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Responsabilità conduttore: la prova dell’incendio doloso

Un’azienda conduttrice di un capannone, distrutto da un incendio di origine dolosa, è stata comunque ritenuta responsabile per i danni. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 5699/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso della società, ribadendo che la responsabilità del conduttore sussiste se non viene provato l’adempimento di tutti gli obblighi di custodia, come l’adeguamento alle normative antincendio. La prova del fatto del terzo non è sufficiente a esonerare il conduttore se questi è stato negligente.

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Responsabilità del Conduttore: l’Incendio Doloso non Esclude il Risarcimento

L’ordinanza n. 5699/2025 della Corte di Cassazione offre un’importante chiarificazione sulla responsabilità del conduttore in caso di incendio dell’immobile locato. Anche quando il rogo è di origine dolosa, causato da terzi, il conduttore non è automaticamente esonerato dal risarcire i danni. La decisione sottolinea come la negligenza nell’adottare misure di sicurezza, come quelle antincendio, pesi in modo determinante sulla sua posizione.

I Fatti di Causa: Un Incendio Doloso e la Richiesta di Risarcimento

Il caso ha origine dalla distruzione quasi totale di un capannone industriale, concesso in locazione a una società. Pochi mesi dopo la stipula del contratto, un incendio devastò l’immobile. Le indagini successive accertarono che l’evento era di natura dolosa, opera di terzi rimasti ignoti. La società proprietaria del capannone citava in giudizio la società conduttrice, chiedendo un cospicuo risarcimento per i danni subiti, oltre al pagamento dei canoni non corrisposti, basando la propria pretesa sull’articolo 1588 del Codice Civile, che pone a carico del conduttore la responsabilità per la perdita e il deterioramento della cosa locata.

Il Percorso Giudiziario: La Decisione dei Giudici di Merito

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno accolto la domanda della società locatrice, condannando la società conduttrice al risarcimento del danno. I giudici di merito hanno ritenuto che, nonostante l’accertata origine dolosa dell’incendio, il conduttore non avesse fornito la prova liberatoria richiesta dalla legge. In particolare, è emerso che il conduttore non aveva adempiuto ai propri obblighi di custodia, omettendo di adeguare l’immobile alle normative antincendio. Questa negligenza è stata considerata una concausa determinante nella propagazione e nella gravità dei danni, rendendo irrilevante, ai fini della responsabilità, l’intervento del terzo.

I Motivi del Ricorso e la Responsabilità del Conduttore

La società conduttrice ha proposto ricorso in Cassazione, articolando diversi motivi di censura. Tra questi, spiccava la violazione dell’art. 1588 c.c., sostenendo che la prova del carattere doloso dell’incendio avrebbe dovuto essere considerata un ‘fatto del terzo’ sufficiente a escludere la propria colpa. Inoltre, contestava la quantificazione del danno, ritenuta eccessiva perché basata sulla ricostruzione a nuovo del capannone e non sul suo valore al momento del sinistro.

Le Motivazioni della Cassazione: Inammissibilità e la Responsabilità del Conduttore

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per una ragione pregiudiziale di carattere processuale: la grave insufficienza dell’esposizione dei fatti di causa nel ricorso, un requisito imposto a pena di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c. Tale vizio formale ha impedito alla Corte di esaminare nel merito le censure.

Tuttavia, la Suprema Corte non si è fermata qui e ha colto l’occasione per ribadire i principi consolidati in materia di responsabilità del conduttore. Ha chiarito che, secondo una giurisprudenza costante, sull’inquilino grava una presunzione di colpa per il perimento o il deterioramento del bene. Per superare tale presunzione, non basta provare che il danno sia stato causato da un terzo; è necessario dimostrare due elementi congiuntamente:
1. Di aver adempiuto con diligenza a tutti i propri obblighi di custodia.
2. Che il danno è conseguenza di un evento esterno non imputabile, da individuarsi in concreto.

Nel caso di specie, la stessa società ricorrente aveva ammesso di non aver provveduto all’adeguamento del capannone alla normativa antincendio. Questa omissione ha integrato una violazione degli obblighi di diligenza e custodia, rendendo la società conduttrice responsabile dei danni, poiché la sua negligenza aveva contribuito in modo decisivo al verificarsi dell’evento dannoso nella sua interezza.

Le Conclusioni: Obblighi di Custodia e Prova Liberatoria

L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale per i contratti di locazione. La responsabilità del conduttore per i danni all’immobile è molto stringente. L’obbligo di custodia impone un comportamento attivo e diligente, volto a prevenire ogni possibile danno, inclusa l’adozione di tutte le misure di sicurezza previste dalla legge, come quelle antincendio. La prova del ‘fatto del terzo’ (come un incendio doloso) può liberare il conduttore solo se quest’ultimo dimostra di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, adempiendo a ogni suo dovere. In assenza di tale prova, la presunzione di colpa rimane e il conduttore è tenuto al risarcimento integrale.

L’incendio di un immobile in affitto causato da un terzo (incendio doloso) esonera sempre il conduttore dalla responsabilità per i danni?
No. Secondo la Corte, la prova del fatto doloso di un terzo non è sufficiente a esonerare il conduttore se quest’ultimo non dimostra di aver adempiuto a tutti i suoi obblighi di diligenza e custodia, come l’adeguamento dell’immobile alle normative antincendio.

Quale prova deve fornire il conduttore per liberarsi dalla presunzione di colpa in caso di incendio?
Il conduttore deve fornire una duplice prova: in primo luogo, deve dimostrare di aver adempiuto diligentemente ai propri obblighi di custodia; in secondo luogo, deve provare positivamente che il danno è derivato da una causa esterna a lui non imputabile.

Perché il ricorso del conduttore è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente per un vizio formale, ovvero una esposizione dei fatti di causa gravemente insufficiente, in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 3 del codice di procedura civile. La Corte ha comunque aggiunto che, anche nel merito, i motivi del ricorso sarebbero stati infondati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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