Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21496 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 21496 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/07/2024
S E N T E N Z A
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante dott. NOME COGNOME, e COGNOME NOME , rappresentati e difesi per procure alle liti allegate al ricorso dagli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIONOME AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, elettivamente domiciliati presso l’indirizzo digitale pec dei difensori.
Ricorrenti
contro
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, con sede in Barletta, in persona dei soci accomandatari RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, rappresentati e difesi per procura alle liti allegata al controricorso da ll’ AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliati presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO in Milano, INDIRIZZO.
Controricorrenti
RAGIONE_SOCIALE
Intimata
avverso la sentenza n. 1088/2022 della Corte di appello di Milano, pubblicata il 31. 3. 2022.
Udita la relazione della causa svolta alla pubblica udienza del 7. 5. 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Udite le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto AVV_NOTAIO Generale dott.
NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Udite le difese svolte dagli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIONOME AVV_NOTAIO e NOME COGNOME per i ricorrenti e dall’AVV_NOTAIO per i controricorrenti.
Fatti di causa
RAGIONE_SOCIALE NOME, COGNOME RAGIONE_SOCIALE NOME e la RAGIONE_SOCIALE convennero in giudizio dinanzi al Tribunale di Sondrio RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME e COGNOME NOME esponendo di avere acquistato un immobile sito in comune di Lovero Valtellino e di avere incaricato l’arch. COGNOME NOME della progettazione e direzione di lavori edili sullo stesso; di avere acquistato dalla società RAGIONE_SOCIALE, su suggerimento e consulenza del predetto professionista, un impianto di cogenerazione per la produzione di energia alimentato da olio vegetale, da destinare anche alla vendita di energia a terzi; di avere costituito, ai fini dell’acquisto dell’ impianto, la società RAGIONE_SOCIALE e sottoscritto un contratto di leasing finanziario; di avere incaricato per la installazione dell ‘impianto ed il suo collegamento idraulico COGNOME NOME; che l’impianto, una volta attivato, mostrava evidenti difetti di funzionamento; che, a seguito di accertamento tecnico preventivo, veniva inoltre riscontrato che il macchinario era sovradimensionato e non in regola perché installato in assenza di progetto e di certificato di conformità. Sulla base di tali premesse di fatto, chiesero la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni causati dall ‘ inadempimento degli obblighi singolarmente assunti in forza degli incarichi professionali e della vendita.
Costituitisi in giudizio, i convenuti contestarono la domanda. COGNOME NOME e la società RAGIONE_SOCIALE proposero domande riconvenzionali per la condanna al pagamento, il primo, del saldo del proprio compenso professionale, pari a euro
15.790,36, e, la seconda, della somma di euro 7.136,27 per gli interventi di manutenzione eseguiti dell’impianto .
Con sentenza n. 27/2020 il Tribunale respinse tutte le domande avanzate dagli attori ed accolse per intero quelle proposte dai convenuti.
Proposto gravame, con sentenza n. 1088 del 31. 3. 2022 la Corte di appello di Milano riformò in parte la decisione impugnata, dichiarando fondate le domande di risarcimento dei danni avanzate dagli attori e condannando COGNOME NOME al pagamento in favore dei COGNOME della somma di euro 7.800,00, ed in favore della società RAGIONE_SOCIALE della somma di euro 28.304,26, e COGNOME NOME e la società RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore della società attrice, rispettivamente delle somme di euro 40.200,00 e di euro 24.221,00, oltre rivalutazione ed interessi, importi da compensarsi con i crediti riconosciuti dalla decisione di primo grado in loro favore.
