Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8960 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8960 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 04/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso N. 18305/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del curatore pro tempore, domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso la cancelleria RAGIONE_SOCIALEa Corte di cassazione, rappresentato e difeso da ll’ AVV_NOTAIO come da procura in calce al ricorso, domicilio digitale EMAIL
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso la cancelleria RAGIONE_SOCIALEa Corte di cassazione, rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME, come da procura in calce al controricorso, domicilio digitale
;
– controricorrente –
intimato –
avverso la sentenza del la Corte d’appello di Trieste n. 811/2019, depositata il 6.12.2019;
udita la relazione RAGIONE_SOCIALEa causa svolta nella camera di consiglio del 14.2.2024 dal AVV_NOTAIO relatore AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE evocò in giudizio la RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME e NOME COGNOME, per la condanna, in solido tra loro o in via parziaria, al risarcimento dei danni arrecati ad un capannone RAGIONE_SOCIALEa società fallita, all’atto RAGIONE_SOCIALE‘asporto dei beni mobili RAGIONE_SOCIALEa stessa, aggiudicati alla società convenuta all’esito di procedura competitiva (con contestuale appropriazione del quadro elettrico generale e del trasformatore, custoditi all’interno di una cabina adiacente all’opificio) . Il Tribunale accolse parzialmente le domande attoree con sentenza del 6.8.2018 e condannò la RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME, in solido tra loro, al pagamento RAGIONE_SOCIALEa somma di € 200.000,00, oltre accessori, a titolo di risarcimento danni; rigettò invece le domande nei confronti di NOME COGNOME. La RAGIONE_SOCIALE propose gravame, negando la propria responsabilità circa il danno lamentato dal RAGIONE_SOCIALE. Nella dichiarata contumacia di NOME COGNOME e NOME COGNOME, la Corte d’appello di Trieste accolse il gravame con sentenza del 6.12.2019 e per l’effetto rigettò la domanda propost a dal RAGIONE_SOCIALE nei confronti RAGIONE_SOCIALE‘appellante, condannando il RAGIONE_SOCIALE stesso alla rifusione RAGIONE_SOCIALEe spese di lite di entrambi i gradi nei rapporti con la RAGIONE_SOCIALE. In particolare, la Corte respinse la censura relativa alla mancanza dei presupposti per la condanna ex art. 2049 c.c., ma non riconobbe alcuna responsabilità in capo a NOME COGNOME per i fatti
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contestati; di conseguenza, escluse l’imputabilità dei fatti illeciti alla RAGIONE_SOCIALE , proprio per mancanza di prova circa la riferibilità al predetto COGNOME dei fatti stessi. Avverso detta sentenza il RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, cui resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE, che ha pure depositato memoria. NOME COGNOME non ha svolto difese. Ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 380 -bis.1, comma 2, c.p.c., il Collegio ha riservato il deposito RAGIONE_SOCIALE‘ordinanza nei sessanta giorni successivi all’odierna adunanza camerale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 -Con il primo e il secondo motivo si lamenta la falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 2729 c.c. , ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, c omma 1, n. 3, c.p.c., sotto due distinti profili. Sotto il primo si imputa alla Corte d’ appello di aver erroneamente ritenuto ‘ grave una presunzione che tale non era ‘, nel momento in cui, tramite appunto una presunzione, aveva escluso la responsabilità del convenuto COGNOME e quindi RAGIONE_SOCIALE‘aggiudicataria e preponente RAGIONE_SOCIALE, pure affermando la asserita negligenza con cui la curatela avrebbe svolto il proprio incarico. Più in dettaglio, la Corte avrebbe considerato come gravi, precisi e concordanti elementi indiziari che, invece, sono privi di tali caratteristiche, non avendo invece esaminato l’unica circostanza di segno opposto non contestata in giudizio, secondo cui il curatore aveva consegnato le chiavi del capannone a NOME COGNOME, delegato all’asporto : erroneamente, dunque, la Corte ha affermato che le sottrazioni dei beni mobili fossero state realizzate da terzi ignoti. Sotto diverso profilo, ci si duole che la Corte non abbia considerato elementi indiziari dotati di gravità, precisione e concordanza; secondo il ricorrente, la Corte avrebbe fatto malgoverno di molteplici indizi, tutti convergenti verso l’affermazione di
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responsabilità di NOME COGNOME , e dunque RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE, che l’aveva incaricato RAGIONE_SOCIALE‘asporto dei beni acquistati, in ordine alla causazione del danno reclamato dal RAGIONE_SOCIALE.
