Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 24657 Anno 2024
ORDINANZA
sul ricorso N. 19410/2022 R.G. proposto da:
CONDOMINIO ‘RAGIONE_SOCIALE COGNOMERAGIONE_SOCIALE DI COGNOME , in persona dell ‘ amministratore pro tempore , domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso la cancelleria della Corte di cassazione, rappresentato e difeso dall ‘ avv. NOME COGNOME come da procura in calce al ricorso, domicilio digitale EMAIL
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME, domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso la cancelleria della Corte di cassazione, rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME come da procura allegata al controricorso, domicilio digitale: ; EMAIL
-controricorrente –
RAGIONE_SOCIALE Sorrentino RAGIONE_SOCIALE
-intimata –
avverso la sentenza n. 2073/2022 della Corte d ‘ appello di Napoli, depositata il 13.5.2022;
udita la relazione della causa svolta nell ‘ adunanza camerale del 5.6.2024 dal Consigliere relatore dr. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione del 16.1.2004, NOME COGNOME convenne il Condominio ‘ Parco degli RAGIONE_SOCIALE ‘ di Ottaviano dinanzi al Tribunale di Nola, deducendo che l ‘ immobile di sua proprietà, sito all ‘ interno del fabbricato condominiale, era stato danneggiato in conseguenza dei lavori di ripristino della facciata, commissionati dal Condominio alla RAGIONE_SOCIALE Chiese quindi la condanna del Condominio convenuto al ripristino dello stato dei luoghi ed al risarcimento dei danni patrimoniali patiti. Instauratosi il contraddittorio, si costituì il Condominio ‘ Parco degli Oleandri ‘ , contestando la fondatezza della domanda e proponendo, altresì, domanda riconvenzionale per il pagamento della somma di € 2.393,65, dovuta dall ‘ COGNOME a titolo di oneri non pagati per i lavori di ristrutturazione e sostituzione del portoncino scale, nonché chiedendo di essere autorizzato a chiamare in causa la ditta RAGIONE_SOCIALE, al fine di essere dalla medesima manlevato in ipotesi di accoglimento delle avverse domande. Autorizzata l ‘ estensione del contraddittorio e costituitasi la RAGIONE_SOCIALE, dopo l ‘ istruzione della causa anche con prova testimoniale e l ‘ espletamento di una CTU, l ‘ adito Tribunale, con sentenza del 5.6.2018, rigettò la domanda attorea e accolse la riconvenzionale, condannando NOME COGNOME al pagamento, in favore del
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Condominio ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘, della somma di € 2.322,04, per oneri condominiali non versati, oltre accessori, pure regolando le spese. NOME COGNOME propose appello avverso detta decisione, che la Corte d ‘ appello di Napoli, con sentenza del 13.5.2022, accolse in parte, condannando (per quanto qui interessa) il Condominio ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ e la RAGIONE_SOCIALE, in solido tra di loro, a pagare a NOME COGNOME, a titolo di risarcimento dei danni, l ‘importo di € 3.676,17, oltre accessori e con fermando la statuizione sulla domanda riconvenzionale del Condominio.
Avverso detta sentenza, il Condominio ‘ RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, basato su dodici motivi, cui resiste con controricorso NOME COGNOME; le parti hanno depositato memoria; la RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese. Ai sensi dell ‘ art. 380bis .1, comma 2, c.p.c., il Collegio ha riservato il deposito entro sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 Con il primo motivo si lamenta la violazione dell ‘ art. 345 c.p.c., in relazione all ‘ art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c.; si sostiene che, mentre in primo grado l ‘ COGNOME aveva chiesto la condanna del convenuto al ripristino dello stato dei luoghi nonché al risarcimento dei dann i in misura pari ad € 6.000,00 , in appello il predetto aveva chiesto la sola condanna al risarcimento nella stessa misura, ma in ragione delle spese già eseguite. In tal modo, l ‘ COGNOME aveva avanzato una domanda nuova, avendo sostituito alla richiesta di ripristino quella di rimborso degli esborsi sostenuti per il ripristino; la Corte d ‘ appello avrebbe dunque errato nel non rilevare l ‘ inammissibilità della nuova domanda proposta nel giudizio di secondo grado.