La Corte territoriale motivò la sua decisione rilevando che risultava provato, sulla base della relazione svolta in sede di accertamento tecnico preventivo, che il macchinario era privo del certificato di conformità, era stato installato in assenza di un progetto relativo alla parte impiantistica, era sovradimensionato rispetto alla destinazione abitativa dell’immobile e non poteva essere alimentato usando come combustibile olio vegetale, come invece previsto. Esaminando separatamente la posizione delle parti convenute, la Corte affermò che ciascuna di esse era responsabile del cattivo funzionamento ed inutilizzabilità dell’impianto: l’arch. COGNOME NOME per avere svolto la sua attività di consulente degli acquirenti rappresentando la possibilità di utilizzazione del macchinario e del suo sfruttamento anche per la vendita di energia a terzi formulando indicazioni e pareri tecnici del tutto errati, che non tenevano conto dei parametri fondamentali richiesti per l’operazione in oggetto , quali i costi del combustibile e quelli di manutenzione, e senza la predisposizione di un progetto specifico; COGNOME NOME per avere eseguito l’installazione dell’impianto ed il collegamento idraulico dello stesso in assenza di un progetto esecutivo, la cui mancanza aveva impedito il rilascio da parte sua del certificato di conformità e quindi la possibilità di ottenere il certificato di prevenzione incendi, indispensabili per l ‘ utilizzazione del macchinario; la società RAGIONE_SOCIALE per avere rappresentato
all ‘ acquirente la possibilità di utilizzare l’impi an to facendo uso dell’olio di friggitoria, in contrasto con le indicazioni della casa RAGIONE_SOCIALE, provocando proprio per tale ragione guasti al sistema di filtraggio.
La Corte, sulla base di tali accertamenti, condannò quindi COGNOME NOME al pagamento in favore dei COGNOME della somma di euro 7.800,00, a titolo di rimborso della spesa, rivelatasi del tutto superflua, del serbatoio per lo stoccaggio dell’olio, ed in favore della società RAGIONE_SOCIALE della somma di euro 28.304,26, rappresentata dai costi per l’installazione dell’impianto ed agli interessi di mora corrisposti alla società di leasing per l’acquisto; COGNOME NOME al pagamento in favore della società attrice della somma di euro 40.200,00 a titolo di restituzione del corrispettivo a lui versato; la società RAGIONE_SOCIALE al pagamento di euro 24.221,00, corrispondente ai costi delle riparazioni eseguite per rendere l’impianto funzionante.
Per la cassazione di questa sentenza, con atto notificato il 17. 6. 2022, hanno proposto ricorso COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME, affidandosi a nove motivi.
RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME, COGNOME NOME e la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE hanno notificato controricorso.
Il AVV_NOTAIO Generale e le parti hanno depositato memoria.
Ragioni della decisione
1.Preli minarmente va esaminata l’eccezione sollevata dai ricorrenti in memoria di inammissibilità del controricorso per nullità della procura alle liti, essendo l’atto mancante della indicazione della data e del luogo in cui è stata rilasciata e non facendo essa riferimento al presente giudizio di cassazione.
L’eccezione va disattesa per manifesta infondatezza.
Quanto al luogo ed alla data di rilascio, è sufficiente osservare che dall’esa me dell’atto risulta che esso, contrar iamente all’assunto dei ricorrenti, contiene l’indicazione, alla fine del testo, sia della data ( 4. 8. 2022 ) che del luogo in cui è stato formato ( Sondrio ).
In ordine alla dedotta mancanza di collegamento con il presente giudizio di cassazione, assorbente in contrario è il rilievo che la procura sia allegata al
contro
ricorso, ove è espressamente richiamata alla fine della pagina 1, e sia stata contestualmente depositata con tale atto.
Deve quindi farsi applicazione del principio, ribadito anche di recente da questa Corte, secondo cui il requisito della specialità della procura alle liti, richiesto dall’art. 365 c.p.c. come condizione per la proposizione del ricorso per cassazione (del controricorso e degli atti equiparati), è integrato, a prescindere dal contenuto, dalla sua collocazione topografica, nel senso che la firma per autentica apposta dal difensore su foglio separato, ma materialmente congiunto all’atto, è in tutto equiparata alla procura redatta a margine o in calce allo stesso , con l’effetto che la procura deve considerarsi conferita per il giudizio di cassazione anche se non contiene un espresso riferimento al provvedimento da impugnare o al giudizio da promuovere, purché da essa non risulti, in modo assolutamente evidente, la non riferibilità al giudizio di cassazione, tenendo presente, in ossequio al principio di conservazione enunciato dall’art. 1367 c.c. e dall’art. 159 c.p.c., che nei casi dubbi la procura va interpretata attribuendo alla parte conferente la volontà che consenta all’atto di produrre i suoi effetti ( Cass. S.U. n. 36055 del 2022 ).
