Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 35057 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 35057 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14896/2023 R.G. proposto da : COGNOME elettivamente domiciliata in PISA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in LIVORNO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè contro RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in
ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè
COGNOME
contro
NOME
-intimato- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di FIRENZE n. 896/2023 depositata il 27/04/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
Con atto notificato il 3 luglio 2023 NOME COGNOME ricorre per la cassazione della sentenza n. 896/2023 della Corte d’appello di Firenze, depositata il 27/04/2023. L’intimato Notaio NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE quale assicuratore del chiamato in causa rag. NOME COGNOME hanno notificato separati controricorsi, quest’ultima depositando memoria illustrativa.
Nel 2017 COGNOME NOME ha convenuto in giudizio innanzi al Tribunale di Livorno il Notaio NOME COGNOME e il rag. NOME COGNOME per l’accertamento della loro responsabilità professionale inerente a un contratto definitivo di compravendita immobiliare, collegato a un contratto preliminare stipulato il 10 luglio 2000 con RAGIONE_SOCIALE (in persona dell’amministratore NOME COGNOME, per il prezzo complessivo di 625 milioni di lire (poi rinegoziato in 675 milioni il 26 marzo 2002), in cui la sig.ra COGNOME compariva quale promissaria acquirente. La COGNOME chiedeva il risarcimento del pregiudizio patrimoniale subito per la mancata permuta dell’
appartamento sito in Sassetta, in comproprietà col marito (risultato ipotecato a favore di una banca per errore nella iscrizione ipotecaria da parte del Notaio COGNOME), il cui valore, in base al preliminare, andava a soluzione di parte del corrispettivo di vendita ( pari a 175 milioni di lire), nonché per il ritardato versamento da parte del rag. COGNOME dell’importo di 77, 5 milioni di lire, ricevute in prestito dalla società venditrice a soluzione delle rate del mutuo contratto per l’acquisto immobiliare.
Nei confronti del Notaio COGNOME veniva dedotta dalla COGNOME una responsabilità da ‘contatto sociale’ per avere erroneamente iscritto ipoteca a favore di una banca, creditrice di altri soggetti estranei al rapporto de quo , sull’immobile promesso in permuta, qualificata invece dal Tribunale di Livorno come responsabilità extracontrattuale, sull’assunto che la COGNOME fosse rimasta estranea al rapporto instaurato con il Notaio (che per errore aveva iscritto ipoteca su un immobile della COGNOME anziché su quello, adiacente, di NOME COGNOME e NOME COGNOME). Nei confronti del ragioniere COGNOME veniva dedotta una responsabilità per inadempimento del mandato conferitogli di negoziare con la banca una dilazione del pagamento del mutuo contratto per acquistare l’immobile.
Il giudice di prime cure, accertata la prescrizione del diritto nei confronti di entrambi i professionisti, aveva respinto le domande.
Impugnata la sentenza innanzi alla Corte d’appello di Firenze, quest’ultima confermava la pronuncia di accertamento della estinzione del diritto risarcitorio per prescrizione nei confronti del notaio, essendo spirato il termine della responsabilità extracontrattuale nei suoi confronti, sull’assunto che la responsabilità del notaio non potesse qualificarsi ‘da contatto sociale’, non essendo la COGNOME da includere tra i soggetti qualificati direttamente interessati dalla sua condotta professionale, risultando terza estranea al negozio stipulato da quest’ultimo; pur
non ritenendo prescritta l’azione contrattuale nei confronti del rag. COGNOME in ragione degli eventi interruttivi determinati da vari giudizi instaurati tra le parti e collegati alla vicenda sopra descritta, la riteneva infondata nel merito, sull’assunto che non sussistesse alcun collegamento causale tra le somme invocate a titolo risarcitorio (ammontante in € 157.000, pari all’esposizione debitoria della Bernini nei confronti della banca) e il ritardo nel versamento alla banca dell’importo di 77.5 milioni di lire consegnato come prestito dalla promittente acquirente il 28 maggio 2002 e trattenuto su un proprio conto sino al 29 luglio 2002. Assumeva la Corte d’appello che la COGNOME non aveva provato che fossero intervenuti accordi transattivi con la banca, sì da poter assegnare valore risolutivo al ritardo del COGNOME nel versamento della suddetta minore somma a fronte di un debito complessivo della COGNOME all’epoca superiore a 300 milioni di lire.