1.2 -Col terzo motivo, infine, si lamenta la falsa applicazione del combinato disposto RAGIONE_SOCIALE artt. 38 l.fall., 1176, comma 2, 1177 e 2049 c.c., in relazione a ll’art. 360, c omma 1, n. 3, c.p.c., per aver la Corte considerato interrotto il nesso di causa e non imputabili i fatti allo COGNOME e, per esso, alla RAGIONE_SOCIALE
2.1 -Preliminarmente, va evidenziato che il controricorso RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE è stato firmato anche dall’AVV_NOTAIO, che, secondo gli atti legittimamente ed effettivamente consultabili dal Collegio al momento RAGIONE_SOCIALEa decisione, non risulta iscritto allo speciale albo per gli abilitati al patrocinio dinanzi alla Corte di cassazione. Benché da tanto non discenda l’inammissibilità RAGIONE_SOCIALE‘atto – stante la condivisione del mandato difensivo da parte RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO, che ha pure firmato il controricorso ed ha autenticato la procura speciale rilasciata dalla RAGIONE_SOCIALE -occorre comunque procedere alla segnalazione RAGIONE_SOCIALE‘occorso al RAGIONE_SOCIALE, per quanto di competenza, trattandosi di questione avente rilevanza disciplinare, nonché alla Procura generale RAGIONE_SOCIALEa Repubblica, per il caso di rilevanza penale.
3.1 -Ciò posto, occorre sempre in via preliminare rilevare che, con la sentenza di primo grado, NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE sono stati condannati in solido al pagamento di € 200.000,00 , per i fatti contestati, mentre NOME COGNOME è stato mandato assolto. La decisione è stata impugnata dalla sola società, sicché deve ritenersi formato il giudicato nei confronti di COGNOME (oltre che del COGNOME, questione che qui non rileva), circa il fatto che lo stesso COGNOME ha cagionato i
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danni lamentati dal RAGIONE_SOCIALE in occasione RAGIONE_SOCIALE‘ asporto dei beni mobili venduti acquistati dalla RAGIONE_SOCIALE, essendo divenuta irrevocabile la condanna nei suoi confronti.
La questione, però, non si riverbera sulla posizione d ell’odierna ricorrente, stante il disposto RAGIONE_SOCIALE‘art. 1306 , comma 1, c.c., per di più avendo la stessa RAGIONE_SOCIALE partecipato al giudizio in cui detta sentenza è stata resa ed avendo invece ottenuto la riforma RAGIONE_SOCIALEa prima decisione (arg. ex Cass. n. 12496/2023).
4.1 I primi due motivi possono ora esaminarsi congiuntamente, stante la loro intrinseca connessione. Può sin d’ora anticiparsi che e ssi sono inammissibili, in quanto tendenti a ottenere da questa Corte la rivalutazione RAGIONE_SOCIALEa quaestio facti , com’è noto riservata al giudice del merito, benché proposti sotto il velo RAGIONE_SOCIALEa denuncia di una pretesa violazione del disposto RAGIONE_SOCIALE‘art. 2729 c.c. , a mente del quale (comma 1) ‘ Le presunzioni non stabilite dalla legge sono lasciate alla prudenza del giudice, il quale non deve ammettere che presunzioni gravi, precise e concordanti ‘.