I primi quattro motivi di ricorso investono il capo della sentenza impugnata che ha riconosciuto la responsabilità contrattuale di COGNOME NOME e lo ha condannato al risarcimento dei danni in favore della società RAGIONE_SOCIALE, pari alla somma a lui versata a titolo di corrispettivo dei lavori eseguiti.
2.1. Il primo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione de ll’ art. 1176, comma 2, c.c., degli artt. 1665, 1666, 1699, 1677 e 2226 c.c., nonché violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c. ed omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
Con una prima censura si assume l’erroneità della decis ione impugnata per non avere valutato la reale portata della prestazione svolta dal ricorrente, relativa al collegamento idra ulico dell’impianto, e la posizione effettiva assunta dagli attori nella esecuzione di tali lavori. In particolare si deduce che la Corte di merito non ha considerato circostanze decisive, quali il fatto che il lavoro fu affidato da parte della società in assenza della redazione di un progetto esecutivo e di alcun
incarico di direzione dei lavori ad un tecnico, che durante la sua esecuzione il COGNOME si era limitato a seguire le istruzioni impartite, per conto della committenza, da COGNOME NOME e che l’impianto venne messo in funzionamento prima del suo completamento e della sua materiale consegna. Il mancato rilascio del certificato di conformità non era pertanto addebitabile al COGNOME, stante che l’impianto non era completato ed era stato modificato, e per la ragione che questi in buona fede si era limitato a seguire le direttive del committente.
Con una seconda censura si assume che, avendo la committente attivato l’impianto , l’opera doveva ritenersi accettata nelle condizioni in cui si trovava in quel momento, con conseguente liberazione da ogni responsabilità del suo esecutore.
In ogni caso parte attrice non ha mai chiesto la condanna del convenuto alla eliminazione di vizi, la cui denuncia era comunque intempestiva, con l’effetto che era venuto meno ogni diritto di garanzia per eventuali vizi e difetti dell’opera .
La terza censura ripete la critica all’argomentazione della sentenza che ha disatteso l’assunto difensivo secondo cui il COGNOME avrebbe eseguito i lavori sotto la direzione, tramite COGNOME NOME, della committente. Su punto si assume che sono state ignorate le dichiarazioni rese dai testimoni ed il fatto che il COGNOME aveva una competenza specifica, essendo contitolare di una impresa che produce energia.
2. 2. Il motivo è inammissibile.
La Corte di appello, dopo avere qualificato, con accertamento che non forma oggetto di ricorso, il rapporto intercorso tra la società RAGIONE_SOCIALE come contratto d’opera manuale, disciplinato dagli artt. 2222 e seguenti c.c. e, in forza del rinvio operato dall’art. 2226, ultimo comma, dall’art. 1668 c.c. , ha ritenuto il convenuto responsabile per inadempimento in ragione del fatto che egli non aveva rilasciato il certificato di conformità del macchinario, mancanza che, come ac certato dal consulente tecnico d’ufficio, privava lo stesso di qualsiasi utilità, impedendo il rilascio del certificato di prevenzione incendi e quindi la sua utilizzazione. Riformando sul punto la
decisione del Tribunale, il giudice di appello ha ritenuto che l ‘omessa certificabilità dell’impianto fosse interamente addebitabile al prestat ore d’opera, in quanto conseguenza del fatto che egli aveva proceduto all’installazione in mancanza di un progetto esecutivo. Il convenuto sarebbe potuto andare esente da colpa soltanto se avesse segnalato alla committente tale mancanza, circostanza che invece non aveva provato.
Il motivo non aggredisce il percorso logico – giuridico della decisione, ma assume che la mancanza del certificato di conformità dell’impianto sarebbe al contrario addebitabile alla società committente, allegando a tal fine una serie di circostanze non apprezzate dal giudice di merito. Muovendosi in questa prospettiva le censure sollevate vanno però incontro, come rilevato dal AVV_NOTAIO Generale, ad un giudizio di inammissibilità, finendo per contestare la ricostruzione dei fatti posta dal giudice di appello a fondamento della decisione adottata, approdando su un terreno che è riservato dalla legge alla esclusiva competenza del giudice di merito e che rimane sottratto, in quanto tale, al sindacato del giudizio di legittimità.