Motivi della decisione
Il ricorso è affidato a otto motivi. Riguardo alla controversia avviata per affermare la responsabilità del notaio la ricorrente formula i seguenti motivi: 1. Ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1173, 1218 c.c. per la ritenuta esclusione dei presupposti di una responsabilità da “contatto sociale”; 2. Ai sensi dell’art 360 n.3 c.p.c., deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto di cui agli artt. 1176, 1218 e 2935 c.c. sull’individuazione del dies a quo rispetto alla decorrenza del termine prescrizionale, che non sarebbe stato individuato nel momento dell’effettiva percezione dell’errore professionale del danno provocato, bensì nella data di perfezionamento dell’atto erroneo redatto dal notaio; 3. Ai sensi dell’art. 360 n 4 c.p.c. per violazione dell’art. 115 comma 2 c.p.c., con riferimento alla ritenuta mancata prova del dies a quo del termine di prescrizione; 4. In via subordinata al motivo sub 7.3, ai sensi dell’art. 360, n. 4 c.p.c., deduce la violazione degli artt. 2721
ss. c.c. e 183, 7° co., c.p.c., per non avere la Corte di merito ammesso i capitoli di prova finalizzati ad individuare il momento in cui la COGNOME è venuta a conoscenza dell’errore professionale commesso dal Notaio COGNOME.
I motivi vanno esaminati congiuntamente, essendo tutti afferenti alla responsabilità -extracontrattuale -ricondotta dalla Corte di merito al Notaio COGNOME e alla conseguente pronuncia di estinzione del diritto per prescrizione.
Il primo motivo è inammissibile. La questione dell’interruzione del termine di prescrizione rispetto ai fatti di causa (anno 2002) ed alle domande di cui al presente giudizio è stata risolta dalla Corte d’appello riconoscendo, correttamente, dapprima valore interruttivo all’atto di citazione del 23.10.02, e poi all’atto di chiamata in causa del Notaio in altro giudizio del 28.05.04, con conservazione della efficacia sospensiva sino al passaggio in giudicato della sentenza che ebbe a decidere quel giudizio (n.189/10 del 18/02/2010). Nella sequenza degli eventi interruttivi il termine di prescrizione è stato considerato tardivamente interrotto dall’introduzione del presente procedimento con atto di citazione del 12.07.17, con riferimento alla responsabilità extracontrattuale ravvisabile nella condotta assunta nei confronti della COGNOME. La ricorrente, in merito, denuncia l’erronea qualificazione della responsabilità del Notaio come extracontrattuale anziché da ‘contatto sociale’, deducendo che la COGNOME, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d’appello, abbia acquisito la veste di ‘terza protetta’ dal negozio stipulato dal notaio per avere egli negligentemente apposto una iscrizione ipotecaria sul bene in sua proprietà, anziché su quello dei clienti nei confronti dei quali era stata richiesta concessione di ipoteca a favore di una banca.
Nel caso concreto, la Corte di merito ha considerato la Bernini come terza estranea al negozio di iscrizione di ipoteca, iscritta sul
suo bene per erronea identificazione catastale, non essendo la medesima ricollegabile ai rapporti intrattenuti tra i proprietari dell’immobile adiacente al suo e alla banca.
Al proposito va osservato che la rilevazione ed interpretazione del contenuto della domanda è attività riservata al giudice di merito ed è sindacabile: a) ove ridondi in un vizio di nullità processuale, nel qual caso è la difformità dell’attività del giudice dal paradigma della norma processuale violata che deve essere dedotto come vizio di legittimità ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.; b) ove comporti un vizio del ragionamento logico decisorio, eventualità in cui, se la inesatta rilevazione del contenuto della domanda determina un vizio attinente alla individuazione del ” petitum “, potrà aversi una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, che dovrà essere prospettato come vizio di nullità processuale ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.; c) allorché si traduca in un errore che coinvolge la “qualificazione giuridica” dei fatti allegati nell’atto introduttivo, ovvero la omessa rilevazione di un “fatto allegato e non contestato da ritenere decisivo”, ipotesi nella quale la censura va proposta, rispettivamente, in relazione al vizio di ” error in judicando “, in base all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., o al vizio di ” error facti “, nei limiti consentiti dall’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 11103 del 10/06/2020).
Nel caso specifico la Corte di merito, con motivazione insindacabile in questa sede processuale in quanto non violatrice del cd minimo costituzionale di cui a Cass. SU 8053/2014, dopo avere ricostruito i termini della vicenda alla luce delle circostanze dedotte, ha escluso che il Notaio sia incorso in una responsabilità da ‘contatto sociale’ per effetto dell’ errore di iscrizione di ipoteca sul bene del terzo estraneo alla stipula di detto negozio.