1.2 Con il secondo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., essendosi adottata una motivazione solo apparente e fittizia in ordine alla contestata legittimazione attiva dell ‘ COGNOME, in relazione all ‘ art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.; nonché omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all ‘ art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., e ancora violazione dell ‘ art. 116 c.p.c., nonché omessa pronuncia su fatto decisivo per il giudizio, con conseguente nullità della sentenza in relazione all ‘ art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. La Corte d ‘ appello ha omesso di pronunciarsi sulla eccezione di difetto di legittimazione attiva e di titolarità per mancanza di documentazione fiscale, nonché motivazione apparente, per essersi fatto richiamo al mero titolo di proprietà.
1.3 Con il terzo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, c.p.c., nonché la violazione degli artt. 62 e 194 c.p.c., per motivazione illogica e perplessa, ovvero per motivazione apparente in relazione all ‘ art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c., per aver la Corte del merito escluso che il CTU abbia basato il proprio accertamento esclusivamente sul contenuto della consulenza tecnica di parte, benché lo stesso CTU, all ‘ atto dell ‘ accesso in loco , non abbia potuto riscontrare de visu le lamentate lesioni, in quanto già riparate dall ‘ Ambrosio.
1.4 Con il quarto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 2697, 2712 e 2729 c.c. nonché degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c., in relazione all ‘ art 360, comma 1, n. 3, c.p.c., e ancora omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione all ‘ art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., per aver la Corte d ‘ appello ritenuto che la CTU non si
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fonderebbe sulle risultanze della CTP prodotta in primo grado dall ‘ attore, ma che l ‘ ausiliario abbia desunto la prova dei danni dall ‘ esame visivo dei reperti fotografici ad essa allegati. Si sostiene che il repertorio fotografico allegato alla perizia di parte non può avere valore probatorio autonomo, come ritenuto dal CTU, potendo invece al più assumere valore indiziario, tanto più che le foto sono prive di data certa, né quest ‘ ultima può dirsi provata dalle imprecise dichiarazioni dei testi NOME COGNOME e NOME COGNOME.
1.5 Con il quinto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 2043, 2049, 2697, 2729 c.c. nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., in relazione all ‘ art 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c., nonché omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione all ‘ art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., per aver la Corte territoriale ritenuto significative le discordanti dichiarazioni rese dai predetti testi COGNOME e Giugliano, benché riferite a mere infiltrazioni di acqua, senza riferimento a vibrazioni e utilizzo di attrezzature pesanti, in ogni caso senza che dalle stesse risulti confermata la ricostruzione dell ‘ COGNOME e men che meno del CTU. Anche in tal modo, la Corte d ‘ appello ha adottato un ragionamento presuntivo che ha omesso ogni verifica della precisione e concordanza degli elementi indiziari.
1.6 Con il sesto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c., nonché degli artt. 1175, 1176, 1206, 1219, 1220 e 2729 c.c., in relazione all ‘ art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, per non essersi valorizzata la condotta stragiudiziale dell ‘ COGNOME, che non ha pagato n. 21 rate dei lavori condominiali appaltati, dando mandato al proprio legale di agire per il ristoro dei
pretesi danni solo dopo l ‘ iniziativa processuale del Condominio ricorrente, per il recupero dei relativi crediti.
1.7 Con il settimo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2051, 1669, 1655, 2697 c.c. nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., in relazione all ‘ art 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c., per aver la Corte ritenuto esso Condominio tenuto in solido con l ‘ appaltatrice RAGIONE_SOCIALE senza previamente individuare il concreto comportamento imputabile al Condominio stesso, in quanto con l ‘ appalto aveva trasferito la custodia delle parti condominiali all ‘ appaltatore.
1.8 Con l ‘ ottavo motivo si denuncia la falsa applicazione degli artt. 1218, 1223, 2697, 2727 e 2729 c.c., nonché degli artt. 111 e 194 c.p.c., in relazione all ‘ art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c., per aver la Corte territoriale ritenuto provati sia il verificarsi dei danni descritti nella CTP, quanto la loro riconducibilità, sul piano causale, all ‘ esecuzione dei lavori di manutenzione straordinaria del fabbricato, affidati alla RAGIONE_SOCIALE benché il preteso danneggiato non abbia fornito la prova della dinamica causale.