In questo ambito, in particolare, si ascrive la doglianza secondo cui la Corte territoriale non avrebbe considerato che il COGNOME si era attenuto, nello svolgimento della sua prestazione, alle istruzioni della committente, impartite tramite COGNOME NOME, assumendo per l’effetto il ruolo di mero esecutore materiale dei lavori, privo di ogni autonomia decisionale. La relativa questione risulta affrontata e risolta, con accertamento di fatto, dalla sentenza impugnata, che ha ritenuto le relative allegazioni prive di elementi di prova e scarsamente plausibili in considerazione del fatto che il COGNOME era impiegato come collaboratore scolastico e non aveva alcuna competenza tecnica per poter dirigere i lavori. Del tutto generici in quanto privi di evidenza contraria appaiono invece i richiami contenuti nel ricorso alle deposizioni testimoniali. Occorre inoltre tenere conto che la Corte di merito ha affermato che il COGNOME era inadempiente all’incarico affidatogli non in ragione della cattiva esecuzione dei lavori, ma per avere realizzato l’istallazione di un impianto non suscettibile di utilizzazione per mancanza del certificato di conformità.
La censura che lamenta l’omesso esame della circostanza che la società aveva affidato l’incarico per la installazione del macchinario in assenza del progetto esecutivo e senza nominare un direttore tecnico è inammissibile per difetto di decisività, a fronte della motivazione della Corte di appello secondo cui la mancanza del progetto, per le ragioni già enunciate, avrebbe dovuto indurre il convenuto a rifiutare l’incarico ovvero a rappresentare alla controparte l’impossibilità di rilasciare il certificato di conformità. Ugualmente non decisiva, per lo stesso motivo, l’allegazione secondo cui la società RAGIONE_SOCIALE avrebbe messo in funzione il macchinario prima del completamento dei lavori, nemmeno indicando il motivo la fonte dell’atto processuale da cui tale circostanza risulterebbe.
Anche le ulteriori censure articolate dal ricorrente sono inammissibili. Quella fondata sull’accettazione dell’opera, in quanto del tutto avulsa d alla ratio decidendi accolta dalla Corte di appello, come sopra illustrata. Identico epilogo, per la medesima ragione , merita l’argomento secondo cui la domanda di risarcimento dei danni avrebbe dovuto essere disattesa per non avere la committente chiesto la condanna del convenuto alla eliminazione dei difetti dell’opera, in disparte la considerazione in diritto che tale richiesta non condiziona l’esperimento di altri rimedi, in particolare la richiesta di risarcimento del danno, costituendo l’esercizio di un mero diritto potestativo del committente ( Cass. n. 24212 del 2022 ). Inammissibile è anche la doglianza in ordine al mancato accertamento della intervenuta decadenza e prescrizione dell’azione di garanzia, non confrontandosi con l’argomentazione della decis ione impugnata, che ha dichiarato inammissibili le eccezioni relative perché sollevate tardivamente solo con la comparsa di costituzione in appello, in violazione del limite posto dall’art. 345 c.p.c..
2.3. Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1218, 1223, 1453 e 2041 c.c. nonché violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c. ed omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, censurando la sentenza impugnato per avere condannato il convenuto al risarcimento dei danni quantificati nel corrispettivo a lui pagato dalla società attrice. Il mezzo assume che tale liquidazione è
illegittima ed ingiusta, non avendo la controparte fornito la prova del danno e non avendo il giudice considerato il dato pacifico che i lavori affidati al COGNOME erano più ampi rispetto a quelli del collegamento del cogeneratore, comprendendo anche la realizzazione dell ‘impianto termico a servizio dell’unità immobiliare e che la fattura indicava anche i materiali.
Sotto altro profilo si deduce che la domanda risarcitoria avrebbe dovuto dichiararsi inammissibile perché solo in appello la società RAGIONE_SOCIALE aveva dedotto che l’impianto era privo di ogni utilità funzionale, mentre in primo grado si era limitata a lamentarne il mancato completamento. In ogni caso si assume che la domanda avrebbe dovuto essere respinta per la mancata prova dell’esistenza del danno e della sua entità.
Con un ‘u lteriore censura si lamenta che la Corte di appello abbia quantificato il danno sulla base della fattura pagata, conteggiando così anche l’importo dell’iva , che avrebbe dovuto invece essere scomputato al fine di evitare un arricchimento indebito del danneggiato.