Tale giudizio, svolto sulla base dei fatti allegati, non è sindacabile quanto all’esito della valutazione, né risulta censurabile come vizio
di diritto, allorché il giudice abbia tenuto conto dei criteri di cui sopra. Sotto il profilo giuridico, infatti, non è il punto d’arrivo della decisione di fatto che determina l’esistenza del vizio di cui all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ., ma l’impostazione giuridica che, espressamente o implicitamente, abbia seguito il giudice di merito nel selezionare le norme applicabili alla fattispecie e nell’interpretarle (Cass., Sez un., 05/05/2006, n. 10313)
Quanto sopra rilevato si correla alla considerazione, svolta dalla Corte di merito in termini corretti, che la responsabilità “da contatto sociale”, soggetta alle regole della responsabilità contrattuale pur in assenza d’un vincolo negoziale tra danneggiante e danneggiato, è configurabile non in ogni ipotesi in cui taluno, nell’eseguire un incarico conferitogli da altri, rechi nocumento a terzi come conseguenza riflessa dell’attività espletata, ma quando il danno sia derivato dalla violazione di una o più precise regole di condotta, imposta dalla legge allo specifico fine di tutelare i terzi potenzialmente esposti ai rischi dell’attività svolta dal danneggiante, con riferimento all’art. 1173 c.c. (cfr. Cass. n. 11642/2012 e Cass. n. 29711/2020), quale fonte normativa, e quindi agli obblighi (essenzialmente di protezione) nei confronti di coloro che siano titolari degli interessi la cui tutela costituisce la ragione della prescrizione di quelle specifiche condotte (così, in motivazione, Cass. Sez. 1, sent. 11 luglio 2012, n. 11642).
Sotto questo profilo è stata ritenuta la responsabilità da “contatto sociale” del notaio, soggetta ex art. 1173 c.c. alle regole della responsabilità contrattuale e al maggior termine di prescrizione del diritto, nei riguardi dei terzi che, ad esempio, siano stati pregiudicati dalla attività negligente del professionista nel rogitare un atto di compravendita immobiliare inter alios , risultato inefficace nei loro confronti, quando il danno sia conseguenza diretta della violazione di regole di condotta della diligenza qualificata esigibile da tale pubblico ufficiale ed imposte
dalla legge per tutelare i terzi potenzialmente esposti ai rischi dell’attività svolta dal danneggiante, estendendosi la prestazione d’opera professionale alle attività di controllo e verifica, preparatorie e successive alla compravendita, necessarie ad assicurare la serietà e certezza dell’atto giuridico da rogarsi (Cass . Sez. 2 -, Ordinanza n. 19849 del 18/07/2024).
Avendo escluso la Corte di merito che la COGNOME rientri in questa ristretta categoria di terzi protetti, non vi è luogo per sindacare un giudizio svolto alla luce di corretti parametri, non essendo ammissibile che la responsabilità ‘da contatto sociale’ di un professionista, quale il notaio, valga nei confronti di qualunque terzo che, di riflesso, subisca gli effetti dei suoi inadempimenti.
Alla luce di quanto sopra, gli ulteriori motivi sono assorbiti, posto che per il diritto risarcitorio della COGNOME nei confronti del notaio COGNOME, allorché è stata esercitata l’azione de qua , era pacificamente spirato il termine quinquennale previsto per l’azione extracontrattuale ex art. 2043 c.c., e che il dies a quo per la decorrenza di detto termine è stato correttamente collocato dalla Corte di merito al tempo in cui il danno era oggettivamente percepibile per la COGNOME, e non al tempo dell’ iscrizione dell’ipoteca sul suo bene, avvenuto un decennio addietro.
Quanto al merito dell’azione contrattuale esercitata nei confronti del rag. COGNOME non caduta in prescrizione perché derivante da un mandato professionale ricevuto dalla COGNOME per gestire i rapporti con la banca mutuante, ritenuta dalla Corte territoriale -tuttavia -infondata nel merito, la ricorrente deduce i seguenti quattro gruppi di censure:
ai sensi dell’art 360 n. 4 (o, in ipotesi, n. 3) deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2730, 2733 e 2735 c.c., per aver il giudice di seconde cure disatteso le stesse affermazioni confessorie del Rag. COGNOME in merito all’incarico ricevuto dalla COGNOME; 2)
Ai sensi dell’ art. 360 n. 3 c.p.c. deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 2° comma, 1363, 1366 e 1183 c.c., in tema di interpretazione del contratto e individuazione del termine per il compimento degli adempimenti contrattuali, con riferimento alla non tempestività dell’attività posta in essere da parte del Rag COGNOME; 3. Ai sensi dell’art 360 n 4 c.p.c. deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, avendo il giudice di seconde cure, con motivazione da ritenersi affetta da vizio di mancanza assoluta di ratio decidendi dell’accertamento in fatto compiuto, là dove ha rigettato la domanda di risarcimento danni, per mancata prova dei danni dopo aver respinto la richiesta di prova testi, ammissibile, volta ad ottenere la prova della suddetta erogazione; 4. ai sensi dell’art. 360 n. 4, deduce la violazione delle norme sull’ammissione e rilevanza della prova, ai sensi degli artt. 2721 ss. c.c. e dell’art. 183, 7° comma, c.p.c.
