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Responsabilità commercialista: prova dell’informativa

Un liquidatore ha citato in giudizio il commercialista della società per negligenza professionale, accusandolo di non averlo informato di una sentenza sfavorevole e della possibilità di appello. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che la prova dell’adempimento dell’obbligo informativo può essere fornita anche tramite una mail semplice, se corroborata da altri elementi come una ricevuta firmata dal cliente. La Corte ha chiarito che spetta a chi lo denuncia provare il riempimento abusivo di un foglio firmato in bianco, confermando la piena responsabilità del professionista.

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Obbligo informativo e responsabilità commercialista: il valore probatorio della mail

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 25131/2024, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale nei rapporti tra professionisti e clienti: la responsabilità commercialista per mancata informazione. La decisione offre chiarimenti fondamentali sul valore probatorio di una semplice email e sulla ripartizione dell’onere della prova quando vengono contestate le comunicazioni. Il caso riguarda un liquidatore che accusava il proprio commercialista di avergli precluso la possibilità di ricorrere in Cassazione per recuperare un ingente credito d’imposta.

I fatti del caso: la mancata informazione e la perdita di chance

Il liquidatore di una società a responsabilità limitata citava in giudizio il commercialista incaricato, imputandogli una grave negligenza professionale. Le accuse erano principalmente due:
1. Non aver inserito nel bilancio di liquidazione importanti crediti d’imposta (Irap e Ires), impedendone di fatto il recupero.
2. Aver gestito in modo inadeguato un contenzioso tributario e, soprattutto, non aver informato il cliente dell’esito negativo del giudizio d’appello e della possibilità di presentare ricorso per Cassazione.

Secondo il liquidatore, questa omissione informativa gli aveva fatto perdere la concreta possibilità (la cosiddetta perdita di chance) di ottenere una vittoria in sede di legittimità, con conseguente danno economico per la società.

La difesa del professionista e le decisioni di merito

Il commercialista si difendeva sostenendo di aver puntualmente informato il cliente. A riprova di ciò, produceva in giudizio due elementi:
* Una scrittura privata, con firma del liquidatore, attestante la ricezione del dispositivo della sentenza della commissione tributaria.
* Una email, inviata poco prima della consegna del documento cartaceo, con la quale informava il cliente dell’esito negativo e della necessità di rivolgersi a un avvocato cassazionista per l’eventuale ricorso.

Il liquidatore, pur non disconoscendo la propria firma sulla scrittura, sosteneva che si trattasse di un foglio firmato in bianco e poi riempito abusivamente dal professionista. Inoltre, negava categoricamente di aver mai ricevuto la mail in questione.
Sia il Tribunale che la Corte d’Appello rigettavano la domanda del liquidatore, ritenendo non provato il riempimento abusivo del documento e plausibile, sulla base di presunzioni, che il commercialista avesse adempiuto al suo obbligo informativo.

L’analisi della Cassazione sulla responsabilità commercialista

La Corte di Cassazione ha confermato le decisioni dei giudici di merito, rigettando il ricorso del liquidatore e fornendo importanti principi di diritto. L’analisi si è concentrata sul valore probatorio dei documenti elettronici e sulla corretta applicazione delle norme sull’onere della prova.

La Corte ha chiarito che una mail semplice costituisce un documento informatico ai sensi dell’art. 2712 c.c. Se il destinatario ne contesta la ricezione, il giudice non deve automaticamente escluderla dalle prove, ma ha il dovere di valutarla liberamente insieme a tutti gli altri elementi disponibili. In questo caso, l’esistenza di un documento cartaceo firmato per ricevuta rendeva del tutto verosimile che la mail informativa fosse stata effettivamente inviata e ricevuta.

Obbligo informativo e diligenza professionale

La Cassazione ha inoltre precisato i contorni della responsabilità commercialista in relazione all’obbligo di informazione. Il professionista, non abilitato al patrocinio in Cassazione, aveva il dovere di informare il cliente sull’esito del giudizio e sulla necessità di incaricare un legale specializzato. Una volta fornita questa informazione, il suo compito poteva ritenersi esaurito. Non era tenuto, in assenza di uno specifico mandato, a compiere ulteriori passi formali, come un recesso dall’incarico, specialmente se il rapporto professionale era più ampio e continuativo.

Le motivazioni

Il fulcro della decisione risiede nell’interazione tra diverse prove. La Cassazione chiarisce che una email semplice, anche se contestata, non perde ogni valore. Il suo peso probatorio deve essere valutato dal giudice nel contesto generale. In questo caso, la presenza di un documento firmato dal cliente, che attestava la ricezione della decisione del giudice, ha fornito un forte riscontro indiziario, rendendo altamente plausibile l’invio e la ricezione della precedente mail informativa. La Corte ha ribadito che l’onere di provare il riempimento abusivo di un documento firmato spetta a chi muove una simile, grave accusa. La mancata fornitura di tale prova indebolisce la negazione di aver ricevuto le comunicazioni correlate. Inoltre, la sentenza riafferma il principio per cui il titolare di un indirizzo email è responsabile del suo corretto funzionamento e del controllo di tutte le cartelle, inclusa quella dello spam.

Le conclusioni

Questa ordinanza offre indicazioni pratiche cruciali per professionisti e clienti. Per i professionisti, sottolinea l’importanza di documentare le comunicazioni, ma dimostra anche che una combinazione di metodi formali (ricevute firmate) e informali (email semplici) può costituire una prova valida dell’adempimento dei propri doveri informativi. Per i clienti, funge da monito sulla serietà della firma di documenti, anche se apparentemente di routine, e sulla responsabilità legata alla gestione delle proprie comunicazioni digitali. La decisione rafforza un approccio pragmatico alla valutazione della prova, in cui il giudice considera tutti gli elementi nel loro insieme per ricostruire la versione più verosimile dei fatti, anziché analizzare ogni prova in isolamento.

Una mail semplice, se contestata dal destinatario, ha valore di prova?
Sì, una mail semplice è un documento informatico che, anche se contestato, non perde automaticamente ogni valore probatorio. Il giudice può e deve valutarla liberamente insieme a tutti gli altri elementi di prova disponibili nel processo per formare il proprio convincimento.

Chi deve provare che un foglio firmato in bianco è stato riempito abusivamente?
L’onere di provare che un documento firmato in bianco è stato completato abusivamente, cioè in modo contrario agli accordi, spetta alla parte che lo sostiene. In assenza di tale prova, il documento è considerato valido.

Qual è l’estensione dell’obbligo informativo del commercialista dopo una sentenza sfavorevole?
Secondo la Corte, il commercialista adempie al suo obbligo informativo comunicando al cliente l’esito negativo della causa e la necessità di rivolgersi a un professionista abilitato (come un avvocato cassazionista) per le fasi successive. Una volta fatto ciò, il suo compito, limitatamente a quella fase, si considera esaurito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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