2.4. Il mezzo è in parte inammissibile e per il resto infondato.
La Corte di appello ha quantificato il danno subìto dalla società attrice a causa dell’inadempimento d i RAGIONE_SOCIALE nella somma a questi corrisposta a titolo di corrispettivo dei lavori, rilevando che non era stato provato che tale importo copriva anche altri e differenti lavori rispetto a quelli inerenti l’installazione dell’impianto.
La prima proposizione è giuridicamente corretta, essendo coerente con l’ inadempimento ascritto al convenuto, che la Corte ha considerato integrale per non avere la parte fornito il certificato di conformità dell’impianto , rendendo impossibile il rilascio del certificato di prevenzione degli incendi e quindi la sua utilizzazione.
La seconda affermazione della sentenza costituisce invece un accertamento di fatto, con conseguente inammissibilità della relativa censura, che non è nemmeno sostenuta dalla indicazione delle risultanze istruttorie da cui risulterebbe l’esecuzione da parte dell’odierno ricorrente di lavori ulteriori a quelli oggetto di causa.
La censura che sostiene l’inammissibilità della domanda avanzata dalla società attrice in appello in quanto fondata su fatti diversi da quelli dedotti in primo grado è manifestamente infondata, se solo si considera che la Corte di appello ha motivato la sua conclusione sull’inadempimento del convenuto facendo propri gli accertamenti della consulenza tecnica svolta in sede di procedimento ex art. 696 bis c.p.c., richiamata a sua volta, come dedotto nello stesso svolgimento dei fatti contenuto nella senten za impugnata, nell’atto di citazione in giudizio di primo grado.
M erita infine di essere disatteso l’assunto del ricorrente secondo cui l’entit à del danno risarcibile avrebbe dovuto essere limitato al corrispettivo, con esclusione dell’importo versato a titolo di iva. Il pagamento dell’iva costituisce infatti un esborso che, a causa del dichiarato inadempimento della controparte, è rimasto privo di causa giustificativa, sicché di esso deve tenersi conto ai fini della liquidazione del danno subito dalla parte che abbia pagato la relativa fattura.
2.5. Il terzo motivo di ricorso denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., assumendo che la Corte di appello ha errato nel non rilevare le inammissibili modificazioni della domanda operate dalla parte attrice in appello, tenuto conto che in primo grado gli attori avevano contestato unicamente l’errato collegamento del cogeneratore all’imp ianto idraulico ed il mancato rilascio del certificato di conformità, non anche il suo malfunzionamento, senza peraltro indicare a quale delle parte attrici sarebbe spettato il risarcimento.
2.6. Il motivo, che ripete la censura formulata con il mezzo precedente, va respinto per le ragioni sopra illustrate.
2.7. Il quarto motivo di ricorso, che denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., censura la statuizione che ha condannato COGNOME NOME al pagamento per intero delle spese di giudizio in favore degli appellanti e le altre parti convenute in solido solo nella misura della metà delle spese liquidate, riconoscendogli una responsabilità preponderante e non considerando la soccombenza parziale delle parti attrice, che avevano visto respinte le domande di risarcimento del lucro cessante e di riduzione del prezzo della compravendita immobiliare.
2.8. Il motivo è infondato e per il resto inammissibile.
Infondata in particolare è la censura di violazione dell’art. 91 c.p.c., per avere la Corte territoriale motivato la condanna del convenuto al pagamento delle spese processuali sulla base del rilievo che COGNOME NOME era risultato totalmente soccombente, in conformità pertanto con il criterio stabilito dalla disposizione citata.
Deve inoltre ritenersi che, in caso di accoglimento delle domande proposte nei confronti di più convenuti, tra loro scindibili in ragione della posizione sostanziale assunta da ciascuno di essi nella vicenda dedotta in giudizio, la valutazione del giudice sulla ripartizione delle spese in favore della parte vittoriosa, in relazione al grado di soccombenza, ha natura discrezionale e non è pertanto suscettibile di sindacato in sede di giudizio di legittimità. Nel caso di specie la Corte di merito ha giustificato la regolamentazione delle spese sulla base del rilievo che le parti convenute, COGNOME NOME e la società RAGIONE_SOCIALE, erano risultate, a differenza di COGNOME NOME, solo parzialmente soccombenti.
