grado d’appello dalla ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (cfr. ricorso principale, pag. 18) .
Deduce del resto che, allorché la corte d’appello ha assunto che il tribunale aveva analizzato anche la disciplina relativa agli interessi legittimi di natura
oppositiva, non ha tenuto conto dell’ulteriore rilievo espresso al riguardo dal primo giudice, ossia che trattavasi del diritto/interesse ‘finalizzato alla espansione della qualità edificatoria delle (…) aree in esito agli annullamenti pronunciati dal Giud ice amministrativo’ (cfr. ricorso principale, pag. 16) .
Il terzo motivo del ricorso principale parimenti va respinto.
È sufficiente ai sensi dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. il rinvio all’elaborazione di questa Corte.
Ovvero all’insegnamento secondo cui i n materia di vizi ‘ in procedendo ‘ non è consentito alla parte interessata di formulare in sede di legittimità la relativa censura in termini di omessa motivazione, in quanto spetta alla Corte di cassazione accertare se vi sia stato o meno il denunciato vizio di attività, attraverso l ‘ esame diretto degli atti, indipendentemente dall ‘ esistenza o dalla sufficienza e logicità dell ‘ eventuale motivazione del giudice di merito sul punto (cfr. Cass. (ord.) 2.9.2019, n. 21944; Cass. 10.11.2015, n. 22952) .
E, ben vero, si è dato conto, alla stregua dei rilievi formulati a reiezione del primo motivo del ricorso principale, che in appello non è stata esperita una ‘nuova’ domanda. Per il che non sussiste neppure il dedotto vizio di motivazione.
Con il ricorso incidentale il Comune di Carenno ha, dapprima, dichiarato d i ‘aderire al ricorso’ della Regione Lombardia (cfr. ricorso incidentale, pag. 6) .
Evidentemente i riscontri che giustificano il rigetto dei motivi tutti del ricorso principale, giustificano in pari tempo il rigetto in parte qua del ricorso incidentale del Comune di Carenno.
23. Il ricorrente incidentale Comune di Carenno, dipoi, denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 1, n. 4 e n. 5, cod. proc. civ. la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., degli artt. 34 e 35 d.lgs. n. 80/1998 e dell’art. 7 legge t.a.r.
Deduce che la Corte di Milano ha omesso di pronunciarsi in ordine al difetto di giurisdizione del giudice ordinario addotto ‘tra i motivi d’appello incidentale’ (così ricorso incidentale, pag. 9) .
Deduce comunque, pur ad ipotizzare che l’ ‘eccezione’ sia stata implicitamente respinta, che la pretesa risarcitoria sarebbe stata da devolvere alla giurisdizione del giudice amministrativo (cfr. ricorso incidentale, pag. 9) .
24. Il ricorso incidentale del Comune di Carenno è in parte qua inammissibile.
25. Si premette, in verità, che l’impugnato dictum non fornisce alcun riflesso del motivo d’appello incidentale ovvero dell’eccezione con cui il Comune RAGIONE_SOCIALE Carenno adduce di aver censurato il primo dictum attesa la giurisdizione del giudice amministrativo (nel ricorso incidentale – cfr. pag. 8 – il Comune RAGIONE_SOCIALE Carenno ha addotto, dapprima, di aver formulato al riguardo un motivo d’appello incidentale , poi, di aver formulato un’eccezione ; in memoria – cfr. pagg. 5/6 – il Comune RAGIONE_SOCIALE Carenno ha addotto di aver al riguardo formulato un’ eccezione. Cfr. Cass. sez. lav. 2.2.2018, n. 2605, secondo cui, allorché il giudice di primo grado abbia pronunciato nel merito, affermando, anche implicitamente, la propria giurisdizione, la parte che intende contestare tale riconoscimento è tenuta a proporre appello sul punto, eventualmente in via incidentale condizionata, trattandosi di parte vittoriosa; diversamente, l ‘ esame della relativa questione è preclusa in sede di legittimità, essendosi formato il giudicato implicito sulla giurisdizione) .