4.2 Ora, la Corte giuliana , scrutinando il secondo motivo d’appello RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE, ha ritenuto che la prova RAGIONE_SOCIALEa responsabilità RAGIONE_SOCIALEo COGNOME non potesse rinvenirsi né nella relazione tecnica RAGIONE_SOCIALE‘ing. COGNOME, professionista incaricato dal RAGIONE_SOCIALE, né nelle dichiarazioni testimoniali assunte nel giudizio: la prima perché limitata ad accertare la pe rdita di valore RAGIONE_SOCIALE‘edificio a causa dei danni riscontrati; le dichiarazioni (in particolare, dei testi COGNOME e COGNOME) perché da esse nulla poteva evincersi circa l’identificazione del danneggiante . La Corte ha dunque ritenuto che il RAGIONE_SOCIALE attore non abbia fornito la prova di cui era onerato, tanto più che era invece emerso che la curatela aveva assolto il proprio
incarico con scarsa diligenza, così facilitando il verificarsi di danni ed asportazioni e presenziando alle operazioni di vendita ed asporto presso il capannone, protrattesi per sei mesi, per sole quattro volte. In particolare, la Corte ha evidenziato molteplici anomalie, quali: 1) la consegna RAGIONE_SOCIALEa chiavi del capannone allo COGNOME, da parte RAGIONE_SOCIALEa curatela, onde accedervi per l’asporto dei beni mobili acquistati dalla RAGIONE_SOCIALE, con affidamento RAGIONE_SOCIALE‘incarico di supervisionare le operazioni all’ex legale rappresentante RAGIONE_SOCIALEa società fallita , e dunque in assenza di debita supervisione RAGIONE_SOCIALE‘ufficio ; 2) la mancata chiara indicazione RAGIONE_SOCIALE stessi beni acquistati dalla RAGIONE_SOCIALE addirittura nell’avviso di vendita, nella fattura e nel verbale di consegna, il che aveva potuto concorrere a rendere difficoltosa l’individuazione RAGIONE_SOCIALE stessi beni da asportare ; 3) la pur denunciata (dalla curatela) attività illecita di terzi non identificati circa tentativi di intrusione nel capannone aziendale prima RAGIONE_SOCIALEa liquidazione dei beni, nonché la presenza di operai nello stesso, parimenti non identificati, all’atto RAGIONE_SOCIALEa riconsegna RAGIONE_SOCIALEe chiavi da parte RAGIONE_SOCIALEo COGNOME. Infine, 4) la Corte giuliana ha escluso che le parziali ammissioni rese nel corso del giudizio da parte RAGIONE_SOCIALEo stesso COGNOME (che aveva dichiarato di aver erroneamente asportato il gruppo rifasante, tre compressori e l’impianto di verniciatura , credendoli ricompresi nei beni venduti dal RAGIONE_SOCIALE), nonché RAGIONE_SOCIALEa stessa RAGIONE_SOCIALE (che aveva ammesso di aver venduto tre compressori ed un essiccatore, in buona fede non avendoli ritenuti impianti fissi), non poteva giovare alla tesi attorea, giacché anzitutto la carente supervisione alle operazioni da parte RAGIONE_SOCIALEa stessa curatela aveva facilitato l’insorgere di situazioni dubbie; ha pure aggiunto che l’eventuale valenza confessoria RAGIONE_SOCIALEe dichiarazioni RAGIONE_SOCIALEo COGNOME non potevano estendersi nei confronti RAGIONE_SOCIALEa condebitrice
solidale RAGIONE_SOCIALE, potendo nuocere solo nei suoi confronti; ed infine che le dichiarazioni di quest’ultima riguardavano beni di cui neppure era possibile stabilire il valore , stante anche l’inattendibilità RAGIONE_SOCIALEa valutazione espressa dal consulente RAGIONE_SOCIALEa procedura.
4.3.1 -Questa essendo la linea motivazionale RAGIONE_SOCIALEa decisione impugnata, risulta evidente come le censure in esame non colgano nel segno.