Per questa ragione risulta infondata anche l a dedotta violazione dell’art. 92 c.p.c., difettando nel caso di specie, in favore di COGNOME NOMENOME la condizione prevista da tale disposizione per la compensazione delle spese di giudizio, atteso che la domanda nei suoi confronti è stata integralmente accolta.
I motivi di ricorso dal quinto all’ottavo investono il capo della decisione che ha condannato al risarcimento del danno la società RAGIONE_SOCIALE.
3.1. Il quinto motivo lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 1510 e seguenti e 1667 e seguenti c.c., censurando la sentenza impugnata per non avere distinto, ma anzi sostanzialmente assimilato la posizione della ricorrente con quella degli altri convenuti, senza considerare che la prestazione della società andava inquadrata nell’ambito del contratto di fornitura di beni e non di appalto o prestazione di servizi. Dalla istruttoria espletata era emerso chiaramen te che la società aveva solo ceduto l’impianto e non era stata minimamente coinvolta nelle attività poste in essere dagli altri convenuti relative alla sua progettazione ed installazione.
Né una responsabilità della società avrebbe potuto configurarsi in ordine alle indicazioni fornite circa l’utilizzabilità di oli vegetali per il funzionamento del
R.G. N. 15654/2022.
cogeneratore, atteso che tale indicazione proveniva da altri soggetti ed aveva comunque formato oggetto di esplicita richiesta da parte degli acquirenti.
Con altra censura, che denuncia vizio di omesso esame di fatto decisivo, si assume che la Corte di merito ha errato nel ritenere, richiamando le indicazioni della RAGIONE_SOCIALE, che l’impianto non potesse fu nzionare ad olio vegetale, male valutando gli elementi istruttori sul punto e trascurando l’accertam ento del consulente tecnico d’ufficio , che aveva, per prova, attivato l’impianto alimentandolo con olio di friggitoria.
Il motivo infine lamenta che la Corte di appello abbia dichiarato la responsabilità della ricorrente con motivazione soltanto apparente, omettendo qualsiasi richiamo ai principi ed alle norme giuridiche e quindi senza fornire alcuna motivazione giuridica della decisione accolta.
3.2. Il motivo è in parte infondato ed in parte inammissibile.
La prima censura è manifestamente priva di fondamento.
Dalla lettura della sentenza impugnata risulta chiaramente che la responsabilità della società RAGIONE_SOCIALE è stata dichiarata per l’inadempimento degli obblighi gravanti su di essa come venditrice dell’impianto, e non per prestazioni diverse. In particolare, la Corte di appello, richiamato l’accertamento del consulente tecnico d’ufficio che aveva individuato la causa del malfunzionamento del sistema di filtraggio nell’uso, quale combustibile, dell’olio di friggitoria, ha ritenuto la responsabilità della venditrice per avere essa espressamente confermato alla controparte la possibilità di usare tale prodotto, in contrasto sia con il tipo di macchinario che con le indicazioni della casa RAGIONE_SOCIALE, che escludevano l’impiego di olio vegetale. La Corte di merito ha quindi tenuto ben distinta e non ha affatto confuso la posizione della società convenuta e gli obblighi su di essa gravanti, da quelle delle altre parti convenute.
Sulla base di tali considerazioni, appare infondata anche la censura di mancanza o apparenza di motivazione della decisione, che invece contiene in modo chiaro ed evidente l’esposizione delle ragioni per cui la domanda della società RAGIONE_SOCIALE nei confronti della odierna ricorrente è stata accolta.
Le altre censure sollevate dal motivo sono invece inammissibili, risolvendosi in proposizioni dirette ad una valutazione delle risultanze istruttorie diversa da
quella fatta propria dal giudice di merito, che non possono trovare ingresso nel giudizio di legittimità, essendo questa Corte giudice del diritto e non del fatto. 3.3. Il sesto motivo di ricorso denuncia violazione delle norme edilizie e nullità della sentenza per omesso esame di fatto decisivo e omessa motivazione, censurando la sentenza impugnata per avere affermato la responsabilità della società fornitrice del bene per mancanza delle qualità promesse, nonostante che la domanda della controparte non avesse mai fatto richiamo all’art. 1497 c.c. e l’esito della istruttoria avesse acclarato la funzionalità del motore fornito dalla RAGIONE_SOCIALE.