1.9 Con il nono motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2051 e 2043 c.c., nonché degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all ‘ art 360, comma 1, n. 3, c.p.c., e ancora omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione all ‘ art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., per aver la Corte del merito posto a carico di essa ricorrente la prova del caso fortuito, senza che l ‘ COGNOME abbia assolto l ‘ onere di dimostrare il nesso di causalità.
1.10 Con il decimo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1322 e ss., 1362, 1363 e 1366 c.c., degli artt. 1665 e 1669 c.c., dell ‘ art. 12 delle Preleggi, nonché il difetto e la contraddittorietà della motivazione, in relazione all ‘ art 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c., per aver la Corte d ‘ appello rigettato la domanda di manleva avanzata da esso ricorrente nei confronti dell ‘ appaltatore, in forza della pattuizione di cui alla clausola n. 14 del contratto di appalto inter partes .
1.11 Con l ‘ undicesimo motivo, si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2049 e 2051 c.c., degli artt. 1362, 1366 e 1363 c.c., nonché degli artt. 1669 e 1655 c.c., in relazione all ‘ art. 360, comma 1, nn. 3 e 4 c.p.c., per aver la Corte partenopea ritenuto che dei danni arrecati dall ‘ appaltatore debba rispondere in solido anche il Condominio, benché l ‘ appaltatore stesso non fosse un nudus minister di esso committente, avendo assunto anche la responsabilità della direzione dei lavori e del cantiere e non sussistendo i presupposti per l ‘ applicabilità dell ‘ art. 2043 c.c.
1.12 Con il dodicesimo motivo, infine, si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1117, 1118, 1322, 1326 e ss., 1669 e 1655 c.c, nonché omesso esame di punto decisivo della controversia e contraddittorietà della motivazione, in relazione all ‘ art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c. Rileva il ricorrente che la Corte d ‘ appello ha ritenuto sussistente la responsabilità solidale del Condominio con la società appaltatrice, nonostante la nomina di un direttore dei lavori, di un direttore di cantiere e la completa autonomia nella gestione dei lavori appaltati; ciò, tuttavia, pur a fronte della autonoma legittimazione processuale attiva e passiva in capo al singolo condomino NOME, che ben
avrebbe potuto attivarsi per segnalare le lamentate vibrazioni e l ‘ utilizzo di attrezzature pesanti; l ‘ inerzia sul punto, dunque, è tale da elidere il nesso causale tra la cosa in custodia e la verificazione del danno lamentato, sicché la Corte d ‘ appello ha omesso di pronunciare sul fatto decisivo afferente il caso fortuito, esimente da responsabilità ex art. 2051 c.c., sia per aver violato le norme relative ai rapporti di condominio, avendo l ‘ Ambrosio doveri nei confronti degli altri condomini, e pari contitolarità dei diritti.
2.1 Il primo motivo è palesemente infondato.
Infatti, è evidente che la domanda formulata dall ‘ attore in primo grado contenesse un ‘ endiadi, giacché la condanna al ripristino non poteva che essere alternativa al risarcimento dei danni patrimoniali subiti (se riferiti, come nella specie, al danno emergente e non già a diversa tipologia, come ad es. al lucro cessante). Pertanto, la circostanza che, in corso di causa, l ‘ COGNOME abbia frattanto riparato i danni all ‘ immobile comporta una concentrazione delle pretese sul solo rimborso per le spese affrontate per il ripristino (evidentemente ricompreso nella domanda di corresponsione della somma occorrente per provvedervi), sicché nessuna domanda nuova può configurarsi nelle conclusioni rassegnate dall ‘ COGNOME in sede di appello.
3.1 Il secondo motivo è anzitutto inammissibile per difetto di autosufficienza, in violazione dell ‘ art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c. (nel testo applicabile ratione temporis ), non avendo il ricorrente chiarito se e quando la relativa eccezione di preteso difetto di legittimazione attiva sia stata riproposta in appello.