In particolare, un primo profilo di inammissibilità si scorge nell’affermazione del RAGIONE_SOCIALE ricorrente secondo cui, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d’appello, nessun incarico era stato conferito dalla curatela all’ex legale rappresentante RAGIONE_SOCIALEa società fallita, onde fornire assistenza allo COGNOME per l’asporto (o comunque per supervisionare le operazioni); il relativo accertamento, infatti, è riservato al giudice del merito e può in questa sede censurarsi o per deficit motivazionale, nei limitati casi in cui ciò è ancora possibile, dopo la riforma del 2012 (v. Cass., Sez. Un., n. 8053/2014), ovvero per violazione RAGIONE_SOCIALE artt. 115 e 116 c.p.c. (anch’essi soggetti a stringenti limiti di denunciabilità nel giudizio di legittimità; v. Cass., Sez. Un., n. 20867/2020). Nessuno dei due profili è stato agitato dalla curatela ricorrente.
4.3.2 -Del pari inammissibile è l’ulteriore censura inerente alla pretesa praesumptio de praesumpto .
Contrariamente a quanto ritenuto dalla curatela ricorrente, nell’apprezzare la contestata negligenza RAGIONE_SOCIALE‘ufficio fallimentare, la Corte giuliana non s’è affatto mossa da un fatto ignoto (la negligenza, appunto) , per poi giungere ‘ a presumere la concretizzazione di un ulteriore fatto ignoto , l’asportazione dei beni da parte di terzi ‘ (così il ricorso, p. 5). In realtà, il giudice d’appello ha solo dato
un nome (negligenza) ad una serie di elementi istruttori emersi nel corso del giudizio (ci si riferisce alle anomalie elencate nel par. 4.2, ai nn. 1-3), dunque costituenti fatti certi, per inferirne che essi almeno, secondo l’ id quod plerumque accidit -denotano un non puntuale espletamento RAGIONE_SOCIALE‘incarico da parte del curatore fallimentare, sostanzialmente identificato quale causa ultima RAGIONE_SOCIALE‘evento dannoso .
Ed è proprio su questo aspetto, costituente a ben vedere l’elemento di fondo RAGIONE_SOCIALEa ricostruzione RAGIONE_SOCIALEa fattispecie, che la Corte giuliana ha ritenuto non adeguatamente offerta la prova RAGIONE_SOCIALEo responsabilità RAGIONE_SOCIALEo COGNOME; in altre parole, non ci si è mossi da un fatto ignoto per ritenere accertato un fatto altrettanto ignoto (come pretenderebbe la curatela ricorrente, che semplicisticamente riconduce la questione al falso sillogismo: ‘ negligenza RAGIONE_SOCIALEa curatela = asportazione e danneggiamento’ ), bensì da fatti noti, singolarmente ed unitariamente considerati, per ritenere provata una situazione di generale confusione nella gestione RAGIONE_SOCIALEe operazioni di liquidazione dei beni aziendali (ciò in linea con l’insegnamento di questa Corte; per tutte, Cass. n. 9059/2018) e di conseguente impossibilità di ricostruzione del nesso causale tra il fatto dannoso e la condotta di una RAGIONE_SOCIALEe controparti. Su tale contesto, il giudice d’appello ha poi soppesato tutti gli elementi a carico dei convenuti, pure emergenti dal giudizio (compresa la consegna RAGIONE_SOCIALEe chiavi del capannone allo COGNOME, nonché le parziali ammissioni di quest’ultimo e RAGIONE_SOCIALEa stessa RAGIONE_SOCIALE) , secondo il più classico giudizio di valutazione del compendio istruttorio riservato al giudice del merito ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 116 c.p.c. Risulta quindi del tutto evidente che, in relazione ai profili esaminati, le censure si risolvono in una non consentita
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sollecitazione alla rivalutazione dei fatti, rivelandosi dunque inammissibili, tanto non essendo consentito a questa Corte di legittimità.
4.3.3 -Considerazioni sostanzialmente analoghe possono muoversi riguardo alla pretesa mancata considerazione, da parte del giudice d’appello, di una serie di elementi indiziari, che, unitariamente e complessivamente valutati, avrebbero dovuto condurre invece alla prova RAGIONE_SOCIALEa responsabilità RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE.