3.4. Anche questo motivo è infondato.
La Corte di appello, sulla base dell’accertamento sopra illustrato, ha ritenuto la società RAGIONE_SOCIALE responsabile perché l’impianto di cogenerazione di energia dalla stessa venduto difettava di una qualità espressamente promessa e garantita dalla venditrice, vale a dire la possibilità di utilizzare, come combustibile, l’olio di friggitoria. La decisione si sottrae a censura in quanto la conclusione accolta risulta chiaramente fondata sulle circostanze di fatto addotte dalla parte attrice e dalle risultanze di causa, mentre l a sussunzione della fattispecie nell’ambito della disposizione di cui a ll’art. 1497 c.c. consegue ad una mera operazione di qualificazione della domanda e di applicazione della disciplina conseguente, che costituisce esercizio di un potere – dovere indissolubilmente legato alla potestà di giudicare.
L’ulteriore contestazione in ordine alla funzionalità dell’impianto è invece inammissibile, investendo una valutazione di fatto.
3.5. Il settimo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo, imputando alla Corte di appello di avere dichiarato inammissibile l’ec cezione di decadenza e prescrizione dell’azione di garanzia sull’erroneo presupposto di fatto che essa fosse stata sollevata solo in grado di appello, mentre era stata proposta già con la comparsa di costituzione e risposta in primo grado.
Sotto altro profilo, premesso che la società RAGIONE_SOCIALE era intervenuta presso l’impianto a distanza di oltre un anno dalla consegna per effettuare riparazioni, si assume che la Corte di merito, nell’effettuare la valutazione della
responsabilità della venditrice, avrebbe dovuto prendere in considerazione che la società attrice aveva messo in funzione l’impianto in assenza della sua supervisione preliminare.
3.6. Il motivo è inammissibile.
Assorbente è a tal fine il rilievo che la proposizione di una eccezione sostanziale non integra un fatto il cui mancato esame possa dar luogo al vizio della sentenza previsto, quale motivo di ricorso per cassazione, da ll’art. 365 n. 5 c.p.c. , traducendosi in un errore dell’attività processuale.
Si rileva inoltre che la censura è generica e non decisiva, deducendo la ricorrente di avere proposto l’eccezione di decadenza e prescrizione del diritto di garanzia nella comparsa di costituzione e risposta di primo grado, ma senza riprodurre nemmeno sinteticamente il suo contenuto, mancanza che impedisce a questa Corte qualsiasi vaglio preliminare sulla effettiva proposizione dell’eccezione.
Va sul punto data continuità all’orientam ento della giurisprudenza secondo cui, quando il ricorso per cassazione deduce il mancato esame da parte del giudice di merito di una domanda o di un’eccezione, l’intervento di questa Corte di esaminare gli atti del processo, quale giudice del fatto processuale, resta comunque condizionato dall’assolvimento dell’onere della parte di indicare gli esatti termini della domanda o della eccezione, dovendo ogni verifica sul punto muovere da una valutazione in ordine alla decisività della censura, che non può pertanto arrestarsi ad una denuncia solo generica ( Cass. n. 16899 del 2023; Cass. n. 28072 del 2021; Cass. n. 15367 del 2014 ).
L’ulteriore censura in merito alla valutazione della responsabilità della venditrice, per non avere la Corte di appello considerato che la controparte aveva messo in funzione l’impianto in assenza della supervisione preliminare della venditrice, è inammissibile, investendo un mero apprezzamento di fatto e non indicando elementi a sostegno della necessità, prima della messa in funzione dell’impianto, dell’intervento della società RAGIONE_SOCIALE né delle iniziative che essa, in tale evenienza, avrebbe adottato.
3.7. Con l ‘ottavo motivo di ricorso , che denuncia violazione degli artt. 1223 e seguenti c.c., la società ricorrente censura la sentenza impugnata per averla ritenuta responsabile pur avendo essa adempiuto alla prestazione di consegnare
il motore ordinato ed abbia liquidato il danno in modo approssimativo, senza precisare le singole componenti dell’importo liquidato ed accertare l’effettivo esborso della spesa e senza considerare le somme dalla controparte per l’immissione dell’energia elettrica in rete.