Segnatamente, non si rinviene -nel dictum di seconde cure -alcun riscontro del motivo d’appello incidentale ovvero dell’eccezione in punto di giurisdizione né nelle conclusioni delle parti né nello ‘svolgimento del processo’ (‘il Comune di Carenno si è costituito chiedendo il rigetto dell’appello e, in via incidentale, la riforma della sentenza in punto di compensazione delle spese’) né nei ‘motivi della decisione’.
Evidentemente, in ossequio agli oneri di specificità e di ‘autosufficienza’, ben avrebbe dovuto il Comune riprodurre testualmente il motivo dell’appello incidentale ovvero l’eccezione (inadeguato è il riferimento -a pag. 8 del ricorso incidentale alla ‘pag. 60 della comparsa di costituzione e risposta’; riferimento al motivo d’appello incidentale ovvero all’eccezione neppure si rinviene alle pagg. 5 e 6 del ricorso incidentale , ove si riferisce del giudizio d’appello. Cfr. Cass. sez. un. 25.7.2019, n. 20181, ove si è puntualizzato che l’ ‘error in procedendo’ non è rilevabile ex officio e che questa Corte non può ricercare e verificare autonomamente i documenti interessati dall’accertamento dell’ ‘error’ . Cfr., altresì, Cass. (ord.) 3.7.2009, n. 15628, secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, ai fini de l soddisfacimento del requisito di cui all’art. 366, 1° co., n. 6, cod. proc. civ., non rileva che le indicazioni siano contenute in altri atti, posto che non può utilizzarsi il principio, applicabile alla sanzione della nullità, del cosiddetto raggiungimento dello scopo, sicché solo il ricorso può assolvere alla funzione prevista dalla suddetta norma) .
26. Su tale scorta non possono che formularsi i rilievi che seguono.
Da un canto, non vi è margine, neppure in tesi, per ipotizzare il vizio di omessa pronuncia.
D’altro canto, sovviene l’insegnamento delle sezioni unite di questa Corte secondo cui il giudicato interno sulla giurisdizione si forma tutte le volte in cui il giudice di primo grado abbia pronunciato nel merito, affermando anche implicitamente la propria giurisdizione, e le parti abbiano prestato acquiescenza a tale statuizione, non impugnando la sentenza sotto questo profilo, sicché non può validamente prospettarsi l’insorgenza sopravvenuta di una questione di giurisdizione all’esito del giudizio di secondo grado, perché tale questione non dipende dall’esito della lite, ma da due invarianti primigenie, costituite dal ‘ petitum ‘ sostanziale della domanda e dal tipo di esercizio di potere giurisdizionale richiesto al giudice (cfr. Cass. sez. un. 27.4.2018, n. 10265. Cfr., altresì, Cass. sez. un. 19.3.2020, n. 7454) .
27. Si rimarca, in ogni caso, che il presente giudizio ha avuto inizio in data 8/13 maggio 1998 (cfr. controricorso – al ricorso incidentale -della ‘RAGIONE_SOCIALE‘, pag. 15) .
Sovviene, perciò, l’insegnamento delle sezioni unite di questa Corte n. 500 del 22.7.1999 (Rv. 530554-01) a tenor del quale, in relazione ai giudizi pendenti alla data del 30 giugno 1998, l ‘ azione di risarcimento del danno ex art. 2043 cod. civ. – nei confronti della RAGIONE_SOCIALE., per esercizio illegittimo della funzione pubblica, bene è proposta davanti al giudice ordinario.
Conseguentemente, la giurisdizione era del giudice ordinario ed è rimasta, ex art. 5 cod. proc. civ., al giudice ordinario.