I motivi sono inammissibili perché, lungi dall’enucleare la violazione dei denunciati principi di diritto sia nell’interpretare l’ampiezza del mandato ricevuto dal rag. COGNOME di assistere la COGNOME nella fase in cui le si era reso difficoltoso pagare le rate di mutuo concesso per l’attuazione dell’acquisto di cui al suaccennato preliminare, sia nel considerare la rilevanza del ritardo nel versamento dell’importo di 77,5 milioni di lire ricevuto dal ragioniere dalla società venditrice, intendono indurre questa Corte di legittimità a svolgere valutazioni su fatti già ampiamente scrutinati dalla Corte di merito alla luce dei documenti prodotti.
Ed invero, la Corte di merito ha ritenuto, sotto il profilo causale, che fu solo ed esclusivamente il ritardo nel versamento della somma di £ 120.000.000, collegata alla mancata permuta dell’immobile di proprietà della Bernini quale datio in solutum (per le suddette ragioni addebitabili al notaio), e non il ritardato versamento alla banca della somma di 77,5 milioni (ricevuta dal
COGNOME in contanti dalla società venditrice come ‘prestito’ a favore dell’acquirente), a compromettere i rapporti con l’istituto bancario, trattandosi di un inadempimento del quale il ragionier COGNOME non poteva rispondere in virtù del mandato a gestire la complessa situazione debitoria in cui già giaceva la cliente per effetto dei suddetti negozi ( preliminare di compravendita e mutuo bancario), con motivazione corretta e rispondente al cd minimo costituzionale di cui a Cass. SU 8053/20.
Così anche i capitoli di prova non ammessi sono stati considerati dalla Corte di merito come irrilevanti o inammissibili, alla luce della suddetta ratio decidendi . Rispetto ai vizi di violazione degli artt. 2721 c.c. e 183 co. 7 c.p.c., le deduzioni si rivelano del tutto non allineate alla ratio decidendi , che ha escluso la sussistenza di un nesso causale tra il ritardo nell’adempimento e il danno lamentato. E così, anche quanto alla presunta confessione del ragioniere circa il ritardo nell’adempimento, in tesi non adeguatamente considerata dalla Corte di merito, la deduzione è inammissibile ex art. 366 n. 4 c.p.c., poiché la ratio decidendi è nel senso di escludere valore confessorio a dette dichiarazioni, giacché la confessione deve riferirsi alla dichiarazione di un fatto che in tanto può dirsi ‘confessione’, in quanto nuoccia a chi la compia e giovi a chi la riceva, nell’ambito del rapporto obbligatorio che lega confitente e destinatario ( cfr. Sez. 3 -, Sentenza n. 16669 del 14/06/2024), mentre nel caso in questione non rileverebbe per quanto sopra detto in punto di carenza di un nesso causale tra ritardato inadempimento e danno.
Sicché le già indicate censure sono inammissibili sotto il profilo dell’articolo 366 numero 4 cod.proc.civ. poiché la lettura dei motivi, al lume della motivazione, evidenzia come la loro illustrazione non si correli alla ampia motivazione enunciata dalla Corte territoriale. Non apparendo i motivi correlati ad essa impingono nella ragione di inammissibilità espressa dal principio di diritto recentemente
rinverdito da Cass. SU n. 7074 del 2017, in quanto, per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione. L’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 n. 4 cod. proc. civ. (Cass, SU 23745 del 28/10/2020).
Conclusivamente, la Corte dichiara inammissibile il ricorso, con ogni conseguenza in merito alle spese, liquidate come in dispositivo a favore dei controricorrenti secondo le tariffe vigenti.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida per il Notaio COGNOME e per RAGIONE_SOCIALE, rispettivamente in € 4.700,00 e in € 4.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 02/12/2024.