3.8. Il motivo, nelle sue diverse censure, è inammissibile e per il resto infondato.
La prima parte del motivo, che contesta l’accertamento della responsabilità contrattuale della odierna società ricorrente, quale venditrice del macchinario, è inammissibile per genericità e perché non investe in modo nemmeno indiretto la ratio della decisione impugnata, che ha affermato l’inadempimento della RAGIONE_SOCIALE per avere essa venduto un impianto privo della qualità promessa di poter essere alimentato con olio vegetale, ravvisando la fattispecie disciplinata dall’art. 1497 c.c..
La seconda censura è invece infondata, avendo la Corte di appello liquidato il danno facendo riferimento, quali sue componenti, ai costi sostenuti dalla RAGIONE_SOCIALE per l’acquisto del combustibile vegetale, rivelatosi inutilizzabile e fonte del cattivo funzionamento del macchinario, e per le riparazioni. La parte ricorrente sembra contestare la consistenza di tali voci del danno, ma senza formulare specifiche osservazioni al riguardo. Il richiamo invece agli asseriti introiti ottenuti dalla società attrice per la cessione dell’energia a terzi , che secondo la tesi della ricorrente dovrebbero essere defalcati dal danno, è circostanza del tutto irrilevante sulla valutazione del pregiudizio, attenendo alla fase in cui, dopo le riparazione, l’impianto fu messo in funzione e quindi all’ attività di normale ed ordinaria utilizzazione del bene.
4.1. Il nono motivo di ricorso, che investe la statuizione di condanna emessa nei confronti di COGNOME NOME, denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1227 c.c., lamentando che la Corte di merito abbia ritenuto che l’odierno ricorrente avesse svolto attività di consulenza professionale nei confronti degli attori, in assenza di allegazioni degli stessi ed in contrasto con le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio , che aveva evidenziato che i COGNOME si erano approcciati all’operazione con superficialità. Si lamenta inoltre la mancata valutazione della condotta delle controparti nella causazione del danno, a
cagione del ruolo determinante svolto, per conto di esse, da COGNOME NOME, che, come riferito dai testi, diede istruzioni sulla esecuzione dei lavori di installazione dell’impianto.
Il ricorrente infine contesta il giudizio di negligenza formulato dalla Corte di appello nei suoi confronti, assumendo che egli si era limitato ad elargire solo consigli ed aveva comunque indirizzato gli interessati verso altri professionisti.
4.2. Anche questo ultimo motivo è in gran parte inammissibile e per il resto infondato.
La Corte di appello ha affermato la responsabilità contrattuale di COGNOME NOME per avere egli svolto nei confronti degli attori RAGIONE_SOCIALE attività di consulenza professionale indirizzandoli verso l’acquisto del macchinario di cogenerazione per la produzione di energia manifestamente sovradimensionato e quindi inadatto alla destinazione prevista, redigendo al fine di ottenere il finanziamento dalla UBI RAGIONE_SOCIALE un business plan rivelatosi poi, dall’esame svolto dal consulente tecnico d’uffic io, del tutto inattendibile e sbagliato, in quanto basato su valutazioni disancorate da dati reali e prive di riferimenti a parametri fondamentali ( quali il costo del combustibile, il costo di manutenzione ed altri ). Ha ritenuto quindi che l’incarico di consulenza professionale sia stato da lui svolto in modo gravemente negligente, con colpa grave resa ancora più evidente dalla sua mancanza di cognizioni tecniche in materia.
Il motivo di ricorso che contesta tale accertamento ed il giudizio di responsabilità formulato dalla Corte di appello è inammissibile, sia perché investe un giudizio di fatto, come tale non sindacabile dinanzi a questa Corte, sia per la genericità delle censure, che non investono in alcun modo i circostanziati elementi oggettivi su cui esso è fondato.
Identico epilogo merita la doglianza in ordine alla mancata considerazione, ai fini della valutazione della colpa, della condotta posta in essere dagli attori COGNOME, investendo un apprezzamento di fatto rimesso dalla legge alla esclusiva competenza del giudice di merito.
5. Il ricorso va pertanto respinto
Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo in favore dei controricorrenti, seguono la soccombenza.
R.G. N. 15654/2022.
Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna in solido i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio in favore dei controricorrenti, che liquida in euro 8.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.
Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7 maggio 2024.