E ciò tanto più ad opinare, rectius , nel senso che la responsabilità che la presente controversia involge, ha da esser ricondotta al paradigma della cosiddetta responsabilità ‘da contatto sociale’, ossia della responsabilità, non
aquiliana, bensì soggetta alle regole della responsabilità contrattuale, configurabile, pur in assenza d’un vincolo negoziale tra danneggiante e danneggiato (non in ogni ipotesi in cui taluno, nell’eseguire un incarico conferitogli da altri, nuoccia a terzi, come conseguenza riflessa dell’attività così espletata, ma soltanto) quando il danno sia derivato dalla violazione di una precisa regola di condotta, imposta dalla legge allo specifico fine di tutelare i terzi potenzialmente esposti ai rischi dell’attività svolta dal danneggiante, tanto più ove il fondamento normativo della responsabilità si individui nel riferimento dell’art. 1173 cod. civ. agli altri atti o fatti idonei a produrre o bbligazioni in conformità dell ‘ ordinamento giuridico (in ordine alla responsabilità da ‘contatto sociale’ cfr. Cass. (ord.) 29.12.2020, n. 29711; Cass. 11.7.2012, n. 11642) .
Invero, le sezioni unite di questa Corte spiegano che la responsabilità della pubblica amministrazione per il danno derivante dalla lesione dell’affidamento sulla correttezza dell’azione amministrativa – avente quale presupposto il mancato rispetto dei doveri di correttezza e buona fede gravanti sulla P.A. – ha natura contrattuale e va inquadrato nello schema della responsabilità ‘relazionale’ (o ‘da contatto sociale qualificato’, idoneo a produrre obbligazioni ai sensi dell’art. 1173 cod. civ.) , sia nel caso in cui nessun provvedimento amministrativo sia stato emanato, sia in caso di emanazione di un provvedimento lesivo, sia nell ‘ ipotesi di emissione e successivo annullamento di un atto ampliativo della sfera giuridica del privato; cosicché la controversia relativa all’accertamento della responsabilità dell’amministrazione rientra nella giurisdizione del giudice ordinario (cfr. Cass. sez. un. (ord.) 19.1.2023, n. 1567; altresì Cass. sez. un. (ord.) 28.4.2020, n. 8236; ancora Cass. sez. un. (ord.)
28.8.2023, n. 25324, ove si puntualizza che il pregiudizio non deriva dalla violazione delle regole di diritto pubblico sull ‘ esercizio della potestà amministrativa, bensì, in una più complessa fattispecie, dalla violazione dei principi di correttezza e buona fede, che devono governare il comportamento dell ‘ amministrazione e si traducono in regole di responsabilità, non di validità dell ‘ atto) .
C on il primo motivo la ricorrente incidentale ‘RAGIONE_SOCIALE denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 4, cod. proc. civ. la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per omessa pronuncia.
Deduce che la Corte di Milano non si è pronunciata sulla sua domanda di rimborso – autonoma voce di danno -dei costi, sostenuti pur quando la convenzione era interrotta, di manutenzione delle strade e dell’acquedotto e di erogazione dell’energia elettrica per l’acquedotto, domanda formulata nell’atto di citazione di primo grado e reiterata in grado d’appello (cfr. ricorso incidentale, pagg. 24 -25 e 28) .
Il primo motivo del ricorso inci dentale di ‘NOME‘ va rigettato.
Non può non rimarcarsi, previamente, che la censura di omessa pronuncia è stata formulata in modo irrituale.
Tanto specificamente alla luce dell’insegnamento delle sezioni unite di questa Corte n. 17931 del 24.7.2013, a tenor del quale, nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronuncia, da parte dell’impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni proposte, non è indispensabile che faccia esplicita menzione della ravvisabilità della fattispecie di cui al n. 4 del 1° c o. dell’art. 360 cod. proc. civ., con riguardo all’art. 112 cod. proc. civ., purché il motivo rechi
univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, dovendosi, invece, dichiarare inammissibile il gravame allorché sostenga che la motivazione sia mancante o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge (cfr. altresì Cass. 29.11.2016, n. 24247) .
Ebbene, il mezzo di impugnazione in disamina non contiene alcun riferimento alla nullità della decisione e prospetta, alla luce dell’enunciazione di cui alla rubrica, unicamente la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ .
32. In ogni caso si rappresenta quanto segue.
La corte di merito, in sede di liquidazione del danno ed in ordine alla doglianza dell’appellante principale secondo cui i costi di manutenzione erano stati quantificati solo parzialmente, benché fosse pacifico che aveva ‘effettuato la manutenzione delle opere di urbanizzazione anche quando la Convenzione (a causa delle vicende amministrative e giudiziarie intercorse) era interrotta, ossia tra l’aprile 1981 e il marzo 1985 e nel periodo successivo al settembre 1987’ (così sentenza d’appello, pag. 9) , ha ripreso testualmente i rilievi del consulente d’ufficio, in aderenza ai quali ha espressamente statuito.
Segnatamente, ha ripreso il rilievo dell’ausiliario d’ufficio secondo cui ‘per quanto sopra, saranno valutate dallo scrivente c.t.u. al fine del loro rimborso le sole spese di gestione intercorse nei due periodi menzionati, mentre verrà escluso dal computo quanto rilevato in altro periodo’ (così sentenza d’appello, pag. 10, ove si soggiunge: ‘l’impostazione appare alla Corte ineccepibile (…)’) .
Dunque, in questi termini, la Corte di Milano ha senza dubbio pronunciato.
Per giunta, la corte d’appello ha specificato, in ordine alla doglianza dell’appellante principale secondo cui alcuni costi non erano stati dall’ausiliario d’ufficio contabilizzati, che ‘il consulente ha preso in esame ogni singola fattura depositata sub d oc. 22 da COGNOME‘ (così sentenza d’appello, pag. 10) .
C on il secondo motivo la ricorrente incidentale ‘RAGIONE_SOCIALE denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1219, 1223, 1224, 1282, 2043 e 2056 cod. civ.
Deduce che ha errato la Corte di Milano a riconoscere gli interessi legali sulla somma accordata a titolo risarcitorio a far data dalla sentenza (cfr. ricorso incidentale, pag. 29) , anziché a far data dal compimento dell’illecito ovvero dall’instaurazione del giudizio di primo grado (cfr. ricorso incidentale, pag. 33) .
Deduce che la corte d’appello ha in tal modo applicato ad un debito di valore la regola valevole per un debito di valuta (cfr. ricorso incidentale, pag. 30) .
35. Il secondo motivo del ricorso incidentale della ‘RAGIONE_SOCIALE è fondato e meritevole di accoglimento.
36. Al riguardo sono sufficienti le puntualizzazioni che seguono.
Si è anticipato, dapprima, che nella specie l’oggetto del contendere si è connotato altresì alla stregua della lesione dell’interesse legittimo a prender parte alla procedura di modifica del P.R.G.
Si è anticipato, poi, che la responsabilità che la presente controversia involge, va ricondotta, propriamente, al paradigma della cosiddetta responsabilità ‘da contatto sociale’, ossia della responsabilità, soggetta alle regole della responsabilità contrattuale, destinata a configurarsi -nel quadro della finale
previsione dell’art. 1173 cod. civ. ‘(…) o da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico’ – non già in ipotesi di inadempimento di un vincolo contrattuale bensì in ipotesi di violazione da parte del danneggiante dei principi di correttezza e buona fede, principi evidentemente che, nella specie, avrebbero dovuto improntare l’azione della Pubblica Amministrazione.
In questi termini -ed in conformità all’alternativa richiesta del la ricorrente incidentale (cfr. ricorso incidentale, pag. 33) – gli interessi legali sulla somma accordata a titolo risarcitorio vanno computati a far data dalla instaurazione del giudizio di primo grado, ossia dalla notificazione dell’atto introduttivo del giudizio di prime cure, notificazione che, ai sensi del 1° co. dell’art. 1219 cod. civ., ha comportato la costituzione in mora.