Anche sotto tale aspetto è agevole considerare che tutti detti elementi sono stati valutati da lla Corte d’appello e che la responsabilità RAGIONE_SOCIALEo COGNOME, se non altro quale presupposto di quella RAGIONE_SOCIALEa committente, è stata ritenuta non provata non già in forza di una presunzione di negligenza RAGIONE_SOCIALEa curatela, bensì proprio a causa del deficit probatorio in cui questa è incorsa.
Scendendo più nel dettaglio, la pretesa mancata considerazione RAGIONE_SOCIALEa descrizione analitica dei beni venduti espressa in fattura si scontra irrimediabilmente con il contrario accertamento RAGIONE_SOCIALEa Corte d’appello, che, come s’è visto , ha ritenuto che tutti i documenti versati in atti neppure consentissero di individuare con certezza i beni oggetto RAGIONE_SOCIALE‘acquisto da parte di RAGIONE_SOCIALE; pertanto, risolvendosi il vizio in un chiaro errore di percezione, per come prospettato, esso avrebbe dovuto denunciarsi con la revocazione, ex art. 395, n. 4, c.p.c., e non già col ricorso per cassazione.
Per quanto concerne poi le parziali ammissioni RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALEa stessa società controricorrente, la Corte ha spiegato che le prime non potevano utilizzarsi contro la pretesa condebitrice in solido, giacché la confessione nuoce solo a chi l’ha resa. Detta statuizione non solo non è stata censurata, ma a ben vedere si
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aggiunge a quanto già supra osservato (par. 3.1) circa la formazione del giudicato a carico RAGIONE_SOCIALEo COGNOME, in forza del generale principio per cui gli eventi lato sensu pregiudizievoli che colpiscono un condebitore solidale non si estendono, di regola, agli altri. La relativa censura, dunque, si rivela del pari inammissibile.
Lo stesso può dirsi riguardo alle dichiarazioni RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE: la Corte d’appello ha al riguardo sostenuto che, comunque, non era possibile definire il valore dei cespiti erroneamente asportati dall’acquirente , donde la non accoglibilità RAGIONE_SOCIALEa domanda attorea, anche su tale limitato profilo. La ricorrente non solo non ha anche in tal caso – censurato detta statuizione, ma neppure ha contestato ulteriori profili astrattamente agitabili rispetto al decisum (quale, a mero titolo di esempio, una possibile violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 1226 c.c. , circa la mancata valutazione – almeno – equitativa del danno; e di certo in tal senso non ufficiosamente riqualificabili), limitandosi ad invocare, inammissibilmente, un diverso apprezzamento di natura indiscutibilmente meritale.
5.1 -Il terzo motivo, infine, è inammissibile per difetto di decisività.
La censura, infatti, percorre una direttrice del tutto irrilevante ai fini RAGIONE_SOCIALEa decisione, giacché la Corte d’appello non ha negato l’applicabilità RAGIONE_SOCIALE‘art. 2049 c.c. (né l’ha falsamente applicato) , ma ha negato tout court l’ascrivibilità RAGIONE_SOCIALEa responsabilità al preposto COGNOME. Quindi, non ha alcun senso discutere del nesso di causalità, neppure con riguardo alla contestata negligenza RAGIONE_SOCIALEa curatela.
6.1 -Il ricorso è dunque inammissibile.
Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
In relazione alla data di proposizione del ricorso (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto RAGIONE_SOCIALE‘applicabilità RAGIONE_SOCIALE‘art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n.115 (nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228).
P. Q. M.
la Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente alla rifusione RAGIONE_SOCIALEe spese di lite, che liquida in € 7.500,00 per compensi, oltre € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario spese generali in misura del 15%, oltre accessori di legge. Dispone la trasmissione RAGIONE_SOCIALEa presente ordinanza al RAGIONE_SOCIALE ed alla Procura Generale RAGIONE_SOCIALEa Repubblica, per quanto di eventuale competenza.
Ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, dà atto RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis RAGIONE_SOCIALEo stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALEa Corte di cassazione, il giorno