In ogni caso, esso è inammissibile per difetto di specificità, perché – rispetto alla ratio decidendi adottata dalla Corte d ‘ appello (che ha affermato esservi prova
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indiscutibile della proprietà, in capo all ‘ COGNOME, dell ‘ appartamento danneggiato), con conseguente sua legittimazione a richiedere i danni allo stesso asseritamente arrecati – davvero la censura risulta incomprensibile: se l ‘ odierno controricorrente ha agito uti dominus , per i danni subiti dal proprio immobile, e ne ha provato la titolarità, discutere di danni subiti da eventuali terzi (conduttori, ecc.), e far da ciò soltanto derivare una pretesa mancanza di legittimazione attiva, costituisce una conclusione priva di qualsiasi attinenza coi principi regolatori della materia.
4.1 Il terzo, quarto, quinto, ottavo e nono motivo possono essere esaminati congiuntamente, perché evidentemente connessi. Essi sono, nel complesso, in parte inammissibili ed in parte infondati.
4.2 Circa la prova del danno e del nesso eziologico rispetto ai lavori di rifacimento delle facciate, oltre che riguardo alla corrispondenza dei danni accertati dal CTU rispetto agli elementi istruttori, la Corte partenopea ribaltando la prima decisione – ha ritenuto di poter utilizzare non tanto la perizia di parte (prodotta dall ‘ COGNOME) in sé, ma il suo corredo fotografico, quale dato documentale, riscontrandolo dal punto di vista temporale-oggettivo con le dichiarazioni dei testi COGNOME e Giugliano (che hanno riconosciuto nelle foto le lesioni riportate dall ‘ immobile, da loro condotto in locazione all ‘ epoca dei lavori di rifacimento delle facciate, ricollegandole proprio al periodo della loro effettuazione da parte dell ‘ impresa appaltatrice e riferendo di aver dovuto cessare la locazione proprio a causa delle infiltrazioni verificatesi) e, dal punto di vista eziologico, dallo stesso CTU. Si vuole, cioè, dire che la Corte d ‘ appello ferma la valenza di mera allegazione della consulenza di parte (v., ex multis ,
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Cass. n. 1614/2022) – non l ‘ ha assunta nella sua dimensione tecnica, ma (riprendendo e condividendo l ‘ operato del CTU) ha solo utilizzato le foto ad essa allegate, in tesi riportanti lo stato dei luoghi al tempo dell ‘ evento lamentato dall ‘ COGNOME, trovandovi poi riscontro sul piano oggettivo (ossia, circa la corrispondenza delle lesioni ivi descritte a quelle indicate dall ‘ attore come cagionate dai lavori), temporale (nel senso che dette lesioni erano sussistenti all ‘ epoca di effettuazione dei lavori) ed eziologico (laddove il CTU ha ritenuto altamente probabile che le stesse fossero state causate proprio dai lavori: e la Corte ha ritenuto provato il nesso di causalità, con apprezzamento di merito, sulla base della regola del ‘più probabile che non’) , in forza di ulteriori elementi istruttori.
Insomma, si tratta di una valutazione complessiva del materiale istruttorio nient ‘ affatto implausibile – che i motivi in esame non riescono a scalfire: non sotto il profilo motivazionale (la motivazione risponde certamente al ‘ minimo costituzionale ‘, ex art. 111, comma 6, Cost. – v. Cass., Sez. Un., n. 8053/2014), non in relazione alla pretesa valenza meramente indiziaria della perizia di parte (perché, come detto, la valutazione da parte della Corte partenopea concerne non già le valutazioni del perito di parte, ma solo i fatti oggetto delle fotografie allegate alla perizia, corroborate col supporto dalle dichiarazioni testimoniali e con le valutazioni tecniche effettuate dal CTU, benché solo ‘sulla carta’, le lesioni essendo state frattanto riparate dall ‘ COGNOME), ed infine neppure sotto il profilo dell ‘ apprezzamento del materiale istruttorio riservato al giudice del merito ex artt. 115 e 116 c.p.c., norme la cui violazione è denunciabile in questa sede di
legittimità entro limiti assai ristretti (v. Cass., Sez. Un., n. 20867/2020), che le censure in esame non rispettano.
5.1 Il sesto motivo è inammissibile, non solo perché la circostanza dedotta la presunta inerzia dell ‘ COGNOME nella denuncia dei danni – è irrilevante ai fini della tesi sostenuta dal Condominio, ma perché la stessa inerzia del danneggiato è stata esclusa dalla Corte d ‘ appello (v. p. 14 della sentenza), con valutazione neppure censurata dal ricorrente.
6.1 Il settimo motivo è infondato.
Questa Corte, con ordinanza n. 2482/2018 (e, nello stesso senso, con ordinanze nn. 2479 e 2480 del 2018), ha avuto modo di precisare che: « In tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull ‘ evento dannoso, in applicazione – anche ufficiosa dell ‘ art. 1227, comma 1, c.c., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall ‘ art. 2 Cost., sicché, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l ‘ adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l ‘ efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un ‘ evenienza ragionevole o accettabile secondo un
criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l ‘ esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro ».
Tale principio di diritto – successivamente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità (tra le altre, Cass. n. 27724/2018; Cass. n. 20312/2019; Cass. n. 38089/2021; Cass. n. 35429/2022), anche a Sezioni Unite (Cass. n. 20943/2022) – è stato poi ancor più di recente riaffermato, essendosi statuito (Cass. n. 11152/23; Cass. n. 14228/2023; Cass. n. 21675/2023; Cass. n. 33074/2023) che la responsabilità ex art. 2051 c.c. ha natura oggettiva – in quanto si fonda unicamente sulla dimostrazione del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, non già su una presunzione di colpa del custode – e può essere esclusa o dalla prova del caso fortuito (che appartiene alla categoria dei fatti giuridici), senza intermediazione di alcun elemento soggettivo, oppure dalla dimostrazione della rilevanza causale, esclusiva o concorrente, alla produzione del danno delle condotte del danneggiato o di un terzo (rientranti nella categoria dei fatti umani), caratterizzate, rispettivamente, la prima dalla colpa ex art. 1227 c.c. (bastando la colpa del leso: Cass., n. 21675/2023, Rv. 668745-01; ancor più di recente, Cass. n. 2376/2024, Rv. 670396-01) o, indefettibilmente, la seconda dalle oggettive imprevedibilità e non prevenibilità rispetto all ‘ evento pregiudizievole.
A tanto deve aggiungersi che la valutazione del giudice del merito sulla rilevanza causale esclusiva della condotta del leso costituisce un tipico apprezzamento di fatto, come tale incensurabile in sede di legittimità, ove scevro da quei soli vizi logici o giuridici ancora rilevanti ai fini del vizio motivazionale come tuttora denunciabile per cassazione (tra cui l ‘ apparenza della motivazione per manifesta
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fallacia o falsità delle premesse od intrinseca incongruità o inconciliabile contraddittorietà degli argomenti: Cass. n. 16502/17).
Riassumendo, l ”esatta interpretazione’ che, ai sensi dell’ art. 65 ord. giud., le Sezioni Unite (nonché i successivi approdi della giurisprudenza di questa Corte) hanno dato dell ‘ art. 2051 c.c., per quanto qui rileva, può così compendiarsi (da ultimo, Cass. n. 8346/2024):
la responsabilità del custode è esclusa dalla prova del ‘caso fortuito’;
il caso fortuito può consistere in un fatto naturale, in una condotta d ‘ un terzo estraneo tanto al custode quanto al danneggiato, oppure in un comportamento della vittima;
se il caso fortuito è consistito in un fatto naturale o del terzo, esso in tanto esclude la responsabilità del custode, in quanto sia oggettivamente (e cioè per qualunque persona, e non solo per il custode) imprevedibile ed inevitabile; d) se il caso fortuito è consistito nella condotta della vittima, al fine di stabilire se esso escluda in tutto od in parte la responsabilità del custode debbono applicarsi i seguenti criteri:
d ‘ ) valutare in che misura il danneggiato avrebbe potuto prevedere ed evitare il danno;
d ” ) valutare se il danneggiato ha rispettato il ‘generale dovere di ragionevole cautela’;
d ”’ ) escludere del tutto la responsabilità del custode, se la condotta del danneggiato ha costituito una evenienza ‘irragionevole o inaccettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale’;
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d ”” ) considerare irrilevante, ai fini del giudizio che precede, la circostanza che la condotta della vittima fosse astrattamente prevedibile.
6.2 Ebbene, rapportando quanto precede al caso di specie, risulta evidente l ‘ infondatezza della censura in esame, giacché la responsabilità ex art. 2051 c.c. è oggettiva e prescinde dalla colpa del custode. Non occorreva dunque affatto individuare il concreto comportamento colposo imputabile ad esso ricorrente, come invece da questi preteso, sufficiente essendo la prova della riferibilità causale dell ‘ evento di danno alla res custodita, ferma la possibilità per il Condominio-custode di andare esente da responsabilità provando il caso fortuito (o anche la condotta di terzi o del medesimo danneggiato, con le viste caratteristiche, se idonea ad elidere il nesso tra cosa custodita e sinistro), prova evidentemente non fornita e/o raggiunta, secondo la valutazione del giudice del merito.
7.1 Il decimo motivo è inammissibile.
In ordine ai criteri di ermeneutica negoziale, è ben noto che, nella giurisprudenza di questa Corte, è consolidato il principio per cui ‘ il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell ‘ interpretazione del ricorrente
e quella accolta nella sentenza impugnata ‘ (così, ex multis , Cass. n. 9461/2021) ; del resto, è anche consolidato il principio per cui ‘ Per sottrarsi al sindacato di legittimità, l ‘ interpretazione data dal giudice di merito ad un contratto non deve essere l ‘ unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l ‘ interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l ‘ altra ‘ (Cass. n. 24539/2009; Cass. n. 28319/ 2017).
7.2 Così stando le cose, è evidente come il mezzo in esame non colga nel segno.
Il ricorrente non ha adeguatamente censurato la pretesa erronea attività ermeneutica del giudice d ‘ appello, non essendosi specificamente indicati gli errori in cui questi sarebbe incorso (senza neppure chiarire in che termini avesse esposto il tema nel giudizio di merito), ma essendosi soltanto propugnata una soluzione interpretativa diversa rispetto a quella fatta propria dalla sentenza impugnata.
8.1 L ‘ undicesimo motivo è inammissibile, perché non si confronta con la decisione impugnata.
La Corte d ‘ appello ha affermato che non era stata data prova che il Condominio avesse trasferito all ‘ appaltatore interamente il potere di fatto sulla cosa ed ha anzi precisato che, in considerazione della natura dei lavori, tanto non era neppure possibile in concreto : ‘ le facciate del fabbricato … per forza di cose
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debbono necessariamente restare nella materiale disponibilità del Condominio, anche durante l ‘ esecuzione dell ‘ appalto ‘ (così la sentenza impugnata, p. 19).
Ebbene, si tratta di argomenti minimamente affrontati con la censura in esame, che si rivela dunque priva di specificità, in violazione dell ‘ art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c. (nel testo applicabile ratione temporis ). Non senza dire che la censura è comunque priva di autosufficienza, in relazione alle modalità e ai contenuti di un preteso integrale trasferimento, dal Condominio committente all ‘ appaltatore, della custodia esclusiva del fabbricato condominiale, nonché ai tempi ed ai modi di deduzione di tali specifiche circostanze dinanzi ai giudici del merito.
9.1 Infine, il dodicesimo motivo, se non anche praticamente incomprensibile nel suo tenore letterale, è totalmente aspecifico, ancora in violazione dell ‘ art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c. (nel testo applicabile ratione temporis ), neppure essendo adeguatamente individuati (né provati, nel giudizio di merito) i presunti comportamenti dell ‘ COGNOME che integrerebbero il caso fortuito (nel senso sopra puntualizzato), in grado di mandare assolto da responsabilità il custode.
10.1 In definitiva, il ricorso è rigettato.
Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Nulla va disposto in relazione alla RAGIONE_SOCIALE, che non ha svolto difese.
In relazione alla data di proposizione del ricorso (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell ‘ applicabilità dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n.115 (nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228).
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali, che liquida in € 1.875,00 per compensi, oltre € 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali in misura del 15%, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente al competente ufficio di merito, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il giorno