C on il terzo motivo la ricorrente incidentale ‘RAGIONE_SOCIALE denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.; ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l’omesso esame circa fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
Deduce che la Corte di Milano non ha tenuto conto – così violando il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato – del criterio equitativo addotto a fondamento della propria domanda di liquidazione del danno da lucro cessante per la mancata vendita di taluni terreni (cfr. ricorso incidentale, pag. 33) .
Il terzo motivo del ricorso inci dentale di ‘RAGIONE_SOCIALE‘ del pari va rigettato.
La Corte di Milano ha, in ordine al risarcimento invocato in via equitativa a ristoro del pregiudizio da lucro cessante asseritamente sofferto per la mancata
vendita di taluni terreni compresi nella lottizzazione, affermato che la pretesa era stata formulata in termini generici ed era rimasta del tutto sfornita di prova (cfr. sentenza d’appello, pag. 10) .
40. Ebbene, il motivo in disamina non censura in maniera specifica la ‘ ratio in parte qua decidendi ‘.
Ossia non reca puntuale censura dell’affermazione della corte distrettuale secondo cui la doglianza in appello avrebbe dovuto esser formulata ‘in termini specifici per ogni singolo rapporto contrattuale instaurato’ e poi, di seguito, comprovata. Ben vero, la corte territoriale ha precisato che nulla era stato esplicitato in ordine alle vicende che avevano fatto seguito alla stipulazione dei contratti preliminari (cfr. sentenza d’appello, pag. 10) .
Del resto, la medesima ricorrente incidentale ha dato atto che aveva ‘solamente come criterio per il calcolo di tale danno (…) indicato come parametro di riferimento il prezzo medio di vendita al mc di cui ai contratti preliminari depositati’ (così ricorso incidentale, pagg. 34 -35) .
D ‘altra parte, la liquidazione equitativa ex art. 1226 cod. civ. consente di sopperire alle difficoltà di quantificazione del danno al fine di assicurare l ‘ effettività della tutela risarcitoria, ma non può assumere valenza surrogatoria della prova -e, prima ancora, della puntuale allegazione – incombente sulla parte, dell’esistenza dello stesso e del nesso di causalità giuridica che lo lega all’inadempimento o al fatto illecito extracontrattuale (cfr. Cass. (ord.) 18.3.2022, n. 8941; Cass. 6.12.2018, n. 31546) .
41. I n accoglimento e nei limiti dell’accoglimento del secondo motivo del ricorso incidentale della ‘RAGIONE_SOCIALE la sentenza n.
741/2018 della Corte d’Appello di Milano va cassata con rinvio alla stessa corte d’appello in diversa composizione, anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
All’enunciazione, in ossequio alla previsione dell’art. 384, 1° co., cod. proc. civ., del principio di diritto -al quale ci si dovrà uniformare in sede di rinvio può farsi luogo per relationem , nei medesimi termini espressi dalle pronunce di questa Corte n. 26202/2022 e n. 37798/2022 in precedenza menzionate.
In dipendenza del (parziale) buon esito del ricorso non sussistono i presupposti perché, ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. n. 115/2002, la ricorrente incidentale ‘RAGIONE_SOCIALE sia tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma del 1° co. bis dell’art. 13 d.P.R. cit.
Ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. 30.5.2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, sia da parte della ricorrente principale, Regione Lombardia, sia da parte del ricorrente incidentale, Comune di Carenno, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315) .
P.Q.M.
La Corte così provvede:
accoglie il secondo motivo di ricorso incidentale della ‘RAGIONE_SOCIALE, cassa in relazione al medesimo motivo la sentenza n. 741/2018 della Corte d’Appello di Milano e rinvia a lla stessa corte d’appello in diversa
composizione anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità;
rigetta il ricorso principale della Regione Lombardia; rigetta il ricorso incidentale del Comune di Carenno;
motivo del ricorso incidentale della ‘RAGIONE_SOCIALE
rigetta il primo motivo ed il terzo RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE;
ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. 30.5.2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, sia da parte della ricorrente principale, Regione Lombardia, sia da parte del ricorrente incidentale, Comune di Carenno, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte